Schede storiche-territoriali dei comuni del Piemonte Comune di Cortanze


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Schede storiche-territoriali dei comuni del Piemonte

Comune di Cortanze

Redazione a cura di Marco Battistoni – Sandro Lombardini

Comune: Cortanze

Provincia: Asti

Area storica: Feudi della Chiesa di Asti; Contado di Asti.

Abitanti: 295 (censimento 1991) / 289 (censimento 2001).

Estensione: ha 446  (ISTAT) / ha 447  (SITA).

Confini: Cunico, Montechiaro d’Asti, Piea, Soglio.

Frazioni: Le fonti ISTAT (1991) segnalano la presenza di un “centro” insediativo, che raccoglie la quasi

totalità degli  abitanti, mentre appena il 3 per cento risiede in “case sparse”.

Toponimo storico: Nel 933 è attestata la dizione de Corteansari [Gabotto 1904, doc. 50]; altre forme

attestate: nel 937, Corte Ansarj [Gabotto 1904, doc. 53]; nel 1117, Curte Anseris [Assandria 1904-1907, I, doc.

110, 114, p. 257]; nel 1184, Cortanserus [Gabotto, Gabiani 1907, doc. 92]. Il toponimo si riferisce a curtis,

intesa sia come insieme dei possessi di un signore sia come centro residenziale e di raccolta dei prodotti

dell’azienda. L’antroponimo Anserius è stato ricondotto al diffuso stanziamento di stirpe franca

nell’Astigiano in età carolingia. [Bordone 1976, p. 43; Eydoux 1983, p. 50]. Nelle fonti della prima età

moderna in lingua volgare è diffusa o prevalente la forma “Cortansero” o “Cortanzero”.

Diocesi: Asti

Pieve: Nel Registrum dioecesis astensis del 1345, la chiesa di San Pietro di Cortanze [vd. ALTRE

PRESENZE ECCLESIASTICHE] figura tra le ecclesiae subditae Ecclesiae Astensis, ossia dipendenti dal

capitolo della chiesa cattedrale [Bosio 1894, p. 518]. Dopo l’istituzione dei vicariati foranei nella diocesi,

avvenuta nel 1578, Cortanze compare, negli atti del terzo sinodo Panigarola e del terzo sinodo Aiazza,

pubblicati rispettivamente nel 1593 e nel 1605, sotto la giurisdizione del vicariato foraneo di Villa San

Secondo. Nel 1805, all’indomani della riorganizzazione delle diocesi piemontesi promossa dal governo

napoleonico, Cortanze fu assegnata al vicariato di Montechiaro. Nel 1817, dopo che la bolla Beati Petri ebbe

nuovamente operato un riassetto complessivo delle circoscrizioni diocesane subalpine, passò al vicariato di

Cunico [Bosio 1894, pp. 133, 136, 140]. La chiesa di San Giovanni di Crozarino [vd. ALTRE PRESENZE

ECCLESIASTICHE] compare invece nel Registrum cit. tra le chiese dipendenti dalla plebs de Monteclaro (la

villanova astese di Montechiaro assorbì, all’atto della sua fondazione, avvenuta nel 1200, il luogo, ora

scomparso, di Pisenzana, documentato dal 905 come sede di chiesa plebana intitolata a Santa Maria [Eydoux

1978; Gabotto 1904, doc. 27; Romanello 1991, pp. 12, 18]).

Altre presenze ecclesiastiche: Una ecclesia de Cortanseris figura tra i possessi confermati alla Chiesa d’Asti

da papa Alessandro III nel 1169, cum decimis Allodiorum et Vallis asonis [Valle Azone] et aliis pertinentiis suis

[Gabotto, Gabiani 1907, doc. 44, p. 43]. Essa potrebbe identificarsi con la ecclesia Sancti Petri de Cortansero

elencata nel Registrum cit. del 1345, che ne valuta il “registro” a 27 lire astesi [Bosio 1894, p. 518]. La visita

apostolica Peruzzi del 1585, menziona le due chiese parrocchiali, “unite in perpetuo”, dei Santi Pietro e

Giovanni, di libera collazione del vescovo, qualificando i loro rispettivi edifici come cadenti. La cura

d’anime risultava allora esercitata presso la chiesa di Santa Maria intra castrum loci Cortanseri [A.C.V.A.,

Visitatio apostolica, c. 197v (p. 179)]. Una chiesa con tale dedicazione (sancta Maria de Cortasero) è peraltro

già presente nell’estimo del 1345 (iscritta per 15 lire astesi), tra le chiese non soggette ad alcuna giurisdizione

plebana [Bosio, p. 529]. E’ da ritenersi probabilmente ubicata in un luogo compreso nell’odierno territorio

comunale [vd. LUOGHI SCOMPARSI] anche la ecclesia Sancti Iohannis de Crozarino elencata nel

Registrum del 1345 e valutata di “registro” pari a 6 lire astesi [Bosio 1894, p. 525]. La stessa chiesa compare

per la prima volta nel 1169 come ecclesia de Corclarino, tra le possessiones e i bona confermati da papa

Alessandrio III alla Chiesa d’Asti [Gabotto, Gabiani 1907, doc. 44, p. 43]. L’ultima menzione della chiesa di

Crozarino risale al 1377 [Eydoux 1978, p. 25; Eydoux 1983, p. 52]. La Parrocchiale odierna, di aspetto

barocco, è tuttora intitolata ai Santi Giovanni e Pietro. Si segnala inoltre la Chiesa della Santissima



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Annunziata, già appartenente alla confraternita dei Batù (Disciplinati) e risalente al secolo XIV, benché

anch’essa successivamente ricostruita in stile barocco [Fassino, Brossa 1999]. La Confraternita della

Santissima Annuziata fu in effetti la principale associazione devozionale di Cortanze e la sua

amministrazione fu trasferita alla parrocchia non prima del 1810. Si segnalano inoltre la  Compagnia del

Rosario, quella del Santissimo Sacramento e quella delle Vergini, le cui attestazioni documentarie risalgono,

rispettivamente, alla seconda metà e allo scorcio del secolo XVIII, la Compagnia del Sacro Cuore di Gesù, il

cui culto e la cui istituzione furono promossi nel 1821 dal marchese Roero di Cortanze [Torre 1999, pp. 72-

74].

Assetto insediativo: Intorno alla metà del secolo XVIII, Cortanze veniva descritta dall’intendente di Asti



come “luogo situato in collina, unito e non diviso in borgate” [B.R.T., Relazione generale, c. 102r (p. 82)].

Analoga rappresentazione ne avevano dato, alcuni decenni prima, i funzionari incaricati della Perequazione

generale del Piemonte: “Cortanze è luogo unito, sendovi sul territorio pochi fuochi dispersi” [A.S.T.,

Registro delle notizie, c. 56v]. Anche i censimenti otto- e novecenteschi (1881, 1901, 1911, 1921, 1931, 1937 e

1951) non segnalano frazioni o nuclei diversi dal capoluogo [Bordone 1977, p. 285; Informazioni 1839, p. 27;

Istituto Centrale 1956; Ministero 1883 e successivi; Presidenza  1927 e successivi].

Comunità, origine e funzionamento: L’insediamento trasse origine da una curtis in mano a proprietari di

probabile stirpe franca. Lo sviluppo di un vero e proprio centro abitato si compì entro i primi decenni del

secolo X [Bordone 1976, p. 43; Bordone 1980, p. 92 e nota 312 cita testimoni indicati come provenienti da

Cortanze in atti vescovili del 933, 936 e 938 (pubbl. in Gabotto 1903, rispettivamente, docc. 50, 53 e 54);

Eydoux 1983, p. 50]. Il conseguimento, da parte della villa di Cortanze, di una formale organizzazione

politica comunitaria si può far risalire al 1357, quando, dopo un episodio di rivolta degli abitanti contro

l’amministrazione signorile, tra feudatari e abitanti vennero concordati gli statuti del luogo [Bordone 1976,

p. 46; Vurchio 1979-1980, pp. 8-9]. .

Dipendenza medioevo: Il castrum cortanseris cum pertinencijs suis figura tra i castra, bona et iura episcopali

elencati nei tre Privilegia  concessi dai papi Eugenio III, Anastasio IV e Adriano IV al vescovo di Asti

Anselmo, rispettivamente, nel 1153, nel 1154 e nel 1156 [Assandria 1904-1907, docc. 315-17, pp. 204, 208 e

212]. Nel conflitto che oppose il comune di Asti ai marchesi di Monferrato, i signori di Cortanze, come

altri castellani dell’area strategica delimitata a nord dal corso del torrente Versa, lungo il quale vennero in

urto le contrastanti ambizioni territoriali dei due potentati, si allinearono con Asti e, nel 1198, ne assunsero

la cittadinanza. Il legame dei signori locali con Asti fu rinsaldato da un’alleanza sottoscritta nel 1200, all’atto

della fondazione, promossa dagli astigiani, del locus novus di Montechiaro, al cui popolamento

contribuirono gli abitanti di Cortanze [Bordone 1976, pp. 44-45; Eydoux 1979, p. 35; Vurchio 1979-1980,

p.13]. Cortanze figura in tal modo loca et villae appartenenti al posse et districtus astensis elencati negli statuti

cittadini del 1379, ossia tra le località dipendenti dalla giurisdizione astese al momento della sua massima

espansione territoriale, raggiunto verso la fine del secolo precedente. Gli stessi statuti istituiscono in effetti

una distinzione (formulata sullo scorcio del Duecento da cronisti municipali come Ogerio Alfieri e rimasta

sostanzialmente alla base dell’assetto territoriale dello “stato” cittadino per tutta l’epoca della contea

visconteo-orleanese, tra il 1379 e il 1531, e ancora valida nei primi tempi del governo sabaudo) tra le località

che fanno direttamente parte del “dominio” del comune e i luoghi, come Cortanze, infeudato a cittadini

astesi, dove “il comune o suoi cittadini possiedono un qualche diritto di giurisdizione”, sui quali la città

esercita una forma più indiretta di controllo politico [Rubrice statutorum, pp. 59-60]. Nel 1386, Cortanze fu

inclusa nella dote assegnata da Gian Galeazzo Visconti alla figlia Valentina, andata in sposa a Luigi di

Valois, duca di Orléans, tra i feudi della Chiesa di Asti tenuto da “cittadini e nobili”  astesi  “sudditi” del

duca di Milano (dal 1379, signore di Asti) e suoi alleati in pace e in guerra [Bordone 1989, p. 286-90;

Bordone 1998, pp. 24-25; Bordone, “Loci novi”, pp. 1-4; Gnetti 1992-1993, pp. 75-76]. Tra il 1429 e il 1485,

sono invece attestate numerose “aderenze” stipulate dai signori di Cortanze, Pelletta e Roero, con i

marchesi di Monferrato [Vurchio 1979-1980, pp. 11-15],

Feudo: Il costituirsi di una signoria territoriale su Cortanze è testimoniato dalla presenza  del castello,

attestata nelle fonti per la prima volta nel 1153, ma quasi certamente risalente all’inizio del secolo, quando

(1117)  troviamo il dominus Bonifacio di Cortanze tra i vassalli del vescovo di Asti. Nell’ambito territoriale

controllato dallo stesso Bonifacio rientrò il possesso di due terzi del castello della vicina Corsione, in

seguito ceduto al vescovo di Asti. Nei primi decenni del secolo XIII, la primitiva compattezza del dominio


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esercitato su Cortanze da parte dei suoi antichi signori appare incrinata dalla crescente ingerenza di più

assertivi poteri locali che si andavano affermando nell’area circostante: i signori di Piea, i signori di

Montiglio e il comune di Montechiaro, villanova astigiana che aveva assorbito anche popolazione di

Cortanze, pur serbandone, almeno formalmente, la dipendenza dai suoi signori. Dopo il 1240, non è più

dato di rinvenire alcun esponente della famiglia dei domini de Curteanseri nei documenti astigiani, mentre le

stesse menzioni del castello e del luogo di Cortanze si rarefanno, segno di una loro diminuzione di rilevanza

e di autonomia nell’organizzazione politica del territorio astigiano. Il secolo XIV vide l’affermarsi anche a

Cortanze di una nuova aristocrazia saldamente inserita nella élite politica e finanziaria della città di Asti e

che cominciava a sostituirsi alla vecchia nobiltà rurale nell’esercizio della giurisdizione signorile sui castelli e

sui luoghi. Entro il 1331, in effetti, villa, posse et territorium di Cortanze risultano interamente pervenuti

nelle mani di alcuni esponenti della intraprendente famiglia astigiana dei Pelletta, i cui successori ottennero,

nel 1349, l’investitura vescovile e, nella seconda metà del secolo, riedificarono il castello. Nel 1472, Martino,

Domenico e Pietrino Pelletta, signori dei feudi ecclesiastici di Cortanze, Cortazzone, Cisterna e

Belriguardo, furono colpiti dall’accusa di avere ordito l’omicidio di un loro parente e la causa fu avocata alla

curia romana da papa Sisto IV. I loro feudi vennero dapprima sequestrati e provvisoriamente affidati ad

Antonio Pelletta, non coinvolto nell’accusa, quindi devoluti alla Camera apostolica. Nel 1477, i Pelletta

ottennero tuttavia la loro piena reintegrazione nel possesso di Cortanze e Cortazzone, in cambio della

rinuncia a Cisterna e Belriguardo. A parte una piccola quota acquistata dai Roero, signori di Piea, nella

prima metà del ‘400, i Pelletta restarono in tal modo padroni incontrastati di Cortanze fino agli anni Venti

del secolo XVI, quando successive alienazioni sottrassero in gran parte il feudo al loro controllo. Dal 1530

al 1580 circa, la quota dei Pelletta era ormai residuale e Cortanze si trovava sotto il dominio di un’altra

potente famiglia di origine astigiana, quella degli Scarampi. Nel 1586, le eredi dell’ultimo discendente (in

linea femminile) di casa Scarampi  e Cesare Pelletta alienarono tutti i loro diritti su Cortanze, una parte dei

quali pervenne ai Roero, che due anni dopo ne ottennero investitura dalla Camera apostolica. Nel 1622,

l’investitura si estese all’intero feudo, che i Roero conservarono fino alla soppressione della feudalità nel

1796 [Bordone 1976, pp. 43-47; Guasco 1911; Vurchio 1979-1980, pp. 17-18].

Mutamenti  di  distrettuazione: Nel 1531, la contea di Asti venne infeudata da Carlo V alla cognata

Beatrice di Portogallo, sposa del duca di Savoia Carlo III, entrando in tal modo a far parte del patromonio

sabaudo. Nello stesso anno, con un diploma imperiale riconfermato nel 1562 dall’imperatore Ferdinando I,

i duchi di Savoia ottennero il vicariato imperiale sul contado della città, con pieno esercizio di tutti i diritti

regali, esteso nel 1555 alle diocesi dei loro stati. Nel 1560, Asti venne eretta a sede di una provincia

ambiguamente sovrapposta alla eterogenea formazione territoriale ereditata dal dominio visconteo e

orleanese sulla contea (ma risalente, nel suo assetto di fondo, alla tarda età comunale), comprendente,

accanto alle aree sulle quali la città esercitava, attraverso due modalità ben distinte, un più immediato

dominio territoriale (i luoghi, rispettivamente, del “distretto” e del “capitanato”), località infeudate a vario

titolo a membri della nobiltà cittadina, tra le quali, le “terre della chiesa”. Su queste ultime, in quanto

comprese nel “corpo del contado” di Asti, il duca di Savoia pretendeva ora di esercitare prerogative di

giurisdizione e di “quasi possesso” [Bordone 1989, loc. cit.; Bordone 1998, loc. cit.; Bordone, La Provincia,

p. 7; Claretta 1899, pp. 187-188; A.S.T., Informations; A.S.T., Compartimenti fatti sopra le terre del Contado;

A.S.T.,  Rimostranza; A.S.T., Tre pareri anonimi]. D’altro lato, l’incameramento dei feudi dei Pelletta

decretato nel 1472 da papa Sisto IV, sostitutosi al fisco vescovile, giudicato troppo accomodante nei

confronti degli incolpati, aveva fornito alla Sede pontificia l’occasione di affermare la caducità dei feudi

ecclesiastici alla Camera apostolica, costituendo così un precedente per la devoluzione di Cortanze,

avvenuta nel 1581, alla morte senza eredi maschi del suo principale signore, e per le investiture in seguito

direttamente concesse dalla corte romana [Bordone 1976, p. 47]. L’intervento diretto di Roma nelle materie

riguardanti i feudi della mensa vescovile di Asti s’inseriva nella logica della salvaguardia e del divieto di

alienazione, sanciti nella Bolla In  Coena Domini emanata da Pio V nel 1567, di giurisdizioni e beni

ecclesiastici. Fu perciò anzitutto inteso a contrastare le rivendicazioni di sovranità su tali feudi avanzate dai

duchi di Savoia, formalmente in nome delle loro prerogative di conti di Asti e di vicari imperiali [cfr. ad es.

A.S.T, Urbani…Papae VIII Confirmatio; A.S.T., Copia di lettera; A.S.T., Copia di scrittura A.S.T., Copia di

Monitorio; A.S.T., Cedulone di S. S.tà Clem.e XII], sostenute sul terreno dal reiterato esercizio e dalla

trascrizione notarile di atti possessori, quali, in particolare, i tentativi di imposizione del “tasso” (la

principale imposta prediale sabauda dal 1560), delle gabelle e di altre contribuzioni [tra i numerosi

documenti riguardanti il conflitto attorno alla fiscalità, cfr. ad es. A.S.T., Lettera del Duca; A.S.T., Stato

dell’imposizione A.S.T., Copia di Breve (1568); A.S.T., Copia di Breve (1569); A.S.T., Istruzione; A.S.T.,



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Allegazioni; A.S.T., Rellazione della publicazione; A.S.T., Scomunica], i giuramenti di fedeltà estorti ai

rappresentanti delle comunità, l’ “offerta” di legittimazione di interessi locali attraverso l’attività giudiziaria

o arbitrale dei giusdicenti e delle magistrature ducali - in primo luogo, le “appellazioni al senato”, invocate

come probanti da un parere espresso dal presidente di quest’organo intorno al 1660 [A.S.T., Parere del

Presidente Pallavicino] e di cui costituisce un esempio la pronuncia senatoria del 1633 in merito alle

controversie fiscali e territoriali tra Cortanze e Piea, anch’essa “terra di chiiesa” [vd. LITI

TERRITORIALI]. L’intransigenza pontificia riuscì invece a frustrare, quanto meno a livello di un

riconoscimento formale, per oltre due secoli, i passi compiuti dalla corte sabauda in direzione di una

soluzione negoziata anzitutto con il vescovo di Asti. Solo nel 1784, infatti, quest’ultimo, nella persona di

Paolo Maurizio Caissotti, venne autorizzato da Roma  a  cedere  ai  Savoia  l’alto  dominio  sui  feudi

“semoventi” dalla sua mensa [Bosio 1894, pp. 172-76; [Romanello 1987; A.S.T, Urbani... Papae VIII

Confirmatio; A.S:T., Copia di lettera; A.S.T., Copia di scrittura]. Da questo momento, fino alla caduta

dell’antico regime in Piemonte (1798), la collocazione della comunità di Cortanze nella provincia di Asti,

già inscritta negli ordinamenti sabaudi per le intendenze, le prefetture e le assise dei giudici del 1723, 1724,

1729, 1730, 1749 e 1750, si mantenne fino alla caduta dell’antico regime in Piemonte (1798) [Cassetti 1996;

Duboin 1818-1869, vol. III, pp. 58, 72, 79, 98, 133, 160]. Cortanze non era sfuggita, inoltre, alla

distrettuazione finanziaria sabauda, figurandovi almeno dal 1733 come località compresa nel Dipartimento

(o Regolamento) di Cocconato delle Gabelle unite del Piemonte, nonché sede di un Ricevitore stipendiato

[A.S.T., Billancj per le Regie Gabelle]. L’imposizione delle gabelle fu tuttavia, anche sulla carta, parziale, al

pari di quella della fiscalità gravante sulla terra [A.S.T., Stato delle Terre... lasciate tacitamente immuni, c.

23v]. Sebbene, nel quadro della Perequazione generale del Piemonte conclusasi ufficialmente nel 1731,

avesse sperimentato fin dal 1709 la “misura generale” del suo territorio [A.S.T, Nota Alfabetica, c. 1r],

Cortanze, come altri feudi ecclesiastici, fu infatti lasciata “tacitamente immune” dal “tasso” (l’imposta

prediale ordinaria sabauda), sia pure non interamente, ottenendo comunque l’attribuzione di un carico

inferiore a quello teoricamente determinabile in base al “Conto di Perequazione” [A.S.T., Stato delle Terre

del Vicariato Pontificio, c. 21r; A.S.T., Stato delle Terre…  lasciate tacitamente immuni, c. 23v; A.S.T., Stato

d’altre Terre]. All’interno della maglia amministrativa francese, Cortanze seguì le sorti dell’intero territorio

della vecchia provincia di appartenenza, aggregato, senza sostanziali alterazioni, a una circoscrizione di

livello dipartimentale o circondariale, avente per capoluogo Asti. Si trattò inizialmente del dipartimento del

Tanaro, creato durante il primo effimero periodo di occupazione (1799), e, con il ritorno dei Francesi e in

seguito alla riorganizzazione amministrativa del 1805, del dipartimento di Marengo (capoluogo:

Alessandria), circondario (arrondissement) di Asti. Al termine della parentesi napoleonica, Cortanze tornò,

nel 1814, a far parte della ricostituita provincia di Asti che, dopo alcune instabili riorganizzazioni

mandamentali nel 1818, fu ridotta a circondario della divisione amministrativa, poi provincia di Alessandria

nel 1859 [Cassetti 1996; Sturani 1995; Sturani 2001]. Lo stesso circondario di Asti venne soppresso e

aggregato a quello di Alessandria nel 1927 [Istituto Centrale 1927, p. 1], quindi staccato dalla provincia di

Alessandria e aggregato alla nuova provincia di Asti formata nel 1935 [Istituto Centrale 1937, p. 8; Gamba

2002].

Mutamenti territoriali: Non attestati.



Comunanze: I beni allodiali posti in vallis asonis (Valle Azone), sui quali, secondo un documento del 1169,

i vescovi di Asti riscuotono decime, accostate nella stessa fonte al possesso vescovile della chiesa di Cortanze

[vd. ALTRE PRESENZE ECCLESIASTICHE e DIPENDENZA MEDIOEVO], potrebbero in parte

corrispondere ai “boschi” della “contrada detta in Varasone e Valle di San Michele”, menzionati in

documenti dei secoli XVI e XVII. Tali beni sono in realtà situati nel territorio di Piea (anch’esso feudo della

mensa vescovile di Asti), ma gli uomini di Cortanze “li possiedono in comune”, pagando un canone alla

comunità di Piea. Nel 1602, con un atto formale di  “transazione”, o accordo, il canone viene fissato in

mezzo scudo d’oro d’Italia, da versarsi ogni anno alla festa di San Martino [A.S.T., Transatione tra la

Communità di Cortanze, & la Communità di Piea]. Le comunaglie site in territorio comunale sembrano di

più limitata importanza. Secondo una relazione dell’Intendente di Asti, redatta nel 1747, il luogo “non ha

beni incolti, né dereliti, possedendo gerbidi, quali servono per il pascolamento de’ bestiami” [A.S.T.,

Rellazione, c. 2v]. Dati di poco posteriori (1753) valutano l’estensione degli incolti (“gerbidi”) attorno al 10

per cento della superficie comunale, in un paesaggio agrario dominato per oltre il 40 per cento dalla vigna.

La relazione dell’intendente provinciale che accompagna questi dati descrive i “gerbidi” di Cortanze come

prevalentemente “situati in ripide colline ed in terreno di sua natura arido e tenace”, appena sufficienti,


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perciò, al pascolo del bestiame del luogo. Secondo la stessa fonte, i boschi, cedui, occupavano una superficie

pari alla metà di quella degli incolti: venivano utilizzati per ricavarne legna da ardere destinata al fabbisogno

locale e sostegni per le viti [B.R.T., Relazione generale, c. 102r (p. 82); (p. 219)]. Verso il 1720, all’epoca delle

inchieste condotte dai funzionari statali in vista della Perequazione generale, l’estensione totale delle

comunaglie non condivise con Piea era stata calcolata in circa 24 giornate, tra appezzamenti “gerbidi”

(incolti) e terreni da “pascolo”, non irrigui. Vi si aggiungevano i numerosi “conforti” o vivagni lungo i bordi

e agli incroci delle vie, nonché altri siti di proprietà e di uso comunale, quali i fossati, adacquati o meno

[A.S.T., Capo 21, n. 73, cc. 100-107, 179].

Luoghi scomparsi: Crozarino, sede di una chiesa menzionata nel 1169, nel 1345 e nel 1377 [vd. ALTRE

PRESENZE ECCLESIASTICHE], toponimo (o antroponimo) citato in un atto notarile del 1237 (illorum

de Cruçarino), oltre che antroponimo (nella forma de Croçarino, Crozarinus) attribuito ad alcuni individui

originari di Cortanze in due atti notarili, rispettivamente, del 1206 e del 1357. L’agiotoponimo San

Giovanni, possibilmente collegato al luogo scomparso, designa attualmente una regione prossima alla

galleria ferroviaria che mette in comunicazione la Valle del Rilate e quella della Versa, in territorio di

Cortanze. Esiste tuttavia una regione omonima nel territorio del limitrofo comune di Montechiaro d’Asti

[Eydoux 1978, pp. 25-26; Eydoux 1983, p. 52].

Fonti: A.C.C. (Archivio del Comune di Cortanze). L’archivio storico e l’archivio di deposito, all’ottobre

2003, non sono ordinati. Il materiale documentario conservato risulta sommariamente suddiviso nelle

seguenti serie: Deliberazioni e repertori (1671-1827); Circolari (1694-1911); Imposte e tasse comunali (1695-

1907); Catasto (1716-1881); Contabilità (1729-1815); Mandati di pagamento (1806-1835); Liste di leva (1807-

1907).


A.C.V.A. (Archivio della Curia Vescovile di Asti), Visitatio apostolica episcopi Sarsinatensis 1585, cc. 197v-

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A.S.T. (Archivio di Stato di Torino), Camerale, Camera dei Conti, articolo 794, Relazione, e descrizione di

beni feudali in diversi Territorij delle provincie d’Alba, Asti, Mondovì, e Torino, fasc. 3, Relazione, e descrizione

de’ beni feudali esistenti sulli Territorij di Cossombrato, Cortanze, e Corveglia. Del reddito, e dritti appartenenti

a questi feudi semoventi dalla Mensa Vescovile d’Asti, e posseduti dagli infrascritti Vassalli (Intendente Di

Bonvicino, Asti 19 giugno 1784),cc. 26r-28v.

A.S.T., Camerale, I Archiviazione, Provincia di Asti, Mazzo 1, n. 1, 1602. Transazione tra la Comunità di

Cortanze, e quella di Piea sovra il pagamento de’ carichi Comunitativi colla sentenza del R. Senato 21 genajo

1633 con cui fu d.a transaz.e circoscritta; n. 3, Stato delle liti, che hanno vertenti le Città, e Communità della

Provincia d’Asti (Intendente Granella, Asti 16 ottobre 1717); Mazzo 2, n. 2, Rellazione dello Stato, e coltura

de beni de Territorj delle Città, e Comm.tà della Provincia d’Asti (1747), c. 2v; Mazzo 2, n. 3, Notizie

concernenti l’economico d’alcune terre d’essa Provincia, cioè Rocca d’Arazzo, Coconato, Cocconito, Cortanze,

Piea, Viale, Bagnasco, Montafia, Cortandone, Cinaglio, Montechiaro, Casasco, Cossambrato, e Camerano (1760),

cc. 11v-12r.

A.S.T., Camerale, II Archiviazione, Capo 21, n. 1, Nota Alfabetica de’ territorii stati misurati coll’indicazione

dell’annata nella quale seguì la misura (s.d., ma ca. 1731), c. 4v; Stato delle Terre del Vicariato Pontificio, e de’

Feudi Imperiali dipendenti dalle infraespresse Provincie, stati lasciati immuni come lo erano per il passato, e così

non compresi nel Conto di Perequazione, cc. 21r, 22r (s.d., ma ca. 1731); Stato d’altre Terre, in quali non

s’eserciscono le Gabelle di Carne, Corame, e Foglietta, ma solam.e le altre (s.d., ma ca. 1731); Stato delle Terre

che dall’Editto di Perequazione 5 Maggio 1731 sono state lasciate tacitamente immuni da’ Tributi, con la clausula

donde ciò proceda, e la notizia se in esse si esercitino le Gabelle in tutto, parte, o niente (s.d.), c. 23v; n. 161,

Registro delle notizie prese da Commissarj deputati per la verificaz.ne de Contratti a Corpo de beni dal 1680 al

1711 inclusive circa la qualità delle Misure e Registro de beni di caduna Comunità del Piemonte, e denominaz.ne

de Cantoni Membri, e Cassinali (s.d.), c. 56v; n. 73.

A.S.T., Corte, Materie economiche, Gabelle generali, Mazzo 1 d’addizione, n. 4, Billancj per le Regie Gabelle

(1733).


A.S.T., Corte, Paesi, Provincia di Asti, Feudi della Chiesa d’Asti, Mazzo 25, n.1, Compartimenti fatti sopra

le terre del Contado della Chiesa d’Asti incorporate in esso Contado del 1520 et altri anni (s.d., ma ca. 1560);

Mazzo 25, n. 5, Informations prises sur le logement des gens de guerre dans les Terres de l’Eglise d’Ast (5 ottobre

1533); Mazzo 26, n. 3, Lettera del Duca Emanuel Filiberto al Vescovo d’Asti sovra il modo col quale li feudatarij

delle Terre dipendenti dalla sua Chiesa devono pagare la loro parte del Tasso imposto nelle Terre del Contado


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Comune di Cortanze

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d’Asti per la commutazione del Sale (3 aprile 1562); Mazzo 26, Stato dell’Imposizione generale del Tasso, in cui

sono compresi i dieci sette Castelli della Chiesa d'Asti et Cortanzone, Cisterna, Montafia, e Tigliole (1565);

Mazzo 26, n. 13,  Copia di Breve di S. Pio V  al Duca Emanuel Filiberto, in cui gli ingiunge d’astenersi

dall’esazione del donativo, e dalla levata di Truppe nel Luogo della Vezza, ed altri soggetti al Vescovado d’Asti (8

maggio 1568); Mazzo 26, n. 16, Istruzione del Duca Emanuel Filiberto al Conte di Masino Governatore del

Contado d’Asti per la continuazione del pagamento del Tasso dalle Terre del detto Contado, e Chiesa d’Asti per la

commutazione dell’aumento del prezzo del sale; Mazzo 26, n. 17, Copia di breve di S. Pio V al Duca Emanuel

Filiberto, in cui lo esorta d’astenersi dall’esazione delle Gabelle, et altri pesi contro i feudatarij, e sudditi della

Chiesa d’Asti (29 aprile 1569); Mazzo 27, n. 3, Allegazioni, colle quali si prova in ragione spettare al Duca di

Savoia la superiorità sulli Feudi della Chiesa d’Asti, epperò il gius d’imporre ed esiggere dalli medemi li carichi

che l’utile del pubblico esigge (s.d., ma ca. 1610); Mazzo 27, n. 4, Tre pareri anonimi sovra la sovranità spettante

alla Real Casa di Savoja in virtù del Vicariato Imperiale e come Conti d’Asti nelle Terre della Chiesa d’Asti (s.d.,

ma ca. 1610); Mazzo 27, n. 6, Rimostranza sopra le ragioni, per quali la Corona di Savoja è fondata

nell’esercizio di Sovranità ne’ Luoghi di Tigliole, La Cisterna, Montafia, Cortanze, e Cortanzone situati nel

Contado d’Asti pretendenti dipendere dalla Chiesa (s.d., ma ca.1663); Mazzo 27, n.18, Rellazione della

publicazione dell’ordine della Tratta nelle Terre della Chiesa d’Asti (7 gennaio 1613); Mazzo 27, n. 20,

Scomunica fulminata da Monsig. Costa Noncio appostolico appresso il Duca Carlo Emanuel I contro il Presidente

Galleani Delegato da SAR nelle Terre della Chiesa d’Asti per l’esazione delle somme per esso dovute per l’alloggio

de soldati, e riparazioni delle fortificazioni in concorso delle altre terre del Contado d’Asti (4 febbraio 1613);

Mazzo 28, n. 8, S.mi D.N. D.Urbani Divina Providentia Papae VIII Confirmatio, extensio, & declaratio

Constitutionum Apostolicarum, prohibentium Civitates, Castra, & alia tam Iuridictionalia, quam non

Iuridictionalia, stabila tamen, in Statu Ecclesiastico consistentia alienari in Forenses ex quacumque causa (a

stampa; Roma 1637); Mazzo 28, n. 10, Copia di lettera del Cardinale Barberini al vescovo d’Asti, con cui le

ingionge, per conservazione del diretto Dominio competentegli ne’ 17 Castelli spettanti alla sua Chiesa, di dover

continuare l’esercizio della Giurisdizione ne’ medemi, e a concedere a feudatarij la rinnovazione delle

Investiture, e fare tutti quegl’altri atti possessorij, che erano soliti fare li di lui antecessori, senz’aver riguardo alla

Permuta de’ medemi per essere stata dichiarata nulla dal Papa Paolo V (20 aprile 1641); Mazzo 28, n. 11, Copia

di scrittura del Nunzio inviata a Roma, e stata intercetta, tendente a risolvere S. S.tà a mantenere le ragioni del

Vescovo d’Asti con rimetterlo in pristino de 17 Castelli stati permutati dal Vescovo Aijazza, suggerendoli di farli

immediatamente sotto di sé, come sono La Cisterna e Tigliole (s.d., ma ca. 1642); Mazzo 29, n. 11, Parere del

Presidente Pallavicino circa l’osservanza dell’Esercizio de Regali spettante alla R.le Casa di Savoja come Conti et

in virtù del Vicariato Imperiale ne’ Luoghi di Cortanze, e Cortazone (s.d., ma ca. 1663); Mazzo 30, Copia di

monitorio del Card.le Spinola per cui ordina alla Dama Enrietta della Troussa Principessa della Cisterna à Carlo

di Simiana Pr.n.pe di Montafia, et al Marchese di Cortanze Ercole Tomaso Rovero feudatarj della S.ta Sede di

non riconoscere il Duca di Sav.a per Sovrano di d.i Luoghi, nè di pagare li Carichi che potessero per parte sua

venir imposti (8 agosto 1702); Mazzo 31, Cedulone di S. S.tà Clem.e XII con cui si dichiara nulli, irriti,

invalidi, ingiusti, dannati, e riprovati li procedim.ti fatti dal Senato di Piem.e et Intend.e d'Asti contro le

Comm.tà et Vomini di Cortanze, Cortanzone, Montafia, Cisterna, et altri (23 dicembre 1730); Mazzo 32, n.

38,  Transatione tra la Communità di Cortanze, & la Communità di Piea, 23 maggio 1602; Ivi, Copia di

sentenza, 21 gennaio 1633 (altra copia in A.S.T., Camerale, I Archiviazione, Provincia di Asti, Mazzo 1, n.

1, 1602. Transazione tra la Comunità di Cortanze, e quella di Piea sovra il pagamento de’ carichi Comunitativi

colla sentenza del R. Senato 21 genajo 1633 con cui fu d.a transaz.e circoscritta); Ivi, Ragioni Delli Particolari di

Cortanze registranti nel Territorio di Piea per ottener l’assolutoria dal Concorso negl’Imposti fatti dalla detta

Communità per l’indennizzatione d’alcuni Particolari d’esso Luogo, che hanno patiti allloggi dalle Truppe

nemiche dalli 20. Novembre 1703 fino alli 28 Aprile 1704.

B.R.T., Relazione generale dell’ Intendente d’Asti sullo stato della Provincia, 1753, cc. 102r-102v (p. 82), (pp.

219, 241).

Catasti: Nel 1784, nel momento cioè della sua definitiva incorporazione negli stati sabaudi, la comunità di

Cortanze disponeva soltanto di un “Cadasto… stato formato sulle semplici notificazioni de’ Particolari

possessori de’ Beni Allodiali nell’anno 1732” e di una “Copia di Misura Generale seguita li 17 Giugno

1709…  però in Massa, senza Coerenze, ed individuazione di pezza per pezza”. Al 1709 risulta in effetti

risalire la “misura generale” del territorio di Cortanze,  nel quadro della Perequazione generale del

Piemonte, conclusasi con l’Editto del 5 maggio 1731. Come altri feudi ecclesiastici, Cortanze fu tuttavia

lasciata “tacitamente immune” dal “tasso” (l’imposta prediale ordinaria sabauda), sia pure parzialmente, con

la fissazione di un carico inferiore a quello teoricamente determinabile in base al “Conto di Perequazione”



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Redazione a cura di Marco Battistoni – Sandro Lombardini

[A.S.T.,  Nota Alfabetica; A.S.T., Stato delle Terre del Vicariato Pontificio, c. 1r; A.S.T., Relazione, e

descrizione, cc. 26r-28v]. Oltre che presso l’A.C.C., la cui serie “Catasto” contiene documentazione

compresa tra gli estremi cronologici 1716-1881, è conservato materiale catastale in A.S.A.

Ordinati:  Conservati a partire dal 1671 [A.C.C.]

Statuti: Presso la Biblioteca del Senato della Repubblica si conservano gli Statuta et ordinamenta comunis et

hominum Ville Cortanseri del 1357, nel ms. originale [Catalogo, II, pp. 293-294; Fontana 1907, I, pp. 399-

400].


Liti territoriali: Nel 1486-1546, tre lodi e accordi, o “transazioni”, stipulati di fronte al vicario generale del

vescovo di Asti, erano serviti a fissare i criteri di pagamento dei tributi dovuti dai proprietari, o

“particolari”, di Cortanze che possedevano beni fondiari sul territorio di Piea. A partire, però, dal 1595, i

Cortanzesi muovono lite sia presso il tribunale signorile di Piea sia presso quello vescovile di Asti intorno ai

criteri di esazione dei tributi imposti a Piea.  Il contenzioso verte, in  particolare,  sulle voci che

compongono le “taglie”, ossia la ripartizione delle imposte tra i singoli contribuenti.  I Cortanzesi  infatti si

ritengono ingiustamente “aggravati” di certe “spese” che si sommano alle voci delle taglie, ossia i “salari de

Nodari, delli Esattori delle taglie, Campari, e Messi” che riscuotono annualmente il censo dovuto ai signori

di Piea, il “tasso” ducale (che si fonda sul monopolio della vendita del sale), i diritti riscossi per il possesso e

la gestione dei boschi comuni “di Varasone e San Michele”, ubicati entro il territorio di Piea [vd.

COMUNANZE]. Alla base dell’azione giudiziaria vi è la dichiarata preoccupazione di distinguere e

definire  la natura “reale” oppure “personale” dei “carichi” che derivano dalla proprietà della terra, poiché la

prima ipotesi espone i proprietari “foranei” cortanzesi a maggiori oneri e obblighi nei confronti di Piea in

quanto comunità amministrativa dotata di poteri di ripartizione e prelievo fiscale. Non stupisce che la

“transazione” amichevole stipulata nel 1602 in presenza di due avvocati fiscali del duca di Savoia avalli

sostanzialmente la soluzione di tipo “reale”, in linea con la politica di consolidamento della fiscalità terriera

dello stato sabaudo e dei suoi funzionari; non a caso l’ultima parola sulla questione sembrerà provenire da

una sentenza del Senato di Torino, che, nel 1633, confermerà l’avvenuta transazione come “condanna” dei

“Particolari di Cortanze verso la Communità di Piea al pagamento delli Carighi dimandati, & concorer per

l’avenire nelli imposti si faranno da detta Communità di Piea” [A.S.T., Transatione tra la Communità di

Cortanze, & la Communità di Piea]. Tuttavia, a poco più di un secolo di distanza, la vicenda risulterà

tutt’altro che risolta, quando Cortanze, nel rifiutare di condividere le spese sostenute dalla comunità di Piea

a rimborso dei propri “particolari” che avevano “patiti alloggi dalle Truppe nemiche dalli 20. Novembre

1703 fino alli 28 Aprile 1704”, argomentano daccapo la natura “personale”, non “reale”, dei propri obblighi

fiscali  in quanto “forensi” rispetto alla comunità di Piea - a maggior ragione perché gli allogiamenti avevano

riguardato truppe nemiche, contravvenendo perciò a uno dei fondamenti dello ius hospitandi su cui

poggiava l’obbligo di alloggiare le truppe. Anche questa volta la causa approderà al Senato di Torino, che si

atterrà al principio per cui appunto  gli obblighi derivanti dall’iscrizione “reale” delle proprietà a catasto

vincola i “forensi” alle decisioni autonome del Consiglio comunitativo di Piea, che, ai fini di  deliberare nel

merito di imposizioni fiscali considerate “materia ordinaria”, non è obbligato a ricorrere all’intervento né

alla ratifica da parte  di tutti i “capi di casa”, locali o forensi che siano [A.S.T., Ragioni]. In una successiva

inchiesta promossa dalle autorità sabaude nel 1717 non sono attestate liti in corso tra Cortanze e Piea.

[A.S.T., Stato delle liti]. E’ interessante notare come nel corso della secolare controversia, sebbene entrambe

le comunità facciano parte di feudi della Chiesa di Asti, risultino attivate sia la giustizia vescovile sia quella

sabauda.

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Marsilio, 1995.

Torre, Angelo (a cura di), Confraternite. Archivi, edifici, arredi nell’Astigiano dal XVII al XIX secolo, Asti,

Provincia di Asti, 1999.

Vurchio, Mara, Ricerche storico-giuridiche sul comune di Cortanze, Torino, Universita di Torino, Facolta di

Giurisprudenza, a.a.1979-1980, Tesi di laurea in Storia del diritto italiano, Relatore: Maria Ada Benedetto.

Cortanze


La comunità di Cortanze si rivelò, durante l’età moderna, un organismo dotato di una forte identità rituale

e saldamente radicato, da una parte, nella capacità di definire e difendere importanti prerogative territoriali,

nel quadro di una complementarità negoziata con i poteri signorili, dall’altra, in diritti d’uso su vitali risorse

condivise, al di fuori dell’ambito territoriale del feudo, con la vicina comunità di Piea. Nel secolare processo

di affermazione e difesa dei suoi diritti di possesso, interni ed esterni al feudo, la comunità si trovò talvolta a

fare appello in modo pragmatico alla giurisdizione sabauda, resistendo nello stesso tempo alle sue pretese di

imposizione fiscale e di controllo amministrativo, in nome dell’alta giurisdizione ecclesiastica sul luogo.

Alla base dell’azione giudiziaria che a lungo la impegnò contro Piea vi era la dichiarata preoccupazione di

distinguere e definire  la natura “reale” oppure “personale” dei “carichi” derivanti dalla proprietà della terra,

poiché la prima ipotesi esponeva i proprietari “foranei” cortanzesi a maggiori oneri e obblighi nei confronti

di Piea. Non stupisce che la “transazione” amichevole stipulata nel 1602 in presenza di due avvocati fiscali

del duca di Savoia avallasse sostanzialmente la soluzione di tipo “reale”, in linea con la politica di

consolidamento della fiscalità terriera condotta dallo stato sabaudo e dai suoi funzionari; non a caso l’ultima

parola sulla questione sembra provenire da una sentenza del Senato di Torino, che, nel 1633, confermò

l’avvenuta transazione come “condanna” dei “particolari di Cortanze verso la Communità di Piea al

pagamento delli carighi dimandati, & concorer per l’avenire nelli imposti si faranno da detta Communità di

Piea” [A.S.T., Transatione tra la Communità di Cortanze, & la Communità di Piea]. Tuttavia, a poco più di

un secolo di distanza, la vicenda risultava tutt’altro che risolta, quando Cortanze, nel rifiutare di

condividere le spese sostenute dalla comunità di Piea a rimborso dei propri “particolari” che avevano “patiti

alloggi dalle Truppe nemiche dalli 20. Novembre 1703 fino alli 28 Aprile 1704”, argomentava daccapo la

natura “personale”, non “reale”, dei propri obblighi fiscali  in quanto “forensi” rispetto alla comunità di

Piea -- a maggior ragione perché gli allogiamenti avevano riguardato truppe nemiche, contravvenendo

perciò a uno dei fondamenti dello ius hospitandi su cui poggiava l’obbligo di alloggiare le truppe. Anche

questa volta la causa approdò al Senato di Torino, che si attene al principio per cui gli obblighi derivanti

dall’iscrizione “reale” delle proprietà a catasto vincolava i “forensi” alle decisioni autonome del Consiglio

comunitativo di Piea, che, ai fini di deliberare nel merito di imposizioni fiscali considerate “materia

ordinaria”, non era obbligato a ricorrere all’intervento né alla ratifica da parte  di tutti i “capi di casa”, locali

o forensi che fossero.

Gli indizi presenti nella documentazione dell’età moderna lasciano intravedere un’egemonia signorile da

parte dei marchesi Roero che volle tuttavia, o seppe, convivere con le prerogative, aperte o interstiziali, di

una collettività di abitanti organizzati in comunità. Al di là delle attività cerimoniali promosse in ambito

religioso dalla Confraternita della Santissima Annunziata, la comunità di Cortanze difese, con valore non



Schede storiche-territoriali dei comuni del Piemonte

Comune di Cortanze

Redazione a cura di Marco Battistoni – Sandro Lombardini

soltanto simbolico, un controllo minuto ma capillare su una costellazione di siti fondiari dentro e fuori

l’abitato. Si trattava non tanto di un patrimonio di terreni agricoli di uso comune (che, come abbiamo visto,

erano perlopiù condivisi con la comunità di Piea), quanto piuttosto della trama di ripe, sponde, fossati,

abbeveratoi e fontane che delimitavano il sistema viario e i suoi diritti di uso. Nelle inchieste dei funzionari

sabaudi del secolo XVIII, la comunità elencava gelosamente  i singoli “conforti”, sponde, o bordi, grandi e

piccoli, che demarcavano gli usi comuni lungo le strade, quali, per esempio,il “conforto o sij cantone di

strada grande”, oppure un sito composto di “conforto, fontana e lavello”, ai quali si aggiungevano spazi

pubblici quali la “Porta delle Frachie” e la “Porta della Monta”. Talvolta, come nel caso di un “fosso con

acqua comune coll’Illustrissimo Signor Marchese”, le prerogative della comunità erano limitate, in altri casi

erano invece esclusive, come per il “forno con rudo”. Il novero puntiglioso di simili criteri di

organizzazione del territorio, che apparve incoraggiato dal governo sabaudo, rispecchiava conflitti ampi e

latenti intorno ai diritti di possesso del suolo e all’insieme connesso di diritti e obblighi, fiscali e di altra

natura. Spesso, almeno fino all’affermazione formale del suo alto dominio sul feudo di Cortanze nel 1784, la

monarchia sabauda vide respingere efficacemente le sue pretese fiscali da parte dei fautori locali della

“immunità” goduta dai marchesi Roero e dai loro sudditi. Contemporaneamente, alle soglie del secolo

XVIII, si assistette a una radicalizzazione della volontà di difendere le competenze in materia fiscale della

comunità. Un esempio in questo senso fu l’accordo o “transazione”, stipulato nel 1688 con la comunità dal

marchese, in virtù del quale quest’ultimo avrebbe abbuonato alla comunità un tributo annuo di 50 lire

astesi, ricevendo in cambio ua garanzia di permanente esenzione fiscale per una quota di patrimonio

fondiario stimato in 50 giornate di superficie. Più tardi, un’inchiesta condotta in loco dai funzionari sabaudi

nel 1721-1722, si scontrò con una diffusa resistenza antifiscale, che impedì l’accesso alle carte dell’archivio

comunale attestanti il presunto accordo e le sue implicazioni, perché, come spiegavano i sindaci, un gruppo

di “reffugiati in Chiesa” vi aveva trafugato e riposto l’intero archivio, con l’esito di paralizzare la vita



amministrativa della comunità [A.S.T., Capo 21, n. 73, cc. 100-07, 179].

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