1 Distintivi con decorazione e Dame Patronesse 2


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mo sempre contenuto i costi - precisa il comandante - entro l'1,2 per cento del bilancio della Forza Armata.

Un'incidenza molto bassa ma sufficiente per mantenere i programmi."

Dall'anno prossimo le prime donne-pilota, arruolate un decennio fa in Aeronautica, avranno raggiunto l'espe-

rienza di volo sufficiente per poter accedere alle Frecce. Tra l'altro, il posto di pilotaggio e l'ergonomia interna del

nuovo M.346 sono stati studiati anche per loro. 

La presenza e le esibizioni delle Frecce - conclude il generale Bernardis - si integrano bene con gli altri impe-

gni dell'Aeronautica nelle missioni militari e umanitarie all'estero. Insieme sono una bandiera che rappresenta il

valore del nostro Paese".

Lo spettaco-

lare incrocio

delle due

sezioni della

PAN visto

dall’interno

La soddisfazione dei piloti della PAN dopo il

volo


12

IL NASTRO AZZURRO

V

enerdì 17 settembre: un RPV (Remotely Piloted



Vehicle) "Predator" italiano, sorvegliando dall'alto

l'area est di Farah, individua lungo la strada per

Delaram quattro persone che stanno posizionando un

ordigno sotto il manto stradale. Mentre il "Predator" li

segue, segnalandone costantemente la posizione, la

"Task Force 45", composta dagli uomini delle forze spe-

ciali italiane, con un elicottero Ch 47 "Chinook", scortato

da due elicotteri d'assalto "Mangusta", raggiunge imme-

diatamente il rifugio dei terroristi. 

Proprio durante l'aviosbarco, mentre si procede all'at-

tacco del rifugio degli insorti, due militari vengono rag-

giunti da colpi di arma da fuoco. I due, il tenente

Alessandro Romani e il primo Caporal maggiore Elio

Domenico Rapisarda, sono subito ricoverati all'ospedale

militare da campo di Farah. Il tenente Romani, 9°

Reggimento d'Assalto Col Moschin, celibe, nato a Roma il

18 luglio 1974, purtroppo, non ce la fa. Aveva alle spalle

numerose missioni internazionali in Iraq ed in

Afghanistan ed era considerato un ufficiale di grande

esperienza. 

Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha

appreso con profonda commozione la notizia della

morte del Tenente Romani, avvenuta nell'assolvimento

del dovere, ed ha espresso alla famiglia sentimenti di

affettuosa vicinanza e sincera partecipazione al loro

grande dolore. Il Capo dello Stato ha inoltre espresso il

suo incoraggiamento e un affettuoso augurio al primo

Caporal maggiore Rapisarda che, immediatamente tra-

sferito all'ospedale militare americano di Ramstein in

Germania, è stato sottoposto ad un delicato intervento e

sta guarendo rapidamente. 

L'eco di questo grave lutto, il trentesimo da quando

l'Italia ha dato la sua adesione all'ISAF, non si era ancora

spenta che, sabato 9 ottobre, quattro alpini sono stati

uccisi e uno è rimasto gravemente ferito nel corso di un

agguato nel distretto del Gulistan, a duecento chilometri

ad est di Farah, al confine con l'Helmand. Gli uomini, tutti

in forza al 7° Reggimento Alpini di stanza a Belluno,

inquadrato nella Brigata Julia, a bordo di blindati Lince

erano di scorta a un convoglio di 70 camion civili che ave-

vano trasportato materiale per allestire la base operativa

avanzata "Ice" e rientravano verso Ovest.

Sulla strada era stato predisposto un micidiale "IED",

un ordigno rudimentale, ma non per questo poco effica-

ce. La tremenda deflagrazione ha completamente

distrutto il "Lince". Quattro dei cinque alpini che si trova-

vano sul blindato sono rimasti uccisi sul colpo. Si tratta

del primo caporal maggiore Gianmarco Manca di

Alghero, del primo caporal maggiore Francesco Vannozzi

di Pisa, del primo caporal maggiore Sebastiano Ville di

Lentini (Siracusa) e del caporal maggiore Marco Pedone

di Gagliano del Capo (Lecce).

Il caporal maggiore scelto, Luca Cornacchia di Pescina

(L'Aquila) è rimasto ferito ma, come hanno immediata-

mente riferito le fonti militari: "Ha riportato ferite a un

piede e traumi da esplosioni, ma è cosciente e risponde agli

stimoli e non è in pericolo di vita." È stato portato in salvo

nell'ospedale da campo di Delaram con un elicottero.

Dopo aver fatto brillare l'ordigno, i talebani hanno

aperto il fuoco. I nostri soldati hanno risposto e, al termi-

ne di un violento scontro, "hanno messo in fuga gli

aggressori". Il convoglio aveva già subito un assalto

armato il giorno precedente durante il quale i terroristi

avevano colpito un mezzo USA.

Cordoglio è stato espresso dal presidente della

Repubblica Napolitano, dal Presidente del Consiglio

Berlusconi e dai presidenti delle due Camere Schifani e

Fini. Il comandante della missione ISAF, generale David H.

Petraeus, ha voluto sottolineare "il coraggio e l'altrui-

smo" dei nostri soldati.

"Il loro operato non

sarà dimenticato - ha

aggiunto -



in un

momento in cui abbia-

mo deciso di sconfigge-

re quella insorgenza

che toglie al popolo

afgano sicurezza e sta-

bilità e che vorrebbe

fare di questo Paese

ancora una volta un

rifugio sicuro per i ter-

roristi".

AFGHANISTAN: ANCORA LUTTI ITALIANI

Il cap. Alessandro Romani

Gianmarco Manca       Marco Pedone     Francesco Vannozzi    Sebastiano Ville



IL NASTRO AZZURRO

13

IL COMMENTO



Unanime e caldo è stato il cordoglio espresso sia alla famiglia di Alessandro Romani, sia a quelle di Gianmarco Manca,

Francesco Vannozzi, Sebastiano Ville e Marco Pedone. I Caduti italiani nelle operazioni ISAF in Afghanistan ora sono

trentaquattro, dodici solo nel corso di

quest'anno.

L'insopportabilità delle perdite

umane in quella che è pur sempre

un'"Operazione di Pace" diventa lan-

cinante di fronte all'improvviso incre-

mento registrato negli ultimi mesi. In

realtà, secondo fonti militari autore-

voli, tale triste fenomeno dovrebbe

apparirci "positivo" poiché è collega-

to con l'indubbio successo della

nuova strategia perseguita in

Afghanistan: l'estensione del control-

lo del territorio anche al di fuori delle

città. I Talebani cercano con ogni

mezzo di contrastare il successo

dell'ISAF, soprattutto perché ad esso

è collegato il progressivo distacco del-

l'opinione pubblica afgana dal loro

modo di vedere ed interpretare la

realtà sociale del paese: un eterno

conflitto tra chi osserva con attenzio-

ne i principi del Corano (loro ed i loro

seguaci) e chi, secondo loro, non lo fa

abbastanza (tutti gli altri). 

Tutto questo potrebbe essere consi-

derato come semplice "dialettica interna" di un paese di profonda tradizione religiosa musulmana alla ricerca delle pro-

prie radici, se non fosse che i Talebani, forti di questa interpretazione quantomeno originale della religiosità, sono

diventati il principale sostegno di Al Khaeda in Asia e vogliono fare dell'Afghanistan la roccaforte di quell'organizza-

zione terroristica che già tanti lutti ha sparso nel mondo.

Per questo, pur nella tristezza dell'estremo saluto al capitano Alessandro Romani (la promozione gli è stata conferi-

ta “sul campo” alla memoria), avevamo registrato come nota positiva che le espressioni di cordoglio e di vicinanza delle

istituzioni non erano state disturbate da commenti fuori luogo circa l'opportunità o meno di mantenere, e fino a quan-

do, i nostri militari in Afghanistan. 

È durata poco. La tragedia terribile dei quattro alpini uccisi nell'agguato del 9 ottobre, ha riaperto le solite sterili e

pericolosissime polemiche con le quali esponenti di spicco di quasi tutti i partiti dell'opposizione hanno chiesto il ritiro

immediato dei nostri militari dal teatro afgano. L'importanza della posizione presa in politica estera dall'Italia, impe-

gnandosi militarmente nell'ISAF, è stata messa ancora una volta in

dubbio con improvvide dichiarazioni che, oltre a disorientare l'opi-

nione pubblica, aumentano il rischio, già notevole, a cui sono espo-

sti i nostri militari in missione in quel tormentato paese.

Per questo dobbiamo sostenere i nostri militari inviati in quel dif-

ficile teatro esprimendo loro la massima incondizionata solidarietà

e facendo comprendere a chi li contrasta che noi non ce ne andre-

mo finché la democrazia e la libertà non saranno tornati ad arride-

re al popolo afgano.

Bene ha fatto, in quest’ottica, il Ministro della Difesa Ignazio La

Russa a porre all’attenzione del Parlamento e del Paese l’esigenza,

più concreta che mai, di consentire anche ai velivoli italiani presen-

ti nell’area l’uso di armamento di lancio (bombe e razzi) a prote-

zione delle operazioni a terra dei nostri soldati.

Questo modus operandi, normale per le forze aeree di tutti gli

altri Paesi partecipanti all’ISAF, al momento di mandare in stam-

pa questo numero de “Il Nastro Azzurro” non è stato ancora

autorizzato.

Se l’Italia, al di là di formali messaggi di solidarietà, avesse già

operato come tutti gli altri, l’attacco ai quattro terroristi che hanno

provocato la morte di Alessandro Romani, sarebbe stato effettua-

to subito dal medesimo “Predator” che li aveva scoperti, senza

mettere a rischio le vite dei nostri soldati e intervenendo con la

massima tempestività.

Mi sembra un motivo sufficiente per non tergiversare inutilmen-

te sulla giusta proposta del Ministro della Difesa.

Antonio Daniele

La “T

La “T


ask For

ask For


ce 45” italiana si muove su elicotteri CH-47

ce 45” italiana si muove su elicotteri CH-47

“Chinook” scor

“Chinook” scor

tati da A.129 “Mangusta”

tati da A.129 “Mangusta”

Il blindato legger

Il blindato legger

o “Lince” in pattuglia

o “Lince” in pattuglia



IL NASTRO AZZURRO

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MEDAGLIE D’ORO ECCELLENTI:



UMBERTO VISETTI SOLDATO E SACERDOTE

È

da ricordare, per un doveroso recupero, Umberto



Visetti, veramente Soldato di Dio e Sacerdote della

Patria. La sua vita merita di essere riscoperta, narra-

ta e conservata alla memoria e alla gratitudine in partico-

lare dei suoi corregionali. In Umberto Visetti si espressero

quelle virtù caratteristiche e distintive, di un'umanità

forte, schietta, sobria e generosa che si ritrovano nella

stirpe piemontese.

Cresciuto in una famiglia nella quale si fondevano i

valori della Patria e di Dio esaltati dal padre, ufficiale di

cavalleria, e dalla madre, pia e devota fino al misticismo,

tali valori accoglieva nell'animo come alimento e forza

inestinguibile della sua vita. Ciò che spiccava nella perso-

nalità di Umberto Visetti era una generosità senza limiti,

un senso del dovere dimentico di ogni calcolo, un'offer-

ta di sé in risposta ad un profondo, incontenibile impul-

so interiore, con uno slancio dimentico di accorgimenti e

di prudenza, trascinato dall'entusiasmo ed esaltato dal-

l'ideale.

Così si spiegano le diciannove ferite al Montello, in

Libia, in Africa Orientale. Qui, episodio fra i tanti, fu visto

lanciarsi impavido all'assalto di un'amba dell'altipiano

etiopico dove si nascondeva insidioso, implacabile, il

nemico: Umberto Visetti nominato, per il suo ardimento,

Comandante del IV Battaglione Eritrei, che era stato di

Toselli e del quale portava il nome glorioso e la

"fascia"nera, doveva aprire la strada agli altri reparti.

L'impresa da lui compiuta, che gli valse la Medaglia

d'Oro, è degna di un canto epico ed appare quasi irreale;

mostra Umberto nello sprezzo del pericolo, nell'offerta di

sé come esempio, sublimata dai pensieri che lo sosteneva-

no e che a tanto lo spingevano. Dimostrazione straordi-

naria di valore, di un valore si direbbe sofferto perché era

in lui un'innata avversione alla violenza e alla guerra, che

contrastavano con un sentimento incontenibile del dove-

re fino alla lotta e al sacrificio, contro ogni viltà. Tale sen-

timento si spiega come naturale, generosa, cavalleresca

disponibilità all'olocausto, al comando della coscienza. 

Le sue azioni che potevano apparire talvolta impulsi-

ve, furono sempre grandi e magnanime. Ad esse non

seguiva il glorioso compiacimento ma la riflessione di un

doveroso adempimento. Così è ricordato da chi lo vide,

nel lontano ottobre 1937, dopo la tremenda mischia

affrontata col battaglione Toselli sull'Amba Denghezi.

Disteso sul suolo sconnesso e sassoso, in una misera

capanna, col petto crivellato e rigonfio di cotone insan-

guinato, il braccio frantumato, fra la vita e la morte, ma

con una strana serenità, una forza nel corpo di morituro

che vinceva l'emozione dei presenti. Di quell'eroica

impresa resta la motivazione della Medaglia d'Oro che

ricorda lo stupore dello stesso avversario ammutolito di

fronte al capitano italiano caduto con quasi tutti i suoi

Il capitano Umberto Visetti

MOTIVAZIONE DELLA MEDAGLIA D'ORO AL VALOR MILITARE A UMBERTO VISETTI

Rinnovellava in terra d'Africa le leggendarie tradizioni del volontarismo e dell'arditismo della grande guerra. In

combattimento aspro e cruento, durato più di undici ore, comandante di compagnia, estrema avanguardia di tutta

la colonna, si lanciava audacemente all'assalto di fortissime posizioni che l'impervia natura del terreno e la rabbia

abissina rendevano pressoché imprendibili. Ferito una prima volta al capo, una seconda volta alla testa dell'omero

e spalla sinistra, proseguiva imperturbato ad avanzare, trascinando col valore e con l'esempio i suoi ascari già dura-

mente provati. Ferito ancora al polso destro da pallottola esplosiva, magnifico di calma e di cosciente spirito di sacri-

ficio, infliggeva forti perdite al nemico, occupando la posizione al grido di "Savoia", disperatamente contendendo-

la ai reiterati contrattacchi nemici. Travolto, infine, da una raffica di mitragliatrice al petto, che gli trapassava i pol-

moni, cadeva fra le urla dei ribelli; ma con mirabile forza di volontà si rialzava per gridare: "Viva il Re!" e, fatti anco-

ra pochi passi, ricadeva svenuto. Ad un ufficiale sopraggiunto con rinforzi, per ricuperare il suo corpo, non appena

ripresa conoscenza, ordinava di non occuparsi di lui, ma di difendere la posizione così duramente conquistata, e,

con sereno stoicismo, esortava l'ufficiale medico accorso, a rendere prima le sue cure agli ascari che d'ogni intorno

coprivano il terreno. Lo stesso feroce avversario percosso da tanto fulgido valore in uno dei frammischiamenti della

pugna, lungi dall'infierire sull'eroico combattente gli tributava la fantasia che già i suoi avi avevano cantata sul

caduto Leone di quel medesimo battaglione nero.

Dengheziè, 9 ottobre 1937.



IL NASTRO AZZURRO

15

uomini nel nome della Patria lontana, nell'orrida vastità



di una terra ostile. Sopravvisse Umberto Visetti, esempio

e fermezza in ogni atto.

Una conoscenza esauriente di Umberto Visetti richie-

derebbe la narrazione accurata di molti aspetti, talvolta

sconcertanti, della sua dinamica vita, impostata e diretta

da indole generosa, per imprese e situazioni delle quali

sembrava si sentisse estraneo, ma che ne misuravano la

grandezza d'animo. Se talvolta errò, e lo riconosceva, fu

per sovrabbondanza di entusiasmo, di perenne donazio-

ne di sé, di un'ansia per l'azione nella quale si esprimeva-

no esternamente un coraggio indomito, ma nell'animo

una presenza continua di Dio. Così visse per diciassette

anni di servizio e di guerra, così fu onorato e forse conte-

stato dai mediocri come ufficiale ma sempre onorato da

chi, come lui, degnamente serviva la Patria. Fu presente

in Africa Settentrionale e nell'inferno della Marmarica

cadeva ferito accanto al suo generale Maletti che prima

di morire ripeteva: "C'è gente che non sa vivere ma noi

sappiamo morire".

Cessata la bufera della guerra, ci fu il raccoglimento

dell'animo ardente di conoscenza, dopo i trent'anni

migliori della vita, dedicati alla Patria, si volgeva ad un

altro fronte, a quello di Dio, che aveva sempre intensa-

mente pregato quasi a chiedere perdono ai cedimenti

sofferti, alla violenza cui era stato chiamato. Diventava

soldato di Cristo, combattente focoso con la parola,

appassionato fratello alle sventure del prossimo, consola-

tore degli uomini; reduce dagli orrori della guerra si lan-

ciava nelle battaglie incruente dello spirito, alle vittorie

non effimere dell'anima.

Il capitano, deposte le spalline e indossato il rude

abito del cappuccino, non comandava più i reparti, ma

diveniva subalterno di tutti, servo degli umili e dei buoni.

Il forte comandante del battaglione Toselli, l'ardito teme-

rario del Montello, l'impavido combattente nelle sabbie

della Marmarica avrebbe ubbidito a tutti, al servizio degli

uomini nel

nome di Dio.

Dio l'aveva

chiamato, e alla

chiamata aveva

risposto, per

una nuova vita,

con un altro

nome: Frate

Agostino di

Cristo Re. La sto-

ria della sua esi-

stenza che com-

prende gli ani-

mosi anni giova-

nili, le imprese

di guerra, i rico-

noscimenti e le

Decorazioni, la

vocazione e

l'impegno reli-

gioso, è la storia

di un uomo che

visse intensa-

mente le vicen-

de di mezzo

secolo, profondamente e totalmente partecipe, rispon-

dendo sempre ad un comando imperioso, quello del

dovere.

Umberto Visetti si colloca nella nobile schiera degli



uomini che hanno onorato la nstra terra; la sua figura

merita di essere ricordata con un segno concreto, con una

iniziativa che lo additi all'ammirazione ed alla gratitudi-

ne, che lo preservi dalla negligente indifferenza e lo pro-

ponga come alto e morale esempio di vita.

G. Gazzoli

(da “Il Reduce d’Africa - 1989)

Umberto Visetti sacerdote

Il capitano Umberto Visetti

viene Decorato di MOVM

da Umberto II

NOTE BIOGRAFICHE

Umberto Visetti nacque nel 1897 a Saluzzo (Cuneo). Interrotti gli

studi liceali, si arruolava volontario il 29 ottobre 1915, appena dicias-

settenne, nel 4° Reggimento Bersaglieri. Nominato sottotenente nel

94° fanteria nel settembre 1916, partecipò alle operazioni di guerra

col 68° Reggimento. Gravemente ferito, fu promosso tenente nel

giugno 1917. Tornato in linea sul Montello nel gennaio 1918 col V

Battaglione d'assalto, si distingueva ancora una volta a Pieve di

Soligo durante l'offensiva di Vittorio Veneto. Congedato nel marzo

1919, riprendeva gli studi interrotti, ma verso la fine dell'anno parte-

cipava all'impresa di Fiume. Ancora congedato nel maggio 1920 e

conseguita la laurea in giurisprudenza all'Università di Torino, si

dedicava alla professione e al giornalismo. All'inizio della campagna

etiopica si trovava a Parigi addetto all'ufficio stampa dell'Ambasciata

italiana e rientrato in Italia si arruolava volontario nella Divisione

"Peloritana" mobilitata, con la quale prendeva parte alle operazioni

di guerra in Somalia. Nell'aprile 1937, assegnato all'11° Reggimento

Granatieri e destinato alla 2^ Brigata coloniale, gli veniva affidato il

comando della 3^ Compagnia del IV Battaglione "Toselli". Promosso

capitano con anzianità 1935 e rimpatriato per le gravi mutilazioni

riportate nel combattimento di Dengheziè, dopo degenza in ospeda-

le veniva collocato in congedo. Richiamato a domanda nell'agosto

1940, era destinato nuovamente in Africa al Battaglione Fanteria

libica "Zuara", mobilitato. Ferito nel combattimento di Alan el

Nibewa e raccolto sul campo dal nemico, veniva rimpatriato su nave

ospedale per scambio di malati nel maggio 1943. Partecipava alla

lotta di liberazione dall'8 settembre 1943 all'aprile 1945, poi, a guer-

ra conclusa, entrava nell'Ordine degli Agostiniani e tre anni dopo

veniva ordinato sacerdote. Stabiliva la residenza a Firenze.


IL NASTRO AZZURRO

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UN PO' DI CRONACA SU UNA LUNGA RICERCA



SENZA ...LANTERNINO

(Prefazione storica dell’Albo d’Oro della Federazione Provinciale di Trieste)

D

opo quasi cinque anni di tribolazioni, durante i



quali lungamente abbiamo temuto di non poter

concludere nulla, siamo finalmente giunti in porto!

Da tempo, dopo aver ammirato gli Albi dei Decorati

realizzati dalle altre Federazioni Provinciali del Nastro

Azzurro, mi frullava per la mente l'idea di fare altrettan-

to per quanto competeva alla nostra Federazione.

L'impresa si presentava subito

molto gravosa perché non ci si

poteva limitare allo scampolo

di territorio restato a Trieste

dopo il trattato di pace, pur

comprendendo Grado ed il

Monfalconese appartenenti

storicamente alla sua vecchia

provincia fino al 1947: compe-

teva a noi, perché nessun altro

lo avrebbe fatto, perpetuare

la memoria di quanto avevano

compiuto nelle varie guerre

anche i nostri conterranei, dei

territori, strappatici, dell'Istria,

di Fiume e della Dalmazia,

ormai dispersi in Italia ed in

altri continenti. Ma, quel che

era peggio, non vedevo anco-

ra quale strada avrei potuto

percorrere per raggiungere

tale traguardo.

Non facevo alcun conto

sulla possibilità di un aiuto da

parte del Distretto Militare di

Trieste; mi era noto, infatti, fin

dai primi anni del dopoguerra,

che durante l'occupazione

jugoslava i suoi uffici erano

stati saccheggiati, i documenti

in grande parte dispersi, che i

fogli matricolari erano stati

usati per incartare il pesce alla

Pescheria Centrale. D'altro

canto, la cosa riguardava

anche Marina e Aviazione, ed

anche per questo non mi pareva che ci fossero localmen-

te possibilità migliori. Al Ministero della Difesa poi, ci si

sarebbe potuto rivolgere per qualche singolo caso noto,

ma non certo perché si mettessero a ricercare, tra i deco-

rati di tutta Italia, tutti quelli che provenivano da queste

terre. Un barlume di speranza mi venne dal ricordare che,

in una certa ricerca su Gazzette Ufficiali, avevo osservato

che vi apparivano anche decreti di concessioni di ricom-

pense al valore.

Poteva essere questa la strada giusta, perché avrei

potuto trovare le decorazioni concesse al personale di

tutte e tre le Forze Armate.

Quando, in una riunione del Consiglio Direttivo,

accennai alle mie speranze, ma anche alle mie perples-

sità, la mia idea, ancora confusa e tutta da verificare,

ebbe una accoglienza entusiastica, e venni sollecitato a

studiare attivamente il da farsi, dopo di che ci saremmo

messi al lavoro. Sorse subito un intoppo: alla Biblioteca

Civica di Trieste si potevano trovare le Gazzette soltanto

a partire dal 1919, mentre a noi occorrevano anche quel-

le precedenti, fino al 1915. Alla guerra 1915-18 avevano

partecipato oltre 2000 giuliano-dalmati e varie centinaia

di questi avevano conseguito Decorazioni al Valor

Militare. Poiché allora Udine faceva già parte del Regno

d'Italia, ricorsi a quella Biblioteca Civica e così, per due

settimane, alle 08.30 ero già a Udine per rientrare a sera

all'ora di cena. Ma senza risul-

tati. Le Gazzette di allora,

erano diverse dalle attuali,

riportavano anche cronache di

cerimonie, nelle principali

città, in cui erano state conse-

gnate Decorazioni a numerosi

valorosi combattenti, ma di

decreti concessivi neppure

l'ombra.


Esaurita la ricerca a Udine,

passai alla Biblioteca Civica di

Trieste risalendo dal 1919 in

su, senza risultati. Pensavo già

che avrei dovuto abbandona-

re quella ricerca inutile, quan-

do, siamo all'anno 1935, mi

imbatto nei primi decreti e

comincio a raccoglierli. Ma ne

vale la pena? Come copriremo

il periodo mancante?

Soltanto molto più tardi

ho potuto scoprire che la pub-

blicazione sulla Gazzetta

Ufficiale della concessione di

ricompense al V.M. era stata

disposta da una legge del

1932; in fondo, è stato un

bene che non lo sapessi in

partenza, perché probabil-

mente non avrei neppure

pensato di iniziare questo

lavoro, non vedendo allora

altre possibilità.

Ma non mi rassegno anco-

ra a rinunciare, sebbene sorga-

no nuove difficoltà. Infatti, per un lungo periodo, tra il

1946 e la fine del 1950, non ci sono i supplementi conte-

nenti gli elenchi dei decorati.

Qualche sprovveduto, senza sapere quale valore aves-

se il termine, li aveva definiti "straordinari" e questi, non

previsti negli abbonamenti ordinari, potevano venire

richiesti separatamente - quarant'anni prima (!) - da chi vi

fosse interessato (di norma, hanno questa classificazione

i supplementi riguardanti bilanci dello Stato e cose del

genere, di interesse molto particolare e limitato ad un

numero ristretto di studiosi).

A Trieste nessuno ne dispone e con poca speranza ci

rivolgiamo al Poligrafico dello Stato che stampa le

Gazzette. Fortunatamente incappiamo in una impiegata

intelligente e cortese - non ha voluto dirci il suo nome -

che ci indirizza alla Libreria Nazionale "Vittorio

Emanuele II'" dove ha già accertato l'esistenza dei fasci-

coli da noi richiesti Dopo vari mesi di trattative e di atte-

sa, riusciamo ad avere da una Agenzia romana i grossi


IL NASTRO AZZURRO

17

pacchi di fotocopie dei nostri supplementi. Ne manca



ancora uno, introvabile, che riusciamo a procurarci solo

grazie alla cortesia della dott.ssa Annamaria Pellino della

Biblioteca giuridica del Ministero di Grazia e Giustizia.

Dal libro di Federico Pagnacco "Volontari delle Giulie

e della Dalmazia" ricavo dati personali e motivazioni

delle Decorazioni concesse ai Caduti nella prima guerra

mondiale, ma per i reduci c'è soltanto un elenco in cui

una o più sigle identificano le Decorazioni conseguite da

ciascuno. Troppo poco.

Ricordando, perché la cosa aveva riguardato anche

mio padre, che negli anni venti il Distretto aveva censito

tutta la forza richiamabile in caso di necessità, cerco allo-

ra di consultare i fogli matricolari delle classi tra il 1873 e

il 1899, che comprendono la maggior parte dei volonta-

ri. Non sono più al Distretto ma all'Archivio di Stato.

Anche qui la ricerca è infruttuosa perché i documenti, pur

su modulo da foglio matricolare, sono solo un censimen-

to della forza eventualmente disponibile, secondo l'Arma

in cui l'interessato aveva prestato servizio (nell'esercito

austriaco o in quello italiano), senza altre indicazioni.

Quando, deluso, mi congedo dal Direttore, dott. Cova,

interviene il suo vice assicurando che dispongono anche

del Bollettino Ufficiale del Ministero della Guerra. Sono

solo poche annate, dal 1922 al 1926, ma è materiale pre-

zioso, che riguarda una parte notevole dei volontari giu-

liano-dalmati, e finalmente mi rendo conto quanto

sarebbe utile disporne in modo più ampio. Oramai ho

sfogliato quasi ottant'anni di Gazzette ma sono certo che

ne mancano altri, che invece a noi risultano da vecchi

tabulati della Direzione del Tesoro concernenti gli assegni

medaglia corrisposti, prevalentemente a superstiti del

Decorato.

Decidiamo di fare ancora un tentativo al Distretto

per vedere se davvero non sia possibile reperire almeno

una parte dei Bollettini che ci occorrono. Forse la perso-

na che avevamo contattato infruttuosamente in prece-

denza non era abbastanza informata. Esposto il nostro

problema all'allora Comandante del Distretto Col.

Luciano Monaco, disponibilissimo ad aiutarci, abbiamo

la promessa di una risposta non appena avrà avuto le

necessarie informazioni. Due giorni dopo mi segnala che

hanno tutto dal 1920 in poi e che il materiale è a nostra

disposizione.

Non mi sembra vero! É la svolta lungamente attesa.

Cominciamo così uno spoglio accelerato, perché

siamo ancora in primavera ma a settembre il Distretto di

Trieste verrà chiuso. Molto cortesemente il Col. Monaco si

offre di chiedere al Distretto di Udine se dispongano dei

Bollettini dal 1915 al 1919 che, al caso, potrebbero veni-

re temporaneamente prestati a quello di Trieste, facili-

tandoci la ricerca. Risultato che a Udine non hanno detto

materiale, ci suggerisce ancora di rivolgere la stessa

richiesta alla Direzione della Leva del Comando

Regionale del Nord-Est di Padova, perché ci indichi pres-

so quale Distretto tale documentazione sia disponibile.

Per quanto dubbiosi. Per le difficoltà che potrebbero

derivare dalla necessità di lavorare a lungo fuori sede,

accogliamo il suggerimento chiedendo, senza molta spe-

ranza, che tale materiale sia messo a disposizione del

Distretto Militare di Trieste, qualora si ritenesse impossi-

bile prestarlo a noi.

La risposta tarda, e chiediamo l'appoggio del Gen.

Zaro Comandante delle Truppe Trieste, che cortesemente

assicura il suo intervento, e l'indomani ci viene consegna-

to un fax del Comando Regionale del Nord-Est di Padova

contenente una copia della risposta alla nostra richiesta

(non ancora pervenutaci), in cui si precisa che il materia-

le è a nostra disposizione presso quel Comando e che pos-

siamo venire a ritirarlo.

Non ci sembra vero che le cose possano assumere un

corso così favorevole, e prendiamo subito contatto con

l'ufficio indicatoci. Ritorniamo così da Padova con cinque

valige di Bollettini Ufficiali da esaminare durante l'estate.

Purtroppo, pare che le nostre rosee previsioni debba-

no sfumare, perché due giorni dopo mi trovo all'ospeda-

le con un'emiparesi. Fortunatamente il decorso è abba-

stanza favorevole e, dopo due mesi di degenza, posso

recuperare la possibilità di muovermi e di continuare il

lavoro ancora più celermente. Prima che capiti di peggio.

Ormai, anche con il materiale ricavato, direttamente

anche dai non molti decorati superstiti e dai familiari,

particolarmente grazie all'incredibile dedizione e

costanza del Presidente Delise, sempre presente ed atti-

vo in sede a ricevere il pubblico, siamo a buon punto con

la raccolta di dati anche se c'è sempre qualche cosina da

aggiungere (molti dati personali vengono incessante-

mente ricavati dalle più disparate fonti, studi sull'irre-

dentismo, pubblicazioni sui Caduti per cause di guerra,

fortunosi contatti anche con lontani parenti di Decorati

scomparsi – una motivazione è giunta persino dagli Stati

Uniti – associazioni combattentistiche, ecc...) ed è l'ora di

cominciare a dare forma concreta al nostro lavoro

memorizzandolo sul computer nella forma definitiva in

cui dovrà venire stampato.

È un'avventura che dura quasi un anno e mezzo, un

po' perché, partendo dagli appunti la forma si consolida

ed affina via via che si procede, ed è, più volte, necessa-

rio aggiornare il lavoro già fatto per la necessaria unifor-

mità, un po' anche per ripetuti guai al computer. La sua

indisponibilità, per abbastanza lunghi periodi, mi fa per-

dere tempo prezioso. Perdo anche parte non trascurabile

del lavoro, che devo rifare, ma, finalmente, si giunge

anche al compimento dell'opera.

A tal riguardo mi pare giusto rilevare che in un lavo-

ro di questa mole, di tale ampiezza temporale e territo-

riale, nonché di così difficile ricerca, non si può mai rag-

giungere una completezza assoluta. Purtroppo, manche-

ranno certamente dei nomi e varie motivazioni, per cui

chi fosse in possesso di questi dati è vivamente pregato

di farceli pervenire. Non è da escludere, infatti, l'even-

tualità, come già verificatosi in altre Federazioni, di

poter provvedere, fra qualche tempo, alla stampa di un

supplemento.

Al termine di questa grossa fatica, sento il dovere di

ringraziare vivamente tutti quelli che ci hanno aiutali, in

vario modo, a raggiungere il nostro obiettivo, come la

sconosciuta impiegata del Poligrafico, la Libreria

Nazionale Centrale, la dottoressa Pellino del Ministero di

Grazia e Giustizia, il direttore dell'Archivio di Stato, dott.

Cova ed il suo vice dott. Dorsi, la direttrice della Biblioteca

Civica di Trieste. dottoressa Rugliano, che mi ha premuro-

samente indirizzato al lavoro della Salvi, il validissimo

colonnello Monaco, il Comando della Regione Militare

Nord-Est, il dott. Ballarini della Società di Studi Fiumani,

l'avv. Oddone Talpo per quanto concerne la Dalmazia, la

famiglia di Parenzo per i decorati di quella città e le mie

preziose consulenti informatiche, mia nuora Luisa e mia

figlia Rossana, senza l'aiuto delle quali sarei stato vera-

mente nei guai. La seconda, poi, ancora una volta ha

avuto il grande merito di essere anche una attenta, impa-

reggiabile, correttrice di bozze. Ma più particolarmente

devo ringraziare mia moglie, che ho tanto trascurato in

questi cinque anni. Senza la sua comprensione e la sua

pazienza non avrei potuto arrivare in fondo. Le devo

quindi la promessa che non mi impegnerò più in lavori

così totalmente assorbenti, come è stato questo.

Almeno per qualche mese.

Lionello Ferluga

(socio della Federazione di Trieste)


18

IL NASTRO AZZURRO

Q

uando leggerete questo articolo, Michele Maddalena, il marciatore della



Federazione Provinciale di Latina dell’Istituto del Nastro Azzurro, già dal 3 novem-

bre avrà lasciato Trieste dando il via alla “Marcia dell’Unità d’Italia”, impresa che

è sua, in quanto da lui viene compiuta, ma è di tutti noi, in quanto sostenitori dei valori

che la Marcia intende rinnovare. Le prime tappe saranno già state effettuate, tra ali di

gente plaudente ad un’iniziativa che trascende i semplici valori dello sport  esemplifican-

do i valori dell’unione di tutti gli italiani intorno a questo simbolo vivente che percorre a

piedi decine di chilometri al giorno lungo un itinerario che interessa tutta la penisola a

ricordo degli eventi più importanti del Risorgimento Italiano.

Amici Azzurri di tutta Italia, Michele Maddalena non deve passare inosservato!

Andiamo tutti ad incontrarlo mentre percorre l’itinerario della Marcia e facciamogli sen-

tire il nostro affetto e la nostra vicinanza nei valori che ci accomunano: l’amore per la

Patria e il Valore Militare senza i quali il Risorgimento non avrebbe avuto luogo.

Chiamiamo i nostri familiari, gli amici e i conoscenti a questo incontro, spieghiamo il signi-

ficato di questa prestazione fisica di un uomo che l’8 dicembre, mentre corre, compie set-

tanta anni. Tanti auguri, Michele! Il Nastro Azzurro è con te! L’Italia, la nostra Patria, 150 anni dopo che si è unita, è

con te!


A tale scopo, di seguito pubblichiamo i dati relativi alle prime 74 tappe della Marcia dell’Unità, che saranno per-

corse fino al mese di gennaio compreso. La rimanente parte sarà pubblicata sul n.° 1-2011.

PARTE LA MARCIA DELL’UNITÀ D’ITALIA

IL PERCORSO DELLA MARCIA DELL’UNITÀ D'ITALIA

INIZIO: 3 novembre 2010: 

TRIESTE, Piazza Unità d'Italia.

TERMINE: 16 marzo 2011: 

TORINO, Piazza Castello.

LUNGHEZZA PERCORSO: Km. 4215,100 

NUMERO TAPPE: 112

MEDIA GIORNALIERA: Km. 37,635

1. mercoledì, 3 novembre 2010 

2. giovedì, 4 novembre 

3. venerdì, 5 novembre 

4. sabato, 6 novembre 

5. domenica, 7 novembre 

6. lunedì, 8 novembre 

7. martedì, 9 novembre 

8. mercoledì, l0 novembre

9. giovedì, 11 novembre

10. venerdì, 12 novembre  

11. sabato, 13 novembre

12. domenica, 14 novembre 

13. lunedì, 15 novembre 

14. martedì, 16 novembre 

mercoledì. 17 novembre

15. giovedì, 18 novembre 

16. venerdì, 19 novembre 

17. sabato, 20 novembre 

18. domenica, 21 novembre 

19. lunedì, 22 novembre 

20. martedì, 23 novembre 

21. mercoledì, 24 novembre 

giovedì. 25 novembre

22. venerdì, 26 novembre 

23. sabato, 27 novembre 

24. domenica, 28 novembre 

25. lunedì, 29 novembre 

26. martedì, 30 novembre 

28.900 mt.

6.200

33.200


27.200

40.900


40.900

36.400


43.300

39.400


33.000

37.200 


42.600

38.000


32.500

37.100


43.800

36.000


43.200 

41.000


43.500

39.200


37.500

42.200


42.300

37.200


41.300 

Trieste/Monfalcone

Monfalcone/Redipuglia

Redipuglia/Cormons

Cormons/Udine

Udine/Zoppola 

Zoppola/Vittorio Veneto 

Vittorio Veneto/Belluno 

Belluno/Arsiè 

Arsiè/Marter 

Martier/Trento 

Primolano/Bassano del Grappa 

Bassano del Grappa/Nervesa della Battaglia

. Nervesa della Battaglia/Treviso

Treviso/Venezia

riposo


Mestre/Padova 

Padova/Rovigo

Rovigo/Ferrara

Ferrara/San Felice sul Panaro

San Felice sul Panaro/Correggio

Correggio/Modena

Modena/Bologna

riposo


Bivio Budrio SS. 253/Lugo di Romagna

Lugo di Romagna/Forlimpopoli

F orlimpopoli/Rimini

Rimini/Pesaro

Pesaro/Marzocca

Michele Maddalena



IL NASTRO AZZURRO

19

27. mercoledì, l dicembre  



27. giovedì, 2 dicembre  

28. venerdì, 3 dicembre 

Sabato, 4 dicembre

30. domenica, 5 dicembre 

31. lunedì, 6 dicembre 

32. martedì,7 dicembre 

33. mercoledì, 8 dicembre 

34. giovedì, 9 dicembre 

35. venerdì, 10 dicembre

36. sabato, 11 dicembre  

37. domenica, 12 dicembre 

38. lunedì, 13 dicembre 

39. martedì, 14 dicembre 

40. mercoledì, 15 dicembre 

41. giovedì, 16 dicembre 

42. venerdì, 17 dicembre 

43. sabato, 18 dicembre 

44. domenica, 19 dicembre 

Lunedì, 20 dicembre

45. martedì, 21 dicembre 

46. mercoledì, 22 dicembre

47. giovedì, 23 dicembre 

48. venerdì, 24 dicembre 

49. lunedì, 27 dicembre 

Martedì, 28 dicembre

50. mercoledì, 29 dicembre 

51. giovedì, 30 dicembre 

52. lunedì, 3 gennaio 2011

53. martedì, 4 gennaio 

54. mercoledì, 5 gennaio 

55. giovedì, 6 gennaio 

Venerdì, 7 gennaio

56. sabato, 8 gennaio

57. domenica, 9 gennaio

58. lunedì, 10 gennaio 

59. martedì 11 gennaio

Mercoledì, 12 gennaio

60. giovedì, 13 gennaio 

61. venerdì, 14 gennaio 

62. sabato, 15 gennaio 

63. domenica, 16 gennaio 

64. lunedì, 17 gennaio 

65. martedì, 18 gennaio 

66. mercoledì, 19 gennaio 

67. giovedì, 20 gennaio  

venerdì, 21 gennaio

68. sabato, 22 gennaio 

69. domenica, 23 gennaio 

70. lunedì, 24 gennaio 

71. martedì, 25 gennaio 

72. mercoledì, 26 gennaio

73. giovedì, 27 gennaio 

74. venerdì, 28 gennaio 

Sabato, 29 gennaio

Marzocca/Ancona

Fossato di Vico/Pianello

Pianello/Perugia

riposo


Ponte San Giovanni/Trevi scalo

Trevi scalo/Terni

Terni/Rieti

Mignano Monte Lungo/Cassino

Cassino/Castelforte

Castelforte/Maranola

MaranolaIFormia

Monte san Biagio/Campodimele

Monte san Biagio/Sperlonga

Terracina/Borgo Grappa

Borgo Grappa/Priverno

Priverno/Norma

Norma/Aprilia

Aprilia/Latina

Antrodoco/L'AquiIa

riposo


Fontavignone/ Avezzano 

Avezzano/Ponte Campomizzo 

Ponte Campomizzo/Alfedena

Alfedena/Isernia 

Isernia/Campobasso 

riposo


Campobasso/Sassinoro

Sassinoro/Benevento 

Benevento/Atripalda 

Atripalda/Lioni 

Lioni/Muro Lucano 

Muro Lucano/Potenza 

riposo

PotenzaiOppido Lucano 



Oppido Lucano/Gravina in Puglia 

Gravina in Puglia/Palo del Colle 

Palo del Colle/Bari 

riposo


Bari/Santeramo in Colle 

Laterza/Metaponto 

Metaponto/Rocca Imperiale Marina  

Rocca Imperiale Marina/Villapiana Lido

Villapiana Lido/Soverano 

Soverano/Pian del Lago 

Pian del Lago/Villaggio Racise 

Villaggio Racise/Catanzaro

riposo

Messina/Rometta Marea 



Rometta Marea/Falcone

Falcone/Capo D'Orlando

Capo D'Orlando/Marina di Caronia

Marina di Caronia/Cefalù

Cefalù/Trabia

Trabia/Palermo

riposo

22.300


38.300

19.100


41.800

43.600


34.500

34.700


35.000

35.000


32.300

32.900


32.600

44.000


41.200

36.400


34.400

31.400


34.400

38.400


47.600

39.500


32.700

48.600


32.200

38.700


35.000

43.500


40.800

44.300


29.500

42.700


39.000

17.500


41.400

35.800


45.200

41.200


44.000

44.500


45.900

32.000


23.300

37.000


43.600

38.300


45.300

37.700


33.900

IL NASTRO AZZURRO

20

I



n questa Italia, che è stata culla di civiltà ed è ricol-

ma delle insigni testimonianze delle varie arti che,

come in nessun altro Paese, vi sono rappresentate ai

massimi livelli, ci si dimentica troppo spesso della sco-

moda memoria dei tanti Italiani che hanno illustrato la

Patria con il loro purissimo eroismo anche se dovettero

battersi in condizioni di grande inferiorità per equipag-

giamento, armamento e, ahimè non raramente, per

incapacità e, in taluni casi, vigliaccheria se non addirit-

tura connivenza con il nemico degli Alti Comandi. 

Mi rivolgo ai giovani - sui quali poggiano le speran-

ze del nostro Paese per un avvenire meno convulso ed

arido di quello che stiamo vivendo - perché possano

ricordare che esiste un altro patrimonio di inestimabile

valore che, giorno dopo giorno, sta sprofondando nel-

l'oblio e, oserei dire, nel quasi disprezzo ufficiale: il

patrimonio morale lasciatoci da coloro che, anche nella

seconda guerra mondiale, alla Patria fecero olocausto

della vita o che, comunque, la Patria stessa servirono

eroicamente.

Non si vuole qui assolutamente esaltare il naziona-

lismo ma il vero patriottismo. In un suo messaggio, l'ex

Presidente Internazionale del Rotary, Luther Hodgeg,

diceva pressappoco cosi: "Io ritengo che il miglior citta-



dino del mondo sia colui che è, anzitutto, orgoglioso

della sua propria Nazione e sia leale con essa."

La migliore speranza nello sviluppo delle Nazioni si

trova nel patriottismo e nella lealtà che sono stati risve-

gliati dal raggiungimento dell’indipendenza politica.

La lealtà verso la casa e la terra non deve essere preca-

ria. Il ricordo pertanto dei Fratelli caduti nell'adempi-

mento di uno dei nostri principali diritti-doveri di citta-

dini deve essere, per i sopravvissuti e per i posteri, un

dovere assoluto.

Invece, il velo di oblio steso su tanti sacrifici e tanti

eroismi viene giustificato dal desiderio di non rinfoco-

lare odi, di non celebrare una guerra non voluta ma di

ricondurre gli animi sulla strada della comprensione e

dell'amore. Nel frattempo non si perde occasione per

ricordare atroci fatti di sangue attribuiti ai "nazifasci-

sti" e le nostre case editrici sembra facciano a gara nel

divulgare libri italiani dai quali la figura del combatten-

te italiano esce immiserita e vilipesa. È evidente lo sfor-

zo teso a cancellare dalla nostra memoria ma, più che

altro, ad evitare che si formi nella memoria delle nuove

generazioni, il ricordo di coloro che, senza calcoli di uti-

lità personale, risposero all'appello della Patria in armi

ed alla stessa offrirono anche il sacrificio supremo della

loro vita. In questa situazione, quale concetto ritenete

possano farsi dei loro padri e dei loro nonni i nostri figli

e nipoti e quale rispetto possano provare per loro dato

che, secondo gli storiografi ufficiali (ed i libri di scuola),

non hanno fatto che scappare dall'inizio alla fine della

guerra? 

Eppure le cose sono andate ben diversamente se lo

storico inglese Gorelli Barnett, commentando la bat-

taglia di El Alamein, cosi ha scritto: "Considerata l'im-



mensa superiorità di forze fra le opposte armate,

quello che sorprende di più non è il fatto che vincessi-

mo la battaglia, ma che fossimo stati sul punto di per-

derla e che le forze dell'Asse siano riuscite, per 12 lun-

ghi giorni, a sbrogliarsela contro una forza talmente

superiore."

Questo non è un inno alla guerra. Sarebbe delittuo-

so instillare nei giovani l'idea che non vi sia altra solu-

zione per risolvere i problemi internazionali che il ricor-

so alle armi, ma è altresì altrettanto delittuoso non pre-

pararli ad una tale deprecabile evenienza e non ricor-

dare loro che, malgrado le alterne vicende della storia

militare del loro Paese, molti di coloro che li hanno pre-

ceduti sono stati capaci di esprimere il meglio di loro

stessi al servizio della Patria in armi.

Dopo questa premessa, occorre definire che cosa

esattamente significa il termine "Patria": questa paro-

la così grande e dolce il cui solo suono commuove tanto

profondamente?

Ritengo che possa definirsi come la terra abitata da

un popolo e che ciascuno dei suoi componenti sente

PERCHÉ I GIOVANI POSSANO RICORDARE

(da una mia “chiacchiearata” tenuta nel 1968 al Rotary e aggiornata al 2007)



IL NASTRO AZZURRO

21

come la propria, non tanto per il fatto di



abitarvi, quanto perché in essa è nato, in

essa sono vissuti i suoi genitori, in essa

spera vivranno i suoi figli e, in genere, per-

ché essa costituisce l'ambiente, il limite spa-

ziale entro cui si realizza quella comunanza

di origini, di lingua, di storia e di tradizioni

che caratterizzano appunto il popolo stes-

so. Si tratta quindi di un concetto non limi-

tato al solo territorio, ma comprendente

anche gli uomini che della Nazione fanno

parte e tutto quel complesso di istituzioni,

di tradizioni e di ideali che nella coscienza

dei singoli acquista, più che una concretez-

za ben definita, il valore di un mito. La

Patria è, perciò, l'assoluto di fronte al quale

individui e gruppi sono il relativo ed indivi-

dui e gruppi sono pensabili solo in quanto

siano nella Patria.

E allora perché non avere il coraggio civi-

le e l'orgoglio di ricordare Coloro che, spin-

ti unicamente da cristallino amor di Patria, per la Patria

combatterono e si immolarono?

Sessantotto anni fa correva quel 1942 così ricco di

gloriosi e drammatici avvenimenti sui vari fronti di

guerra: iniziato con la riconquista della Cirenaica, vide

poi la battaglia del Don, le azioni nel Mar Nero dei

nostri Mas, la battaglia aereonavale di mezz'agosto nel

Canale di Sicilia, l'indomito coraggio dei nostri aerosi-

luranti, la 2^ battaglia del Don con la famosa carica del

Savoia Cavalleria a Jabuchenskij, la battaglia di

Serafimovic, nella quale furono particolarmente impe-

gnati i Bersaglieri del 3° Reggimento, le gloriose azioni

della X^ Mas e del Gruppo dell'Orsa Maggiore a

Gibilterra e Cadice, le battaglie di El Alamein, la terza

battaglia del Don con la disperata difesa dell'ARMIR e,

in particolare, del Corpo d'Armata Alpino - le divisioni

Julia, Tridentina e Cuneense furono le ultime ad inizia-

re il ripiegamento - le terribili e gloriose tappe della

ritirata-martirio in Russia: Arbusow, Millerowo,

Cercovo, Nikitowka e Nikolajewka. Ma, in particolare,

nel marzo di quell'anno moriva in un lettino di ferro

della stanza n.25 della Clinica "Maya Canberry Nursing

Home" di Nairobi (ove era stato ricoverato il preceden-

te 5 febbraio, trasportatovi dal campo di Donyo

Sabouk, vicino a Nairobi) S.A.R. Amedeo di Savoia Duca

d'Aosta, l'eroe dell'Amba Alagi, "la sola figura di spic-



co degli ultimi cinquant'anni che gli Italiani accettino

senza dissensi ne amarezze" (così scriveva nel 1952

Virginio Lilli). Egli, che avrebbe senz'altro ben figurato

nell'Italia risorgimentale di Garibaldi e di Cavour, oggi

riposa nel cimitero di Nyeri, nel Kenia, fra 675 soldati

italiani morti in prigionia e sulla sua tomba si erge una

stele che ne sorregge il volto e sulla quale è inciso il suo

estremo saluto: "Ai miei soldati di terra, del mare e del

cielo, compagni d'arme in tante campagne d'Italia e di

Libia, ai miei camerati di prigionia e a tutti quelli che

con indomito valore mi hanno seguito in questa epo-

pea africana, con il mio addio riconoscente, lascio il

retaggio."

Senza pretendere, anche perché risulterebbe trop-

po lungo e si rischierebbe senz'altro di ometterne

molti, di voler rievocare ad uno ad uno tutti i valorosi

che lasciarono il loro nome legato ad eroici fatti d'ar-

me, limitiamoci a ricordare con grande rispetto i valo-

rosi combattenti della seconda guerra mondiale, senza

alcuna graduazione ma accomunandoli tutti, indistin-

tamente, in un unico reverente e commosso pensiero

poiché la gloria ed il rispetto della Patria spettano

soprattutto ai vinti quando si sono battuti con onore e

coraggio fino al limite delle umane possibilità ed oltre.

Un episodio valga per tutti: "La vigilia di Natale del

1942, mentre i 10.000 superstiti delle Divisioni Torino,

Pasubio, Ravenna e di alcuni reparti corazzati tedeschi

erano inchiodati da un imponente accerchiamento

russo ad Arbusow e sempre più fievoli, malgrado i

furiosi contrattacchi, si facevano le speranze di uscire

da quella che ormai era nota come la <

Morte>>, fu visto un giovane Carabiniere a cavallo

galoppare risoluto verso le linee nemiche agitando un

vessillo tricolore ed incitando i compagni ad un estre-

mo sforzo di vita o di morte. 

Fu come l'apparizione di un essere sovrannaturale

che invocato dalle preghiere delle mamme lontane,

fosse venuto per guidarli alla salvezza. Lo videro passa-

re fra loro come una di quelle figure allegoriche, di

quegli eroi leggendari che avevano eccitato la loro fan-

tasia di fanciulli: ed ecco sul suo cavallo avanzava con

slancio crescente fra gli scoppi delle granate e le raffi-

che delle mitragliatrici, avanzava come spinto da una

forza incoercibile, come se nulla potesse fermarlo e

scomparve verso le linee nemiche.

Tutti allora si levarono in piedi come attratti da una

suggestione irresistibile e si lanciarono sull'erta senza

rispettare alcuna forma prudenziale di combattimento:

di fronte a tanta subitanea furia il nemico non poté

fare a meno di allargare il cerchio di assedio consenten-

do il passaggio dei superstiti. Alla fine del combatti-

mento fu visto tornare il cavallo del Carabiniere: unica

traccia del leggendario cavaliere erano alcune chiazze

di sangue sulla gualdrappa del quadrupede, anch'esso

mortalmente colpito."

A chiusura di queste mie annotazioni vorrei dedica-

Un solitario carabiniere a cavallo diede la forza ai

nostri soldati di rompere l’assedio ad Arbusow



22

IL NASTRO AZZURRO

re a tutti indistintamente i nostri caduti, noti ed ignoti,

le parole dettate dalla Medaglia d'Oro Tenente

Colonnello Giovanni Alberto Bechi Luserna per il cimi-

tero del Km 42 ad El Alamein: 

"Fra le sabbie non più deserte, son qui di presidio

per l'eternità i ragazzi della Folgore, fior fiore di un

popolo e di un esercito in armi. Caduti per un'idea

senza rimpianti, onorati dal ricordo dello stesso nemi-

co. Essi additano agli Italiani, nella buona e nella avver-

sa fortuna, il cammino dell'Onore e della gloria.

Viandante arrestati e riverisci. Dio degli eserciti accogli

gli spiriti di questi ragazzi in quell'angolo del cielo che

riserbi ai martiri ed agli eroi."

I sacrifici, gli errori, gli orrori, i morti dell'ultima

guerra stanno maturando negli europei il sentimento

della loro unità al di sopra delle divisioni e dei contra-

sti più estremi. Questa è stata la vera vittoria perché la

guerra, dal punto di vista economico e militare, tutta

l'Europa l'ha perduta assieme, vinti e vincitori. Senza

quei morti e quelle distruzioni non ci sarebbe oggi in

Europa il sentimento dell'unione che deve essere la

nostra persuasione e la nostra bandiera, così come

senza i morti ed i sacrifici della guerra '15/'18 non vi

sarebbe stato per l'Italia, specie dopo il disastro di

Caporetto, il senso dell'unità nazionale.

Il messaggio dei Caduti in guerra al servizio della

Patria è, pertanto, un messaggio di amore, di fede e di

pace che vi è da augurarsi possa venir ascoltato e capi-

to da tutti, ma specialmente dai giovani se veramente

vorranno essere i fedeli servitori del loro Paese adope-

randosi nei rispettivi campi di lavoro per l'affermazione

ed il mantenimento di un ordine basato sulla compren-

sione, sulla pace e sulla fratellanza.

Ce lo confermano anche le parole dell'allora

Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat che così

concluse il suo intervento alla cerimonia inaugurale del

Sacrario dei Caduti d'Oltremare di Bari (nel quale erano

state composte 42.747 salme, 21.500 delle quali appar-

tenenti ad ignoti, recuperate amorevolmente sui vari

campi di battaglia): 

"A Loro chiederemo di ispirarci sentimenti di amore

di Patria, il dono che Essi possono ancora farci, al di là

della morte. Inchiniamoci reverenti alla Loro memoria.

Qui verranno le madri e le spose, verranno i padri, i fra-

telli, i figli a portar Loro il tributo del proprio affetto.

Ma a tutti noi incombe di onorarne il ricordo. Quale

che sia la vicenda in cui Essi perirono, il Loro sacrificio

non sarà stato vano se, da questo luogo che oggi Li

accoglie in pace, noi trarremo ispirazione e propositi di

civili virtù. Giacché le onoranze sarebbero sterili ed i

monumenti muti se questo non avvenisse in noi."

Oggi sembra che tutto ciò sia considerato come

una sciocca e vana retorica che può solo far sorridere;

il valore, l'onor militare e lo spirito di sacrificio non

contano quasi più nulla e non sono né apprezzati né

graditi. È di moda invece denigrare quasi i combat-

tenti, mettere in ridicolo i sentimenti migliori dell'a-

nimo umano, gettare fango sulla maggior parte degli

ufficiali. E non c'è da meravigliarsi se anche nella

scuola, che dovrebbe curare l'educazione morale e

spirituale della gioventù, non si pensa più a coltivare

questi sentimenti. 

Quando si sogna la libertà dalla morale, dai costumi

e dall'onore, a cosa possono servire i sentimenti miglio-

ri e più elevati dell'animo umano? Può valere la pena di

tirar fuori episodi che ricordino quella bieca, odiata

guerra della quale più nessuno vuol sentir parlare? La

seconda guerra mondiale è stata messa al bando per-

ché fascista; la prima guerra mondiale serve solo per

rispolverare nei discorsi delle grandi occasioni vecchie

frasi ad effetto. Chi vuol sentire oggi parlare di Patria,

di onore, di virtù militari?

Eppure ci sarebbe tanto da raccontare ai giovani

su queste guerre! Episodi importanti, ma anche epi-

sodi semplici, modesti,

senza nulla di eroico e di

grande, ma che potrebbe-

ro tuttavia servire di edu-

cazione spirituale e mora-

le ai giovani ... e per ricor-

dare loro che ci sono stati

nel passato degli uomini

che hanno avuto un con-

cetto ben più elevato del

dovere, della dignità

umana, dell'onor militare

e dell'amor di Patria.

E infine, perché non

ricordare la lapide di un

soldato inglese caduto nel-

l'inferno di El Alamein:

"Per il mondo eri un



soldato, per me eri il

mondo".

Giuseppe Cesare Maria

Cigliana

(Socio della Federazione di



Roma)

Bari: il Sacrario dei Caduti d’oltremare



IL NASTRO AZZURRO

23

L



uigi Stipa, classe 1900 (due lauree, la prima in

Ingegneria Civile e la seconda in Ingegneria

Aeronautica), fu tra i tecnici italiani più geniali del

nostro secolo e un autentico precursore della moderna

ingegneria aeronautica, ma ebbe una singolare vicen-

da umana e professionale. Infatti la storia di questo

inventore, che con brillante intuizione realizzò i primi

modelli di velivoli a reazione, è costellato di rifiuti, di

promesse non mantenute, di porte chiuse in faccia che,

per vari aspetti, quale uomo semplice legato alle pro-

prie origini e alla sua Patria, egli fu costretto a subire.

Fu l'ideatore di alcuni tra i più rivoluzionari sistemi di

propulsione aerea: l'ala a turbina che portò alla realiz-

zazione dello Stipa-Caproni, primo apparecchio a rea-

zione italiano (la classica famosa "Botte") e il meccani-

smo di Pulsoreattore, una tecnologia che verrà utilizza-

ta dai progettisti del Terzo Reich, niente di meno che

sulla famigerata bomba V 1.

Inoltre progettò i suoi bombardieri portando avanti

in particolare un bimotore metallico, un trimotore con

fusoliera metallica e ali in legno, un quadrimotore

metallico a quattro tubi. Ma questo progetto come altri

furono osteggiati dai vertici, così pure la

possibilità di nuovi progetti all'estero.

L'ennesima delusione la ebbe nello studio

che compì nell'applicazione del pulsoreatto-

re ad un siluro marino. Il prototipo di questo

siluro era in corso di costruzione per conto

della Regia Marina presso l'arsenale di La

Spezia, ma il sopraggiungere dell'armistizio

dell'8 settembre 1943 e la disgregazione che

ne seguì impedirono la conclusione dei lavo-

ri e la successiva produzione in serie.

Insomma una genialità indiscutibile, della

quale non poté mai raccogliere i frutti.

Indifferenza dei vertici militari dell'epoca?

Ostracismo da parte del potere accademico?

Timore nei confronti di una mente troppo

brillante per gli standard scientifici di allo-

ra? Forse una o tutte e tre le cose insieme.

Tra il 1937 e il 39 rimase vittima di un'altra

sfortunata ed estenuante vicenda di offerte e con-

tro-offerte di lavoro da parte del governo francese

e dell'Aeronautica italiana, vicenda che si concluse

con l'interruzione del progetto di ricerca oltralpe

anche a causa della nazionalizzazione dell’indu-

stria Aeronautica francese.

Frattanto nella guerra di liberazione, l'allora

capitano Stipa, insegnante di costruzioni aeronau-

tiche alla scuola allievi sottoufficiali di Orvieto,

organizzò la resistenza che lo porterà nel suo

Piceno distinguendosi con atti di valore tanto da

meritare la Medaglia d'Argento al Valor Militare.

Dopo alterne vicende, dovranno passare alcuni

decenni prima che compaiano all'orizzonte i

segni del possibile e definitivo riconoscimento

dei suoi meriti.

Finalmente intervenne una legge "ad hoc" che

attribuì a Stipa, in virtù dei suoi meriti eccezionali,

il grado di Generale Ispettore del Genio

Aeronautico (era il 1985) e nel 1991 l'Aeronautica

Militare gli conferì la Medaglia d'Oro al Merito

Aeronautico. La cerimonia si tenne presso l'Accademia

Aeronautica di Pozzuoli. Il Capo di Stato Maggiore

dell'Aeronautica, Generale Stelio Nardini in persona,

gli volle consegnare l’alto riconoscimento.

Luigi Stipa morirà di li a poco, nel gennaio ‘92, nella

sua casa di Ascoli Piceno chiudendo un percorso di vita

geniale e tormentato.

La città di Ascoli Piceno, dopo che si era costituito un

comitato promotore attivato dall'aviere Remo

Mazzuca, in data 25 ottobre 2008, grazie alla sensibilità

del sindaco dott. Ing. Piero Celani, gli ha dedicato un

monumento raffigurante il velivolo da lui ideato, la

ormai nota "botte volante".

Alla cerimonia erano presenti le massime Autorità

Civili e Militari, in particolare i vertici dell 'aeronautica

Militare, un picchetto del 235° Reggimento Piceno con

il Comandante Col. Andrea Bartolucci, oltre che le sco-

laresche, il "Nastro Azzurro" di Ascoli Piceno e le

Associazioni Combattentistiche ed' Arma.

Federazione di Ascoli Piceno

LUIGI STIPA "PIONIERE DELL' AERONAUTICA"

Riproduzione dello “Stipa-Caproni” noto anche come

“Botte volante”

Luigi Stipa e la “botte volante”



IL NASTRO AZZURRO

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TRAGICI RICORDI

In occasione degli incontri che ho avuto con gli studenti di 3^ classe di due scuole della mia città, richie-

sto dagli studenti di raccontare gli episodi più angosciosi della mia guerra sul mare, ho rievocato innanzi-

tutto quello più sofferto del primo anno della guerra quando a Taranto, all’apertura delle paratie stagne

abbiamo trovato, al rientro del “Vittorio Veneto” da Capo Matapan, un grappolo di nostri marinai tutti

morti irrigiditi attaccati uno dietro l’altro sulla scaletta ferrata che dalla Santa Barbara dell’unità porta in

coperta. Quella dolorosissima vista è tuttora impressa nella mia mente e mi riempie il cuore di angoscia

come il ricordo di quando nel 1942 sul “Maestrale”, scortando un convoglio di navi, non avevamo potuto

fermarci per soccorrere i naufraghi italiani, fra i quali anche compagni d’accademia, imbarcati sulla nave

affondata dai siluri inglesi. Ho dovuto continuare nella scorta al resto del convoglio per riuscire a far arri-

vare a Tripoli quanto più possibile. Ma le urla, le imprecazioni, le preghiere di chi, ancora vivo in acqua,

vedeva il “Maestrale” allontanarsi lasciandoli morire, non le ho dimenticate e pur confortato dal dovere

compiuto, non le dimenticherò mai.

Giorgio Zanardi

LETTERA DI NATALE DI UN BAMBINO MUSULMANO

Salve a tutti,

sono Mohamed, bambino musulmano di dieci anni e abito a Milano. Stamattina ero contento di andare a

scuola perché dovevamo andare a vedere il presepe e a festeggiare con i canti di Natale. Invece la maestra

ha detto che per rispetto nei miei confronti si resta in classe e non si festeggia Natale. Gesù Bambino è trop-

po offensivo per noi islamici, ha detto, la Madonna vergine, devota e madre, è un insulto ai diritti delle

donne e il bue e l'asinello sono un'offesa per gli animali ridotti a termosifoni della capanna. Ma il Natale

tutto, ha detto, mortifica quelli come me, che non sono cristiani. Ci offende e ci prende in giro perché ci

riduce, nel presepe, a beduini, pastori e cammellieri. Ma la maestra non sa che per noi islamici beduini non

è un'offesa, e nemmeno pastori e cammellieri. Mio zio è cammelliere e ha pure le capre e io da grande

volevo fare il beduino.

Non vi dico la rabbia che mi ha preso quando ci ha detto che non si festeggia Natale per rispetto di

noi islamici. Questa cosa che non si festeggia perché ci sono io musulmano mi ha fatto odiare per la prima

volta da tutti i miei compagni di classe ché hanno capito che a causa mia e della mia famiglia non si festeg-

gia Natale e non si canta ma si interroga e si fanno i compiti. Mi hanno preso per uno che piange e si

arrabbia se gli altri festeggiano, non ama il Bambinello e detesta la Madonna. Dicono che vengo dalla

Rabbia saudita.

Vedono me, mia madre Fatima e mio padre Alì, come guastafeste e anche un poco terroristi.

E invece non è vero: a me piace Natale e a casa mia di solito a Natale si mangia l'agnellone perché pure

per noi è una mezza festa, mi è simpatico il Bambinello, la gente intorno al presepe è tutta delle mie parti,

tutti mediorientali come me. A parte gli angeli che sono come le hostess degli aerei, vivono in cielo e non

hanno una loro terra. 

Il giorno prima della festa di tutti i Santi, la mia maestra ha detto che non dobbiamo festeggiare per-

ché si offendono gli islamici, gli ebrei, i non credenti e pure i protestanti. Poi, d'accordo con il capo d'isti-

tuto, ci ha riuniti tutti intorno alla cattedra e ha tolto dal muro il crocifisso. Ha detto che quel segno lì, sper-

duto sul muro a fianco alla lavagna, che io non avevo mai notato, offendeva me e tutti quelli che come me

non credono e non pregano per Cristo. I miei amici dicevano: “Ma che ti ha fatto di male Gesù? Che ha

fatto alla tua famiglia?” E io non sapevo cosa dire perché non mi aveva fatto niente, mi faceva solo pena.

Ora che la maestra ha tolto il crocifisso, l'albero, il presepe, la festa di Natale, il panettone, i canti e le

preghiere perché offendevano me, una mia amichetta ha detto: “Ma perché sei così incazzoso e ti offendi

per ogni cosa che abbiamo e festeggiamo noi?” Ma io non mi offendo mica, è lei, è la maestra che dice

così. Ho paura che ci toglierà pure Pasqua perché offende noi musulmani. Ho paura che si inventerà qual-

cosa per toglierci pure le vacanze dell'estate e dirà che non si fanno perché noi musulmani odiamo il mare

e preferiamo il deserto. Bugia, a me piace il mare. Io non so perché voi italiani vi vergognate di fare le cose

che avete sempre fatto, di far vedere agli altri le cose che vi piacciono da sempre; non volete farci capire

che pure voi avete un dio, solo che lo chiamate e lo vedete in altro modo. Ho l'impressione che questa mae-

stra trova la scusa che c'è in classe l'islamico, ma è lei che non sopporta il Natale. Forse perché s'annoia,

forse perché da bambina perdeva a tombola o forse perché il marito la trova racchia.

Questa storia che si deve rispettare me che sono islamico mi ha stufato! A me il presepe piace; mi piace

meno quel panzone vestito di rosso, Babbo Natale, che mi sembra un pagliaccio carico di vizi, pensa solo a

ingrassare e a farci ingrassare e mi fa pure paura perché è travestito. Anzi una volta ho chiesto alla mae-

stra come si dice di uno che ama i bambini? E lei mi ha detto "pedofilo". Babbo Natale allora è pedofilo.

Perché non lo mettete in galera? Ma poi non dite che lo fate per rispetto del bambino islamico. Smettetela

perché se andiamo avanti così, nessuno mi invita più a giocare insieme. Non avete capito che a forza di

rispettarmi, mi state escludendo da ogni vostra festa.

Comunque ora che non ci sente la maestra dico la parolaccia: Buon Natale!

(liberamente tratto dal web)



L’ironia con la quale viene trattato un tema scabroso, non dimentichiamo che la presenza o meno del cro-

cefisso nelle aule scolastiche italiane è all’attenzione della Corte Europea, forse contribuisce a far sì che la

parola “tolleranza” abbia il giusto significato. Il Nastro Azzurro sostiene valori essenziali, come l’Amore per

la Patria e l’Onore Militare, posti alla base della coesione sociale, che è importante che tornino ad essere i

valori fondanti della nostra società. Proprio la loro mancanza conduce sempre più persone, come l’ipoteti-

ca maestra sopra esemplificata, ad assumere atteggiamenti molto discutibili pensando di essere nel giusto.

IL NASTRO AZZURRO

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NOTIZIE IN AZZURRO - NOTIZIE IN AZZURRO -



NOTIZIE IN AZZURRO

MOSTRA RETROSPETTIVA DI NINO VILLANTI, MAVM, AZZURRO E PITTORE

Dal 6 al 27 marzo u.s., presso la chiesa di San Domenico a Pisa, si è

tenuta la "Mostra retrospettiva" dal titolo “NINO VILLANTI - Concerto".

Infatti, la mostra è stata aperta sabato 6 marzo da un concerto del trio

d'archi "Quolibet” che ha eseguito brani di Beethoven e di Borodin.

Nino Villanti, definito il "pittore degli alberi", è nato a Palermo nel

1921 dove ha vissuto fino al 1938. Militare di carriera nei paracadutisti,

nella seconda guerra mondiale si è distinto in varie imprese, tra cui la

cattura di 260 prigionieri tedeschi che gli è valsa la Medaglia d'Argento

al Valor Militare. Dopo la guerra, si iscrive al Nastro Azzurro. Nel 1955

si stabilisce a Pisa, città che lo ha accolto, amato ed apprezzato, e dove

muore il 1° gennaio 2009. 

Nel 1956 inizia la sua attività pittorica. Autodidatta, si è formato

sulla lettura dei classici e sullo studio dei pittori del '400 e dell'800, fino

a prediligere, i moderni artisti del "simbolismo" e del "surrealismo". Ha

conseguito il diploma internazionale di disegno e pittura con eccellen-

ti risultati. Nel 1960 tiene la prima mostra personale nel Circolo della

Caserma dei Paracadutisti di Pisa. L'incontro con il grande maestro

Piero Semeraro è determinante: con lui esplora, con pennelli e cavallet-

to, la campagna pisana e i suoi alberi. La pittura del Villanti, inizialmen-

te conformata a schemi post macchiaioli con suggestioni di stampo

naturalistico e classicheggiante, si trasforma negli anni in surrealista,

fiabesca, dalle atmosfere di sapore metafisico. L'albero, ispiratore

dell'Artista, assume movenze umane e dell'uomo fa suoi i sentimenti:

soffre, piange, gode, ama, muore e, in un contesto di toni ocra, viola e

azzurro, prende corpo e crea incredibili suggestioni.

Dal 1964 al 1992 Nino Villanti ha presentato mostre personali e collettive in varie città italiane ed estere. Nel 1988

inaugura una sua grande mostra a Taiwan. Numerosi i riconoscimenti e premi ottenuti, fra i quali la nomina di

"Accademico Tiberino" nel 1968, Membro Onorario in "Painting art" dalla Columbian Academy U.S.A. nel 1974,

Medaglia d'Oro con nomina di Accademico a Salsomaggiore Terme nel 1978, Professore honoris causa in discipline

umanistiche della Interamerican University of Humanistic Studies nel 1988, Ufficiale dell'ordine "al Merito della

Repubblica Italiana" nel 1992.

Il nome di Nino Villanti appare in molte pubblicazioni d'arte: fra tutte il Dizionario Comanducci di Milano.

DAGLI ORAZI E CURIAZI AL ''VIRTUAL WAR''?

Organizzata il 6 maggio scorso, a Napoli, da Alenia Aeronautica, società di Finmeccanica ed MSC Software, la terza

edizione della conferenza internazionale "Virtual Testing & Engineering Simulation in Aerospace & Defence".

L'incontro, nell'aula magna dell'Accademia Aeronautica a Pozzuoli, ha visto la partecipazione di numerose aziende

dedicate alla ricerca ed al futuro dello sviluppo della comunità aerospaziale europea. Agusta Westland, Thales Alenia

Space, Enac, IBM, Cira, EADS, tanto per citare alcuni produttori che hanno inviato i loro rappresentanti al seminario.

Le parole del CEO di Alenia Aeronautica, ingegner Giovanni Bertolone, hanno dato impronta molto positiva al

seminario: "Le istituzioni hanno capito che il mondo della simulazione è importante. Nel campo della simulazione,

Alenia, piccola azienda nel mondo ma grande nello scenario italiano, si aspetta tempi più brevi e costi più bassi."

Innegabile che l'uso del "simulatore" applicato alle varie attività di certificazione, di controllo, di prove e di adde-

stramento, possa offrire ampie applicazioni a fronte di costi più accettabili.

DISTRUTTE TUTTE LE BOMBE A GRAPPOLO NORVEGESI

20 luglio - Udici giorni prima che la Convenzione sulle armi a grappolo fosse entrata in vigore, la Norvegia aveva-

già completato uno dei suoi obblighi fondamentali. Venerdì 16 luglio il Segretario di Stato del Ministero della Difesa

norvegese, Roger Ingebrigtsen, ha premuto il bottone per distruggere l'ultimo lotto di armi a grappolo. La distruzio-

ne ha avuto luogo in una vecchia miniera a Løkken Verk a sud della città di Trondheim. La Norvegia è stata fra i primi

paesi a iniziare la distruzione dei depositi delle armi a grappolo dopo la firma della Convenzione. 

Il Segretario di Stato del Ministero degli Affari Esteri, Espen Barth Eide, ha dichiarato: "L'obbligo di distruggere i



depositi di armi a grappolo è la garanzia più importante per la non proliferazione. Distruggendo i depositi noi assi-

curiamo che le munizioni non saranno più nuovamente utilizzate e che le risorse saranno riallocate per lo sgombero

delle zone contaminate e per l'assistenza delle vittime."

IL NASTRO AZZURRO

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I



l Regio Esercito italiano usciva dalla grande prova di

Caporetto gravemente diminuito nei suoi organici e

nelle sue capacità combattive. In quindici giorni esso

aveva perduto un'intera Armata, la II^, buona parte delle

truppe della zona carnica e parte della IV^ Armata, men-

tre soltanto la III^ era ancora in buono stato di efficienza.

In sostanza tutto ciò si compendiava in 265mila prigionie-

ri, 3152 pezzi di artiglieria perduti, 1750 bombarde, 3000

mitragliatrici, 40.000 fra morti e feriti: quest'ultimo dato

dimostra che una certa resistenza, sia pur ridotta, ci fu.

Fu necessario mandare nelle retrovie i circa 300.000

uomini sbandati per formare di nuovo i reparti. In com-

penso però il fronte si era notevolmente

accorciato e quindi permetteva, aggrappan-

dosi alle pendici del Grappa e del Montello,

snodandosi quindi lungo le sponde del Piave,

di ben sperare per la difesa.

La grave situazione determinatasi in Italia

impensieriva gli alleati, i quali già nel corso

dello stesso mese di ottobre avevano inviato

loro ufficiali per rendersi conto di quali fosse-

ro le dimensioni del disastro. In particolare,

premeva agli alleati comprendere se, ed entro

quali limiti, fosse conveniente per loro distrar-

re forze dal fronte francese per impiegarle in

Italia. Il 6 e 7 novembre si svolse a Rapallo una

prima riunione interalleata, alla quale parte-

ciparono per l'Inghilterra il primo ministro

Lloyd Gorge ed il ministro Smuts, per la

Francia il Presidente del Consiglio Painleve e il

ministro Buillon, per l'Italia il nuovo

8 NOVEMBRE 1917 - "CAPORETTO"




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