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Su 400.000 emigranti circa, un quarto si trasferiva in America, un altro quarto al Nord Italia (percentuale minore delle altre regioni) e il restante 40% viaggiava fino al Nord Europa, in particolare Germania. La deruralizzazione della Sicilia nel secondo dopoguerra contribuirà a frenare i flussi migratori. La manodopera che emigra è quasi totalmente non qualificata, soprattutto per via dell’analfabetismo, che prima della Grande Guerra raggiunge il 90%, mentre dopo la Seconda si attesta sul 70%.
Tra le due guerre la meta preferita fu Roma, che raccoglieva anche fenomeni migratori da altre regioni. Dopo la seconda guerra mondiale lo Stato cercò di fermare la forte emigrazione con delle riforme agrarie, ma gli interventi non furono né sufficienti né applicati in tempi brevi. Così, il pellegrinaggio verso Roma triplicò di volume, ma questa volta la Città Eterna era solo una tappa: la destinazione finale era il cosiddetto triangolo industriale (Torino, Genova, Milano), dove i pugliesi si misero al servizio dell’industria e dell’agricoltura; i salentini non disdegnarono tuttavia l’Argentina, una seconda patria per molti italiani.
4.279.000 stranieri, di cui il 13,3% nati in Italia
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