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LA PRODUZIONE DI MATTONELLE
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- LA CERAMICA DAL XVII° SECOLO A OGGI IN MOSTRA nel dicembre 1997 e aprile 1998
- SINTESI FINALE E POSSIBILE FUTURO DELLA CERAMICA
- LA TARGA FLORIO LA MITICA CORSA DELLE MADONIE, LA PIU’ ANTICA AL MONDO SU STRADA
- MUSEO “TARGA FLORIO” – COLLESANO (PA)
LA PRODUZIONE DI MATTONELLE Collesano nella seconda metà del '600 presentava un cospicuo numero di fornaci e "stazzunara" per la produzione di "maduna longhi e quatri" in cotto e "maduni pinti di Valenza", cioè stagnati (in particolare nei documenti del 1660). Tra il '700 e l'800 risulta efficiente l'attività ceramica per la produzione di mattoni maiolicati, ma non esiste una vera e propria "storia della ceramica di pavimentazione di Collesano". Sono arrivati oggi, pochi esemplari di mattonelle decorate realizzate nei forni locali, gran parte di questo materiale è andato perduto o quasi certamente la loro provenienza risulta insicura e di dubbio stile. Le decorazioni riprodotte nelle piastrelle dai
laboratori collesanesi, imitano certune tipologie palermitane che si ispirano a loro volta, alle “riggiole” napoletane. A Palermo arrivavano parecchie mattonelle e vasellame partenopee durante il XVII° secolo, infatti intensa era l'importazione e diviene sempre più decisa per tutto il XVIII° secolo. Le numerose officine collesanesi produttrici di mattonelle "stagnate", ancora una volta, così come avvenne per il vasellame, risentirono dell'influenza decorativa e cromatica delle fabbriche palermitane e oggi, possiamo sostenere che hanno avuto un discreto mercato locale, nel comprensorio madonita. Nel Palazzo Municipale, ex convento domenicano, sono andate perdute le pavimentazioni “stagnate” prodotte nel 1769 dalla bottega di Mastro Antonino Barbera, "sotto la direzione di operai napoletani specializzati fatti venire appositamente". Le stesse mattonelle della pavimentazione realizzata nel 1824, per la chiesa di S. Caterina (distrutta per il crollo del 1976) "a motivi floreali", sono impresse la firma di "Lu Novu" e quella di "M.A.B". (Mastro Antonino Barbera), dovevano essere sicuramente della stessa fabbricazione. Altre mattonelle collocate nell'ex chiesa dei Cappuccini n Collesano e a Polizzi Generosa, recano questi motivi floreali. Altre tipologie simili a livello decorativo sono state ritrovate anche a Cefalù, Castelbuono e a Isnello. Probabilmente all'attività vascolare si integrò quella dalle piastrelle decorate, che dovette durare fino al 1882, quando venne meno la produzione delle mattonelle e di conseguenza scomparvero, le forme, gli stampi (matrici) per la decorazione. Dai pochi esempi di mattoni e piastrelle (tozzetti) decorati di manifattura collesanese, riscontriamo semplici decorazioni: ornato e composizioni, che imitano quasi sempre motivi e schemi palermitani o modelli napoletani. Di regola i mattoni in cotto invetriati e decorati, fabbricati a Collesano misurano cm. 14x14, mentre le piastrelle hanno dimensioni di 8x8 cm. (si discostano dalle produzioni napoletane cm. 20x20 e da quelle palermitane cm. 18x13 e cm. 14,5x14,5). Il mattone, la cui composizione stilistica è diagonalmente divisa da un campo di colore verde ramina intenso, con contorno sinusoidale e da un ornato un po’ grossolano a campanula. Quest’ultima, stilizzata, riempie l'altra metà di diagonale, utilizzando colori tipici della cultura collesanese: giallo-arancio, manganese chiaro e ramina; i contorni sono spessi e di colore manganese. La specificità di questo mattone, permette diverse variazioni compositive, non a caso, sono state ritrovate "anche in area palermitana", con lieve differenze nel decoro floreale (e sappiamo provenire dalle fabbriche di mattoni di Naso, fornaci particolarmente attive, vicino Capo d’Orlando, nella provincia messinese. Costituisce un tipico esempio di imitazione napoletana: decori vegetali in ramina, giallo-arancio e pennellate in cobalto. Esemplari della stessa decorazione si trovano a Palermo e la realizzazione probabilmente risale ai primi anni del '700. Inoltre, la fascia settecentesca ritrovata in un pavimento conventuale collesanese, presenta motivi vegetali a foglia con chiusure a spirale, di colore ramina e contorno in manganese. Anche nella chiusura esterna, il ramina e una tonalità di colore manganese leggera. Il mattone utilizzato "come fregio di pavimenti e rivestimenti siciliani" dal motivo a "treccia", abbastanza frequente nel vasellame collesanese del '600, sottolinea l'influenza decorativa del periodo arabo. Due i colori presenti: il ramina che contorna la treccia e la fascia esterna, il giallo-arancio per la fascia interna, infine il contorno a tratti e la retinatura in manganese. Mattonelle similari sono state rinvenute nelle zone del messinese, e del palermitano. La piastrellina (tozzetto) di cm. 8x8 (esiste, anche una diversa versione decorativa), veniva utilizzata come elemento cromatico nella pavimentazione tutto in cotto. La
centralità in giallo è contornata dal rosone a quattro elementi in ramina e punte in azzurro dalla tonalità chiara, la composizione è contornata in manganese, questa pavimentazione è stata rinvenuta in un palazzo baronale a Collesano. È stata trovata una mattonella decorativa datata 1886 (si noti il numero sei al contrario), molto semplice e grossolana nel tratto, dalla composizione statica, rappresenta la Sacra Famiglia, su fondo paglino-arancio e contorni in manganese. Un caso a parte, rappresentano e meritano attenzione, le guglie delle torri campanarie e le gugliette maiolicate, ubicate numerose nei paesi madoniti (Collesano, Isnello, Castelbuono, Geraci, Petralie, San Mauro Castelverde, ect.), certamente di produzione locale. Caratteristiche sono gli elementi modulari policromi in terracotta ad incastro, la varietà cromatica delle vetrine usate, che restituiscono nella messa in opera, disegni geometrici interessanti ed effetti cromatici significativi e singolari. L'attuale guglia ricollocata nella chiesa di S. Maria la Vecchia, vicino ai ruderi del Castello e proveniente dalla chiesa di San Giovanni, distrutta a causa della violenta frana del 1932 che distrusse numerosi edifici a Collesano ne è un esempio.
aprile 1998 Il Comune di Collesano, l'Ente Parco delle Madonie, la Provincia Regionale di Palermo, con il supporto degli storici, degli esperti e degli artigiani locali, hanno permesso di sostenere e valorizzare la tradizione ceramica collesanese, organizzando l'interessante Mostra "La Ceramica di Collesano dal XVII secolo a oggi", visitata e apprezzata da più di 5000 persone. Curata da Tommaso Gambaro, la mostra è stata allestita da Michele Sottile nella restaurata ex chiesa di San Giacomo in Collesano dal 23 dicembre 1997 e proseguita fino al mese di aprile 1998. La mostra, divisa in aree tematiche, tracciava un preciso itinerario storico, presentando numerosissimi pezzi ceramici prodotti a Collesano e provenienti da vari musei, gallerie nazionali e regionali, nonché da collezioni private. Sono state esposte, anche, le produzioni ceramiche degli artigiani locali presenti oggi, al fine di valorizzare la loro attività. Sono seguiti interessanti studi storici, ricerche nel settore, interventi di rivalutazione e di conoscenza di quest'arte "minore" che hanno dato vita a Convegni, Mostre, Pubblicazioni, Esposizioni e, non ultima, il suggerimento di aprire a Collesano una sezione staccata dell'Istituto D'arte nel settore della ceramica. Anche se molta strada è da percorrere dal punto di vista archivistico, storiografico, promozionale, le notizie e le immagini raccolte ci offrono un interessante panorama della produzione ceramica collesanese dal XVII° secolo a oggi. Apprezzabile il cammino storico della famiglia locale (Iachetta) che continua la produzione di oggetti "popolari" smaltati e decorati e, la nascita, da qualche anno, di attività imprenditoriali locali con caratteristiche artigianali per la produzione di cotto, di mattonelle smaltate e decorate di oggettistica varia. E' necessario, per lo stesso patrimonio di conoscenze e per il destino della ceramica collesanese, non imitare il passato, cioè “clonare” opere storiche esistenti, ma riproporre e/o ideare un'oggettistica tradizionale o moderna, attraverso la ricerca continua, la tecnologia, la progettazione, la realizzazione, giungendo a coniugare gli elementi propri del passato con le esigenze, la funzionalità, la praticità e il design del modo di vivere oggi.
Le produzioni ceramiche collesanesi del XVII° secolo riuscirono, a crearsi una "nicchia di mercato" nell'isola. Le maestranze, operanti a Collesano, non riuscirono, però, a "segnare" l'ambiente artistico dell'epoca, ne tantomeno ad imprimere uno "stile
collesanese". Infatti, lasciarono modesti "gusti e tendenze" e poche tecniche di lavorazione (argille, vetrine, decorazioni). Soddisfacente, per quel periodo, è da ritenersi la produzione dei manufatti vascolari collesanesi, anche se oggi, sono pervenuti in buono stato, solo, pochissimi esemplari. Queste maioliche che hanno "segnato" la storia di Collesano, piccolo centro delle Madonie, sono oggi, poco conosciute ed apprezzate dalle nuove generazioni. Le ceramiche prodotte nell'800, definite arte "popolare" rimangono l'opera più "sapiente ed originale" delle maestranze locali, non per la qualità artistica e tecnica, ma perché hanno "caratterizzato" il luogo. L'artigiano locale, continuò successivamente a produrre le stesse tipologie ed avvertì subito una crisi "d'identità" e di "progettualità" accompagnata dalla mancanza di una "ricerca di mercato". "L'unica strada possibile per far uscire la bottega artigianale dall'isolamento, … è, a parer mio, cercare di 'progettare la tradizione'. … di pensare ad un artigianato contemporaneo. A Collesano progettare la tradizione vuol dire individuare le principali tipologie e capire se può esserci ancora una possibilità di utilizzo, riuso. Capire, cioè se una bornia, un lemmo, un fiasco, possono essere considerati oggetti d'uso, intuire e ricercare se, oggi, esiste per loro un mercato concreto. Capire se …la melanzana o il peperone, i monaci o le damine in costume per la loro forte identità e riconoscibilità, possono essere inclusi in quel mondo di oggetti depositari di forti segni ludici e funzionali che il mercato oggi richiede e che sembra accettare di più. Capire, cioè, se alcuni manufatti necessitano di una operazione di 'redesign', di una sorta di riordino ergonomico e di un riadattamento alle nuove ragioni d'uso (criscintera). Capire, infine, se progettare vuol dire anche ricercare nuove forme, nuove tipologie con riferimenti più o meno espliciti alla tradizione locale. Si tratta in sostanza di far conquistare a colori, decorazioni, rapporti formali locali, uno stile più attuale e aderente al nostro tempo." (G. Levanti - Progettare la tradizione).
LA TARGA FLORIO LA MITICA CORSA DELLE MADONIE, LA PIU’ ANTICA AL MONDO SU STRADA Tra i monti e le colline delle Madonie, custodi nel corso dei secoli d’interessanti ed artistiche cittadine, insistevano delle strade disagevoli da percorrere, dai tracciati difficili e polverosi, dalle curve alquanto impegnative da abbordare, entro una cornice naturale di smisurato valore paesaggistico e naturale. Questi scenari d’incanto ambientale, di legami storici, di rinomata ospitalità, di antiche tradizioni, di piacevoli sapori e di genuini gusti, testimoniavano in maniera rimbombante, l’avanzamento e la velocità delle vetture sempre più prestigiose, che mettevano a dura prova i piloti, i meccanici e le stesse case costruttrici, in occasione proprio della famosa ed indimenticabile Targa Florio. Nel 1906 inizia, precisamente, l’avventura della Targa Florio, la prima corsa automobilistica su strada più celebre al mondo, grazie all’intuizione del giovane Vincenzo Florio, appassionato di corse e motori. Vincenzo, nasce a Palermo nel 1883, da Ignazio e Giovanna d’Ondes Trigonia, della gloriosa e benestante famiglia siciliana dei Florio Siamo nel 1905, quando le qualità e le capacità organizzative di Vincenzo, appena 22enne, vengono esaltate nella cronaca di allora, per l’organizzazione della corsa automobilistica del bresciano, titolata “Coppa Florio”, vero preludio, promozionale e di omologazione dell’antica gara siciliana delle strade collinari e di montagna delle Madonie. Riuscì in poco tempo a programmare, curare e perfezionare, la gara automobilistica, passante per i paesi madoniti, che passo nella storia come Grande Circuito delle Madonie: Cerda, Caltavuturo, Castellana Sicula, Petralia Sottana, Petralia Soprana, Geraci, Castelbuono, Isnello, Collesano e Campofelice di Roccella, passando dal rettilineo di Bonfornello, con arrivo presso l’antico Tempio di Imera. Il tragitto, di circa 150 Km., che doveva essere percorso per 3 giri, si snodava per le strade sterrate a serpentina, collinari e montuose, in un percorso difficile, malagevole e inagibile, ove si faceva fatica a bloccare gli animali che finivano lungo le strade interessate dalla gara. Alla predisposizione e cura di questo acuto progetto sportivo, durante un soggiorno in Francia, contribuì l’amico francese Henri Desgrange, direttore di “Auto” periodico parigino. Al vincitore, la ricca Famiglia Florio, aveva destinato la bellissima Targa (progettata da René Lalique, linea Art Nouveau) e un premio in denaro di lire 30.000. La partenza avvenne il 6 maggio 1906, con la partecipazione di sole 10 automobili (5 Itala, 2 Clement Bauard, 1 Fiat, 1 Berlier e 1 Hotchkiss. Vinse la 1° edizione della Targa Florio, Alessandro Cagno, su Itala. Le qualità della gara sono caratterizzate e riconducibili ad alcuni fattori organizzativi, sportivi, tecnici, ambientali, partecipativi e di riconoscimento. La manifestazione automobilistica era conosciuta al di fuori come “Primavera Siciliana” mentre, per gli abitanti dei paesi delle Madonie e della Sicilia tutta, la Targa Florio rappresentò, motivo di zelo e di popolarità, non solo come scenario abbondante di risorse, di paesaggio, di natura incontaminata, di patrimonio culturale ma, anche da un punto di vista economico e turistico. Fu proprio Vincenzo Florio che incoraggiò la costruzione delle tribune di Cerda, per consentire ai nobili e agli imprenditori palermitani ed isolani, l’incolumità della persona, ed assistere comodamente seduto, allo sfrecciare delle automobili. Nel 1912, la Targa Florio cambiò percorso, prendendo la denominazione di “Giro di Sicilia”, e toccò diverse città in tutta l’isola (Palermo, Termini Imerese, Cefalù, Messina, Taormina, Catania, Siracusa, Noto, Ragusa, Gela, Agrigento, Sciacca, Castelvetrano, Marsala, Trapani e ancora Palermo) con un percorso lungo circa 965 Km. Fino al 1930 venne utilizzato il “Medio Circuito” (Cerda, Catalvuturo, Petralia, Collesano e Campofelice), mentre l’anno dopo venne disputata nel “Piccolo Circuito” delle Madonie di 72 Km. (Cerda, Caltavuturo, Collesano e Campofelice). Questo circuito continuerà ad essere utilizzato fino al 1977, alternando un percorso a volte 7, a volte 14 giri. Nel 1937 e fino al 1940, la corsa venne effettuata nel circuito ricavato nel Parco della Favorita, nella città di Palermo. Solo l’edizione del 1955 farà rientrare la corsa nei campionati mondiali di vetture Sport Prototipi e Gran Turismo. A partire dal 1958, e fino ad oggi, solo edizioni di “gare di regolarità”, cioè raggiungere ogni tappa del percorso avendo cura di rispettare uno schema di marcia già disposto (una specie di sfilata di auto). La Targa Florio riprenderà ad essere nuovamente una gara agonistica dal ’58 fino al ‘73, per il suo interesse specifico nella sezione corse, rientrando così nel campionato mondiale di vetture Prototipi e Gran Turismo. Negli anni d’oro della Targa Florio, parteciparono nomi famosi di piloti e titolate case costruttrici, che ebbero nel 1973, inaspettatamente, la conclusione a causa dei numerosi incidenti gravi, occorsi durante la gara. Purtroppo, questi tristi incidenti avvenuti nel 1973, marcarono l’inaffidabilità del circuito delle Madonie, rispetto alle alte velocità e alle nuove tecniche motoristiche; si perse, così prestigio e la classe di gara internazionale. Il 1977 fu anch’esso un anno malinconico da ricordare perché segnò la fine della celebre gara. Alcuni spettatori, a causa di un’auto uscita fuori pista verso Buonfornello, furono falciati. Bilancio due morti e tre feriti gravi. La vera Targa Florio depauperò il suo svolgimento e perse l’entusiasmo e la stima sportiva. A partire dal 1978 la gara veniva modificata in attività sportiva Rally e chiamata “Rally Targa Florio”. Come si possono dimenticare l’entusiasmo della popolazione, lo spirito di partecipazione, la preparazione, l’accoglienza, la passione, il tifo per la Ferrari, per Nino Vaccarella, ecc. Precisamente, qualche mese prima della gara, i paesi delle Madonie si predisponevano allo spirito sportivo, si preparavano all’accoglienza e tutta la popolazione veniva attaccata da una sorta di epidemia agonistica. Molti ragazzi facevano le bravate al volante, si scioglievano con le gare incrociate, con la febbre dei bolidi e facevano rombare i loro motori. Qualche volta si scommetteva per gioco, sul pilota o sulla marca automobilistica vincente. Poiché all’alba il circuito veniva chiuso, durante la notte, si dava inizio alle file di persone appiedate, con i muli, con i trattori e con le auto. Le ferrovie dello stato predisponevano anche dei treni speciali che conducevano tante persone nelle stazioni di Cerda, di Sciara-Aliminusa, di Fiumetorto, di Buonfornello, di Campofelice Roccella, di Lascari e di Cefalù.
Ognuno sentendosi protagonista dell’evento, cercava una «postazione» particolare, che terminava con l’arrivo dell'ambulanza e delle moto della polizia; ecco il passaggio della prima automobile da corsa. Dopo la lunga attesa, gli sportivi e non, andavano in escandescenza e si compiacevano per la passionalità e per l’intensità della gara. “Se le cose hanno un'anima, se gli avvenimenti hanno un cuore, c'è da pensare che la cara vecchia Targa Florio è stata lungimirante «scomparendo» in punta di piedi prima che il mondo attorno a lei diventasse altro da quello che era”.
Oggi, sono riconoscibili e consultabili riviste, libri, elenchi, cartoline, ecc. e, in esposizione e bacheche, parecchi cimeli, targhe, quadri e tanta altra oggettistica che ripercorrere, da varie aree tematiche, la leggendaria corsa della Targa Florio. Museo Targa Florio di Collesano e Museo Vincenzo Florio di Cerda.
MUSEO “TARGA FLORIO” – COLLESANO (PA) Collesano è un paese collinare del Parco delle Madonie, distante da Cefalù circa 28 km. Ricco di elementi naturali e paesaggistici, di opere
monumentali ed artistiche, paese della ceramica del Parco, di celebri manifestazioni religiose, viene anche rievocato, perché percorso ed interessato, già a partire dal 1906, dalla gloriosa corsa automobilistica “Targa Florio”; oggi ospita un importante Museo “Targa Florio”. Il MUSEO “TARGA FLORIO” di Collesano, sognato, seguito ed attuato dall’Amministrazione Comunale dell’epoca, con il patrocinio dell’Assessorato ai Beni Culturali della Regione Siciliana e dell’Automobile Club di Palermo, è stato ufficialmente inaugurato nel pomeriggio del 27 giugno 2004. Il Museo, ospitato nell’ala destra dei locali dell’ex convento di San Domenico del XVI sec., con annessa chiesa, è limitrofo alla Sede Municipale. L’area d’ingresso, ubicata in un terrapieno, ha accesso da Corso Vittorio Emanuele II, al civico 2. i suoi recapiti telefonici sono: 0921 664684 (Ufficio Turistico) e 0921 661158 – 0921 661104 (Centralino Municipio), mentre, il sito ufficiale è http://www.museotargaflorio.it. La progettazione e la direzione dei lavori per l'allestimento del Museo è stata affidata all’arch. Marcello Panzarella. Il complesso museale, dedicato alla “Targa Florio” (mitica e famosa corsa automobilistica su strada più difficoltosa e avvincente di tutti i tempi, inventata nel 1906, da Vincenzo Florio), esclusivo nella sua specificità e caratteristica, racchiude un’apprezzabile e coinvolgente raccolta di fotografie, immagini, documenti inediti, targhe, pubblicazioni, periodici, cartoline, parti di auto, oggetti meccanici e tanti cimeli (caschi, montature, abbigliamenti e accessori da corsa, ecc.). Nell’attraversare man mano, i locali dell’esposizione e scorrere le gradevoli bacheche del Museo “Targa Florio” di Collesano, i visitatori, anziani o giovani, anche non competenti, rinnovano e rivivono quelle emozioni, quei ricordi memorabili e profondi delle testimonianze più vere dell’epica corsa che ha visto i paesi delle Madonie, tempo fa, partecipi e trascinati dall’euforia e dalla passione per i bolidi. Presentati nelle teche, i caschi di alcuni piloti di eccezionali edizioni: Lodovico Scarfiotti, Vic Elford,
Ignazio Giunti
e Toine
Hezemans.
Sono esposte, nella sala a destra entrando, le Targhe in metallo bronzeo di proprietà dell’Automobile Club Palermo, dei periodi storici del 1921, 1932, 1937 e 1950. Al momento è esposta la prima “Targa Florio” realizzata in oro e smalto dal francese Lalique, di stile Art Noveau, commissionata nel 1906 dalla famiglia Florio, sicuramente, rappresenta l’oggetto più significativo ed esclusivo. Inoltre, troviamo le Targhe del 1964 e del 1965 vinte dal barone Pucci e da Nino Vaccarella; in occasione dell’inaugurazione del museo, i due corridori hanno gentilmente donato le targhe. L’Automobile Club di Palermo ha contribuito con diversi cimeli ad aumentare le testimonianze presenti nel museo ed ha concorso attivamente alla costruzione del sito omonimo. Ricordiamo, inoltre, che l’Automobile Club di Palermo rimane per eccellenza l’organizzatore della Targa già a partire dagli anni ’60, ed è responsabile oggi, del marchio “Targa Florio”. È, altresì presentata la cartolina celebrativa con annullo filatelico speciale, per l’evento e una pubblicazione editoriale speciale “Museo Targa Florio” (raccolta di testimonianze di stimati giornalisti: Enrico Benzing de “Il Giornale”, Michele Fenu e Giulio Mangano de “La Stampa”, Vincenzo Bajardi del “Corriere dello Sport”.). Alcuni articoli scritti da Marcello Sabbatici, da Mauro Forghieri, da Sandro Munari, da Salvatore Requirez e da Giacinto Gargano (attuale conservatore del museo). Vero orgoglio dei collesanesi, dell’ Amministrazione Comunale e del Museo “Targa Florio” il 27 giugno 2004, la partecipazione alla cerimonia di apertura, le successive testimonianze e reminiscenze del passato, di alcuni piloti, primi attori e trionfatori di varie gare (qualcuno ha anche portato con sé dei cimeli, donati in seguito, al museo). Nino Vaccarella, primo nel ’65, ’71 e ’75, il barone Antonio Pucci, nel ’64 con la Porsche, Sandro Munari, trionfatore nel ’72, Carlo Mario Abate, primo nel 1963, la prima donna a disputare una gara in Formula 1, Maria Teresa De Filippis, Armando Floridia, vincitore dell’edizione ‘76, Carlo e Rosadele Facetti, Tonino Nicodemi, Giampiero Biscaldi. Sono anche intervenuti i famigliari di alcuni fuoriclasse: Isabella Taruffi, nell’edizione del ’57, Margot Maglioli, figlia di Umberto, vincitore di tre edizioni, Cristina Vianini Baghetti, Ida Benignetti e Luigi Scarfiotti, Margherita Riccardelli Bandini, ed i meccanici della Ferrari: Borsari e Vecchi. Tutto questo materiale: documenti, fotografie, oggetti e cimeli, raccontano e testimoniano la lunga storia di questa fantastica corsa che ancor oggi continua a svolgersi, con la formula del Rally, sulle stesse strade delle Madonie e, riprendono il fascino, gli aneddoti e lati anche meno conosciuti della mitica corsa.
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