Monastero di Bose Magnano Biella
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Area Progetto
Monastero di Bose Magnano Biella Rilievo
progetto eidotipo misurazione restituzione I.I.S. “8 MARZO – K. LORENZ” Mirano-Venezia Anno Scolastico 2016-2017 2 CAT
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servono d’istruzione e di sperienza ai secoli illuminati (Beccaria) Porf. Roberta Gasparini DS ........................................... pag. 3 Alternanaza Scuola Lavoro ........................................... pag. 6 Avventura al monastero di Bose ................................... pag.7 Storia della Comunità di Bose ....................................... pag.13 Il metodo: learning by doing ........................................ pag.13 Monastero di Bose Topografia 5 A cat ........................... pag.14 Monastero di Bose rilievo architettonico 5 A cat ............. pag.15 Monastero di Bose Topografia 5B cat............................. pag. 18 Monastero di Bose rilievo architettonico 5Bcat................ pag.20 I gruppi di lavoro ......................................................... pag.22 Rilievo Foto Aeree Drone............................................... pag.26 Elaborati grafici ............................................................ pag. 28 Ringraziamento di Fr Marco Comunità monastica di Bose pag. 32 INDICE 3 AREA
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AREA di Progetto: la sezione CAT ( Costruzioni Ambiente Territorio) ex Geometri del IIS 8 MARZO- K.Lorenz da molti anni sviluppa la sua esperienza nell’Area di Progetto, ex progetto sperimentale detto “Progetto Cinque”. Se inizialmente l’area di progetto poteva essere un aggravio di lavoro per docenti e studen- ti, con l’andar del tempo si è trasformata in una grande opportunità. La scelta della scuola italiana di lavorare per competenze è un passaggio fondamentale per la realizzazione di progetti che aiutino a comprendere tutti i passaggi, quindi dal processo di studio del problema il successivo processo crea- tivo, che è quello di pensare alla soluzione più idonea e alla valutazione dei costi di realizzazione alla sua esecuzione e collaudo finale. Il metodo utilizzato è quello del “learning by doing” il celebre impa- rare facendo, base fondamentale è rappresentato oggi dall’alternanza Scuola-Lavoro che ci permette di sperimentare in pratica quello che studiamo in teoria ed acquisire le tecniche per la risoluzione dei problemi durante tutte le fasi sino ad arrivare all’utilizzo dell’opera. Quest’anno le classi quinte CAT hanno avuto l’opportunità di effettuare il rilievo topografico ed architettonico presso il Monastero di Bose a Magnano (BI) la comunità monastica fondata dal Enzo Bianchi, le due classi hanno realizzato questo lavoro in 2 fasi: 1- Fase di rilievo sul posto durante un soggiorno di una settimana da lunedì 17 ottobre a sabato 22 ottobre in questo periodo ho potuto constatare il lavoro che i ragazzi hanno svolto sotto la guida degli insegnanti. 2- Fase di restituzione degli elementi rilevati e loro elaborazione, che ha comportato la rilettura dei dati e la giusta interpretazione. 3- Fase di rilievo con il Drone ed elaborazione di Ortofoto digitali con verifica dei dati anche utiliz- zando Googlemaps. Tutto ciò ha comportato un grande impegno di tutte le componenti della scuola che hanno dimostrato grande elasticità e partecipazione Tuttavia questa esperienza non si può definire soltanto come un percorso di alternanza scuola lavoro perché ha dato la possibilità ai nostri ragazzi di crescere anche come persone, sperimentando una vita comunitaria molto particolare e ponendoli in una situazione personale di ascoltoe di condivisione. Ho visitato il Monastero di Bose e visto gli studenti lavorare sul campo insieme ed accanto ai docen- ti, ma li ho anche visti a fianco dei monaci nelle operazioni di gestione quotidiana della comunità e condividere con loro momenti di studio e di lavoro. L’opportunità di comprendere altre scelte di vita costituisce il valore aggiunto di questa esperienza; In una scuola che prevede un l’acquisizione di un portfolio di competenze non solo tecnico-professionali ma anche di cittadinanza attiva, questa espe- rienza costituisce senza dubbio un bagaglio prezioso che gli studenti non dimenticheranno. La dirigente scolastica prof. Roberta Gasparini I.I.S. “8 MARZO – K. LORENZ” Mirano-Venezia 4 CAT
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“L’istruzione è il motore dello sviluppo; deve assi- curare processi formativi innovativi che offrano al
mondo del lavoro, insie- me alle figure tradizionali, le nuove professionalità richieste nella società di oggi, nel solco della nostra grande tradizione umani- stica”. Il18 settembre del 2002, il capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi, nel suo discorso di avvio dell’anno scolastico, ricor- dava il valore che l’istru- zione ha per lo sviluppo e la crescita di una nazione. Quelle parole hanno forse più valore oggi di allo- ra. In una fase delicata della nostra vita naziona- le, in cui facciamo fatica a vedere segni di luce, concentrarsi su questo messaggio e impegnarsi per le nuove generazioni è uno dei possibili punti di svolta. In particolare, per la scuola e le impre- se, quell’invito di Ciampi a innovare, a guardare a un rapporto aperto tra istruzione e lavoro sono importanti. In particolare l’alternanza scuola e lavo- ro e una forte innovazione nella formazione profes- sionale sono strategici per il futuro del nostro Paese. L’antico retaggio di una cultura che ha sempre visto nel lavoro il luogo dell’esecuzione e nell’au- la l’istituto dell’apprendi- mento è stato finalmente superato. La legge 107 ha gene- rato l’avvio dei percorsi di alternanza scuola-lavo- ro, obbligatori dal terzo anno degli istituti secon- dari. L’alternanza se ben accompagnata e inserita in un progetto educati- vo, è il vero cambiamen- to possibile nel quadro di uno scenario di muta- mento che impone rispo- ste all’altezza tanto alla scuola quanto all’impre- sa. L’alternanza richiede un’alleanza con le forze positive del territorio così da disegnare uno “spazio sociale dell’apprendimen- to” capace di anticipare nuovi bisogni futuri e offri- re nuovi servizi. La scuola deve saper rispondere alle sfide dell’alternanza con pro- grammi d’innovazione, da ottenere tramite una costante collaborazione e confronto anche con attori esterni all’impresa, dalle università alle start up. L’alternanza deve rap- presentare lo strumento di stimolo bi-direzionale dell’innovazione, frutto della conoscenza recipro- ca tra sistema educati- vo e produttivo, un fat- tore determinante in un contesto in rapida evo- luzione come quello pro- spettato dall’industria 4.0 che richiede la capacità di assemblare tecnologia e conoscenza per il controllo delle nuove filiere produt- tive. Solo così i giovani sono messi nelle condizioni di condurre esperienze di valore, di arricchire il pro- prio bagaglio di conoscen- ze e di competenze, di agire entro una prospet- tiva progettuale sia per sé, sia per il contesto in cui si trovano a vivere e operare.
La Cisl e la Cisl Scuola di Venezia si sono fatte “impresa” e hanno ospi- tato numerosi studen- ti dell’I.I.S. “8 Marzo” di Mirano completando un progetto formativo, ideato con i docenti della scuola, che ha visto i nostri ope- ratori sindacali impegnati in attività di docenza nelle aule scolastiche. Il Segretario Cisl Scuola Venezia, Mariano MARETTO Il Segretario Cisl Scuola Veneto
Sandra BIOLO Alternanza Scuola Lavoro
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Il progetto “Vi porto in monastero!” Esordisce così il nostro prof. Alberto Albertini
all’inizio dell’anno scola- stico. “Ci sarà campo?”, sorge spontanea la domanda. “Ovvio”, risponde il prof. “avrete tutti i campi che vorrete, da rilevare e misurare con gli strumen- ti”.
“…non era esattamente ciò che volevamo dire…”, ma questo non lo diciamo e ci limitiamo a pensarlo. “Mi toccherà dire le pre- ghiere…”
“Morirò di fame…”, altri inquietanti dubbi si anni- dano nella nostra mente di ventenni proiettati verso la movida, quando sen- tiamo parlare di gita. Ma questa non è una gita: è la nostra Area di Progetto! La scritta azzurro cielo campeggia anche sulle magliette bianche, che il prof. Alberto Albertini ha fatto preparare per l’occa- sione.
La partenza 17 ottobre 2016, ore 7 del mattino, suona la sveglia. E’ una giornata nebbiosa… Presto! Presto! Il bus è già pronto davanti alla scuola I.I.S. 8 Marzo – K. Lorenz di Mirano (Ve). “ Caricate! Caricate!”, urlano i prof. Sembra una battaglia: carica valigie! carica strumenti! carica “anime” ! (quelle dei 47 alunni della V A e della V B CAT – Geometri), carica il drone! Il drone! Guai a dimenticarsi del drone del prof. Salbe! Alla fine, si parte! La strada è lunga…lunga… lunga… Bisogna arrivare al Monastero di Bose, vicino Biella.
L’accoglienza Quando giungiamo in questa oasi di pace e silenzio restiamo stupiti dalla bellezza dei luoghi! Noi….l’arrivo dei barbari deve aver fatto la stessa impressione! Spacchiamo il silenzio con le nostre urla: “Scarica, scarica… i pezzi, le cose, le anime, le camere prof. come sono?”. Ci accoglie fratello Marco. Ci viene incontro con un incedere lento e sicuro, con uno sguardo che è dolce e severo al tempo stesso. Non ha biso- gno di dire altro se non “Buongiorno ragazzi, ben- venuti” e, quasi come una specie di miracolo, cala il silenzio. Nessun prof. c’è mai riuscito. Entriamo nella zona acco- glienza: una stanza dove potremo parlare e svol- gere i nostri lavori. Ci posizioniamo con com- puter, fogli, penne, ecc. Tutto l’ambiente è curato nei particolari e sobrio al tempo stesso. Marco ci racconta la storia del Monastero e ne restia- mo già affascinati. Mangiare in silenzio Il pranzo e la cena ci riservano altre sorprese. dodici in singole stanze 8 CAT
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arredate con un tavolo, una cassapanca. Ci acco- modiamo e sono con noi due monaci, in ogni stan- za. Ci spiegano che la “regola” prevede il silen- zio. Silenzio? Ci accorgia- mo che non conosciamo appieno il significato di questa parola e scopria- mo con piacere che è una “cosa” che in fondo ci “fa stare bene”. I cibi pro- fumati e saporiti (deri- vati in gran parte dalle loro coltivazioni e dalle loro lavorazioni interne) ci vengono serviti in una ciotola che passa di mano in mano (bello! sembra un gioco di società) e dalla quale ciascuno prende la propria porzione (dice un proverbio “beati i ultimi se i primi gà creansa” – Leonardo la ciotola non è solo per te!). Il piatto per il secondo non c’è? Beh in effetti non serve: c’è un pane così buono, fatto da loro, apposta per la… “scarpetta”! E poi via al lavoro! Fai i gruppi, assegna i lavori, prendi gli strumenti, vai sul “campo” e … guarda- ti intorno, perché tutto qui ci colpisce nei sensi: “suoni, profumi, colori si rispondono” (che Charles Baudelaire avesse scritto qui “Corrispondenze”?). La vita e il lavoro nella comunità monastica I giorni passano, noi lavo- riamo e impariamo a vive- re non proprio “da” mona- ci, ma “con” i monaci e le monache della comu- nità ecumenica di Bose. All’inizio ci fanno un po’ di soggezione, ma poi sco- priamo che sono molto cordiali e gentili ed estre- mamente accoglienti e affabili. E ci incuriosisce la loro vita, il loro mondo. Perché non fare un’in- tervista a qualcuno? Organizziamo una troupe giornalistica e chiediamo di parlare con un membro della comunità. Fratello Marco ci presenta fratello Elia che, gentile e “corag- gioso” (povero! non sa cosa gli chiederemo) si sottopone al martirio. “Ester, Alessia: pronte con le domande?”, chiede la prof.ssa Favaretto. “Sì, sì”, rispondono la bionda Ester e la mora Alessia (proprio come le veline), accomodandosi i capelli (ci sta, anche in monastero). “Jacopo, l’affare lì …il go- pro…la telecamera…tutto pronto?”, “Sì, sì”, rispon- de Jacopo, tutto rigorosa- mente di nero vestito (ci sta, siamo in monastero). Ci accomodiamo in un salottino e sembriamo proprio come “i veri”. L’intervista Ci racconta in breve la storia del monastero di Bose? “Il monastero è stato fon- dato negli anni Sessanta da Enzo Bianchi, che ha creato in questi luoghi una comunità mista in cui con- vivono monaci e monache (circa settanta) apparte- nenti a religioni cristia- ne diverse. Nel tempo il monastero si è ingrandito; abbiamo, con le nostre mani, costruito vari edi- fici, come ad esempio la 9 AREA
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chiesa che vedete; all’in- terno si svolgono vari tipi di attività (di produzione di maioliche, oggetti in legno, marmellate, icone, ecc.) e dalla vendita dei nostri prodotti traiamo un fonte di sostentamento per la comunità”. Perché Enzo Bianchi ha scelto proprio questo luogo? Un giorno Enzo Bianchi, all’epoca studente univer- sitario, stava passeggian- do in questi luoghi; giunto alla chiesa romanica di San Secondo è rima- sto colpito dalla bellezza e dalla tranquillità dell’am- biente, che predisponeva alla riflessione e al silen- zio.
L’ubicazione degli edifici della cittadella monasti- ca, risponde ad esigenze anche di tipo spirituale, oltre che pratico? Sì gli edifici, i viali di col- legamento, gli spazi sono organizzati anche in base ad un percorso spirituale, che si inserisce nel conte- sto ambientale. Se notate, ad esempio, vi è una note- vole presenza di fontane: questo perché l’elemento dell’acqua è simbolo della vita e della purezza e il gorgoglio stesso predispo- ne alla calma e alla rifles- sione. Quale percorso bisogna compiere per diventare monaci?
All’inizio si arriva come ospite; successivamente si può esternare la pro- pria intenzione ai mona- ci; segue un periodo di “postulato”; un successivo periodo di “noviziato”; un altro periodo di “proban- dato”. A sancire la conclu- sione del periodo di “for- mazione”, che dura circa otto anni, vi è la cerimonia dell’anello, con cui viene assegnato al nuovo mona- co l’anello che simboleg- gia la scelta del percorso di fede e di vita. E’ mai accaduto che un monaco lasciasse la comunità? Sì, si può decidere in qual- siasi momento di abban- donare la vita monastica in comunità e purtroppo è accaduto. E’ uno strappo molto doloroso per tutti. Avete contatti con le vostre famiglie di origine? Sì, possiamo andare a casa una volta all’anno per tre giorni e le nostre famiglie possono venire a trovarci una volta all’anno per un giorno. Quale riconoscimento dà la Chiesa alla vostra comunità? La Chiesa di Roma ci rico- nosce come una associa- zione di fedeli. Quale ruolo hanno le donne all’interno della comunità? Il ruolo delle donne è pari- tario. Se avete assistito alla messa del giovedì, avrete notato che il sacer- dote ha conferito ad una sorella l’incarico di legge- re il Vangelo e di esporre l’omelia.
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Quale significato ha il silenzio durante i pasti? Il silenzio in natura è una condizione difficilissima da realizzare. Il silenzio con- sente di osservare meglio chi ci è vicino; consente di riflettere; consente di ascoltare veramente noi stessi, i rumori dell’am- biente che ci circonda e quelli che noi stessi pro- duciamo. Dal silenzio si impara molto. La nostra presenza qui, ha interferito con la vostra vita monastica? No assolutamente, anzi siamo stati ben felici di accogliere la proposta fatta da fratello Marco di accogliere voi studenti. Poi c’è un improvviso cambio di direzione e, ina- spettatamente, Fratello Elia diventa il giornalista e noi gli intervistati: Posso farvi una domanda? Ce lo chiede con un sor- riso e un candore che “sciolgono” e come si fa a dirgli di no? Ed eccola, la domanda: “Quando vi hanno propo- sto di venire qui in mona- stero, come avete reagi- to?”
“Beh, quando sono arriva- ta in questo luogo, tutto mi è sembrato…stra- no, un mondo fuori dal mondo, un tempo senza tempo. Ma poi mi sono ambientata e ho capito che era un’occasione per staccarmi dal frastuono”, risponde decisa Alessia, la “mora”. “Immergerci nella vostra realtà, integrarci con voi, è stato utile e bello”, com- menta Jacopo, il camera- men.
“Mi ha colpito il fatto che qui c’è sempre qualcuno che ascolta”, sorge timi- da la voce inaspettata di Diego, il nostro fotografo ufficiale. E’ contento fratello Elia e lo siamo anche noi. Vorremmo chiedergli altro, ma lo liberiamo e lo lasciamo andare ai suoi impegni. E poi, oggi, pro- prio non possiamo tratte- nerlo, perché altrimenti non si mangia: oggi ha il turno in cucina! La celebrazione liturgica Arrivano: la Dirigente Gasparini, Albertini, Mescalchin, Mantoan, Salbe, Rizzo (i prof. dell’area tecni- ca) e c’è pure la prof.ssa Favaretto. All’unisono ci invitano a recarci ad assi- stere alla preghiera della sera. Gli Uffa! I Bof! Gli Uhm! non li piegano…. Ci spiegano che è un’espe- rienza che vale la pena di fare. Ok, allora si va. Spegni i cellulari. Entra in chiesa. L’atmosfera è cupa, poi le luci tenui e calde si accendono gra- datamente ed entrano ad uno ad uno, da destra e da sinistra, i monaci e le monache vestiti con una tunica bianca. Sembrano tanti fantasmi che comin- ciano a cantare a settanta voci salmi e preghiere, con un’armonia e una dol- cezza che sciolgono ogni nostra resistenza e noia. Usciamo contenti di aver fatto anche questa espe- rienza.
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La serata “a sorpresa” Poi l’ultima cena (sigh!), ma è un’ultima cena a sorpresa. Ci portano in una grande sala e a buf- fet ci avventiamo su vas- soi pieni di pastasciutta, salumi, formaggi, carcio- fini, pane fresco! Slurp! “Neanche le cavallette sono così voraci”, com- menta Albertini, speran- una fetta di salame. E poi eccolo! Fratellino! Ma no! E’ Fratel Lino, che ci incanta insegnandoci ad apprezzare il Moscato, il Vin Santo, il Malvasia portati a scortare tre tipi di dolci fatti apposta per noi, uno più buono dell’al- tro… i dolci e i vini… non noi, che, dimenticando il “grande silenzio” che vige dalle 20 alle 8, cantiamo, brindiamo, applaudiamo intoniamo cori non pro- prio da monastero. Tutti a nanna! Domani partenza. Ma come? Di già? Il ritorno a casa Sabato 22 ottobre 2016, ore 8: il bus, le valigie, gli attrezzi, l’appello. Pronti, partenza, via! Baci, saluti, lacrime non si contano: ce ne andiamo con tutti i nostri “rumori”, malin- conici in una mattinata grigia che ci guarda par- tire con gli occhi di tanti monaci e monache che sono venuti a salutarci: Elia (la nostra vittima), Margherita (la roccia del monastero), Marco (la voce che accoglie), Lino (l’oste), Francesca (l’ape) e tanti altri che ringra- ziamo di cuore e ai quali diciamo con affetto arrive- derci a presto!
Gli alunni della V A e V B CAT dell’IIS 8 MARZO – K. LORENZ
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È una delle modalità di dialogo educativo, che continua ad avere successo. D’altra parte “ il sistema millenario dell’in- segnante in carne ed ossa non funziona più per l’educazione di massa. Di contro, le tecnologie interattive e multimediali sono strumenti molto potenti sul piano pedagogico. Consentono la presa in consi- derazione di diversi piani e l’azione diretta sull’oggetto della conoscenza: permet- tono, insomma, alla mente uno sviluppo impossibile con il solo uso della lingua parlata e scritta.” Quello di cui stiamo diventando esperti è il “ learning by doing”, l’imparare facendo, un metodo di lavoro preziosissimo nella didattica delle scienze, che, tranne per lodevoli esempi, non trova adeguato spa- zio nella scuola italiana. Ma nella nostra scuola sta avendo senza dubbio un grande successo. Questo metodo comporta alme- no sei passaggi: 1. studio del problema; 2. analisi delle possibili soluzioni; 3. lavoro di progettazione; 4. lavoro esecutivo; 5. verifica del lavoro eseguito; 6. esposizione e divulgazione. Queste fasi avvicinano nel nostro caso l’allievo geometra a tutte le problematiche legate all’operare quotidiano della profes- sione del geometra. Coinvolgere le varie discipline secondo quella interconnessione che si genera normalmente nell’attività professionale, inoltre, aiuta in modo significativo a esplo- rare le nuove frontiere offerte dalle nuove tecnologie. Alberto Albertini, coordinatore Area di Progetto STORIA dELLA COMuNITA’ dI BOSE La Comunità monastica di Bose è stata canonicamen- te approvata cf. decreto del Vescovo di Biella, mons. Massimo Giustetti in data 11 luglio 2000 che ne ha anche approvato lo statuto e l’annessa regola mona- stica. L’attuale Ordinario di Biella, mons. Gabriele Mana ha confermato la suddetta acquisizione della persona- lità giuridica e approvato le modifiche allo statuto con decreto in data 29 giugno 2010. La regola monasti- ca era stata approvata dal card. Michele Pellegrino di Torino in occasione della professione dei primi sette fra- telli il 23 aprile 1973 e confermata dal suo successore, il card. Anastasio Ballestrero il 6 agosto 1978. La comunità nasce l’8 dicembre del 1965, giorno in cui si chiude il concilio Vaticano II, quando Enzo Bianchi decide di iniziare a vivere, solo, in una casa affittata presso le cascine di Bose. I primi fratelli giungono tre anni dopo, e fra essi una donna e un pastore evangeli- co. Da allora, al mattino, a mezzogiorno e alla sera, si celebra la liturgia delle ore cantata, si lavora, si pratica l’accoglienza, si studia la Scrittura e la tradizione mona- stica, e si vive la faticosa ma feconda avventura comu- nitaria. Oggi la comunità è formata da circa ottanta persone, uomini e donne, alcuni dei quali evangelici e ortodossi, cinque presbiteri e un pastore. Senza averlo ricerca- to, ma per un grande dono dello Spirito, fin dall’inizio hanno fatto parte della comunità cristiani appartenenti a confessioni diverse. Di questo dono si è cercato di fare un impegno per l’unità di tutti i cristiani, nella fedeltà alla parola di Cristo: “Che tutti siano una sola cosa”. IL METOdO: LEARNING By dOING
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2- Il nostro gruppo ha effettua- to un rilievo dell’andamento del terreno nei pressi del Monastero di Bose. Da una prima indagine sul fondo (denominato “lotto 5”), abbiamo convenuto fosse necessa- rio l’utilizzo della stazione totale, per ottenere un rilievo abbastanza dettagliato, che potesse descrivere al meglio l’andamento plano-alti- metrico del terreno. Abbiamo innanzitutto posizionato dei chiodi topografici che rap- presentavano le stazioni, da cui abbiamo poi collimato i punti perimetrali e quelli più signifi- cativi per disegnare l’andamento del terreno. Abbiamo battuto circa 300 punti suddivisi in 8 stazioni diverse, attraverso un rilievo per irraggiamento. Una volta riportati i punti nel Cad, che poi abbia- mo collegato per ricreare grafi- camente il lotto, è stata realizzata una superficie tridimensionale, per rappresentare il fondo e una sezione longitudinale dello stesso. Abbiamo anche eseguito una veri- fica, confrontando la ricostruzione con una sezione realizzata attraver- so GoogleMaps. Successivamente abbiamo collegato il nostro lavoro all’inquadramento generale ese- guito dai compagni. 6-Il nostro compito è stato quello di effettuare un rilievo topografico, inquadrando il complesso mona- stico con una poligonale chiusa, agganciata a tre punti fiduciali. Sul posto abbiamo stabilito i punti di stazione dei vertici della poligo- nale, in seguito rilevati attraverso l’utilizzo di una total station e di un prisma. Per materializzare i punti nel terreno, abbiamo usato dei chiodi topografici, evidenziati da una bomboletta spray. Il meto- do utilizzato per la rilevazione dei punti si è basato sulla battuta e sulla controbattuta. Le principali problematiche riscontrate sono state la mancanza di visibilità tra i punti (a causa delle condizioni atmosferiche e della presenza di alberi), e la diffi- coltà di rilevazione dei punti fidu- ciali, che ci ha costretto a stabilire dei punti di allacciamento. L’esperienza è stata ad ogni modo positiva e ci ha permesso di affina- re le nostre competenze tecniche. AdP
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