Quaderno di traduzioni
da Choruses from “The rock”
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da Choruses from “The rock” L’aquila spicca il volo in cima al cielo, il cacciatore con i cani insegue. O, moto perpetuo di stelle fisse O, ritorno perpetuo di stagioni, O, autunno e primavera, morte e nascita! Eterno ciclo di idea ed azione infinita invenzione, esperimento. Conoscenza del moto e del linguaggio, non dell’immobilità del silenzio; Tutta la nostra conoscenza porta noi più vicini alla nostra ignoranza, l’ignoranza porta moi alla morte ma vicino alla morte e non a Dio. Dov’è la vita perduta vivendo? Dov’è la saggezza persa sapendo? Dov’è la sapienza persa informandoci? Tutti i Cicli del Cielo in venti secoli allontanano tutti noi da Dio portandoci più vicino alla polvere. … Il mondo ruota e cambia. Soltanto una cosa in tutti i miei anni non è mai cambiata, comunque la mascheriate, non cambia: l’eterna lotta del Bene e del Male. Voi trascurate gli altari e le chiese voi siete gli uomini che oggi deridono tutto ciò che è stato fatto di buono, trovate spiegazioni per soddisfare la mente razionale e illuminata. Trascurate e disprezzate il deserto. Il deserto non è così remoto e non è soltanto voltato l’angolo. Il deserto è pressato accanto a voi in metropolitana. Il deserto è nel cuore del fratello. Buono è colui che costruisce il bene. 103 FOUR QUARTETS Burnt Norton I Il presente, il passato forse sono presenti nel futuro ed il futuro è tutto nel passato. Se tutto il tempo è eterno presente il tempo è irredimibile ciò che poteva essere è un’astrazione che resta possibilità perpetua in un mondo d’ipotesi. La possibilità e ciò che è stato giungono sempre allo stesso presente. Nella memoria resta un’eco d’atti che attraversa il corridoio non preso verso quella porta che mai aprimmo nel giardino di rose. Così l’eco delle mie frasi nella vostra mente. Ma perché esse alzino la polvere su una coppa di foglie di rose non lo so. Altre eco vivono nel giardino. Da seguire? Trovatele, presto, disse l’uccello girato l’angolo, al primo cancello nel nostro primo mondo, seguiremo l’inganno del tordo? Nel nostro primo mondo erano dignitosi, invisibili, andavano senza schiacciar le foglie morte nel caldo autunno che vibrava e l’uccello chiamava, in risposta a musica inaudita tra i cespugli ma doveva esserci uno sguardo nascosto, se le rose sembravano guardate. Là erano, accettati e accettanti ospiti. … II … Al punto fermo del mondo che ruota. Corporeo e incorporeo; Non viene e non va; la danza è immobile non si ferma, non si muove. E non è fissità dove passato e futuro convergono. Né moto da né verso. Senza ascesa o declino. 104 Tranne che per quel punto, il punto fermo, non ci sarebbe danza, e lì c’è solo danza posso soltanto dire, là siam stati ma non so dire dove né quanto a lungo, perché in tal modo l’introdurrei nel tempo. La libertà dal desiderio pratico, liberarsi di azione e sofferenza, di slanci interni, esterni anche se circondate dalla grazia del senso, luce bianca ferma e mobile Ehreburg senza moto, concentrazione senza eliminazione, il mondo nuovo e il vecchio reso esplicito, capito nel completarsi d’ogni parziale estasi nel risolversi d’ogni suo orrore. Ma l’unione di passato e futuro nel fiacco nostro fisico che muta ci protegge da cielo e dannazione che la carne non riesce a sopportare. Il passato e il futuro ci danno poca consapevolezza. Esser consci è non essere nel tempo ma soltanto nel tempo è il momento del giardino di rose il momento di pioggia sulla pergola il momento della corrente in chiesa, aria nell’ora in cui il fumo ristagna e ricordati mischiano passato e futuro: soltanto con il tempo puoi conquistare il tempo. III È questo un luogo di disaffezione tempo del prima e del dopo luce fioca: né la luce del giorno che veste le forme di quiete lucida dando all'ombra una bellezza sfuggente e con moto lento offre permanenza né il buio a purificare l'anima che con le privazioni svuota i sensi togliendo transitorietà all'affetto né pienezza né vuoto. Solo un fremito sugli straniti volti logorati distratte distrazioni fatte di voglie e svuotate di senso 105 gonfia apatia senza concentrazione uomini e pezzi di carta nel vento che mulina freddo prima e dopo il vento, che polmoni malati aspirano espirano tempo del prima e dopo. Eruttazione d'anime malsane nell'aria che sbiadisce e intorpidisce mossa dal vento che spazza le tristi colline di Londra, Hampstead e Cerkenwell, Campden e Putney, Highgate, Primrose e Lugdate. Non qui, non qui il buio in questo mondo che cinguetta. Scendi di più, scendi solo nel mondo di perpetua solitudine. Buio interiore, privazione e spoliazione di ogni proprietà aridità del senso evacuazione della fantasia inattività dello spirito; questa è una via, e l'altra è simile, ma non nel movimento ma nell'astensione dal movimento. E mentre il mondo muove i suoi appetiti sulle strade asfaltate di passato e futuro. IV Il tempo e la campana han seppellito il giorno, la nube non porta via il sole. Si volgerà a noi il girasole, scenderà la clematide, i vilucchi e i rametti ci stringeranno forte abbracciandoci? Fredde dita di tasso ci si arricceranno intorno? Dopo, l'ala del martin pescatore che dice luce a luce e tace, luce ferma. Al punto fermo del mondo che ruota. V Le parole si muovono, e la musica, solo nel tempo; ciò che sta soltanto vivendo può scomparire. Le parole, dopo il discorso tacciono solo grazie alla forma e alla trama. 106 Le parole o la musica raggiungono la quiete, vaso cinese in perpetuo movimento nella sua propria quiete. Non quiete di violino mentre termina la nota. Non solo, ma coesistenza o, meglio, fine che precede inizio e la fine e l'inizio furon sempre prima dell'inizio e dopo la fine Tutto è sempre ora. Le parole forzano, si scheggiano, talvolta si frantumano per la tensione, sgusciano, si guastano e marciscono nell'imprecisione non vogliono restare al loro posto non vogliono star ferme. Voci stridule che sgridano, deridono, o solo chiacchierano, sempre le assalgono. Il Verbo nel deserto è preda delle voci tentatrici, l'ombra che piange nella danza funebre, alto lamento di chimera triste. Si muove ogni dettaglio della trama come le dieci scale dell'immagine. Il desiderio stesso è movimento, indesiderabile per se stesso; l'amore invece è immobile, solo causa e fine del movimento, al di fuori del tempo, non desidera eccetto che per l'aspetto del tempo catturato nella forma del limite tra non essere ed essere. All'improvviso in un raggio di sole proprio mentre la polvere si muove si alza il riso dei bimbi nascosti tra le foglie Presto, ora, qui, ora, sempre - È ridicolo il vasto triste tempo che s'estende tra un prima ed un dopo. East coker I Nel mio inizio è la mia fine. Case sorgono e cadono, crollano o s'ampliano, demolizioni, distruzioni, restauri o, al posto loro, campi aperti, fabbriche o circonvallazioni da vecchie pietre nuove costruzioni dal legno vecchio il fuoco rinnovato 107 da vecchi fuochi, cenere e poi la terra che è carne pelo e feci ossa d'uomo e di bestia, stelo e foglia. La casa vive e muore: c'è un tempo per costruire, vivere e generare c'è un tempo perché il vento spacchi il vetro ormai sconnesso e scuota lo zoccolo lungo il quale scappa il topo campagnolo e scuota il logoro arazzo, il suo tacito motto ricamato. Nel mio inizio è la mia fine. Cade ora la luce sopra i campi aperti, lascia la via profonda nella sera oscurata, dove ti fai da parte se passa un carro e la via profonda continua avanti dritta fino al villaggio, in un calore elettrico, ipnotizzata. Luce afosa in foschia calda, assorbita, non rifratta dalle pietre grigie. Le dalie dormono in silenzi vuoti e la civetta arriverà puntuale in quell'aperto campo se non vi avvicinate troppo, troppo a mezzanotte estiva puoi udire (…) Alzando pesanti le goffe scarpe piedi di terra e argilla, allegramente, allegria di chi è sotto la terra a nutrire il grano. Attenti al tempo, attenti al ritmo della loro danza come al vivere le vive stagioni tempo di stagioni e costellazioni tempo di mungitura e di raccolto tempo d'accoppiarsi di uomini e donne e tempo delle bestie. Piedi s'alzano, cadono. Nutrirsi. Letame e morte. Spunta l'alba ed il giorno si prepara al calore ed al silenzio sul mare un vento d'alba increspa e scivola. Io sono qui o là, o altrove. Nel mio principio. II Che cosa ci fa il tardo novembre 108 coi turbamenti della primavera e le creature di calura estiva e i bucaneve schiacciati dai piedi e i rampicanti che s'alzano troppo dal rosa al grigio, e rovesciano giù rose tardive coperte di neve? Rotolato tuono tra astri cadenti, suono simile ai carri in trionfo schierati in guerre tra costellazioni. Lo Scorpione si scontra con il Sole finchè il Sole e la Luna tramontano comete piangono e Leonidi volano cacciano per i cieli e le pianure presi da un vortice che porterà il mondo al fuoco della distruzione che brucia prima del regno di ghiaccio. E questo era un modo di presentare la cosa non molto soddisfaciente: uno studio perifrastico in modi poetici d'altri tempi, che ci fa rimanere nella lotta intollerabile tra le parole e i significati. Non che preoccupi la poesia, non era (per riprendere) ciò che ci si aspettava. Qual'era il valore dell'agognata calma, la serenità autunnale e la saggezza dell'età? Avevano ingannato noi, o se stessi le quiete voci antiche lasciandoci come eredità solo la ricevuta di un inganno? Serenità, deliberata ebetudine. Saggezza, conoscer segreti morti, inutili nel buio dove gli occhi smarrivano lo sguardo o si volgevano. Ci sembra che ci sia, a dire tanto, solamente un valore limitato nel sapere che ci offre l'esperienza. Il sapere impone una trama, e falsa perché la trama ogni momento è nuova e ogni momento è nuova, sconcertante valutazione di ciò che siam stati. Solo non c'inganna ciò che ingannandoci non potrebbe più nuocerci. Non soltanto nel mezzo del cammino 109 ma per tutto il cammino, in una selva oscura, tra rovi e orli di paludi dove non va sicuro nessun passo tra minacce di mostri e luci folli, a rischio d'incantesimi. Non m'interessa la saggezza antica, ma la loro pazzia, il loro temer paura e frenesia la loro paura della possessione, di appartenere a un altro, a altri, o a Dio. E l'unica saggezza in cui speriamo è quella dell'umiltà: è sconfinata. Le case sono finite tutte in mare. I danzatori sono andati tutti sotto la collina. III O buio, buio. Tutti a te dirigono, vuoti spazi tra stelle, vuoto in vuoto. Capitani, uomini d'affari e lettere patroni d'arte e uomini di Stato governanti funzionari presidenti capitani d'industria e imprenditori tutti vanno nel buio. Buio. Sole, Luna, Almanacco di Gotha e Gazzetta l'annuario delle Società anonime freddo il senso, perduta ogni ragione d'agire. E tutti andiamo al funerale silente, funerale di nessuno, perché nessuno c'è da seppellire. Dissi alla mia anima: taci e lascia che la tenebra scenda su di te, sarà il buio di Dio, come in teatro spengono le luci per cambiar scena, con un cupo rombo d'ali, nel muoversi del buio sopra il buio, e noi sappiamo che colline e alberi e tutto il panorama, tutta l'ardita facciata imponente viene spazzata via - o come quando la metropolitana si ferma troppo tra due stazioni e la conversazione lentamente svanisce nel silenzio, vedi, dietro ogni volto, spalancarsi la profondità del vuoto mentale 110 e non resta che il crescente terrore di non avere nulla a cui pensare; o quando, sotto l'etere, la mente è cosciente, ma cosciente di nulla - ho detto alla mia anima, sta quieta e aspetta silente senza speranza perché potrebbe essere una speranza mal riposta: allora aspetta senza amore e l'amore sarebbe mal riposto. Resta la fede. Ma fede e amore e speranza sono soltanto attesa. Attendi, non pensare, non sei pronta al pensiero: così il buio e la quiete saranno luce e danza. Mormorii di scorrevoli ruscelli, lampi d'inverno. L'introvabile timo selvatico, la selvatica fragola, le risa in giardino, eco d'estasi non persa, ma che richiede e tende all'agonia di nascita e di morte. Voi dite che ripeto ciò che ho già detto. Lo dirò di nuovo. Devo dirlo di nuovo? Per andarci, per arrivare dove voi siete per andare via da dove non siete, dovrete fare una strada senza estasi. Per arrivare a ciò che non sapete dovrete percorrere l'ignoranza. Per ottenere ciò che non avete, dovrete percorrere la privazione. Per arrivare a quello che non siete si deve andare per le strade ignote vostra compagna sarà l'ignoranza e ciò che avete è ciò che non avete e dove siete è là dove non siete. IV Il chirurgo ferito usa l'acciaio per indagare la parte malata; sotto mani insanguinate sentiamo la compassione che punge e guarisce sciogliendoci l'enigma della febbre. L'unica salute è la malattia se obbediamo all'infermiera morente a cui non sta a cuore di piacere ma ricordarci la maledizione 111 di Adamo, per ricordarci che il male, perché guarisca, deve peggiorare. Tutta la terra è il nostro ospedale pagato da un milionario in miseria, dove, se ci va bene, moriremo tra indissolubili cure cure paterne che non ci lasceranno mai, ma mai ci faranna raggiungere un altrove. Il freddo va dai piedi alle ginocchia, la febbre canta in mentali circuiti. Se voglio avere caldo devo gelare, tra i purgatoriali fuochi frigidi tra fiamme di rose e fumo di spini. Beviamo soltanto il sangue che stilla, la carne insanguinata è il nostro cibo: ciononostante ci piace pensare che siam proprio fatti di carne e sangue… Ma ciononostante, ancora parliamo del venerdì santo. V Dunque eccomi, a metà cammino, vent'anni dopo. Vent'anni per lo più dilapidati, gli anni tra le due guerre… Passati ad imparar delle parole l'uso rifacendo sempre da capo è un modo diverso di fallire perché s'è imparato a dire bene soltanto ciò che non si ha più da dire o il modo che ci è diventato inutile. Così ogni impresa è un ricominciare, avventura tra l'inarticolato con strumenti che sempre più si logorano, in un caos di sentimenti imprecisi, squadre indisciplinate di emozioni. E quello che abbiamo da conquistare con la forza, con la sottomissione, è del resto già stato scoperto, una due, innumerevoli volte, da uomini che non si può sperare di emulare - non c'è competizione - solo lotta per recuperar ciò che s'è perduto e perdere e trovare senza fine, ed ora, che le condizioni sembrano sfavorevoli. 112 Ma forse nulla si guadagna o si perde non resta che tentare. Non c'è altro. Si parte dalla casa, più s'invecchia più il mondo ci sembra strano, la trama di vivi e di morti più complicata. Non il momento intenso, senza prima né poi, isolato, ma un'intera vita che brucia in ogni istante, e non la vita di un uomo solo, ma di vecchie pietre che non si riescon più a decifrare. C'è un tempo per la sera stellata, un tempo per la sera al paralume (La sera con l'album di fotografie). L'amore si avvicina più a se stesso quando il luogo e l'ora non contan più. I vecchi dovrebbero diventare esploratori, qui o là non conta noi dobbiamo muoverci senza fine verso altre intensità per un'unione più piena e profonda attraverso il buio, il freddo, la vuota desolazione, l'urlo d'onda e vento le immense acque di tempeste e focene. Nella mia fine è il mio principio. 113 The dry salvages I Non so gran che di dei, ma il fiume sembra un dio bruno e forte, rude e intrattabile, paziente fino a un limite, dapprima riconosciuto come una frontiera; utile, senza fidarsene troppo, come mero veicolo di commerci poi soltanto un problema da risolvere tra ingegneri pontili. Sciolto il problema, il dio è dimenticato dai cittadini, ma resta implacabile, fedele a stagioni e furie, ricorda a noi ciò che vorremmo dimenticare. Non sanno onorarlo né propiziarlo gli adoratori di tecnologie, ma aspettando, vegliando ed aspettando c'era il suo ritmo nella stanza dei bimbi, nel fetido ailanto in mezzo al cortile nell'odore dell'uva sulla tavola d'autunno, e nella luce a gas di veglie invernali. Il fiume è dentro noi, il mare intorno; il mare è anche il bordo della terra, il granito in cui riesce ad addentrarsi le spiagge dove scaglia testimonianze di creazioni diverse e più antiche: stelle di mare, granchi a ferro di cavallo, ossi di balena pozze dove offre alla curiosità le alghe più delicate e anemoni marini sputa ciò che perdiamo, lacerate reti, rotte trappole d'aragoste, remi spezzati, utensili stranieri. Il mare ha molte voci, molti dei e molte voci. Il sale è sulle rose della macchia, la nebbia tra gli abeti. L'ululato del mare e il guaito del mare son differenti voci che spesso si sentono insieme: il pianto del cordame. La minaccia e carezza dell'onda che si rompe sull'acqua. Poi lontano il brontolio tra denti di granito, il monito dolente del promontorio, tutte voci del mare, il fischio della boa sballottata, 114 doppiata nel ritorno, ed il gabbiano: e sotto l'oppressione della nebbia, un tocco di campana misura un tempo non nostro, la risacca la muove lenta, un tempo che è più vecchio del tempo dei cronometri e più vecchio del tempo contato dalle donne in inquietudine che insonni indagano il futuro e cercano di disfare, sdipanare, districare rappezzare il passato ed il futuro, fra mezzanotte e l'alba, quando il passato è soltanto un inganno ed il futuro non ha più futuro, prima dell'alba, quando il tempo è fermo e non ha fine; e alla risacca, che è e che è da sempre, rintocca la campana. II Terminerà mai il muto lamento, lo sfiorire silente dell'autunno quando il fiore immoto abbandona i petali? Dove i rottami alla deriva approdano e la preghiera d'ossa sulla rena al terribile annuncio impronunciabile? Non c'è fine, ma aggiunta: si trascina la conseguenza d'altri giorni ed ore, se l'emozione priva d'emozione tutti gli anni trascorsi tra rovine di ciò a cui si dava più fiducia e dunque può meglio esser ripudiato. Alla fine un'aggiunta: viene meno l'orgoglio o il risentimento al cedere delle forze, la devozione astratta può sembrar mancanza di devozione, barca alla deriva che piano affonda il tacito ascoltare l'innegabile scampanio dell'ultima annunciazione. Non finiranno mai le vele mosse da un po' di vento nella nebbia che ansima? Non si può pensare un tempo senza oceano, o un oceano che non abbia più rottami 115 o un futuro che non sia capace, come il passato, d'essere senza destinazione. Noi dobbiamo pensare che aggottano calano e tirano, al vento di nord est sui banchi non erosi a pelo d'acqua o che ritirano la paga, asciugano le vele; e non durante un viaggio inutile con reti che non possono pesare. Non ha fine il lamento senza voce né l'appassire di fiori già appassiti né il moto del dolore che immobile non duole, né la deriva in mare e i suoi rottami né la preghiera delle ossa al Dio Morte. Solo una preghiera mal pronunciabile, preghiera dell'unica annunciazione. Sembra, quando s'invecchia, che il passato abbia un'altra trama, e cessi la sua mera sequenza - o il suo sviluppo: quest'ultimo, in parte, è un errore dato da nozioni superficiali dell'evoluzione e diventa, nell'opinione pubblica, un modo per rinnegare il passato. I momenti della felicità - non la sensazione di stare bene, appagamento, sicurezza, affetto, neanche un pranzo eccellente bensì l'illuminazione improvvisa - pur avutane esperienza, il senso ci è ormai sfuggito, ma avvicinarsi al senso riporta l'esperienza in forma nuova, oltre il senso della felicità. Ho già detto che rivivere esperienze nel significato non è l'esperienza di una vita, ma di generazioni - senza dimenticare qualche cosa che probabilmente è inesprimibile: lo sguardo indietro al di là di certezze e documenti. È la timida occhiata alle spalle, al terrore primitivo. Ora eccoci a scoprire che i momenti di estrema sofferenza (Non importa 116 se dovuti o meno al malinteso di aver temuto o sperato le cose sbagliate) sono anch'essi permanenti, ed hanno la permanenza del tempo. Ciò lo capiamo meglio quando soffre qualcuno a noi vicino, non noi, ma con conseguenze anche nostre. Perché il nostro passato è coperto dal corso delle azioni mentre il tormento altrui è un'esperienza non corrosa da attriti successivi. La gente cambia, ride: ma rimane la sofferenza. Il tempo che distrugge è il tempo che conserva, come il fiume, con il suo carico di negri morti, mucche e gabbie di polli la mela amara e il morso nella mela e lo scoglio nell'acqua senza pace le onde coprono, la nebbia nasconde. III A volte mi domando se questo è ciò che Krishna intendeva - tra l'altro - è un altro modo di dire la stessa cosa: il futuro è un canto già svanito, Rosa Reale o una spiga di lavanda d'inquieto rimpianto per tutti quelli che non son qui a rimpiangere, schiacciata tra le pagine ingiallite di un libro mai aperto. E l'ascesa è discesa, il progresso regresso. Non c'è certezza che l'affronti: il tempo, però, non può guarire proprio nulla: non c'è più il paziente. Il treno parte, i passeggeri a posto con la frutta i periodici e le lettere d'affari (e le persone sono andate via dai marciapiedi dopo i saluti) I volti si rilassano, il dolore al ritmo di tante ore sonnolente diventa sollievo. Va, viaggiatore! senza sfuggire al passato, va verso vite diverse, altri futuri. Mentre i binari sfuggono, si stringono dietro a voi, non siete la stessa gente 117 che è partita da quella stazione, che arriverà in un luogo qualsiasi; non pensate che "il passato è finito" o che "il futuro sta davanti a noi" mentre guardate il solco dietro voi sul ponte del transatlantico pulsante. Al far della notte, tra antenne e cordame una voce canta (non all'orecchio, ed in nessuna lingua, mormorante conchiglia del tempo) "Venite avanti o voi tutti che credete nel viaggio; non siete gli stessi che videro il porto indietreggiare, né voi sbarcherete. Ma tra queste due sponde mentre il tempo è sospeso considerate passato e futuro con la mente imparziale. Quando non c'è azione, né inazione potete capir ciò: 'qualunque sfera dell'essere occupi la mente di un uomo al tempo della morte' - questa è l'unica azione (Ogni momento è tempo di morte) che darà frutto nella vita altrui: e non pensate al frutto dell'azione. Andate avanti. O viaggiatori, o naviganti, voi che raggiungete il porto, o il cui corpo soffrirà prove e giudizi del mare o qualsiasi altra fine è questa la destinazione vera" Così Krishna, quando ammoniva Arjuna sul campo di battaglia. Non addio, ma avanti, viaggiatori. IV Dal tuo sacro altare sul promontorio prega Signora per chi è in mare, per chi pesca e per chi onestamente è impegnato nei traffici e per chi lo guida. Ripeti una preghiera anche per donne che videro i loro figli e mariti partire e non tornare: figlia del tuo figlio, O Regina del cielo 118 E prega per coloro che erano in nave e finirono il viaggio sulla sabbia, sulle labbra del mare o nella gola buia che mai più ce li restituirà o dovunque la campana del mare, eterno angelus, non potrà raggiungerli. V Comunicare con Marte, con spiriti, dir le gesta del serpente marino, scrivere oroscopi, indagar la sfera, osservare i malanni nelle firme, biografare le linee della mano, far profezie con le foglie del tè o con i sortilegi, perscrutare l'inevitabile con le carte scherzar con pentagrammi o barbiturici analizzar terrori dell'inconscio dissezionando ricorrenti immagini… Esplorare viscere, tombe o sogni; questi son tutti passatempi, droghe, rubriche sui giornali: e lo saranno sempre, soprattutto quando le nazioni sono in pericolo, e c'è perplessità su spiagge asiatiche o sulle nostre strade. L'uomo è curioso e cerca tra passato e futuro le nuove dimensioni. Ma comprendere dove toccano senza tempo e tempo è un'occupazione per i santi… Nemmeno occupazione: qualcosa dato e tolto, annientata vita in amore e ardore, in altruismo e dedizione. Per la maggior parte di noi non c'è che il momento trascurato, momento dentro e fuori del tempo, distrazione che già si perde in un raggio di sole, nascosto timo selvatico, lampo d'inverno, o cascata, musica udita così nell'intimo e inavvertibile, ma finchè dura siete anche voi musica. E questi sono accenni e congetture, accenni seguiti da congetture; poi è la preghiera, la disciplina, 119 l'osservanza, il pensiero e l'azione. L'accenno mezzo indovinato, il dono compreso a metà è l'Incarnazione. Qui, l'unione impossibile delle sfere dell'essere agisce, qui, passato e futuro sono conquistati, e riconciliati, qui, dove l'atto sarebbe altrimenti movimento di ciò che è solo mosso, senza la fonte in sé del movimento, spinto da sotterranee forze demoniache. L'azione giusta è libera da passato e futuro. Per molti di noi è questo lo scopo che qui non si può raggiungere mai noi che, soltanto perché tentammo, non siam stati sconfitti, contenti alla fine del ritorno nel tempo (non lontano dal tasso) per dare la vita al suolo del senso. Download 5.01 Kb. Do'stlaringiz bilan baham: |
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