Quaderno di traduzioni
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- Bu sahifa navigatsiya:
- Faustina, or rock roses
- A spirit pass’d before me
- Bright be the place of thy soul
- I if sometimes in the haunts of men
Elizabeth Bishop 24 The map (Ultima strofe) I mari sulle mappe sono calmi più della terra, prestando alla terra la forma stessa di onde: corre a sud come lepre turbata la Norvegia, dov’è terra i profili indagano il mare. Sono assegnati, o scelgono i colori i paesi sulle mappe? Per carattere proprio a risaltar le acque costiere. La topografia esclude favori il Nord è vicino quanto l’Ovest ed i cartografi usano i colori molto più delicati degli storici. Chemin de fer Sola, lungo i binari camminavo con il cuore in tumulto. Troppo ravvicinate le traverse o forse troppo distanti tra loro. Lo scenario era proprio impoverito: soltanto cespugli di pini e quercie; oltre il folto di foglie grigio-verdi vidi il piccolo stagno dove vive quel sudicio eremita, stendersi come una lacrima antica e stringendo a sé le proprie ferite lucidamente, un anno dopo l’altro. Scaricò l’eremità il suo fucile vicino alla capanna tremò l’albero. Sullo stagno passò un’increspatura, chiocciò la gallinella. “L’amore dev’ essere esercitato!” gridò il vecchio eremita. Un’eco attraversando quello stagno tentò e ritentò di confermare. 25 At the fishouses Nonostante sia freddo questa sera, laggiù vicino auno dei magazzini un vecchio siede e cuce la sua rete, che è quasi invisibile nel crepuscolo, un’oscurità bruno-rossastra e la sua spola rosa e levigata. L’aria puzza tanto di merluzzo che il naso pizzica e gli occhi lacrimano. I cinque magazzini hanno aguzzi tetti a punta e strette passerelle oblique agganciate che fan da ponte ai depositi in alto per le carriole che vanno su e giù. Tutto è d’argento: la pesante superficie dell’acqua, che lenta si gonfia come per traboccare, è opaca, ma l’argento dei banchi, dei secchi d’aragoste, delle alberature, sparso tra le rocce selvagge e frastagliate, è d’una lucentezza trasparente come i minuscoli vecchi edifici con muschio di smeraldo sui muri volti a riva. Le grandi vasche striate di bellissime scaglie di aringhe e le carriole sono anch’esse coperte da iridescenti cotte di maglia dove arrancano insetti iridescenti. Sul piccolo pendio dietro le case, tra i radi luminosi ciuffi d’erba c’è un vecchissimo argano di legno, crepato, con due lunghe maniglie bianche e con alcune macchie malinconiche come di sangue secco dove il ferro battuto è arrugginito. Il vecchio accetta una Lucky Strike. È stato un amico di mio nonno. Parliamo del calo demografico, di merluzzi e di aringhe mentre aspetta la barca delle aringhe. Luccica la sua maglia e il suo pollice. Ha raschiato le scaglie, la cosa più bella, di tantissimi pesci con la scura vecchia lama ormai consumata. A pelo d’acqua, dove si sollevano le barche, sulla lunga rampa che discende nell’acqua, tronchi argentei e sottili sono posati 26 orizzontalmente su pietre grigie a intervalli di quattro o cinque piedi. Freddo scuro profondo e limpidissimo, elemento tollerabile non per gli uomini ma per pesci e foche… Una foca in particolare ho visto per molte sere di seguito la incuriosivo e amava la musica; come me credeva nell’immersione totale, e così le cantavo inni battisti. O: “Il nostro Dio è Salda Fortezza”. Stava dritta nell’acqua e mi guardava attenta, muovendo appena la testa. Poi spariva, ma riemergeva rapida in quello stesso punto, scrollando le spalle come a dire che è meglio metter giudizio. Fredda scura profonda e limpidissima, limpida acqua grigia ghiacciata… Dietro cominciano gli alti abeti solenni, azzurri alberi di Natale in piedi che aspettano il Natale. L’acqua sembra sospesa sopra le tonde pietre grigio azzurre. Ho riguardato questo stesso mare oscillare lieve e indifferente sulle pietre gelido e libero sopra le pietre, sopra le pietre e poi sul mondo. E se tu ci immergessi la tua mano, sentiresti al tuo polso un dolore immediato, ti dorrebbero le ossa e ti brucerebbe la mano come un’acqua tramutata in fuoco alimentato dal fuoco grigio delle pietre. Ti sembrerebbe amaro il suo sapore prima, poi salato, poi ti brucerebbe la lingua. È come immaginiamo la conoscenza: scura, salata, limpida, libera e mobile attinta dalla fredda dura brocca del mondo, scesa da seni di roccia, scorre sempre ed è attinta, e poiché la nostra conoscenza è storica, scorrendo è già trascorsa. 27 Manners Mio nonno mi ammonì mentre eravamo seduti a cassetta - E ricordati sempre di salutare chiunque tu incontri – Quando incontrammo un forestiero a piedi con la frusta si toccò il cappello. - Buon giorno a voi, signore, il tempo è splendido – E dicevo così con un inchino. Poi incontrammo un giovane vicino che teneva una gazza sulla spalla. - Offri sempre un passaggio, sempre e a chiunque; e non dimenticarlo, quando cresci – disse mio nonno. Fu così che Willy saltò su, ma la gazza gracchiò e volò via. Mi preoccupai. Come avrebbe capito dove andare? Ma svolazzò piano davanti a noi da uno steccato all’altro e se Willy fischiava, rispondeva. - È un buon uccello – disse mio nonno, - ed è stato educato bene. Guarda, risponde a tono quando gli si parla. Uomo o bestia, l’educazione è una. Ed entrambi dovete ricordarvene. – Se passava qualche auto la polvere nascondeva ogni volto ma noi si gridava - Buon giorno a voi, signore! Il tempo è splendido! – Quando arrivammo a Hustler Hill il nonno disse che la giumenta era sfinita, così scendemmo tutti e andammo a piedi, come le buone maniere esigevano. 28 Visit to St. Elizabeths Qui abitano i pazzi. È questo l’uomo che vive nella casa dei pazzi. È questo il tempo del tragico uomo che vive nella casa dei pazzi. È questo l’orologio che segna il tempo di quell’uomo loquace che vive nella casa dei pazzi. È questo il marinaio, al polso ha l’orologio che segna il tempo dell’uomo onorato che vive nella casa dei pazzi. È questo il molo, tutto fatto d’assi che accoglie il marinaio che al polso ha l’orologio che segna il tempo del coraggioso vecchio che vive nella casa dei pazzi. Son questi gli anni e i muri del reparto, i venti e le nubi del mare di assi corsi dalle vele del marinaio che al polso ha l’orologio che segna il tempo dell’uomo capriccioso che vive nella casa dei pazzi. È questo un mondo di libri scoppiato Quest’è l’ebreo dal cappello di carta che danza piangendo lungo il reparto sul cigolante mare d’assi del marinaio strambo che carica l’orologio che segna le ore dell’uomo indaffarato che vive nella casa dei pazzi. 29 Faustina, or rock roses L’aiuto di Faustina in una casa folle sopra un letto da folli e fragile, con lo smalto scheggiato che fiorisce sopra la sua testa in quattro vaghe forme simili a rose, la donna bianca bisbiglia a se stessa. Le assi del pavimento si sconnettono qua e là. Sopra il tavolo coperto da un asciugamano resta la scatola di talco e cinque confezioni di pastiglie, per lo più quasi cristallizzate. La visitatrice siede e osserva brillare la rugiada alla parete e due lucciole di un verde smorzato. Ma la lampadina da ottanta watt tradisce tutti quanti, manifestando l’ansia assieme allo stupore; illumina le teste di puntine sulla carta da parati, con violette in rilievo, che luccicano con le scaglie di mica. 30 Letter to N.Y. Nella tua prossima lettera scrivimi dove vai, cosa fai; che commedie ci sono, e quali altri piaceri vai cercando: se prendi taxi di notte e vai rapida come volessi mettere in salvo l’anima dove la strada gira attorno al parco e il tassametro brilla come un gufo moralista; e così strani, così verdi sembrano gli alberi, così soli in grandi antri neri e all’improvviso sei in un altro luogo e tutto sembra avvenire a ondate e non riesci a cogliere le battute come le parolacce cancellate alla lavagna, e la musica è al massimo ma il senso resta oscuro ed è tardissimo, e uscendo da una casa in pietra rossa sul marciapiede grigio, la strada umida, un lato dei palazzi con il sole risorge come in un campo che luccica. - Grano o loglio che sia, mia cara, temo non sia stata tua cura seminare, ciononostante vorrei sapere cosa vuoi fare e dove vuoi andare. 31 Brazil Gennaio, la Natura appare agli occhi nostri proprio com’è apparsa ai loro: ciascun centimetro fitto di foglie – grandi, piccole, enormi, blu blu-verdi e oliva, a volte venature e bordi chiari o con la parte inferiore di raso; felci mostruose in rilievi argentati, e anche fiori, come ninfee giganti su nell’aria – o piuttosto tra le foglie – viola, gialli, due gialli, rosa, rosso ruggine e bianco verdi; solidi ma leggeri; freschi, come finiti da poco e tolti dal quadro. Un cielo blu e bianco, un velo semplice che fa da sfondo a dettagli di piume: brevi archi, rotte ruote verde pallido, palme, basse e scure, ma delicate; e appollaiati di profilo, a becco aperto, i grandi quieti uccelli simbolo, e ciascuno mostra solo a metà il petto gonfio e ovattato, puro il colore, o a macchie. Eppure in primo piano c’è il Peccato: cinque draghi fuliggine vicino ad alcune rocce massicce. Le rocce lavorate dai licheni, grigi squarci di luna spruzzati e sovrapposti, minacciati dal muschio sotterraneo in splendide fiamme verdi d’inferno, e sopra i rampicanti come scale di corda, oblique e in ordine, “una foglia sì e una foglia no” (come si dice in lingua portoghese) le lucertole respirano appena; tutti gli occhi rivolti alla più piccola, la femmina, voltata, con la coda cattiva rivolta in alto e rossa come un filo incandescente. 32 Emily Bronte 33 Stanzas Spesso respinta, eppure torno sempre a quei sentimenti nati con me, e rinuncio a ricchezza e conoscenza per vani sogni di cose possibili: oggi rinuncio alla terra dell’ombra; troppo opprimente il suo vasto vuoto qui s’inseguono legioni d’immagini portando l’irreale troppo vicino. Non seguirò antiche tracce eroiche né sentieri d’alta moralità né tra quei volti ormai indistinguibili forme vaghe di storia troppo antica. Non vorrò in alcun modo altra guida che non sia quella della mia natura: dove le greggi pascolano tra felci e tra i monti battuti dai venti. Che rivelano i monti solitari? Più gloria, più dolore del dicibile: terra capace di destare un cuore è terra che ha in sé l’Inferno e il Cielo. 34 Death Morte, che hai colpito quando più fidavo nella fede della gioia a venire, spezza il ramo ormai arido del Tempo dalla fresca radice dell’Eterno! Le foglie su quel ramo erano splendide, piene di linfa e fresche di rugiada; ogni notte eran rifugio di uccelli; e attorno ai fiori volavan le api. Arrivò il dolore e colse il fiore; la colpa strappò le foglie orgogliose; ma continuava nel suo seno a scorrere il flusso indomabile della vita. Non piansi a lungo per la gioia persa, per la canzone muta e il nido vuoto; un riso di speranza mi guarì sussurrando: “L’inverno finirà!” Tornò la primavera più feconda, ed ornò di bellezza piena il ramo; vento e pioggia e la fervida carezza del sole incoronarono maggio. Fiorì, lontano dal dolore alato; e il peccato temette il suo splendore; la vita, l’amore avrebber potuto salvarlo da ogni male – non da te! Morte crudele! Foglie fresche languono; la brezza serale potrà salvarle – no! Il sole dell’alba irride il pianto – Non fiorirà mai più per me il Tempo! Abbàttilo, che altri rami fioriscano dove sorgeva il ramo inaridito; ed il suo corpo decomposto nutra l’Eternità da cui ebbe vita. 35 Hope La speranza è stata un’amica timida; seduta fuori la mia cella cupa, spiava la direzione del destino, come fanno gli egoisti. E la sua timidezza fu crudele; un giorno tristemente la cercai con lo sguardo al di là delle mie sbarre, e lei distolse il viso! Guardia bugiarda che tradì la veglia, sussurrava di pace nella guerra, se piangevo cantava, se ascoltavo taceva. Fu spietata impostora quando le mie ultime gioie stremavano, perfino il Dolore fissò il pentito quelle tristi rovine sparse ovunque; La Speranza, che con un sol sussurro avrebbe consolato le mie pene, stese le sue ali e si librò in cielo, volò via e non fece più ritorno! The starry night La notte stella porterà nuove: vai fuori, nella landa ventilata, aspetta un uccello dall’ala scura, con becco e artigli macchiati di sangue. E non guardare attorno, né a terra, ma muto segui la sua traccia in cielo; osserva il punto della sua picchiata, poi, vagabondo, inginocchiati e prega. Quale sorte potrebbe attender te io non so predire, ma il cielo ascolta una preghiera fervida Dio è clemenza – addio! 36 George Byron 37 Stanzas to Augusta I Quando tutto divenne triste e buio, la ragione privata del suo raggio e la speranza una scintilla flebile che confondeva la mia solitudine; II In quella fonda notte della mente, e quella sotterranea guerra in cuore, quando, per non sembrare troppo buoni, il freddo va via e il fiacco dispera III quando il fato mutò – e l’amor fuggì e le frecce dell’odio fitte corsero, diventasti la stella solitaria che sorse per non tramontare più IV Benedetta la tua luce infinita! Che vegliò me con uno sguardo angelico, per rimanere tra me e la notte, rilucendo per sempre dolcemente V E quando su di noi scese la nube che cercò d’oscurare il tuo raggio, più pura diffondesti la tua luce che riuscì a dissipare le tenebre. VI Rimanga il tuo spirito nel mio, per insegnargli audacia e tolleranza: c’è più in una tua dolce parola che in tutto il biasimo del mondo che odio. VII Rimanesti, come rimane un albero capace di piegarsi senza rompersi delicato fedele e amoroso mentre ondeggia i suoi rami su una tomba VIII Potevano straziarti venti e piogge ma tu restavi là e rimarrai sempre, anche nell’ora più tempestosa 38 a piangere le tue foglie su me. IX Ma tu e i tuoi non andrete in rovina, qualunque fato cada su di me; perché il cielo splendido compensa il buono, e tu lo fosti più degli altri. X Dunque i legami di un amore fragile prima o poi si spezzano – i tuoi mai: il tuo cuore è sensibile ma saldo; tenera la tua anima, ma ferma. XI E ciò, quando tutto era già perduto, io lo trovai, e ancora ciò è in te; e nonostante il mio cuore sfinito neppur per me la terra è un deserto. A spirit pass’d before me I Uno spirito mi passò innanzi: e contemplai l’immortalità – soltanto io non sprofondai nel sonno che piombò là, informe, ma divino: lungo le ossa la carne mi tremò, e i capelli si rizzarono. Parlò: II “È l’uomo più giusto di Dio? Più puro di chi giudica incerti i Serafini? Nati dal fango, abitate la polvere! La tarma sopravvive a voi, e voi siete più giusti? Vizzi con la notte, ciechi alla luce vana del Giudizio!” 39 Bright be the place of thy soul I Risplende la dimora della tua anima! Mai spirito più amabile del tuo infranse i limiti dell’uomo e corse a brillare nelle orbite beate. Sfiorasti la divinità in terra, come immortale sarà la tua anima; il dolore può smettere di affliggerci perché sappiamo che il tuo dio è con te. II Lieve ti sia la zolla sulla tomba! E che diventi il prato di smeraldo! Non devono rimanre ombre tristi in tutto ciò che resta a noi di te. L’albero sempreverde e fiori giovani spuntino dalle zolle dove sei; ma non ci siano tassi, né cipressi; perché dovremmo piangere i beati? Remember Ricordati! Ricorda! Fino a quando il Lete non estinguerà il fiume ardente della vita come un’onda febbrile, proverai rimorso e infamia. Ricordati! Sì, senza dubitare. Ti penserà tuo marito, come me, entrambi non potremo scordare: con lui falsa, e diabolica con me. Improptu Quando dal cuore il Dolore prolunga la sua nera ombra troppo in alto, e offusca la fronte, aleggiando sul volto mutevole, o colma l’occhio; non immalinconirti, vedrai che presto sparirà da sola: i miei pensieri conoscono bene la loro prigione; tornano in petto, dopo aver un poco vagabondato, a languire nella cella silente. 40 I if sometimes in the haunts of men Se quando mi ritrovo tra la folla la tua immagine diventa pallida mi riporta nel cuore, l’ora sola, l’immagine dell’ombra tua gentile: e adesso, l’ora triste e silenziosa può ancora una volta restituirti a me, e il dolore, appartato, può effondersi in lamenti senza voce. Perdonami se a volte tra la folla sciupo un pensiero che era solo tuo, e condannandomi sembro sorridere ormai infedele alla tua memoria: non diventa meno caro il ricordo quando non sembro afflitto; non voglio che gli sciocchi mi sorprendano in sospiri rivolti solo a te. Se vuoto avidamente ciascun calice non lo faccio per scacciare l’affanno; deve avere bevanda più mortale la coppa che dà un Lete a chi dispera. Se Oblio liberasse la mia anima da ogni sua visione ed inquietudine, spezzerei al suolo la coppa più dolce che affogasse un solo tuo pensiero. Se tu fossi svanita dalla mente mia, dove andrebbe il mio cuore vuoto? E chi, chi rimarrebbe ad onorare la tua urna abbandonata? È onore del mio dolore adempiere questo caro ufficio ultimo. Io ricorderò ciò che tutto il mondo può dimenticare. Perché so bene che saresti stata altrettanto gentile con colui che illacrimato lascerà il mondo dove soltanto tu te e curavi: e capisco che in ciò m’era concessa una grazia che non sembrava mia; troppo simile eri a un sogno del cielo per meritarti un amore terreno. (march 14, 1812) 41 And thou art dead Così giovane e bella tu sei morta bella come nessuna nata in terra; di forme così soavi e grazie rare troppo presto restituite alla terra! Benchè la terra l’abbia nel suo letto e su quel luogo la folla cammini spensierata e allegra, c’è un occhio che non può tollerare di guardar quella tomba per un attimo. Io non chiederò dove tu giaci né guarderò quel luogo; ci posson crescere fiori ed erbacce, io non li guarderò. A me basta sapere che ciò che ho amato, e a lungo amerò, può corrompersi come terra vile. A me non serve che una pietra dica che ciò che ho tanto amato ora è nulla. Eppure fino all’ultimo ti ho amato ardente come te, tu che restasti uguale nel passato e non puoi più cambiare. L’amore che la Morte ha sigillato il tempo non lo gela né lo ruba. Un rivale, né la memoria falsa e, ciò che è peggio, tu non puoi vedere o torto o mutamento o colpa, in me. I giorni belli della nostra vita furono nostri; miei i peggiori: il sole che riallieta, la tempesta che rattrista, non sono più per te. Il silenzio del sonno senza sogni lo invidio troppo per poterlo piangere, non serve che lamenti la scomparsa di tutte quelle grazie, anche se avrei potuto attraversare il suo declino. Il fiore inarrivabile per fresco splendore deve cadere per primo; e se una mano non l’ha colto prima, i petali dovranno volar via. Ma sarebbe un dolore ben più grande guardarlo appassire di giorno in giorno, 42 l’occhio terreno non sopporta il marcio scaturito dal bello. Non so se avrei potuto sopportare di veder svanire le tue bellezze; la notte succeduta a tale giorno avrebbe avuto un’ombra troppo cupa: il tuo giorno è trascorso senza nubi e fino all’ultimo sei stata bella, estinta ma incorrotta, come stelle che precipitano nel cielo e splendide, più luminose cadono dall’alto. Come piansi, potessi ancora piangere, verserei volentieri le mie lacrime ripensando che non ti fui vicino quando c’era da vegliare il tuo letto per contemplar fino in fondo il tuo volto, per restare in un abbraccio sfinito per sostenere il tuo capo piegato e mostrarti un amore che pur vano né tu né io potremo più provare. E quanto meno pesano le cose – da quando tu mi hai lasciato libero, le cose più amabili che restano – se le confronto al ricordo di te! Tutto ciò che di te non può morire, attraversando l’Eternità buia e tremenda, ritorna ancora a me, ed eterna di nuovo il nostro amore ma non come quando era ancora vivo. |
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