Museo Archeologico Nazionale di Fratta Polesine, Barchesse di Villa Badoer IL villaggio di Frattesina e le sue necropoli XII x secolo a. C
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- IL TRATTAMENTO E LA CONSERVAZIONE DEGLI ALIMENTI
- LA FILATURA I TESSUTI
- LA LAVORAZIONE DEL CORNO E DELL’OSSO
- L’ARTIGIANATO METALLURGICO
LA CRONO-TIPOLOGIA guida fratta.indd 30 guida fratta.indd 30 24-02-2010 15:17:21 24-02-2010 15:17:21
31 L’abitato di Frattesina Piano Terra, Sala III guida fratta.indd 31 guida fratta.indd 31 24-02-2010 15:17:21 24-02-2010 15:17:21
32 Piano Terra, Sala III Il villaggio si estende per oltre 20 ettari (circa 800 m di lunghezza ed una larghezza massima di 300 m) dei quali meno di un decimo è stato oggetto di indagini scientifi che: scavi e raccolte di superfi cie sistematiche. Il villaggio fu edifi cato su un debole rilievo, forse di origine alluvionale, in prossimità della sponda destra dell’antico “Po di Adria”, che costituiva pertanto il limite settentrionale dell’abitato. Ad est, sud e ovest, in assenza di dati certi, è ipotizzabile la presenza di strutture difensive analoghe a quelle di altri villaggi dell’Età del bronzo, in particolare quelli “terramaricoli”, di poco più antichi e dotati di argine in terra e fossato e/o palizzata. La distribuzione delle abitazioni, fi tta e uniforme, presuppone una popolazione di diverse centinaia di individui. Tra le abitazioni e particolarmente nell’area centrale del villaggio, si trovano anche i laboratori artigianali. Ben distinte sono invece le due aree destinate alla sepoltura: la necropoli di Fondo Zanotto, 500 m a sud est, e la necropoli di Narde, 700 m a nord. L’ABITATO DI FRATTESINA guida fratta.indd 32 guida fratta.indd 32 24-02-2010 15:17:21 24-02-2010 15:17:21
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La vita nel villaggio era scandita da attività quotidiane di tipo domestico ed artigianale strettamente connesse alla capanna, intesa come abitazione e talora anche come laboratorio. In particolare, la sorprendente mole di manufatti legati all’artigianato e la loro fi tta distribuzione fanno intuire come quest’ultimo avesse un ruolo fondamentale e propulsivo per l’economia del villaggio. All’eccezionale produzione artigianale si affi ancava l’attività di scambio dei prodotti fi niti e delle materie prime, che inseriva Frattesina in una rete di contatti a media e lunga distanza dal nord Europa al Mediterraneo Orientale. guida fratta.indd 33 guida fratta.indd 33 24-02-2010 15:17:22 24-02-2010 15:17:22 34 Piano Terra, Sala III La struttura più antica fi nora indagata è la capanna Zeta, databile attorno all’XI sec. a.C. L’incendio che l’ha distrutta ha permesso la conservazione di parte della pavimentazione e dell’intonaco in argilla (cotti dal fuoco) e di pali carbonizzati. La pianta di forma pressappoco ovale ha dimensioni modeste (4x3 m). Dell’alzato in pali portanti e frasche intonacate di argilla rimangono frammenti di intonaco con impronte di rami o canne. Forse pertinenti al tetto sono i resti di due pali carbonizzati, crollati sul pavimento. All’interno della capanna sono stati individuati quasi unicamente materiali ceramici, che suggeriscono una funzione di magazzino in alternativa a quella abitativa. Tra X e IX sec. a.C., in seguito ad un imponente episodio alluvionale, il villaggio si riorganizza: le capanne, ora a pianta quadrangolare, hanno dimensioni maggiori e sono più diradate. Come nella fase precedente, i resti della struttura abbandonata vengono coperti con argilla pulita che ha funzione di base per l’impianto di una successiva costruzione. Vicino alle capanne si trovano grandi buche per i rifi uti o per seppellire i resti di strutture distrutte. LA CASA guida fratta.indd 34 guida fratta.indd 34 24-02-2010 15:17:23 24-02-2010 15:17:23
35 Piano Terra, Sala III La capanna rappresentava il fulcro della vita familiare. All’interno era posto il focolare, realizzato in argilla mista a limo indurita per effetto del calore, di forma più o meno quadrangolare e di poco rilevato rispetto al pavimento in battuto. Punto d’incontro e di convivio, intorno al focolare si preparavano le pietanze, si consumavano i pasti, si conversava. Altre attività domestiche, oltre alla lavorazione e preparazione degli alimenti, erano rivolte al trattamento delle fi bre tessili (fi latura e tessitura), di esclusiva pertinenza femminile. Anche lavorazioni più complesse e di tipo artigianale, talvolta legate all’uso del fuoco (metallurgia, vetro), sembra fossero svolte all’interno o in prossimità delle abitazioni stesse e non in zone specifi che dell’abitato destinate esclusivamente ad attività di laboratorio. VITA DOMESTICA guida fratta.indd 35 guida fratta.indd 35 24-02-2010 15:17:24 24-02-2010 15:17:24
36 Piano Terra, Sala III L’alimentazione si basava essenzialmente sui prodotti provenienti dalla coltivazione dei campi, dall’allevamento ed in misura minore dalle attività di caccia, pesca e raccolta di specie selvatiche. Alla cottura dei cibi (principalmente zuppe di legumi e cereali) erano destinate le olle, contenitori ovoidali con fondo piatto talvolta dotati di coperchio dalla forma troncoconica o discoidale. Sempre destinati alla cottura erano i fornelli a piastra circolare con corpo troncoconico e apertura alla base per caricare le braci; gli alimenti venivano cotti sulla piastra riscaldata e chiusa da una sorta di teglia con piccole maniglie orizzontali.
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Tra le attività di lavorazio- ne degli alimenti è la moli- tura dei cereali, per la quale si utilizzavano macine realiz- zate da un blocco di pietra abrasiva con un lato accura- tamente spianato che diveni- va concavo per l’azione del macinello, piccolo ciottolo in pietra. Alla conservazione degli alimenti (liquidi e soli- di) erano destinati diversi tipi di contenitori fi ttili: dai vasi di forma biconica ai grandi dolii. Oggetti di uso partico- lare erano i vasi a colino, con il fondo a piccoli fori, forse destinati alla lavorazione del latte. guida fratta.indd 37 guida fratta.indd 37 24-02-2010 15:17:25 24-02-2010 15:17:25 38 Piano Terra, Sala III Attività strettamente legate all’ambiente domestico ed al mondo femminile sono quelle relative alla produzione di tessuti. La fi latura, qui attestata come in gran parte dei siti archeologici, dalla presenza di fuseruole e rocchetti in ceramica, consisteva nel trasformare fi bre vegetali o animali in un fi lo lungo e compatto con l’utilizzo del fuso, un bastoncino in legno lungo 20-30 cm, all’estremità del quale si fi ssava la fuseruola. Questa fungeva da volano, permettendo di incrementare la velocità del fuso e di mantenere regolare e continuo il movimento di rotazione necessario ad attorcigliare la fi bra conferendole resistenza ed elasticità. Le fi bre più utilizzate erano il lino e la lana di pecora. Filati e tessuti potevano essere colorati tramite macerazione in acqua utilizzando pigmenti organici naurali ricavati da essenze spontanee, quali il guado per l’azzurro, la robbia (dalle radici) per il rosso, l’ebbio (dalle bacche) e la celidonia (dal lattice) per il giallo. Per la tessitura dei fi lati si utilizzava un telaio verticale in legno, che poteva essere largo fi no a 2 metri e veniva appoggiato obliquamente ad una parete della capanna. Sulla sua struttura venivano fi ssati i fi li verticali che costituivano l’ordito, legati inferiormente a pesi che servivano a tenerli in tensione. Tra i fi li dell’ordito, tenuti alternatamante separati da una stecca, si passavano orizzontalmente i fi li della trama in modo da formare un intreccio perpendicolare. Nella totale assenza di resti relativi sia ai telai che ai tessuti, l’attività è documentata nell’abitato dai pesi in ceramica per lo più a forma di ciambella, che tenevano in tensione l’ordito, di peso e dimensioni variabili in funzione delle caratteristiche di resistenza e consistenza del fi lato.
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I rarissimi ritrovamenti di tessuti preistorici, come quelli di alcune sepolture danesi dell’Età del bronzo, sono le uniche testimonianze che ci permettono di formulare qualche ipotesi sull’abbigliamento: una corta tunica e una gonna lunga per le donne, una tunica, stretta in vita da una cintura, ed un mantello per gli uomini. I corredi funerari delle necropoli di Narde e Fondo Zanotto presentano invece molti elementi relativi all’ornamento. Gli spilloni e le fi bule (le attuali spille) in bronzo servivano a fi ssare le vesti. Sempre connessi all’abbigliamento erano piccoli bottoni in corno di cervo o anche d’ambra e borchie in metallo. Tra gli ornamenti molti sono gli elementi per collane, pendagli e bracciali in osso e corno di cervo, e conchiglia. Di particolare prestigio dovevano essere le perle in vetro (forse usate anche nei tessuti) e in ambra. guida fratta.indd 39 guida fratta.indd 39 24-02-2010 15:17:28 24-02-2010 15:17:28
40 Piano Terra, Sala III Gli elementi di corredo rinvenuti nelle sepolture suggeriscono una ricostruzione del costume maschile, femminile e infantile, qui proposto in una versione ipotetica. guida fratta.indd 40 guida fratta.indd 40 24-02-2010 15:17:28 24-02-2010 15:17:28
41 Piano Terra, Sala III I risultati delle analisi paleobotaniche e osteologiche, condotte sul materiale organico recuperato in superfi cie e in fase di scavo, hanno dimostrato che l’economia di sussistenza dell’abitato si basava principalmente sullo sfruttamento agricolo dei suoli fertili della pianura padana e sull’allevamento. È documentata la presenza di orzo, grano, leguminose, mele e uva. L’attività agricola è testimoniata, oltre che dai falcetti in bronzo, anche dagli strumenti pertinenti alla lavorazione del terreno, come le zappette in corno di cervo e il puntale piramidale di un probabile vomere in bronzo. L’allevamento del bestiame svolgeva sicuramente un ruolo di primaria importanza, essendo bovini, caprovini e suini la principale fonte di carne. I suini sono la specie più rappresentata (55% del numero dei resti e 41,5% del numero minimo di individui) seguiti in ordine di importanza da ovicaprini e bovini. Lo scopo principale dell’allevamento bovino sembra esser stato l’impiego degli animali principalmente nei lavori agricoli, mentre quello degli ovicaprini sembra essere l’apporto alimentare e la produzione di lana. Dalla mortalità di questi ultimi si nota viceversa uno scarso interesse per la produzione di latte. Il cavallo, abbastanza scarso, molto probabilmente non era utilizzato nell’alimentazione ma solo come mezzo di trasporto e/o legato al traino: i montanti di morso in corno di cervo così come le riproduzioni fi ttili ne sono una riprova.
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43 Piano Terra, Sala III Sebbene poco praticata, la caccia aveva ancora una sua rilevanza sociale e, data la scarsità dei reperti ad essa collegata (poche le punte di freccia in bronzo e in selce recuperate), veniva condotta per integrare la dieta alimentare. Era volta soprattutto verso il cervo, di cui venivano anche raccolti i palchi caduchi per utilizzarli nella produzione artigianale dei diversi utensili. Seguono in ordine d’importanza uccelli, cinghiali, castori, caprioli, volpe, lupo e diversi mustelidi (martora, faina e donnola). Ben documentate inoltre la raccolta delle tartarughe di terra e palustri e la pesca soprattutto di lucci, tinche e, in misura minore, scardole, cavedani, anguille e barbi. Di fatto, il ritrovamento di un gruppo di grossi ami (oltre 15 cm di lunghezza), può far pensare alla presenza di forme di pesca specializzata nella cattura di specie di grande taglia. CACCIA E PESCA guida fratta.indd 43 guida fratta.indd 43 24-02-2010 15:17:32 24-02-2010 15:17:32
44 Piano Terra, Sala III L’attività del vasaio è attestata da migliaia di frammenti ceramici pertinenti a vasi usati per conservare, cucinare, mangiare, bere, ma anche ad oggetti funzionali alla tessitura e fi latura ed attività complementari. Le materie prime erano formate da argille carbonatiche reperite localmente ed inclusi di varia natura: soprattutto granuli di ceramica macinata (chamotte) e di rado sostanze organiche e sabbia del Po. La modellazione era manuale o per mezzo della tecnica a cercine, sovrapponendo più cordoni di impasto argilloso, e/o a stampo, utilizzando cioè dei modelli su cui “spalmare” la lastra di impasto. La notevole varietà formale e l’utilizzo di più impasti (ne sono stati individuati 5) in rapporto alla forma e alla funzione attestano una manifattura di tipo semi-specialistico. La decorazione è testimoniata dalla presenza di cordoni plastici, tacche, fasci di incisioni o solcature formanti talora apparati decorativi articolati, mentre i trattamenti di superfi cie per mezzo di lisciatoi litici o in corno, potevano essere sia funzionali che decorativi. La cottura avveniva a temperature comprese tra 600°C e 800°C e, in mancanza di dati archeologici, si presume potesse essere praticata utilizzando sistemi simili alla fornace a struttura orizzontale del bronzo recente rinvenuta a Basilicanova (Parma). LA CERAMICA guida fratta.indd 44 guida fratta.indd 44 24-02-2010 15:17:33 24-02-2010 15:17:33
45 Piano Terra, Sala III Tra le attività artigianali di tipo tradizionale, la lavorazione del corno e dell’osso risulta essere una delle principali e meglio rappresentate a Frattesina. Viene usato soprattutto il palco di cervo per le sue proprietà, simili a quelle di un legno duro: compattezza, fl essibilità, resistenza. Il cervo, ben adatto all’ambiente boscoso e umido della bassa pianura, perde il palco una volta all’anno, alla fi ne dell’inverno. Un palco di cervo adulto pesa in media 8-10 kg, per cui la semplice raccolta mette a disposizione una notevole quantità di materia prima. Quantità e qualità dei prodotti sono collegate anche al miglioramento delle tecniche di lavorazione, come ad esempio l’introduzione dell’uso della sega, evidente nei tagli netti dei grandi rami del palco cervino. In corno è realizzata un’ampia gamma di utensili ed elementi d’ornamento o connessi all’abbigliamento. Frequenti le fi ni decorazioni a cerchielli concentrici (occhi di dado) ottenuti con due punte in bronzo usate a compasso. LA LAVORAZIONE DEL CORNO E DELL’OSSO guida fratta.indd 45 guida fratta.indd 45 24-02-2010 15:17:33 24-02-2010 15:17:33
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La lavorazione del vetro è testimoniata dalla presenza di crogioli con incrostazioni vetrose, blocchetti di vetro grezzo, scarti di lavorazione e migliaia di perle: un insieme unico nell’Europa della tarda Età del bronzo. A Frattesina si lavorava il vetro per realizzare perle da collana di varie tonalità di blu, rosso, verde e bianco (quest’ultimo solo per le decorazioni) ottenute riscaldando la massa vetrosa fi no a renderla molle e traendo da questa un fi lo che veniva avvolto attorno ad un’asta metallica rivestita di un impasto di argilla per facilitarne l’estrazione. In alcuni casi le perle erano decorate con successivi avvolgimenti spiraliformi di vetro di colore diverso rispetto a quello di fondo, o con l’applicazione di gocce per ottenere un motivo ad “occhio”. Senza confronti sono le ceramiche ricoperte da uno strato di vetro decorato a pastiglie bianche.
Molto probabile è anche la produzione del vetro da materie locali. Indizi in tal senso vengono dalle analisi composizionali: quarzo ricavato da sabbie o ciottoli macinati, coloranti come rame e cobalto e sostanze fondenti per abbassarne il punto di fusione attorno a 1000° C. Sono soprattutto i fondenti che permettono di distinguere i vetri di Frattesina ad “alcali misti”, ossia potassa e soda ricavate da ceneri vegetali, dai coevi vetri micenei o vicino orientali a fondente sodico.
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L’artigianato metallurgico è documentato da ripostigli “da fonditore” (in tutto 4), matrici da fusione (circa 60) e oggetti fi niti. I ripostigli da fonditore, veri e propri complessi di materiali metallici di recupero (spesso frammentari, ripiegati, usurati ed esposti al fuoco) associati a pani (lingotti) dalla tipica forma a piccone, permettono di ipotizzare che il bronzo fosse già importato come lega per essere lavorato in loco. Per quanto riguarda l’organizzazione della produzione, il fatto che provengano tutti dal settore centrale dell’abitato indicherebbe un preciso controllo della produzione da parte della comunità, o meglio della sua élite, che doveva controllare anche l’approvvigionamento della materia prima. Sebbene prevalga largamente il bronzo (lega al 90% circa di rame e 10% circa di stagno), sono lavorati anche il piombo (importato in lingotti) e l’oro, rarissimo in Italia in questo periodo. La grande importanza della metallurgia è spiegabile, in primo luogo, nel quadro dei generali mutamenti avvenuti in questo settore nei secoli fi nali del II millennio a.C. Ora il metallo è impiegato non solo per ornamenti, come fi bule e spilloni, o armi (spade, punte di lancia e di giavellotto), ma anche per nuovi prodotti di lusso (tazze e vasi in lamina detti “situle”) ed una vasta gamma di attrezzi da lavoro che accanto alle tradizionali asce vede ora anche seghe, scalpelli, lesine, coltelli. Ne è testimonianza l’eccezionale quantità di oggetti fi niti rinvenuti, dieci volte superiore alla media degli abitati delle fasi precedenti. guida fratta.indd 49 guida fratta.indd 49 24-02-2010 15:17:37 24-02-2010 15:17:37
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Tra i metalli quello che svolge il ruolo più importante negli scambi è il rame, proveniente dai giacimenti del Trentino orientale e della Toscana; da questi, o forse dalla Sardegna, potrebbe provenire anche il piombo. Meno diffusi sono lo stagno, presente in Toscana, e l’oro, rarissimo in questa fase, che potrebbe provenire da giacimenti alpini. I ripostigli da fonditore, datati alla fase centrale della vita del sito, documentano un sistema complesso di circolazione del metallo, indiziato dalla presenza di materia prima, i “pani a piccone” di rame o bronzo, e manufatti usurati o rottami da rifondere, soprattutto palette con immanicatura a cannone. Pani e palette compaiono nei ripostigli del versante adriatico dell’Italia centro - settentrionale, in Francia, e in Slovenia. È probabile che la crescita della metallurgia di Frattesina dipenda dallo sviluppo delle attività estrattive in Etruria mineraria, il cui metallo sostituisce quello dei giacimenti trentini, molto sfruttati tra XIV e XI sec. a.C., e dall’inserimento nel sistema di scambi di rottami metallici da rifondere. Download 357.35 Kb. Do'stlaringiz bilan baham: |
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