Monastero di Bose Magnano Biella


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Area 

Progetto


Monastero di Bose

Magnano Biella 

Rilievo

 

architettonico topografico 



progetto eidotipo 

misurazione 

restituzione  

I.I.S. “8 MARZO – K. LORENZ”

Mirano-Venezia

Anno Scolastico 2016-2017



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.2016-17

 

I secoli d’ignoranza medesimi ... 



servono d’istruzione e di sperienza ai 

secoli illuminati (Beccaria)

Porf. Roberta Gasparini DS ...........................................  pag. 3 

Alternanaza Scuola Lavoro ...........................................  pag. 6

Avventura al monastero di Bose ...................................  pag.7

Storia della Comunità di Bose .......................................  pag.13

Il metodo: learning by doing ........................................  pag.13

Monastero di Bose Topografia 5 A cat ...........................  pag.14

Monastero di Bose rilievo architettonico 5 A cat .............  pag.15

Monastero di Bose Topografia 5B cat.............................  pag. 18

Monastero di Bose rilievo architettonico 5Bcat................  pag.20

I gruppi di lavoro .........................................................  pag.22

Rilievo Foto Aeree Drone...............................................  pag.26

Elaborati grafici ............................................................  pag. 28

Ringraziamento di Fr Marco Comunità monastica di Bose   pag. 32

INDICE 

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AREA di Progetto:



la sezione CAT ( Costruzioni Ambiente Territorio) ex Geometri del IIS 8 MARZO- K.Lorenz da 

molti anni sviluppa la sua esperienza nell’Area di Progetto, ex progetto sperimentale detto “Progetto 

Cinque”. Se inizialmente l’area di progetto poteva essere un aggravio di lavoro per docenti e studen-

ti, con l’andar del tempo si è trasformata in una grande opportunità. La scelta della scuola italiana di 

lavorare per competenze è un passaggio fondamentale per la realizzazione di progetti che aiutino a 

comprendere tutti i passaggi, quindi dal processo di studio del problema il successivo processo crea-

tivo, che è quello di pensare alla soluzione più idonea e alla valutazione dei costi di realizzazione alla 

sua esecuzione e collaudo finale. Il metodo utilizzato è quello del “learning by doing” il celebre impa-

rare facendo, base fondamentale è rappresentato oggi dall’alternanza Scuola-Lavoro che ci permette 

di sperimentare in pratica quello che studiamo in teoria ed acquisire le tecniche per la risoluzione dei 

problemi durante tutte le fasi sino ad arrivare all’utilizzo dell’opera.

Quest’anno le classi quinte CAT hanno avuto l’opportunità di effettuare il rilievo topografico ed 

architettonico presso il Monastero di Bose a Magnano (BI) la comunità monastica fondata dal Enzo 

Bianchi, le due classi hanno realizzato questo lavoro in 2 fasi:

1- Fase di rilievo sul posto durante un soggiorno di una settimana da lunedì 17 ottobre a sabato 22 

ottobre in questo periodo ho potuto constatare il lavoro che i ragazzi hanno svolto sotto la guida degli 

insegnanti.

2- Fase di restituzione degli elementi rilevati e loro elaborazione, che ha comportato la rilettura dei 

dati e la giusta interpretazione.

3- Fase di rilievo con il Drone ed elaborazione di Ortofoto digitali con verifica dei dati anche utiliz-

zando Googlemaps.

Tutto ciò ha comportato un grande impegno di tutte le componenti della scuola che hanno dimostrato 

grande elasticità e partecipazione

Tuttavia questa  esperienza non si può definire soltanto come un percorso di alternanza scuola lavoro 

perché ha dato la possibilità ai nostri ragazzi di crescere anche come persone, sperimentando una vita 

comunitaria molto particolare e ponendoli in una situazione personale di ascoltoe di condivisione.

Ho visitato il Monastero di Bose e visto gli studenti lavorare sul campo insieme ed accanto ai docen-

ti, ma li ho anche visti a fianco dei monaci nelle operazioni di gestione quotidiana della comunità e 

condividere con loro momenti di studio e di lavoro. L’opportunità di comprendere altre scelte di vita 

costituisce il valore aggiunto di questa esperienza; In una scuola che prevede un l’acquisizione di un 

portfolio di competenze non solo tecnico-professionali ma anche di cittadinanza attiva, questa espe-

rienza costituisce senza dubbio un bagaglio prezioso che gli studenti non dimenticheranno.

La dirigente scolastica 

prof. Roberta Gasparini 

I.I.S. “8 MARZO – K. LORENZ”

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“L’istruzione è il motore 



dello sviluppo; deve assi-

curare processi formativi 

innovativi che offrano al 

 

mondo del lavoro, insie-



me alle figure tradizionali

le nuove professionalità 

richieste nella società di 

oggi, nel solco della nostra 

grande tradizione umani-

stica”. Il18 settembre del 

2002, il capo dello Stato 

Carlo Azeglio Ciampi, 

nel suo discorso di avvio 

dell’anno scolastico, ricor-

dava il valore che l’istru-

zione ha per lo sviluppo e 

la crescita di una nazione. 

Quelle parole hanno forse 

più valore oggi di allo-

ra. In una fase delicata 

della nostra vita naziona-

le, in cui facciamo fatica 

a vedere segni di luce, 

concentrarsi su questo 

messaggio e impegnarsi 

per le nuove generazioni  

è uno dei possibili punti 

di svolta. In particolare, 

per la scuola e le impre-

se, quell’invito di Ciampi 

a innovare, a guardare 

a un rapporto aperto tra 

istruzione e lavoro sono 

importanti. In particolare 

l’alternanza scuola e lavo-

ro e una forte innovazione 

nella formazione profes-

sionale sono strategici per 

il futuro del nostro Paese.

L’antico retaggio di una 

cultura che ha sempre 

visto nel lavoro il luogo 

dell’esecuzione e nell’au-

la l’istituto dell’apprendi-

mento è stato finalmente 

superato. 

La legge 107 ha gene-

rato l’avvio dei percorsi 

di alternanza scuola-lavo-

ro, obbligatori dal terzo 

anno degli istituti secon-

dari. L’alternanza se ben 

accompagnata e inserita 

in un progetto educati-

vo, è il vero cambiamen-

to possibile nel quadro 

di uno scenario di muta-

mento che impone rispo-

ste all’altezza tanto alla 

scuola quanto all’impre-

sa. L’alternanza richiede 

un’alleanza con le forze 

positive del territorio così 

da disegnare uno “spazio 

sociale dell’apprendimen-

to” capace di anticipare 

nuovi bisogni futuri e offri-

re nuovi servizi.

La scuola deve saper 

rispondere alle sfide 

dell’alternanza con pro-

grammi d’innovazione, 

da ottenere tramite una 

costante collaborazione e 

confronto anche con attori 

esterni all’impresa, dalle 

università alle start up.

L’alternanza deve rap-

presentare lo strumento 

di stimolo bi-direzionale 

dell’innovazione, frutto 

della conoscenza recipro-

ca tra sistema educati-

vo e produttivo, un fat-

tore determinante in un 

contesto in rapida evo-

luzione come quello pro-

spettato dall’industria 4.0 

che richiede la capacità di 

assemblare tecnologia e 

conoscenza per il controllo 

delle nuove filiere produt-

tive.

Solo così i giovani sono 



messi nelle condizioni di 

condurre esperienze di 

valore, di arricchire il pro-

prio bagaglio di conoscen-

ze e di competenze, di 

agire entro una prospet-

tiva progettuale sia per 

sé, sia per il contesto in 

cui si trovano a vivere e 

operare.


La Cisl e la Cisl Scuola 

di Venezia si sono fatte 

“impresa” e hanno ospi-

tato numerosi studen-

ti dell’I.I.S. “8 Marzo” di 

Mirano completando un 

progetto formativo, ideato 

con i docenti della scuola, 

che ha visto i nostri ope-

ratori sindacali impegnati 

in attività di docenza nelle 

aule scolastiche. 

Il Segretario Cisl Scuola 

Venezia, 

Mariano MARETTO   

Il Segretario Cisl Scuola 

Veneto    

 

Sandra BIOLO



Alternanza Scuola Lavoro

 


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AVVENTURA AL MONASTERO DI BOSE

Il progetto

“Vi porto in monastero!”

Esordisce così il nostro 

prof.  Alberto Albertini 

 

all’inizio dell’anno scola-



stico.

“Ci sarà campo?”, sorge 

spontanea la domanda. 

“Ovvio”, risponde il prof. 

“avrete tutti i campi che 

vorrete, da rilevare e 

misurare con gli strumen-

ti”.


“…non era esattamente 

ciò che volevamo dire…”, 

ma questo non lo diciamo 

e ci limitiamo a pensarlo.

“Mi toccherà dire le pre-

ghiere…”


“Morirò di fame…”, altri 

inquietanti dubbi si anni-

dano nella nostra mente di 

ventenni proiettati verso 

la movida, quando sen-

tiamo parlare di gita. Ma 

questa non è una gita: è 

la nostra Area di Progetto! 

La scritta azzurro cielo 

campeggia anche sulle 

magliette bianche, che il 

prof. Alberto Albertini ha 

fatto preparare per l’occa-

sione.


La partenza

17 ottobre 2016, ore 7 del 

mattino, suona la sveglia. 

E’ una giornata nebbiosa… 

Presto! Presto! Il bus è già 

pronto davanti alla scuola 

I.I.S. 8 Marzo – K. Lorenz 

di Mirano (Ve).

“ Caricate! Caricate!”, 

urlano i prof. Sembra una 

battaglia: carica valigie! 

carica strumenti! carica 

“anime” ! (quelle dei 47 

alunni della V A e della V 

B CAT – Geometri), carica 

il drone! Il drone! Guai a 

dimenticarsi del drone del 

prof. Salbe! Alla fine, si 

parte!

La strada è lunga…lunga…



lunga…

Bisogna arrivare al 

Monastero di Bose, vicino 

Biella.


L’accoglienza

Quando giungiamo in 

questa oasi di pace e 

silenzio restiamo stupiti 

dalla bellezza dei luoghi! 

Noi….l’arrivo dei barbari 

deve aver fatto la stessa 

impressione!

Spacchiamo il silenzio con 

le nostre urla: “Scarica, 

scarica… i pezzi, le cose, 

le anime, le camere prof. 

come sono?”.

Ci accoglie fratello Marco. 

Ci viene incontro con un 

incedere lento e sicuro, 

con uno sguardo che è 

dolce e severo al tempo 

stesso. Non ha biso-

gno di dire altro se non 

“Buongiorno ragazzi, ben-

venuti” e, quasi come una 

specie di miracolo, cala il 

silenzio. Nessun prof. c’è 

mai riuscito.

Entriamo nella zona acco-

glienza: una stanza dove 

potremo parlare e svol-

gere i nostri lavori. Ci 

posizioniamo con com-

puter, fogli, penne, ecc. 

Tutto l’ambiente è curato 

nei particolari e sobrio al 

tempo stesso.

Marco ci racconta la storia 

del Monastero e ne restia-

mo già affascinati.

Mangiare in silenzio

Il pranzo e la cena ci 

riservano altre sorprese. 

Ci accolgono a gruppi di 

dodici in singole stanze 



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arredate con un tavolo, 



una cassapanca. Ci acco-

modiamo e sono con noi 

due monaci, in ogni stan-

za. Ci spiegano che la 

“regola” prevede il silen-

zio. Silenzio? Ci accorgia-

mo che non conosciamo 

appieno il significato di 

questa parola e scopria-

mo con piacere che è una 

“cosa” che in fondo ci “fa 

stare bene”. I cibi pro-

fumati e saporiti  (deri-

vati in gran parte dalle 

loro coltivazioni e dalle 

loro lavorazioni interne) 

ci vengono serviti in una 

ciotola che passa di mano 

in mano (bello! sembra un 

gioco di società) e dalla 

quale ciascuno prende la 

propria porzione (dice un 

proverbio “beati i ultimi 

se i primi gà creansa” – 

Leonardo la ciotola non è 

solo per te!). Il piatto per 

il secondo non c’è? Beh 

in effetti non serve: c’è 

un pane così buono, fatto 

da loro, apposta per la… 

“scarpetta”!

E poi via al lavoro! Fai i 

gruppi, assegna i lavori, 

prendi gli strumenti, vai 

sul “campo” e … guarda-

ti intorno, perché tutto 

qui ci colpisce nei sensi: 

“suoni,  profumi, colori si 

rispondono” (che Charles 

Baudelaire avesse scritto 

qui “Corrispondenze”?).

La vita e il lavoro nella 

comunità monastica

I giorni passano, noi lavo-

riamo e impariamo a vive-

re non proprio “da” mona-

ci, ma “con” i monaci e 

le monache della comu-

nità ecumenica di Bose. 

All’inizio ci fanno un po’ di 

soggezione, ma poi sco-

priamo che sono molto 

cordiali e gentili ed estre-

mamente accoglienti e 

affabili. E ci incuriosisce la 

loro vita, il loro mondo. 

Perché non fare un’in-

tervista a qualcuno? 

Organizziamo una troupe 

giornalistica e chiediamo 

di parlare con un membro 

della comunità. Fratello 

Marco ci presenta fratello 

Elia che, gentile e “corag-

gioso” (povero! non sa 

cosa gli chiederemo) si 

sottopone al martirio.

“Ester, Alessia: pronte con 

le domande?”, chiede la 

prof.ssa Favaretto. 

“Sì, sì”, rispondono la 

bionda Ester e la mora 

Alessia (proprio come le 

veline), accomodandosi i 

capelli (ci sta, anche in 

monastero).

“Jacopo, l’affare lì …il go-

pro…la telecamera…tutto 

pronto?”, “Sì, sì”, rispon-

de Jacopo, tutto rigorosa-

mente di nero vestito (ci 

sta, siamo in monastero).

Ci accomodiamo in un 

salottino e sembriamo 

proprio come “i veri”.

L’intervista

Ci racconta in breve la 

storia del monastero di 

Bose?

“Il monastero è stato fon-



dato negli anni Sessanta 

da Enzo Bianchi, che ha 

creato in questi luoghi una 

comunità mista in cui con-

vivono monaci e monache 

(circa settanta) apparte-

nenti a religioni cristia-

ne diverse. Nel tempo il 

monastero si è ingrandito; 

abbiamo, con le nostre 

mani, costruito vari edi-

fici, come ad esempio la 



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chiesa che vedete; all’in-



terno si svolgono vari tipi 

di attività (di produzione 

di maioliche, oggetti in 

legno, marmellate, icone, 

ecc.) e dalla vendita dei 

nostri prodotti traiamo un 

fonte di sostentamento 

per la comunità”. 

Perché Enzo Bianchi ha 

scelto proprio questo 

luogo?

Un giorno Enzo Bianchi, 



all’epoca studente univer-

sitario, stava passeggian-

do in questi luoghi; giunto 

alla chiesa romanica di 

San Secondo è  rima-

sto colpito dalla bellezza e 

dalla tranquillità dell’am-

biente,  che predisponeva 

alla riflessione e al silen-

zio.


L’ubicazione degli edifici 

della cittadella monasti-

ca, risponde ad esigenze 

anche di tipo spirituale, 

oltre che pratico?

Sì gli edifici, i viali di col-

legamento, gli spazi sono 

organizzati anche in base 

ad un percorso spirituale, 

che si inserisce nel conte-

sto ambientale. Se notate, 

ad esempio, vi è una note-

vole presenza di fontane: 

questo perché l’elemento 

dell’acqua è simbolo della 

vita e della purezza e il 

gorgoglio stesso predispo-

ne alla calma e alla rifles-

sione.

Quale percorso bisogna 



compiere per diventare 

monaci?


All’inizio si arriva come 

ospite; successivamente 

si può esternare la pro-

pria intenzione ai mona-

ci; segue un periodo di 

“postulato”; un successivo 

periodo di “noviziato”; un 

altro periodo di “proban-

dato”. A sancire la conclu-

sione del periodo di “for-

mazione”, che dura circa 

otto anni, vi è la cerimonia 

dell’anello, con cui viene 

assegnato al nuovo mona-

co l’anello che simboleg-

gia la scelta del percorso 

di fede e di vita.

E’ mai accaduto che un 

monaco  lasciasse la 

comunità? 

Sì, si può decidere in qual-

siasi momento di abban-

donare la vita monastica 

in comunità e purtroppo è 

accaduto. E’ uno strappo 

molto doloroso per tutti.

Avete contatti con le 

vostre famiglie di origine?

Sì, possiamo andare a 

casa una volta all’anno 

per tre giorni e le nostre 

famiglie possono venire a 

trovarci una volta all’anno 

per un giorno.

Quale riconoscimento 

dà la Chiesa alla vostra 

comunità?

La Chiesa di Roma ci rico-

nosce come una associa-

zione di fedeli.

Quale ruolo hanno le 

donne all’interno della 

comunità?

Il ruolo delle donne è pari-

tario. Se avete assistito 

alla messa del giovedì, 

avrete notato che il sacer-

dote ha conferito ad una 

sorella l’incarico di legge-

re il Vangelo e di esporre 

l’omelia.


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Quale significato ha il 



silenzio durante i pasti?

Il silenzio in natura è una 

condizione difficilissima da 

realizzare. Il silenzio con-

sente di osservare meglio 

chi ci è vicino; consente 

di riflettere; consente di 

ascoltare veramente noi 

stessi, i rumori dell’am-

biente che ci circonda e 

quelli che noi stessi pro-

duciamo. Dal silenzio si 

impara molto.

La nostra presenza qui, 

ha interferito con la vostra 

vita monastica?

No assolutamente, anzi 

siamo stati ben felici di 

accogliere la proposta 

fatta da fratello Marco di 

accogliere voi studenti.

Poi c’è un improvviso 

cambio di direzione e, ina-

spettatamente, Fratello 

Elia diventa il giornalista 

e noi gli intervistati:

Posso farvi una domanda?

Ce lo chiede con un sor-

riso e un candore che 

“sciolgono” e come si fa a 

dirgli di no?

Ed eccola, la domanda: 

“Quando vi hanno propo-

sto di venire qui in mona-

stero, come avete reagi-

to?”


“Beh, quando sono arriva-

ta in questo luogo, tutto 

mi è sembrato…stra-

no, un mondo fuori dal 

mondo, un tempo senza 

tempo. Ma poi mi sono 

ambientata e ho capito 

che era un’occasione per 

staccarmi dal frastuono”, 

risponde decisa Alessia, la 

“mora”.

“Immergerci nella vostra 



realtà, integrarci con voi, 

è stato utile e bello”, com-

menta Jacopo, il camera-

men.


“Mi ha colpito il fatto che 

qui c’è sempre qualcuno 

che ascolta”, sorge timi-

da la voce inaspettata di 

Diego, il nostro fotografo 

ufficiale.

E’ contento fratello Elia 

e lo siamo anche noi. 

Vorremmo chiedergli 

altro, ma lo liberiamo e 

lo lasciamo andare ai suoi 

impegni.  E poi, oggi, pro-

prio non possiamo tratte-

nerlo, perché altrimenti 

non si mangia: oggi ha il 

turno in cucina!

La celebrazione liturgica

Arrivano: 

la Dirigente Gasparini, 

Albertini, Mescalchin, 

Mantoan, Salbe, Rizzo 

(i prof. dell’area tecni-

ca) e c’è pure la prof.ssa 

Favaretto. All’unisono ci 

invitano a recarci ad assi-

stere alla preghiera della 

sera. Gli Uffa! I Bof! Gli 

Uhm! non li piegano…. Ci 

spiegano che è un’espe-

rienza che vale la pena 

di fare. Ok, allora si va. 

Spegni i cellulari. Entra 

in chiesa. L’atmosfera è 

cupa, poi le luci tenui e 

calde si accendono gra-

datamente ed entrano ad 

uno ad uno, da destra e 

da sinistra, i monaci e le 

monache vestiti con una 

tunica bianca. Sembrano 

tanti fantasmi che comin-

ciano a cantare a settanta 

voci salmi e preghiere, 

con un’armonia e una dol-

cezza che sciolgono ogni 

nostra resistenza e noia.

Usciamo contenti di aver 

fatto anche questa espe-

rienza.


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La serata “a sorpresa”



Poi l’ultima cena (sigh!), 

ma è un’ultima cena a 

sorpresa. Ci portano in 

una grande sala e a buf-

fet ci avventiamo su vas-

soi pieni di pastasciutta, 

salumi, formaggi, carcio-

fini, pane fresco! Slurp! 

“Neanche le cavallette 

sono così voraci”, com-

menta Albertini, speran-

do di afferrare almeno 

una fetta di salame. E 

poi eccolo! Fratellino! Ma 

no! E’ Fratel Lino, che 

ci incanta insegnandoci 

ad apprezzare il Moscato, 

il Vin Santo, il Malvasia 

portati a scortare tre tipi 

di dolci fatti apposta per 

noi, uno più buono dell’al-

tro… i dolci e i vini… non 

noi, che, dimenticando il 

“grande silenzio” che vige 

dalle 20 alle 8, cantiamo, 

brindiamo, applaudiamo 

intoniamo cori non pro-

prio da monastero. Tutti a 

nanna! Domani partenza. 

Ma come? Di già?

Il ritorno a casa

Sabato 22 ottobre 2016, 

ore 8: il bus, le valigie, gli 

attrezzi, l’appello. Pronti, 

partenza, via! Baci, saluti, 

lacrime non si contano: 

ce ne andiamo con tutti 

i nostri “rumori”, malin-

conici in una mattinata 

grigia che ci guarda par-

tire con gli occhi di tanti 

monaci e monache che 

sono venuti a salutarci: 

Elia (la nostra vittima), 

Margherita (la roccia del 

monastero), Marco (la 

voce che accoglie), Lino 

(l’oste), Francesca (l’ape) 

e tanti altri che ringra-

ziamo di cuore e ai quali 

diciamo con affetto arrive-

derci a presto! 

        

Gli alunni della V A e V B 

CAT dell’IIS 8 MARZO – K. 

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È una delle modalità di dialogo educativo, 



che continua ad avere successo. 

D’altra parte “

il sistema millenario dell’in-

segnante in carne ed ossa non funziona 

più per l’educazione di massa. Di contro, 

le tecnologie interattive e multimediali 

sono strumenti molto potenti sul piano 

pedagogico. Consentono la presa in consi-

derazione di diversi piani e l’azione diretta 

sull’oggetto della conoscenza: permet-

tono, insomma, alla mente uno sviluppo 

impossibile con il solo uso della lingua 

parlata e scritta.”

Quello di cui stiamo diventando esperti è 

il “

learning by doing”, l’imparare facendo, 



un metodo di lavoro preziosissimo nella 

didattica delle scienze, che, tranne per 

lodevoli esempi, non trova adeguato spa-

zio nella scuola italiana. Ma nella nostra 

scuola sta avendo senza dubbio un grande 

successo. Questo metodo comporta alme-

no sei passaggi:

1. studio del problema;

2. analisi delle possibili soluzioni;

3. lavoro di progettazione;

4. lavoro esecutivo;

5. verifica del lavoro eseguito;

6. esposizione e divulgazione.

Queste fasi avvicinano nel nostro caso 

l’allievo geometra a tutte le problematiche 

legate all’operare quotidiano della profes-

sione del geometra.

Coinvolgere le varie discipline secondo 

quella interconnessione che si genera 

normalmente nell’attività professionale, 

inoltre, aiuta in modo significativo a esplo-

rare le nuove frontiere offerte dalle nuove 

tecnologie.

Alberto Albertini, 

coordinatore Area di Progetto

STORIA dELLA COMuNITA’ 

dI BOSE

La Comunità monastica di Bose è stata canonicamen-



te approvata  cf. decreto del Vescovo di Biella, mons. 

Massimo Giustetti in data 11 luglio 2000 che ne ha 

anche  approvato lo statuto e l’annessa regola mona-

stica. L’attuale Ordinario di Biella, mons. Gabriele Mana 

ha confermato la suddetta acquisizione della persona-

lità giuridica e approvato le modifiche allo statuto con 

decreto in data 29 giugno 2010. La regola monasti-

ca era stata approvata dal card. Michele Pellegrino di 

Torino in occasione della professione dei primi sette fra-

telli il 23 aprile 1973 e confermata dal suo successore, il 

card. Anastasio Ballestrero il 6 agosto 1978.

La comunità nasce l’8 dicembre del 1965, giorno in cui 

si chiude il concilio Vaticano II, quando Enzo Bianchi 

decide di iniziare a vivere, solo, in una casa affittata 

presso le cascine di Bose. I primi fratelli giungono tre 

anni dopo, e fra essi una donna e un pastore evangeli-

co. Da allora, al mattino, a mezzogiorno e alla sera, si 

celebra la liturgia delle ore cantata, si lavora, si pratica 

l’accoglienza, si studia la Scrittura e la tradizione mona-

stica, e si vive la faticosa ma feconda avventura comu-

nitaria.

Oggi la comunità è formata da circa ottanta persone, 

uomini e donne, alcuni dei quali evangelici e ortodossi, 

cinque presbiteri e un pastore. Senza averlo ricerca-

to, ma per un grande dono dello Spirito, fin dall’inizio 

hanno fatto parte della comunità cristiani appartenenti a 

confessioni diverse. Di questo dono si è cercato di fare 

un impegno per l’unità di tutti i cristiani, nella fedeltà 

alla parola di Cristo: “Che tutti siano una sola cosa”.

IL METOdO: LEARNING By 

dOING


quinta A 

Costruzioni Ambiente Territorio

14

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.2016-17

 

2- Il nostro gruppo ha effettua-



to un rilievo dell’andamento del 

terreno nei pressi del Monastero 

di Bose. Da una prima indagine 

sul fondo (denominato “lotto 5”), 

abbiamo convenuto fosse necessa-

rio l’utilizzo della stazione totale, 

per ottenere un rilievo abbastanza 

dettagliato, che potesse descrivere 

al meglio l’andamento plano-alti-

metrico del terreno.

Abbiamo innanzitutto posizionato 

dei chiodi topografici che rap-

presentavano le stazioni, da cui 

abbiamo poi collimato i punti 

perimetrali e quelli più signifi-

cativi per disegnare l’andamento 

del terreno. Abbiamo battuto circa 

300 punti suddivisi in 8 stazioni 

diverse, attraverso un rilievo per 

irraggiamento. Una volta riportati 

i punti nel Cad, che poi abbia-

mo collegato per ricreare grafi-

camente il lotto, è stata realizzata 

una superficie tridimensionale

per rappresentare il fondo e una 

sezione longitudinale dello stesso. 

Abbiamo anche eseguito una veri-

fica, confrontando la ricostruzione 

con una sezione realizzata attraver-

so GoogleMaps. Successivamente 

abbiamo collegato il nostro lavoro 

all’inquadramento generale ese-

guito dai compagni.

6-Il nostro compito è stato quello 

di effettuare un rilievo topografico, 

inquadrando il complesso mona-

stico con una poligonale chiusa, 

agganciata a tre punti fiduciali. 

Sul posto abbiamo stabilito i punti 

di stazione dei vertici della poligo-

nale, in seguito rilevati attraverso 

l’utilizzo di una total station e di 

un prisma. Per materializzare i 

punti nel terreno, abbiamo usato 

dei chiodi topografici, evidenziati 

da una bomboletta spray. Il meto-

do utilizzato per la rilevazione dei 

punti si è basato sulla battuta e 

sulla controbattuta. 

Le principali problematiche 

riscontrate sono state la mancanza 

di visibilità tra i punti (a causa 

delle condizioni atmosferiche e 

della presenza di alberi), e la diffi-

coltà di rilevazione dei punti fidu-

ciali, che ci ha costretto a stabilire 

dei punti di allacciamento.

L’esperienza è stata ad ogni modo 

positiva e ci ha permesso di affina-

re le nostre competenze tecniche.

AdP 


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