Quaderno di traduzioni
Download 5.01 Kb. Pdf ko'rish
|
- Bu sahifa navigatsiya:
- III 3 (Ulisse ad Achille)
Moving house I Middle watch, Battersea Sciacquio del traffico: rincorrersi di onde contro una riva di finestre; dalle finestre frantumate piove. Il vento imbuca cartacce sotto la porta. ietro i becchi a gas nel focolare cade cenere, schiarisce la gola del camino e il vento intona canti a fili, soffi come carbone a un sospiro bianco. Un tramestio nello zoccolo di legno come qualcosa che si libera da altro. 206 Il bulbo dondola e la stanza si sposta due volte verso la porta della cantina. II Defrosting Scricchiola e viene via gradevole un'altra piastra bianca: corrugata, tettonica, ha la forma della ghiacciaia nella curvatura; come se il polistirolo che prima imballava il frigo ora fosse imballato, appesantito e freddo. Ghiaccioli cadono nello scomparto dell'insalata mentre scavo in alto con un coltello, mani ruvide e calde nella neve che punge. Annoiato, porto di là una birra calda e scrivo. Mentre il frigo ticchetta sgocciolando, la cucina muove verso me nella notte. Circus on Calton hill Edimburgo brucia in un giorno ardente dov'è fiamma invisibile e onda scura che lambisce la vena della benzina, e i mangiafuoco appagano la loro sete. Le braci della città sfrigolano come carte di caramelle, caldo che gratta nel carbone. Sedendo sotto il colonnato, siamo così vicini che quasi ci tocchiamo. Saltano acrobati, fanno capriole, distratti nell'erba secca i gabbiani salmodiano nel caldo e fendono l'aria sopra di noi, sopra le pietre cotte di Craighleith, e virano nel vento verso il Firth e l'isola di Inchleith, il Traghetto e May. Ti guardo guardare i giocolieri, gli immancabili innamorati e la donna serpente mentre ingoia una spada. Diventi eliotropica in quest'acropoli di luce e sudi appena. Alzando le mani ai capelli una goccia scorre lungo un tuo braccio fino alla curva del seno. Io trabocco, brucio, 207 mi torturano il caldo e la voglia di te fino alla radice della lingua. Ma non ti trovo; guardi la giovane di sotto, sul prato: ha gli occhi socchiusi la bocca morbida s'avvicina a quella di lui. Potrei trovare il tuo volto, o il mio in questi specchi? E ricondurti a me in questa luce coerente? The gift of Tantalus Immagini che restano, di vite vissute qui, e turbano la luce. Come la terra resa scura da battaglie, torniamo nei luoghi dove avvennero i fatti forse solo per sentire l'aria vibrare, per vedere ciò che cerchiamo dissolversi mentre il luogo c'irride, illuminando la nostra mortalità, i nostri giovani fantasmi in un film a fotogrammi singoli di fiori e frutti che marciscono. Il buio occupa luce, la traccia della felicità è dolore. Restiamo sulle nostre orme aspettando risate, affamati di una gioventù irraggiungibile. Amnesty in the garden Un orlo di luce cola nel mare, angola l'onda in una lente d'acqua, tutto muove di nuovo: le rughe della terra di nuovo in fiori d'oro, ginestre gialle e di carbonai. Gabbiani cuciono cerniere di luce sull'acqua sciolta e chiamano, mi chiamano giù dalla cima del colle e son lì le pietre alte, i segni incisi ormai cancellati. La foresta scricchiola come una porta. Qui verranno i bambini stamattina portando doni alla Regina di Maggio - raccoglieranno fiori di bosco per ottenere il raccolto del mare - scappa un coniglio fra mucchi di foglie 208 scoiattoli rotolano in cima agli alberi, un fagiano ciancia come un giocattolo. Un ragazzo affonda ancora nel verde ed entra nel giardino con le mura. Vento. Lillà, laburni si agitano, si placano. Su lui, i germogli son gonfi e semiaperti; sotto, getti rossi si slanciano verso il sole del mattino. Radici sciamano. Nel giardino cintato la forma è imposta al verde sfuggente, luce che sciacqua: racchiudere è rendere sacro, incorniciare il caos per riparare lentamente, arte della guarigione, del riscatto, un'amnistia contro la disperazione. 209 William Shakespeare 210 Sonnet I Alle creature più belle chiediamo progenie, e che la Rosa di bellezza non muoia, ma più piena al tempo ceda cosicchè lamemoria serbi eredi. Ma il tuo sguardo, contratto nei tuoi occhi, nutre la tua fiamma con la tua luce e riduce a carestia l’abbondanza crudele con la tua stessa dolcezza. Tu che oggi sei un fresco ornamento in terra e araldo della primavera splendida rendi il bocciolo tomba di se stesso, e tenero avaro sprechi chiudendoti: abbi pietà del mondo, o così ghiotto sarai, da divorarlo, tra te e la tomba. Sonnet VII Guarda ad Oriente , la luce felice solleva la sua testa ardente, ogni occhio rende omaggio alla vista che riappare con sguardi che la maestà sacra ossequiano. E quando è salito sul colle azzurro simile a gioventù nell’età piena, i nostri occhi mortali ancora adorano riverenti l’aureo pellegrinaggio. Ma dal punto più alto il carro stanco come un debole vecchio il giorno cede. Gli occhi, prima devoti, si distolgono dal suo corso stanco e guardano altrove: così per te, che diserti il meriggio e senza prole muori, abbandonato. 211 Sonnet XVIII Saprò comparirti in un giorno estivo? Sei più amabile e più temperato: rozzi venti i boccioli di maggio agitano, e troppo breve è il nome dell’estate: a volte arde troppo l’occhio del cielo e spesso si vela il suo aureo aspetto e ogni leggiadria se ne va da sola per caso, o per capriccio di natura: ma non cadrà la tua eterna estate, né perderà la bellezza già sua, né la morte t’avvolgerà nell’ombra, perché tu crescerai in versi eterni; fino a quando l’uomo potrà guardare, queste rime continueranno a viverti. Sonnet XXII Non crederò d’esser vecchio allo specchio finchè tu e gioventù siete assieme, ma quando in te vedrò del tempo i solchi lascerò che la morte espii i miei giorni. Perché la bellezza che ti ricopre è anche l’unica veste del mio cuore che vive nel tuo petto, e il tuo in me. Come potrei allora essere più vecchio? Abbi dunque amor mio cura di te la stessa che ti do dimenticando me, custodendo il tuo cuore che terrò come una balia che protegge il piccolo, e non contar più sul tuo cuore, se morirò, perché non potrà tornarti. 212 Sonnet XXIV Il mio occhio d’artista ha già tracciato le tue forme sul quadro del mio cuore, e il mio corpo è cornice che racchiude in prospettiva, la migliore pittura. Perché attraverso il quadro vedrai l’arte, e troverai la tua reale immagine che fa mostra di sé nel mio petto, e ha gli occhi tuoi per vetri alle finestre. Guarda ora cosa gli occhi fanno insieme i miei han tracciato la tua forma, i tuoi spalancano il mio petto, così il Sole risplende affacciandosi ad ammirarti. Ma all’occhio manca l’arte della grazia: ritrae, ma ciò che vede, e non il cuore. Sonnet XXV Chi gode del favore delle stelle vanti pubblici onori e alti titoli, ma io, che non ottengo tali glorie godo in disparte ciò che solo onoro. L’amato dal principe schiude i petali come calendule all’occhio del sole ma devono nascondere ogni orgoglio perché basta un accenno per ucciderli. Il soldato famoso per valore che ha perduto dopo mille vittorie viene escluso per sempre da ogni libro e quindi cancellata ogni sua impresa: felice dunque io che amo riamatoù dove nessuno viene mai scacciato. 213 Sonnet LXXI Quando sarò morto non pianger più a lungo di quella tetra campana che avverte il mondo della mia fuga da questo mondo abitato da vermi: anzi, se leggi qui, non ricordarti della mano che scrisse, perché t’amo tanto da preferir che mi dimentichi piuttosto che addolorarti pensandomi. Se il tuo sguardo cadrà su questi versi quando forse sarò già nell’argilla non rievocare il mio misero nome; lascia morire il tuo amore con me non lasciare che il mondo spii il pianto tuo e che a causa mia ti schernisca. Sonnet LXXIII Puoi contemplarmi come la stagione in cui le foglie gialle non rimangono su quei rami che tremano di freddo, nudi cori in rovina, dove dolci cantarono gli uccelli fino all’ultimo. Tu vedi in me il giorno che svanisce ad occidente, avvolto in nera notte come morte che ferma col riposo. Tu vedi in me il languire di quel fuoco, che sulla gioventù aleggia in cenere, e sul letto su cui deve spirare già consunto da ciò che fu suo cibo. Tanto vedi, per fare il tuo amore più forte, per colui che stai per perdere. 214 Sonnet LXXIV Ma sii contenta: anche se il tristo arresto mi trascinerà via senza riscatto, la mia vita conserva in questi versi qualcosa che ti rimarrà vicino. Quando li leggerai potrai riavere il meglio che ho potuto dedicarti. Alla terra la terra, a lei dovuta, il mio spirito a te, parte migliore. Così, solo la feccia della vita pasto per vermi, avrai perso di me, vile trionfo di un coltello assassino, cosa spregevole da ricordare. L’unica cosa buona che ha, è dentro, ed è questo che rimane con te. Sonnet LXXVI Perché mai il mio verso non riluce, privo di variazioni e agilità? Perché non seguo le mode e i metodi più nuovi, e gli espedienti più curiosi? Perché scrivo tutto allo stesso modo tanto che ogni parola ha il mio nome, svelando la sua origine e il destino? Sappi amor mio che scrivo di te sempre Tu e l’amore siete il mio argomento: non so che rivestir vecchie parole, spendendo ancora quanto è stato speso: come il sole ogni giorno è nuovo e vecchio, così il mio amor ripete quanto detto. 215 Sonnet LXXVII Mostri lo specchio la bellezza andarsene e il quadrante la fuga dei minuti; i fogli bianchi accolgano la tua anima, e da questo album abbi questo monito: le rughe che lo specchio mostrerà ti ricorderanno le tombe aperte, e l’ombra sul quadrante ti dirà il furto dell’Ora che va all’Eterno. Lascia ciò che non potrai ricordare in questi fogli vuoti, troverai di nuovo questi figli del tuo ingegno. E questi impegni, frequentati a lungo faranno crescer te, ed il tuo libro. Sonnet LXXX Sento mancarmi se scrivo di voi e so che il vostro nome viene lodato da uno spirito migliore, così che io non riesco più neanche a parlare. Ma poiché il vostro merito (ampio Oceano) sostien l’umile vela e la superba, la mia barchetta, così inferiore, tenta lo stesso le vostre correnti. Il vostro lieve aiuto mi sostiene mentre lui riesce a sondare gli abissi; se naufrago, son una barca inutile mentre egli ha la struttura più superba. Se egli ha fortuna ed io finisco via il peggio è che il mio amore mi distrugge. 216 Sonnet LXXXI O che sia io a scriver l’epitaffio tuo, o tu sopravviva al mio marcire, la morte non avrà il tuo ricordo anche se io sarò dimenticato. Qui il tuo nome avrà vita immortale quando già io sarò morto al mondo e avrò avuto una fossa comune. La tua tomba saranno gli occhi umani e il tuo sepolcro i miei versi gentili che occhi ancora non nati leggeranno e lingue nuove parleran di te quando chi respira sarà già morto, tu sopravviverai grazie al mio verso nella parola, che è alito vitale. Sonnet LXXXVIII Quando verrà il momento dello sdegno, per rivolgere al mio merito il disprezzo, contro me stesso mi vedrai al tuo fianco, e dirò che è virtù la tua slealtà: conoscendo ogni mia debolezza meglio di te, potrei diffamarmi con vecchie mie storie di disonore, così, perdendomi, ne avrai gloria: ma anch’io ne trarrei lieto guadagno perché volgendo a te ogni mio pensiero, le ingiurie che volgerò a me stesso a te daran vantaggio, ma a me doppio. Poiché, tale è l’amore che mi lega al tuo bene, che sopporterò tutto. 217 Sonnet XC E odiami quando vuoi, se non subito, ora che il mondo intero mi contrasta, colpisci con la rabbia del destino ma fa che non accada solo all’ultimo, quando avrò superato queste lacrime. Non venir dopo un cordoglio già vinto, non portar dopo il vento anche la pioggia, non tardar la rovina già decisa. Se mi devi lasciare, fallo subito e non dopo queste misere pene così fin dal principio proverò la peggiore potenza della Sorte. Così, in confronto, ogni altro dolore sparirà, di fronte alla tua perdita. Sonnet XCIII Così vivrò, credendoti fedele, come un uomo tradito, e mi parrà amorevole il tuo volto straniato: qui i tuoi occhi, e il tuo cuore altrove. Poiché non c’è mai odio nel tuo sguardo non potrò leggerci il tuo mutamento. Nell’aspetto di molti un cuore falso è scritto in smorfie aggrottamenti e umori. Ma per te è stato deciso in cielo che sul tuo volto fosse sempre amore: nonostante i pensieri e i moti in cuore, il tuo aspetto rimane sempre dolce. Ma rassomiglierai al frutto di Eva, se la bellezza è senza forza d’animo. 218 Sonnet XCIV Coloro che potendo non feriscono per cogliere l’occasione evidente, quando gli altri si avventano, rimangono gelidi e lenti ad ogni tentazione: giustamente, celesti grazie ereditano e assistono allo sperpero dei doni; è a loro che si attribuisce un volto, gli altri sono ministri d’eccellenza. È dolce per l’estate il fiore estivo anche se per se stesso vive e muore. Ma se lo stesso fiore guardi infetto, qualsiasi erba diventa più degna. Perché l’atto fa agra la dolcezza e un giglio sfatto puzza, non l’erbacce. Sonnet CIII Ah, che povertà offre, la mia Musa, pur avendo di che ben figurare! Il soggetto ha più pregio quando è spoglio di quando aggiungo le mie belle frasi. Non biasimatemi quando non scrivo! È nello specchio che vedrete un volto migliore di qualsiasi mia invenzione, recando a me discredito e ai miei versi. È soltanto un peccato deturpare il soggetto che prima era perfetto, perché i versi miei solo desiderano decantare le grazie e i doni vostri. E molto, molto meglio che nel verso vi vedrete riflessa nello specchio. 219 Sonnet CXIII Da quando t’ho lasciato, ho un occhio fermo nell’anima, mentre l’altro non riesce a governare il mio passo, quasi cieco. Sembra vedere, in verità è morto: perché non trasmette immagini al cuore, di nessun’ombra, che sia fiore o uccello, riesce a rendere partecipe l’anima, non riesce a trattenere ciò che coglie sia che guardi la cosa più gentile, o più rozza, un volto nobile o ignobile, la montagna o il mare, il giorno o la notte, il corvo o la colomba: a voi ogni cosa assomiglia. Ed è incapace d’altro, conducendo la mia anima al falso. Sonnet CXVI Non sarò io ad impedir le nozze delle anime costanti. Amor non è se muta quando scopre mutamenti o si separa, se altri si separano. No, perché è un faro sempre fisso di fronte alla tempesta, e mai scosso; astro cui si volge ogni nave persa, il cui merito è ignoto pur se noto, l’Amore non è lo zimbello del Tempo, anche se falcia labbra rosa e guance. L’amor non è roso dall’ora breve, resisterà fino alla fine fermo e se ciò è errore confutabile non ho mai scritto e mai nessuno amò. 220 Sonnet CXXI Meglio essere vile che farselo dire, se un innocente è accusato a torto, perdendo un piacere intimo, perché lo si è giudicato senza ascoltarlo. E perché gli occhi corrotti degli altri devono giudicarmi uomo lascivo? O i miei falli spiati da occhi falsi, condannando ciò che per me è buono? No, sono quel che sono, e chi mi giudica vuole solo attribuirmi i suoi eccessi; io vado dritto e loro vanno sghembi, così con menti distorte mi giudicano. Se non ammettono il male comune, fra tutti gli uomini è il male che regna. Sonnet CXXIX Spreco d’anima in arida vergogna è l’atto lussurioso, e già al principio è spergiura, assassina e traditrice, rozza, estrema, crudele e senza fede, disprezzata non appena goduta, disprezzata come un’esca inghiottita che vuol render furioso chi la cerca. Fa impazzir prima, fa impazzire dopo, dà piacere che diventa dolore, speri una gioia che diventa un sogno; chiunque sa tutto ciò, ma nessun sa sfuggire quest’inferno celestiale. 221 Da Troilo e Cressida I 1 (Troilo) I greci sono forti di astuta forza, feroci nell'astuzia di coraggiosa ferocia; io invece sono più debole di una lacrima, più mansueto del sonno, più credulone dell'ignoranza, meno coraggioso di una vergine di notte e ignaro come l'infanzia inesperta. …e mentre il mio cuore sta per esser spaccato da un sospiro, per non farmi accorgere da Ettore e mio padre, io seppellisco il sospiro nella grinza di un sorriso, come il sole quando s'affaccia nel temporale …Tu rispondi che è bella, versi nella ferita del mio cuore occhi capelli guance portamento e voce infili in ogni mia ferita d'amore il coltello che l'ha inferta. I 2 (Cressida) Pandaro offre per conto di un altro parole voti regali e lacrime, tutto il cerimoniale dell'amore; ma io vedo in Troilo più che nello specchio delle lodi di Pandaro. Ma mi controllo: corteggiate le donne sono angeli, possedute diventano perdute. Tutto il piacere sta nella conquista. Una donna non sa nulla se non sa che gli uomini apprezzano di più ciò che non hanno ancora potuto avere ed è il desiderio a far più dolce l'amore. È questa la ricetta: se ci possiedono gli uomini ci comandano, se ci desiderano invece ci implorano. Perciò, anche se colma di passione nulla i miei occhi lasceran vedere. I 3 (Agamennone) Cos'è quest'affanno? Gli ampi propositi della speranza non si realizzano mai nell'ampiezza promessa: scacchi e disastri crescono nelle vene dell'azione più ambiziosa (Ulisse) 222 Scusa le mie parole, ma è meglio che Achille non incontri Ettore: come i mercanti, è meglio per noi mostrar prima la merce da meno sperando di venderla. Se non va, la merce migliore spiccherà di più dopo aver mostrato la peggiore. Ettore e Achille non devono scontrarsi: sia l'onore che la vergogna che ne possono conseguire potrebbero essere controproducenti. II 2 (Ettore) La piaga della pace è la sicurezza, la spavalda sicurezza, mentre il faro del saggio è il dubbio modesto, bisturi che scerne in fondo al peggio. Lasciamo andare Elena. (Troilo) O, furto vigliacchissimo, aver rubato ciò che si teme di conservare! Siamo ladri indegni dell'oggetto rubato se col furto infliggemmo in terra altrui una punizione che in patria ci fa tremare! II 3 (Tersite) O tu, grande scorreggione dell'Olimpo che ti fai nominare Giove, e tu, Mercurio, che dimentichi l'astuzia velenosa del tuo caduceo, perché non togliete ad Achille ed Aiace quel poco, meno che pochissimo cervello che rimane loro? Così abbondantemente scarso, da sfoderare montagne d'armi per cavare una mosca dalla tela difesa dal ragno! III 3 (Ulisse ad Achille) Signore, il tempo ingrato ha una borsa sulla schiena dove getta le elemosine solo per dimenticarle. Ciò che scarta sono le azioni eroiche, le dimentica appena avvengono. Solo la perseveranza mantiene lustro l'onore: Aver agito è rimanere appesi fuori moda come un'armatura arrugginita. Occorre continuare sulla via offerta perché la gloria segue una via tanto stretta che ci si passa uno per volta. Il tempo è un padrone di casa mondano, stringe appena la mano e chi se ne va e accoglie a braccia aperte l'ultimo arrivato. La virtù non s'aspetti ricompensa per ciò che era, perché l'intelligenza, 223 la bellezza, la nobiltà, il merito, il vigore, l'amore, l'amicizia, la carità, tutto, viene corrotto dall'invidia e dalle calunnie del tempo. Tutti gli uomini hanno questo in comune, che impazziscono solo per il nuovo, anche se il nuovo imita ciò che è antico e lodano la polvere appena dorata più dell'oro impolverato. L'occhio vive e vuole il presente, non stupirti se i greci ora idoleggiano Aiace; le cose che si muovono attirano lo sguardo molto più che quelle immobili. Download 5.01 Kb. Do'stlaringiz bilan baham: |
Ma'lumotlar bazasi mualliflik huquqi bilan himoyalangan ©fayllar.org 2024
ma'muriyatiga murojaat qiling
ma'muriyatiga murojaat qiling