Quaderno di traduzioni
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- Bu sahifa navigatsiya:
- Da Alls well that ends well I 1
- Himn to intellectual beauty
- The world as meditation
- The planet on the table
IV 1 (Paride-Diomede) P: Ditemelo da amico, o Diomede, secondo voi chi merita di più la bella Elena, io o Menelao? D: Entrambi: lui merita di riprenderla, visto che continua a desiderarla senza temer la vergogna, ed a costo di tutti i guai e di tutte queste perdite; altrettanto voi che la difendete senza sentir sapore di vergogna e a costo di tanti amici e di beni. Lui, da cornuto lacrimoso, berrebbe il fondo andato a male della botte. Voi, da dissoluto, vorreste eredi da un ventre di puttana. L'uno vale l'altro, dunque, perché la zavorra è sempre la stessa puttana. Da All's well that ends well I 1 Contessa: È figlia unica, signore, e affidata a me. L'istruzione dàtale accresce i suoi doni ereditari, migliorando le sue doti. Perché dove una mente corrotta avesse nobili qualità, diventano virtù traditrici e ci rammaricano molto. In Elena, invece, le nobili qualità sono migliori grazie alla sua mente diretta: è onesta per eredità, ma è sua propria la bontà d'animo. 224 Lafeu: Un compianto moderato è un diritto dei morti; un dolore eccessivo è nemico dei vivi. Contessa: Ama tutti, o figlio, fidati di pochi, non far torto a nessuno. Làsciati criticare per il tuo mutismo anziché per le tue parole. Parolles: Perder la verginità accresce la razionalità, infatti, non perdendola, non si può dar vita ad una vergine. Dunque la verginità perduta rinasce dieci volte, mentre se la si conserva, se ne perde per sempre lo stampo. È una compagna troppo frigida, occorre liberarsene! Difendere la verginità è accusare la propria madre; la verginità è suicida, fa i vermi e consuma; è stizzosa superba oziosa ed egoista: non conservatela, non fareste che rimetterci. È una merce che si deteriora se resta in magazzino: più si conserva e meno vale. I 3 Contessa: Sì, Elena, puoi diventare mia figlia come nuora. Che Dio non ti permetta un rifiuto! Ti sconvolgono così i nomi di "figlia" e "madre"? Impallidisci? Il mio timore scopre la tua follia: ora capisco il mistero della tua malinconia e l'origine delle tue lacrime salate. Tutto è chiaro: ami mio figlio: le tue guance se lo confessano a vicenda; solo l'ostinazione ti lega la lingua, da lasciar sospettare la verità. Parla, è così? Elena: Oh, abbiate pietà di me che dono, sapendo di non ottenere ritorno. Abbiate pietà, se cerco non per trovare, e vivo dove dolcemente muoio. 225 Percy Bysshe Shelley 226 Himn to intellectual beauty I L’ombra enorme di una forza invisibile visita il vario mondo con un volo incostante – come i venti d’estate che si sparpagliano di fiore in fiore, come i raggi di luna che in montagna piovono dentro i pini – Va, con sguardo incostante nei cuori ed occhi umani; come tinte ed armonie della sera, come nubi perse in cieli di stelle, o un ricordo di musica svanita, o qualcosa che è caro per la grazia o ancor più caro, per il suo mistero. II Spirito di Bellezza, che consacri splendendo ogni pensiero e forma umana – perché sei andata via dal nostro regno, deserta e desolata, vasta valle di lacrime? Ti chiedi come mai non tessa sempre arcobaleni il sole? O perché Ciò che apparve si fa fievole e svanisce? Perché la paura, il sogno, la nascita e la morte gettan buio sulla luce del giorno, ed il destino d’ogni uomo non è che amore e odio, non è che speranza e disperazione? 227 Prometeo liberato IV Come uno spirito o un pensiero, affolli d’ignote lacrime occhi quasi fissi e fai tornare vivo un cuore solo che doveva già conoscere la quiete: cullata da tempeste sei discesa finalmente ti svegli, o Primavera! O figlia d’innumerevoli venti! Come la memoria di un sogno arrivi, ormai triste perché è stato dolce; come uno spirito, o gioia che si eleva dalla terra, per vestire di nuvole d’oro il deserto della nostra vita. È questa la stagione e il giorno e l’ora; al sorgere del sole tu dovresti venire, dolce sorella bramata troppo a lungo, troppo a lungo in ritardo. Come verme tra morti striscia l’attimo! Il punto di una stella bianca trema in fondo alla luce arancio dell’alba che s’amplia al di là dei monti porpora: attraversa la nebbia fino al baratro fino al lago, che cupo la riflette: ora svanisce. Brilla come le onde che s’assottigliano e come le file fiammeggianti di nubi si disperdono nell’aria pallida. V Echi: ascolta! Non possiamo restare come stelle di brina che risplendono e si sciolgono – Figlia dell’Oceano! Sèguici sèguici, mentre la nostra voce si perde nelle grotte vuote e dove la foresta si propaga. Segui, attraverso le caverne vuote come il canto che ondeggia tu insèguilo dove l’ape selvatica non vola nella profonda oscurità del giorno, nel profumato respiro dormiente di quei fragili fiori della notte e acque in caverne accese dalle fonti, mentre la nostra musica selvatica e dolce imita il buon battito del tuo piede, 228 Figlia dell’Oceano! Nel mondo ignoto dorme una parola mai parlata; dal tuo passo soltanto può essere spezzata la tua quiete, Figlia dell’Oceano! VI ASIA: Chi regna? Prima c’erano Terra e Cielo, Luce e Amore; dal trono di Saturno cadde il Tempo, la sua ombra invidiosa: e dominò le prime anime in Terra con la gioia dei fiori e delle foglie prima che vento e sole li seccassero o i vermi ne intaccassero la vita. Ma non permise la riproduzione, vietò la conoscenza ed il potere, il governo degli elementi, il lampo del pensiero capace di raggiungere con la sua luce l’opaco universo, il dominio di sé e la maestà dell’amore; di ciò avevan sete e languivano. Allora Prometeo diede a Zeus la sapienza, che è vigore, ma gli ordinò di lasciar l’uomo libero poi gli consegnò il dominio dei cieli. Senza lealtà, amore e legge, senza amicizia è la forza del potere e ora è Giove che regna sulla stirpe dell’uomo, con fatiche, carestie, malattie, ferite, guerre e l’orrida morte; stagioni senza tempo guidarono con frecce alterne di gelo e di fuoco le pallide tribù nelle caverne e nei cuori vuoti il desiderio e l’inquietudine di beni falsi depose, che li spinse a mutua guerra. II, iv Fu lui ad addomesticare il fuoco, fiera tremenda e splendida, che freme sotto il ciglio dell’uomo: e soggiogò il ferro e l’oro, segni del potere, gemme e veleni, e le sottili forme nascoste sotto le onde e le montagne. Diede all’uomo il linguaggio che è l’idea e l’idea misurò l’universo. 229 La Scienza scosse i troni in cielo e in terra che vacillarono senza cadere e la mente armoniosa si profuse in profetici canti; poi la musica innalzò l’anima in ascolto, fino al cammino senz’affanni mortali, sulle chiare onde dei dolci suoni. E mani umane imitaron prima, poi riprodussero le forme umane con braccia modellate come vere finchè il marmo divenne divino; e le madri, contemplandole, bevvero la bellezza riflessa nella razza, guarda finchè non muore. Rivelò il potere celato di erbe e fonti la Malattia divenne un sonno. Un sonno diventò la Morte. Ci insegnò le orbite che s’intrecciano tessute da stelle vaganti nell’immenso; e come il sole muti la sua dimora, e qual segreto muti la luna pallida, se l’occhio non guarda più sul mare interlunare: insegnò il governo, come membra guidate dalla vita, degli oceanici carri dalle ali di tempesta, e il Celta potè incontrar l’Indiano. Città crebbero, e furon attraversate da venti tiepidi le colonne color neve e brillò l’aria azzurra; i colli ombrosi, il blu del mare furono veduti. Se così alleviò lo stato umano Prometeo, eterna fu la sua pena. VII La mia anima è un battello incantato che come un cigno addormentato fluttua sulle onde d’argento del tuo canto; e la tua anima, simile ad un angelo siede accanto al timone e lo conduce mentre i venti fischiano melodiosi. Sembra che fluttui per sempre, per sempre sopra quel fiume serpeggiante, in mezzo a montagne, foreste e abissi un paradiso di luoghi selvaggi! Finchè, come confinato nel sonno, portato a oceanico fluttuare ovunque nel profondo mare che sparge i suoni. 230 La mia anima è un battello incantato che come un cigno nel sonno fluttua sulle onde d’argento del tuo canto; e la tua anima, simile ad un angelo siede accanto al timone e lo conduce mentre i venti fischiano melodiosi. Sembra che fluttui per sempre, per sempre sopra quel fiume così serpeggiante, in mezzo a montagne, foreste e abissi un paradiso di luoghi selvaggi finchè, come confinato nel sonno, portato all’oceano fluttuo ovunque nel profondo mare che sparge i suoni: intanto il tuo spirito eleva le ali nei sereni domini della musica; cattura i venti di quel cielo beato. E apriamole le vele, via, lontano, senza seguire rotte, senza stelle, ma guidate da musiche indistinte; fino alle isole dei giardini elisi tu, il pilota più bello che scese da veliero mortale guiderai il battello del mio desiderio: nei reami dove si respira amore che si muove nei venti e sopra le onde, e armonizza la terra, e il celestiale. VIII Sono fuggite le pallide stelle il sole, loro rapido pastore, le spinge nelle grotte dell’aurora affrettandosi, in vesti che eclissano meteore, oltre la sua dimora azzurra, come scappano i daini dal leopardo. Ma voi, dove siete? Nuvole luminose in cielo fluttuano, stelle di brina brillano in terra e le onde s’adunano sull’oceano, riunite e spinte da uragani d’estasi, dal panico di gioia, scosse dall’emozione gioiosamente danzano. Ma voi, dove siete? I rami dei pini stan cantando 231 canzoni antiche con un nuovo slancio le onde e le fonti fresca musica aprono come un unico spirito che fluttua in terra e in acqua; le tempeste irridono le montagne con i tuoni di gioia. Ma voi, dove siete? IX Tessiamo danze su un suolo di brezza, foriamo il cielo muto con il canto, e incantiamo il giorno che vola in fretta, per fermare il suo volo prima di essere nell’antro della notte. Le ore erano levrieri affamati alla caccia del cervo sanguinante del giorno, che zoppica, che inciampa, ferito, per le vallate notturne dell’anno solitario. Ma ora, oh, tessiamo mistiche misure di musica e danza, forme di luce, siano uniti Ore, spiriti di forza e di piacere come nubi e raggi. X THE MOON O sorella mia, calma vagabonda, felice sfera fatta d’aria e terra, come raggi hai scoccato qualche Spirito, che penetra nel mio corpo gelato e l’attraversa con calor di fiamma, odor d’amore e fonda melodia m’attraversano! Le nevi sulle mie aride montagne si sono sciolte in fontane di vita, il mio solido oceano scorre e splende uno spirito erompe dal mio cuore e veste con la forza della nascita inattesa il mio petto nudo. Tu, Tu su me! XI Sopportare dolori ritenuti infiniti pure dalla speranza; 232 perdonar torti bui come la morte; sfidar l’Ira che pare onnipotente; soffrire, amare: sperar fino a quando la Speranza non crei dal suo naufragio qualche cosa da poter contemplare; non cambiare, mancare, né pentirsi. Questo, come la gloria, Titano, è essere buoni grandi e gioiosi, splendidi e liberi; soltanto ciò è la Gioia di vivere. 233 Wallace Stevens 234 One of the inhabitants of the west Nostre divinazioni, I meccanismi di un pensiero angelico, Mezzi di profezia, Ci allertano di più All’unica stella della sera E al suo testo pastorale, Quando le creazioni Di vento luce e nube Attendono una fine, Un lettore del testo, lettore senza corpo, Che legge nel silenzio: “Le orride figure di Medusa, Tutti questi accenti esplicano La discesa di scintille notturne Sull’Europa, sull’Alpe più lontana Sull’Atlantico oscuro. Queste non sono banlieuse Senza uomini di pietra, In doppia luce rosea Completamente loro. Sono l’arcangelo serale e prego Il lampo di questa stella sola. Pensiamola come goccia di sangue… Ma giace troppa colpa, seppellita sotto l’innocenza Dei giorni di autunno”. 235 Lebensweishitspielerei Sempre più debolmente brilla il sole pomeridiano. I forti e gli orgogliosi sono partiti. Rimangono i mediocri, Quelli definitivamente umani, Nati in sfere ridotte. L’indigenza loro è un’indigenza Che è indigenza della luce, Un pallore stellare appeso ai fili. Così, a poco a poco, la miseria dello spazio autunnale diverrà Soltanto sguardo, o qualche stenta frase. Ciascuno può toccarci davvero, con ciò che è, così com’è, Nella vecchia grandezza che si estingue. Prologue to what is possible I C’era una quiete, come stando soli in una barca al mare, barca mossa da onde simili a lucide schiene di rematori, che stringevano i propri remi, certi della scia da seguire, curvi e eretti, sui loro scalmi in legno, spruzzati d’acqua, brillando in un unico simultaneo gesto. Una barca di pietre senza peso che, non pesando più, avevano una luce non comune. Così, colui che stava sulla barca fissando avanti a sé non sembrava uno che viaggiasse fuori l’ambito familiare. Sembrava appartenere alla straniera rotta del suo vascello, e parte della specola di fuoco sulla prua, suo simbolo, 236 parte dei fianchi vitrei che solcavano l’acqua, sporchi di sale. Viaggiava solo, come fisso ad una sillaba senza senso, una sillaba in cui però voleva ad ogni costo entrare, per il senso che avrebbe infranto barca e rematori, come un punto d’arrivo al centro, istante grande o piccolo, lontano da ogni sponda, donna o uomo, liberato da tutti. La metafora mosse la sua paura. L’oggetto a cui veniva comparato era fuori ogni sua cognizione. Così capì che le similitudini non arrivavano lontano. E oltre, solo riconoscendone ogni tratto, questo e quel tratto incluso nelle ipotesi su cui, uomini mezzo addormentati speculano d’estate. Quale se stesso, per esempio, ancora restava imprigionato e ringhiava per essere scoperto, ampliando la veglia, come se le sue luci ereditarie sbocciassero in un accesso di colore, un nuovo, inosservato tremolio, la più piccola lampada, la più potente sua scintilla, a cui lui attribuiva privilegio e nome superiore all’ordinaria sua vita quotidiana: la scintilla che aggiunge al reale e al suo vocabolario il modo in cui le novità arrivano agli alberi del Nord con I vocaboli del Sud. ome la prima luce solitaria nel cielo della sera a primavera, crea un universo nuovo dal nulla, aggiungendo se stessa. Come uno sguardo o un contatto svelano grandezze inaspettate. 237 The world as meditation É Ulisse che s’approssima da est, l’eroe senza fine? Mondi gli alberi. Quell’inverno, lavato via. Qualcuno si muove all’orizzonte e s’alza su esso. Un qualche fuoco cerca le cretonnes di Penelope, ma la sua presenza mera e selvaggia anima il mondo che abita. A lungo ha creato un io per accoglierlo, una compagna per lui, come li immagina, due amici capaci di proteggersi. Gli alberi, mondi per il solito fare la vasta meditazione inumana. Neanche un cane di vento l’ha vegliata. Voleva lui, solamente lui. Le sue braccia sarebbero diventate la sua collana, la sua cintura, fortuna ultima di ogni desiderio. Ma era Ulisse? O era il calore del sole sul cuscino? Il pensiero le batteva in petto come il cuore. Solo il giorno. Era Ulisse e non era. Ma l’incontro era avvenuto, amici incoraggiati da un pianeta. La forza sua selvaggia non avrebbe mai più potuto spegnersi. Parlava un po’ tra sé pettinandosi paziente sillabando il nome suo, non dimenticando mai che era lui ad avvicinarsi costantemente. I Seventy years later É un’illusione essere stati vivi, abitato le case delle madri, organizzato noi nell’aria libera. Guarda alla libertà di settanta anni fa. Non è durata l’aria. Case restano, ma irrigidite in un rigido vuoto. 238 Pure le ombre nostre, le loro, sfuggono. Le vite che sognarono son chiuse. Mai avvenute… Suoni di chitarra non furono non sono. Assurdo Frasi non furono non sono. È incredibile. L’incontro al limite del campo sembra un’invenzione, abbraccio disperato di zolle in una coscienza fantastica, bizzarra affermazione dell’umano: un teorema proposto fra le due – due figure nella natura del sole, del suo progetto di felicità, come se il nulla contenesse un mètier, un assunto vitale e caducità nel suo freddo di sempre, un’illusione tale da coprir la roccia di foglie e far fiorir lillà, cecità mondata, sguardo che si rischiara soddisfatto dalla nascita dello sguardo. Il muschio e il fiorire eran vivere, incessante, particolare, del rozzo universo. 239 Note on moonlight Solo il chiaro di luna – nella notte di semplici colori, come un poeta che rimugina le similitudini del suo vario universo – risplende sulla mera oggettività del tutto. Come se esser fosse essere osservati come se scopo della superficie fosse semplicemente d’esser vista, la proprietà della luna e cosa evoca. Forse darci la presenza essenziale di un monte, espanso ed elevato quasi a senso, un oggetto di meno; oppure rivelare in quella figura in strada qualcosa in più, forma indeterminata tra l’amante e il bandito dinoccolato, un gesto nel buio, paura provata nelle vaste visuali d’aria notturna, come dalle pergole di Saturno. Così questa calda ampia quiete è piena di forza e di una sua vita intrinseca, a dispetto dell’oggettività mera delle cose, come le nuvole nello specchio, un cambiare di colore nella mente del poeta, notte e silenzio turbati da una musica interiore, solo il chiaro di luna, l’universo, soltanto da guardare: scopo assurdo, oh, certo, ma uno scopo sempre nuovo… 240 The planet on the table Ariel si rallegrava dei suoi scritti. Restavano, d’un tempo memorabile o per testimoniare cose belle. Altre opere del sole diventavano spreco, scompiglio. E intristivano gli arbusti. Ma uno diventano il suo io e il sole e la sua opera, le sue poesie, anche loro opera del sole. Non che dovessero sopravvivere. Ciò che importava era che mostrassero qualche lineamento, qualche carattere, qualche abbondanza a metà percepibile, nella miseria delle loro frasi, del pianeta di cui erano parte. As at a theatre Un altro sole per un altro mondo, verde, forse, nel verde, e blu nel blu, come nauseato dal vino novello, o un occhio troppo giovane per combattere il primitivo. Come l’artificio di una nuova realtà, o il calendario cromatico del tempo a venire. Potrebbe essere la candela d’altro, ancora avviluppato in percezioni confuse, e medita una propria immagine, cerea, brulicante di afrori ignoti, immagine prismatica che brulica, come una bolla di sapone priva della superficie su cui appoggiarsi. Oltre il sipario scostato un altrove, un oltremondo azzurro rosa e arancio, a gomito a gomito con Copernico, un universo senza questo zoppo languire, meta di tutti i filosofi… Che differenza fa la sua distanza, se una volta la mente è esaudita? |
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