Quaderno di traduzioni
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- Bu sahifa navigatsiya:
- The destruction of Sennacherib
- By the rivers of Babylon we sat down and wept
- Were my bosom as false as…
- Herod’s lament for Mariamne
- It cannot die, it cannot stay
- To the countess of blessington
When we two parted Quando noi ci lasciammo in silenzio e in lacrime, spezzato a mezzo il cuore nel doverci dividere per anni, divenne la tua guancia fredda e pallida e più freddo il tuo bacio; quell’ora fu vero presagio del dolore di questa! La rugiada dell’alba scese gelida sulla mia fronte: io sentii come il monito di ciò che sento adesso. Son spezzati i tuoi voti, hai fama di volubile: sento dire il tuo nome e ne divido l’onta. Chi innanzi a me ti nomina suona a morto al mio orecchio; e un brivido mi scuote: perché eri così cara? Loro non sanno che ti ho conosciuta, e che ti ho conosciuta troppo bene: a lungo a lungo avrò di te un rimpianto troppo profondo a dirsi. C’incontrammo in segreto ora muto mi dolgo perché mi ha dimenticato il tuo cuore, tradito la tua anima. Se dovessi incontrarti dopo lunghi anni, come salutarti? Con silenzio e con lacrime. 44 The destruction of Sennacherib I L’assiro calò come il lupo al gregge brillavano le schiere d’oro e porpora e come stelle sul mare splendevano le lance, quando a notte l’onda azzurra si rifrange sull’alta Galilea. II Come le foglie nel bosco d’estate, furon viste al tramonto le bandiere delle schiere: come foglie in autunno quando il vento ha soffiato l’indomani giacque l’esercito esangue e disperso. III Perché spiegò nel vento le sue ali l’Angelo della Morte e alitò sul volto del nemico. Freddi e immobili diventarono gli occhi dei dormienti; e la quiete fermò per sempre i cuori. IV Giace il destriero con le froge aperte, ma non le attraversa il fiato orgoglioso e sulla zolla rimane la schiuma bianca del suo rantolo, fredda come lo spruzzo che s’infrange sullo scoglio. V E laggiù giace il cavaliere pallido, la rugiada sul ciglio, sulla maglia la ruggine: abbandonati i vessilli mute le tende, abbassate le lance, le trombe senza suono. VI Altissimi i lamenti delle vedove assire, e gli idoli son stati infranti nel tempio di Baal; scilta come neve – e non sconfitta da armi, la potenza dei Gentili – allo sguardo del Signore! 45 By the rivers of Babylon we sat down and wept I Piangevano seduti presso le acque di Babilonia, e pensavamo al giorno in cui il nemico, al grido della strage s’impossessò delle alture di Salem; e figlie desolate, voi tutte, piangenti, foste scacciate! II E mentre guardavamo tristi il fiume che libero scorreva sotto a noi, essi chiesero un canto: ma mai, mai lo straniero otterrà tale trionfo! Che mi si secchi per sempre la destra prima che suoni l’arpa al mio nemico. III Quell’arpa è appesa al salice, o Salem! Libero dovrebbe essere il suo suono; e l’ora in cui ebbe fine la tua gloria mi ha lasciato di te quel solo pegno: mai per mia causa le sue dolce note si uniranno alla voce di chi preda! Were my bosom as false as… I Se il mio cuore mentisse come credi, non mi sarei dovuto allontanare dalla Galilea; bastava abiurare la mia fede per toglier l’anatema che incrimina, tu dici, la mia razza. II Se il Male non trionfa, Dio è con te! Se peccano gli schiavi e tu sei puro, tu sei libero! Se l’Esule in terra è bandito dal cielo, vivi in fede, ma lascia che io muoia per la mia. III Per quella fede ho perso più di quanto hai, come sa il Dio che ti fa prospero; in Lui sono speranza e cuore miei nelle tue mani invece terra e vita a cui io debbo rinunziar per Lui. 46 Herod’s lament for Mariamne I Oh Marianna, ora sanguina per te il cuore che t’ha fatto sanguinare; la vendetta è un’agonia perduta, che porta il rimorso dopo la rabbia. Marianna dove sei? Non puoi udire la mia amara supplica: se potessi, ora tu perdoneresti, anche se il cielo rimanesse sordo. II Ed è morta davvero? Ed obbedirono al geloso odio del mio delirio? L’ira mia mi condanna alla mia angoscia: su me oscilla la spada che l’uccise. Ora sei fredda, amore assassinato e invano questo cuore triste ora arde per lei che sola vola in cielo e lascia la mia anima indegna di salvezza. III Se ne andò colei che tenne il mio scettro; cadde, e con lei la mia gioia è sepolta; dallo stelo di Giuda colsi il fiore le cui foglie fiorivano per me. E mia è la colpa, mio l’inferno il vuoto cui è dannato questo cuore e ho ben meritato queste torture che non consumate ora mi consumano! Sun of the sleepless! Sole d’insonnia, stella malinconica il cui raggio di luce e pianto trema e svela il buio che non può schiarire quant’è piacevole, poi, ricordarti! Così brilla la luce del passato che splende ma non scalda, troppo debole. notturno, un Dolore veglia e contempla, distinto e chiaro, ma distante e gelido! 47 Vision of Belshazzar I Il Re era sul trono, i Satrapi affollavano la sala: brillavano miriadi di lampade su quella festa splendida e mille coppe d’oro, in Giudea considerate divine – vasi di Geova – pieni del vino dei Pagani senza dio! II Alla stessa ora e nella stessa sala le dita di una mano apparvero sul muro come su sabbia scrissero dita d’uomo – una mano solitaria che sulle lettere scorreva sola e le tracciava come una bacchetta. III Il Monarca tremò, interruppe la festa; il suo volto sbiancò e con voce tremante: “Conducetemi i saggi, i migliori del mondo, spieghino queste terribili parole che guastano così la nostra festa”. IV I veggenti di Caldea sono bravi ma qui non sono in grado; paurose e inesplicabili resterebbero le lettere ignote. Sono saggi gli anziani di Babilonia e profondi in dottrina ma non hanno ora scienza, vedono e non comprendono. V Là c’era un prigioniero giovane e forestiero sentì anche lui gli ordini del Re, e fu lui a decifrare lo scritto. Tutt’intorno splendevano le lampade la profezia era chiara; 48 la lesse quella notte e l’indomani provò che era vera. VI “È scavata la fossa a Baldassarre, il suo regno è passato; pesato alla bilancia non è che argilla lieve e senza pregio. Il sudario sarà il suo nuovo abito, suo baldacchino il sasso: sono arrivati i Medi, e sul suo trono ci sono i Persiani!” It cannot die, it cannot stay I Se il gelo avvolge la creta dolente, ah! dove vaga l’anima immortale? Non può perire, non può rimanere ma lascia dietro a sé polvere buia. Priva di corpo segue le celesti vie dei pianeti? Osubito occupa invece i reami dello spazio forza dello sguardo che ovunque vigila? II Eterna, sconfinata, incorruttibile, invisibile pensiero che vede tutto ciò che la terra o il cielo mostra tutto saprà osservare e ricordare: tale memoria trattiene ogni traccia nelle tenebre degli anni trascorsi, con ampio sguardo l’anima l’abbraccia e tutto ciò che fu subito appare. III Attraversando il caos, il suo sguardo tornerà a prima della Creazione, e dove nacque il cielo più lontano lo Spirito troverà la prima orma e dove il futuro crea o distrugge, illumina il suo sguardo l’avvenire pur senza sole o a sistema infranto, mentre egli è fisso nell’eternità. 49 IV Oltre Amore, Speranza, Paura o Odio, riesce a vivere puro e imperturbato: scorrerà l’eracome in terra un anno ed i suoi anni dureranno istanti. E via, via, senz’ali su tutto ed il suo pensiero volerà senza nome ed eterno dimentico di ciò che fu morire. All is vanity, saith the preacher I Eran miei fama, amore e forza saggia, possedevo salute e giovinezza; tutti i vini han macchiato il mio calice, e amorevolmente mi hanno carezzato. Ho esposto il cuore ai raggi di occhi belli e l’anima sentivo intenerirsi; tutto ciò che i mortali in terra apprezzano accrebbe il mio splendore regale. II Ora vorrei elencare tutti i giorni che la memoria mia può ricordare i giorni dispiegati dalla terra che desidero viver di nuovo. Non un giorno spuntò, né corse un’ora di piacere priva dell’amarezza; III il serpente del campo, grazie ad arte ed incantesimi, non nuoce più ma quello che s’avvolge al tuo cuore oh, chi potrà riuscire ad ammaliarlo? Non sente ciò che insegna la saggezza né l’alletta la voce della musica, e invece resta eternamente e morde quell’anima costretta alla tortura. 50 My soul is dark I a mia anima è cupa – accorda subito l’arpa che ascolterò finchè potrò e lascia che le sue dita gentili mormorino le note al mio orecchio. Se in questo cuore una speranza è cara, quei suoni l’ammalieranno di nuovo: se in questi occhi si nasconde una lacrima, scorrerà, e più m’arderà la mente. II Ma il canto sia profondo e appassionato e che non sia gioioso il suo principio: te l’ho detto, cantore, devo piangere o questo cuore gonfio scoppierà perché è stato nutrito da lacrime, e patì nel silenzio dell’insonnia; ora è destino che conosca il peggio, e al più presto si spezzi, o ceda al canto. I saw the weep I Vidi una grande lacrima lucente velare quel tuo occhio così blu; finchè non mi sembrò una viola che stilla la rugiada. E ti vidi sorridere – una fiamma di zaffiro sembra non brillare più; non potrebbe eguagliare i raggi vividi che colmano il tuo sguardo. II Come la nube riceve dal sole un colore così intenso e caldo che neanche l’ombra della sera sembra riuscire a cancellare dall’azzurro, i tuoi sorrisi riescono ad infondere pura gioia anche all’animo più triste; la loro luce sèguita a brillare nel cuore. 51 On Jordan’s banks I Vagano sulle sponde del Giordano i cammelli degli Arabi, e sul colle di Sion pregano i seguaci del Falso Dio, e sull’erta del Sinai s’inginocchiano i devoti di Baal ma anche là Dio Mio! dormono i tuoi tuoni. II Là, dove il tuo dito ardente marchiò le tavole di pietra! Là, dove la Tua ombra illuminò un Popolo! In un manto di fuoco s’avvolse il tuo splendore: Tu, che nessuno vivo può vedere, senza morire! III Oh! Compaia nel lampo il tuo sguardo; e strappa dalla sua mano tremante la lancia che ci opprime! Per quanto tempo ancora la tua terra sarà calpestata dai tiranni? Per quanto tempo ancora il tempio Tuo rimarrà senza culto? 52 If that high world I Se in quel mondo alto, dove si va a vivere oltre il nostro l’amore si conserva, se il cuore amato anche là resta tenero, e resta l’occhio, ma senza più lacrime, quanto gradite, quelle sfere intatte! Quanto dolce morire anche in quest’ora! Volar via dalla terra e perder paure nella luce dell’Eterno! II Così dev’essere: non è per noi che restiamo, tremanti, sulla sponda; e già impegnandoci a varcar l’abisso ci stringiamo ancora al flebile esistere. Oh! Poter credere che in quel futuro resti ogni cuore assieme al cuore amato; Con loro bere alle fonti immortali, E rifiorir là, anima nell’anima! Thy day are done I Finiti I giorni, inizia la tua fama: inneggiano i canti della tua terra celebrano i trionfi del Figlio eletto, le stragi compiute dalla sua spada! Le sue imprese e i campi di vittoria la libertà che ci ha restituito. II Anche se sei caduto, finchè saremo liberi non sentirai la morte! Il sangue generoso che spargesti non accettò di bagnare la terra: e finchè ci scorrerà nelle arterie il tuo spirito è nel nostro respiro. III E sferrando l’attacco il tuo nome sarà il nostro grido di battaglia; la tua caduta, tema di canzone per un coro di vergini! Piangere insulterebbe la tua gloria: mai tu sarai compianto. 53 The wild gazelle I La gazzella selvaggia può saltare con gioia sulle colline di Giuda, e bere ancora alle fonti che sgorgano dal suolo sacro: i suoi passi agili alzano indomabili slanci e con ochi splendenti. II Di un passo così svelto, di uno sguardo più brillante, fu testimone Giuda. E in quei luoghi privati della gioia conobbe abitanti migliori. In Libano i cedri ondeggiano, ma le più nobili vergini di Giudea sono via! III Più beata ogni ombra di palma sul piano, della stirpe dispersa d’Israele: perché là loro restano in grazia solitaria; non può lasciare il luogo dov’è nata, altrove la radice non vivrebbe. IV Ma noi dobbiam vagare inaridendo, per morire nelle terre straniere e dove i nostri padri sono in cenere, le nostre, invece, non potran giacere: del tempio nostro non rimane pietra, siede lo Scherno sul trono di Salem 54 To the countess of blessington Chiedete a me dei versi: rifiutare, per me che ne scrivo, sarebbe insolito; ma il mio Ippocrene era il mio cuore, mentre i miei sentimenti ora son soli. Se fossi come un tempo, canterei ciò che Lawrence dipinse così chiaro, ma tra le labbra mi morrebbe l’aria e troppo dolce è il tema alla mia lira. Dove ero fuoco rimane la cenere, ormai è morto il bardo al mio petto. Ciò che amavo posso solo ammirare, perché grigio il mio cuore s’è ridotto. Non puoi cantar con gli anni la mia vita: ci sono momenti che sono aratri; e i segni che appaiono sulla fronte solcano l’anima in profondità. Chi è giovane e brillante aspiri pure a cantare quel che io contemplo invano; il dolore ha strappato alla mia lira quella corda unica che era il mio suono. Stanzas for music La Beltà non ha figlia che come te ammalia; come musica d’acqua è per me la tua voce: l’oceano, affascinato, si ferma al suo suono; scintilla calma l’onda, sogna placato il vento: Tesse trame di luce la luna a mezzanotte, solleva il petto il mare come un bimbo che dorme: l’anima a te s’inchina, per udirti e adorarti; l’emozione è profonda come è d’estate l’onda. 55 Darkness Non si limitava ad essere un sogno… Il sole non splendeva più, le stelle buie erravano nello spazio eterno senza luce o destino; la terra era gelida, e cieca andava in cieli ciechi; di giorno in giorno non veniva luce e gli uomini scordavano ogni loro passione in tale desolazione e i cuori un tempo freddi, ora pregavano per la luce: vivendo accanto ai fuochi venivano bruciati troni e regge, ogni tipo di casa e di capanna, tutto veniva bruciato perché potessero gli uomini guardarsi in faccia ancora; le foreste d’ora in ora incenerivano e tutto s’oscurava ultimi lampi disperati davano ai volti le fattezze degli spettri; qualcuno a terra nascondeva il pianto, qualcuno sorrideva con il mento sulle mani serrate; altri guardavano il cielo sordo, folli d’inquietudine e bestemmiando si scaraventavano nella polvere digrignando i denti: stridevano gli uccelli, svolazzando terrorizzati a terra; diventavano timorose le belve; serpeggiavano tra la folla le vipere senza mordere- e venivano uccise come cibo. E ritornò ben presto a bere il sangue la Guerra: ne beveva ciascun uomo in solitudine rabbiosa. Senza amore un unico pensiero: morte, immediata e ingloriosa; attanagliati dalla fame, si moriva insepolti; il magro divorava il magro, i cani i padroni. Soltanto uno, fedele, ringhiava, per difendere il cadavere del padrone, a uccelli, bestie e uomini. Morì in un lamento sconsolato, leccando quella mano che non poteva accarezzarlo. Piano piano uccise tutti la fame. Rimasero in due, nemici, in una città enorme: si videro vicino ad un fumante cumulo di oggetti sacri. Frugarono 56 le fioche ceneri con mani fredde e scheletriche; ottennero una fiamma che era una beffa; come crebbe, videro i propri volti, urlarono, morirono terrorizzati dalla ripugnanza dei loro aspetti demoniaci. Il mondo popoloso e potente ora era vuoto privo d’erba alberi uomini stagioni, un cumulo di morte, caos di creta secca. L’oceano i laghi i fiumi erano calmi, immobile il silenzio degli abissi; in abbandono le navi marcivano e cadevano a pezzi, addormentandosi sul fondo. Morte le maree, le onde, la loro regina, la luna, spenta; priva di venti ristagnava l’aria, morte le nuvole inutili al buio, l’Universo era il Buio. To time Tempo! sulle cui ali mutevoli le ore possono languire o volare, i cui irti inverni e le primavere rapide ci trascinano a morire, Salute a te! Che alla nascita desti quei doni noti a chi ti conosce; ma ora è più sopportabile il tuo peso perché ora a portarlo sono solo. Non vorrei un cuore entusiasta qui, a divider con me gli istanti amari; e ti ringrazio per aver concesso cielo o pace a coloro che ho amato. Se loro sono allegri o se riposano invano peserà il male prossimo; non ti devo più nulla, se non gli anni, debito già pagato con la pena. Ma quella pena un po’ mi confortava, tangibile, scordava il tuo potere: il tormento operante del dolore rallenta le ore ma non sa contarle. 57 Nella gioia ho sperato che il tuo volo potesse molto presto rallentare; la tua nube poteva ancora oscurare, ma non aggiunger notte alla sventura; era allora che l’anima mia cupa e triste si nutriva del tuo cielo; e soltanto il bagliore di una stella provava che non eri Eternità. Quel raggio s’è dissolto. Ora sei vuoto, la cosa che si conta e maledice per le troppe sgradevoli e noiose e tristi tue parti che ripetiamo. To the author of a sonnet Oh sì, è triste il tuo verso, è triste: dannatamente più triste che arguto! Non capisco perché dovremmo piangere, se non un pianto di pietà per te. Ma qualcun altro va più compatito, e molto più compatito di te! Perché è lui che soffre più di tutti, lui che per sua disgrazia sta leggendoti. Rime senza l’aiuto di magia- le tue- da leggere una volta sola: ma non è l’effetto loro esser tragiche e non riescono ad essere ridicole. Ma se vuoi il sangue dei nostri petti e infliggerci un tormento non comune, se davvero vuoi provocarci il pianto, diccelo, che le leggerai da capo. 58 Prometeus I Titano! I tuoi occhi immortali videro le sofferenze dei mortali in tutta la loro inconsolabile realtà e non ci disprezzasti come gli altri dei. Ma la tua pietà che cosa ottenne? Un’estenuante sofferenza muta, la roccia l’avvoltoio e la catena, e ciò che il valoroso può penare, tormenti d’agonia che non esprime il senso soffocante del dolore che innalza il suo lamento in solitudine, e poi teme un testimone in cielo o quando non ha eco lui sospira. II Titano! A te affidarono il conflitto tra la volontà e la sofferenza che torturano quando non uccidono; e il cielo inesorabile, la tirannia sorda del destino, la legge che ci domina dell’odio che a suo piacere crea le cose che potrebbe annichilire neanche ti concessero di morire anzi, l’eternità fu il maledetto dono loro, ma sopportasti quieto. Tutto ciò che il Tonante potè estorcerti non fu che la minaccia ricaduta su di lui dello strazio e del tormento; tu prevedesti bene il suo destino ma non lo rivelasti per placarlo; e il silenzio tuo fu la sua condanna, e un vano pentimento ebbe nell’anima e un timore malvagio mal celato gli fecer fremere in mano le folgori. III Il tuo crimine fu d’esser pietoso, e di far diventare le miserie nostre più lievi grazie ai tuoi precetti. Tu c’insegnasti l’uso della mente e nonostante gli alti impedimenti fidando nella tua paziente forza nella tua resistenza, nella tua capacità d’opporti con lo Spirito, 59 che Terra e Cielo non poteron scuotere, tu ci concedesti una lezione unica: tu sei per noi il simbolo ed il segno della forza divina e del suo Fato; come te, l’uomo è in parte divino fiume agitato ma sorgente pura e l’uomo in parte può intravedere il suo destino funebre e i suoi infelici sforzi per resistere alla sua esistenza triste e sola: a ciò il suo Spirito può opporre se stesso, che è pari a tutti i dolori, ed un volere fermo, e conoscenza, e pure torturato può distinguere la propria ricompensa, perché trionfa, quando finalmente osa e fa della Morte la sua Vittoria. |
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