In crispano franco pezzella
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Navata laterale sinistra Il terzo altare è dedicato all’Assunta, la cui statua, in legno, a figura intera, di un ignoto scultore napoletano del Settecento, è inserita all’interno di una cona marmorea costituita da coppie di paraste sonnontate da un timpano triangolare. Il sottostante altare, di stampo settecentesco ma realizzato molto probabilmente nella prima metà dell’Ottocento come si evince dal carattere generale e da qualche particolare tecnico, si presenta con un paliotto incassato che reca al centro una croce circondata dai simboli della morte mentre nei pilastrini sono graffite delle clessidre. Il ciborio, molto mosso nel modellato, è chiuso da una portella di bronzo con simboli eucaristici. Per il resto, l’altare è decorato nei lati da lacerti di mattonelle maiolicate ottocentesche provenienti probabilmente da un precedente impiantito di qualche cappella laterale.
32 F. PEZZELLA, Appunti per una storia della devozione mariana in Diocesi di Aversa Testimonianze storiche, artistiche e monumentali sul culto della Madonna di Loreto, in «... consuetudini aversane», a. VIII, nn. 29-30 (ottobre 1994-marzo 1995) pp. 27-43, pag. 40. Ignoto scultore napoletano del XVIII secolo, Assunta
L’ultimo altare di sinistra, dedicato alla Vergine del Rosario di Pompei, si connota per la presenza di due elegante volute ai capialtare e per il sinuoso ciborio, occupato al centro da una bella portella di bronzo con l’immagine di Gesù pastore che pasce le pecorelle. Il paliotto, rifatto recentemente, appare, invece, liscio e senza ornamenti. Il manufatto originario è databile per lo stile e gli accostamenti coloristici dei marmi, alla seconda metà del Settecento. Sull’altare, inserita in una cona marmorea fatta realizzare nel 1942 dal sacerdote Carlo Casaburi, è una copia della veneratissima e diffusissima immagine della Madonna di Pompei, il cui prototipo, raffigurante la Madonna e Bambino che
piedi, è una modesta tela, attribuita da taluni a Luca Giordano, ma, in realtà, opera di Federico Maldarelli che si conserva giustappunto nell’omonimo Santuario della cittadina vesuviana. Come in quest’ultimo Santuario, l’8 maggio e la prima domenica di ottobre, dinanzi all’immagine di Crispano, si recita la cosiddetta supplica, una pia pratica religiosa d’invocazione alla Vergine per la concessione delle grazie. Subito dopo si apre la cappella absidata di sinistra la cui volta è divisa in due campate a vela nelle quali si sviluppavano, prima degli ultimi restauri, motivi floreali e vegetali che, unitamente alle testine di angelo che si stagliavano nei raccordi fra le vele e la parete, e ai fioroni che decoravano l’arco fra le due campate, formavano un bell’insieme decorativo di gusto barocco. La cappella accoglieva, come si diceva poc’anzi, la cona del Rosario, spostata in seguito al ritrovamento di un affresco cinquecentesco costituito da una cimasa con l’Eterno Padre tra l’Arcangelo Gabriele e la Vergine annunciata e da un sottostante trittico con, al centro, una Madonna col Bambino e, ai lati, le figure dei santi Giovanni Battista e Pietro. L’immagine dell’Eterno Padre è, però, quasi del tutto attraversata da una lunga e stretta monofora che era stata tampognata forse proprio per la realizzazione dell’affresco e successivamente ripristinata in occasione del rifacimento barocco. La fattura stilistica del dipinto depone per un’opera databile alla prima metà del Cinquecento di un anonimo artista influenzato dai modi di Andrea Sabatini da Salerno, con ogni probabilità un collaboratore locale formatosi nell’ambito della sua bottega. A suggerire una matrice sabatinesca, accompagnata, per di più, da una robusta
vena disegnativa appena inficiabile per un lieve irrigidimento delle forme, concorrono, infatti, sia l’impianto delle figure, contraddistinte dagli ampi volumi, sia la scansione dei piani con il conseguente risalto plastico delle stesse figure: elementi stilistici questi, che furono, com’è dato vedere osservando gran parte della produzione del pittore salernitano, propri della sua maniera 33 . Ignoto pittore del XVI secolo, Madonna con il Bambino e i santi Giovanni Battista e Pietro. Nella lunetta l’Eterno Padre tra l’Arcangelo Gabriele e la Vergine annunciata
Prima dei restauri nei pressi della cappella si osservava una nicchia dove era riposta la devozionale statua a figura intera di san Gennaro, attualmente non reperibile, raffigurato nelle vesti di un santo vescovo che regge un libro sul quale sono posate due ampolle in allusione al fatto che, allorquando insieme con altri sei commartiri fu decapitato, il suo sangue fu raccolto con una spugna e conservato in due caraffine ora custodite nel Duomo di Napoli. L’episodio è all’origine del famoso miracolo che vede questo sangue raggrumato tornare allo stato liquido in alcuni giorni dell’anno legati alle vicissitudini terrene del santo. Al patrimonio artistico della chiesa appartenevano anche una pregiata statua lignea del Settecento raffigurante San Michele e un dipinto, Dal Golgota all’eternità sangue e
1953 dal pittore grumese Candido Mormile 34 . La scultura, riferibile ad un ignoto scultore napoletano della prima metà del secolo gravitante nell’orbita di Domenico Antonio Vaccaro, proponeva l’Immagine dell’Arcangelo nell’atto di colpire con la spada il demonio ai suoi piedi, vale a dire nella versione cosiddetta “di Puglia” per i chiari riferimenti all’analoga statua marmorea di Andrea Sansovino che si venera nella
33 Sull’influenza esercitata da Andrea Sabatino da Salerno sulla pittura rinascimentale nell’Italia meridionale cfr. G. PREVITALI (a cura di), Andrea da Salerno nel Rinascimento meridionale, catalogo della mostra, Certosa di Padula (SA) 1986, Firenze 1986. 34 Candido Mormile (Grumo Nevano 1910-1996) fu valente artista di formazione accademica, autore di numerose opere non solo pittoriche, ma anche scultoree come la Fontana di Monte Muto (1935), l’altorilievo di San Paolo nella chiesa di San Pietro a Caivano, le sculture per la chiesa di San Damiano a Conversano, il bassorilievo per lo scalone principale del carcere di Poggioreale. Tra le pitture si segnalano, invece quelle eseguite per il convento francescano di San Pasquale a Chiaia di Napoli cfr R. PINTO, op. cit., pag. 28, 30.
Grotta di San Michele a Monte S. Angelo, sul promontorio garganico. La tela, di cui s’ignora l’attuale ubicazione, raffigurava, invece, la scena di un martirio al tempo della prima affermazione del Cristianesimo 35 .
35 Rinascita artistica, giugno 1953. Do'stlaringiz bilan baham: |
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