Xxxv n° 4 8 Aprile 2012 € 1,00
Antonella e Nicola D’Amico
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Antonella e Nicola D’Amico costa rIca
In missione come coppia di sposi “Che Dios te accompagne” haItI L’esperienza di suor Simone De Pace Tra le povertà la voglia di vita F issata nel giorno della morte di mons. Oscar Romero, arcivescovo di San Salvador, avvenuta il 24 marzo 1980, è stata celebrata nei giorni scorsi la 20ª giornata in memoria dei Missionari marti- ri. La Chiesa cattolica ha commemorato i 26 martiri (18 sacerdoti, 4 suore, 4 laici) ca- duti nell’anno 2011, con l’invito alle Chiese locali a pregare e a digiunare per sostenere i missionari, le missionarie, le comunità cristiane che vivono oggi discriminazioni e persecuzioni in tanti paesi, fino a conse- guire la corona del martirio. Sono i testimo- ni di Gesù, contemporaneo dell’uomo, al quale essi hanno consacrato la propria vita, partecipando direttamente alla sua Pasqua di morte e di resurrezione, “amandolo fino alla fine” come Lui ha fatto “per noi uomi- ni e per la nostra salvezza”. Nell’economia della Redenzione si prolunga, nei 26 testi- moni dell’anno scorso, il dono della vita in Cristo e il sigil- lo dell’amore in Gesù che “avendo amato i suoi li amò sino alla fine”, così come anch’essi per i fratelli. Sì, perché non si tratta di episodi riguardanti la Chiesa e i semplici aspetti re- ligiosi, ma della somma dei valori umanitari della persona e dell’intera comunità. Modalità ricorrenti contro i diritti inviolabili del cittadino, della coscienza democratica, della legalità, della giustizia, della solidarietà e, senz’altro, modi di criminalità vera e propria. I nostri missionari e missionarie non sono solo annunzia- tori della fede cristiana, ma apostoli della civiltà dell’amore, educatori delle coscienza istituendo le scuole, samaritani fondando gli ospedali, operatori sociali per la produzione di beni alimentari, ecc. il tutto nel rispetto della cultura e delle tradizioni locali e, poi, presentando la proposta della fede in Cristo, evangelizzatori. Il tema in oggetto ci coinvolge direttamente in quanto tra i 26 martiri del 2011 figurano due italiani: Padre Fausto Tentorio, ucciso nelle Filippine e Francesco Bazzani, vo- lontario, ucciso nel Burundi; ma ci coinvolge anche come cittadini raggiunti spesso da notizie sconcertanti di diffusa illegalità sul territorio. Il Procuratore distrettuale antimafia del Salento, Cataldo Motta, ha denunciato con vigore tale mentalità, con precisi riferimenti ad episodi compiuti dalla criminalità organizzata. E qui mi si conceda di ricordare i “santi dell’antimafia”: don Giuseppe Diana, don Pino Puglisi, il giudice Rosario Livati- no, uomini coraggiosi, il cui assassinio ha un grande valore reale e simbolico: i due sacerdoti di frontiera e un laico di ferma convinzione cattolica, testimoni di fedeltà a Cristo e di amore ai fratelli, tutti aureola- ti dalla testimonianza del martirio. Martiri del nostro tempo, modelli dell’impegno cristiano nell’esercizio della giustizia socia- le.
Non è l’inflazione del concetto cristia- no di martirio il riferimento alla giustizia sociale, ma il riconoscimento concreto e vissuto dei valori importanti della identità della persona, del bene comune della so- cietà, della libertà religiosa, della giustizia e della pace, per e con la comunità che dimo- ra nel territorio, storicamente, la città degli uomini. Riflettere sulla ventesima giornata in memoria dei martiri promossa dalla Chiesa, quindi, ci interpella come gente del Sud, magari rileggendo il documento della Cei del 24 feb- braio 2010: Per un Paese solidale. Chiesa italiana e mezzo-
sabilità sociale dei cristiani, intimamente connessa con quella religiosa, che non si arrende all’indifferenza che può diventare complicità. Il cammino quaresimale verso la Pasqua invita alla con- versione, a progettare l’impegno per la legalità quale via percorribile della santità, come per don Peppino Diana, don Pino Puglisi, il giudice Rosario Livatino. Angelo Catarozzolo rIflessIone A margine della 20ª Giornata in memoria dei Missionari martiri e guardando al nostro Sud Missionari, annunziatori della fede, apostoli dell’amore N el piccolo spazio della “casetta” della Basilica di Loreto, tra le pareti annerite dal tempo che hanno ospitato la famiglia di Nazaret, si sono fermate an- che quest’anno le famiglie della nostra Diocesi, spinte dalla gioia di rivisitare i luoghi in cui la Vergine aprì il suo animo alla volontà del Padre e dove allevò, tra gioia e timori, il Fi- glio. In una sosta, mai tanto lunga quanto desiderata per- chè sollecita all’impazienza di chi sopraggiunge, ognuno ha aperto il suo cuore fiducioso ed ha affidato confessioni e speranze, sicuro di un ascolto materno. Partiti a tarda sera dalla Chiesa di Jaddico, felici di rive- dersi e di ritrovarsi in un cammino comune, le famiglie sono arrivate a Loreto nelle prime ore del mattino e, dopo una brevissima sosta nella struttura ospitante, hanno rag- giunto la Basilica per partecipare alla S. Messa e, successi- vamente, per la visita alla casetta: una sosta fatta di intimo raccoglimento, vissuto quasi in una sospensione del tempo, popolato da scene domestiche, da frammenti di vita quo- tidiana che dal passato parlano, interrogano, indicano la via. Nel silenzio ognuno ha rivissuto la scena del Falegna- me, pensieroso e chino sul suo lavoro, della gioia vivace dei giochi di Gesù piccolo sotto l’attento sguardo della Madre. Ognuno vorrebbe indugiare in quello spazio che, se pur angusto, si avverte sempre accogliente e vivo; è allora che i passi diventano piccoli per rendere più lungo il percorso, per prolungare l’intimo colloquio. Appena fuori si vorrebbe tornare indietro; gli occhi si ritrovano rivolti verso l’alto, ri- conquistano la dimensione reale dello spazio, il cammino riprende il suo ritmo con lo sguardo sperduto fra volti mar- morei e figure cromatiche. Nel pomeriggio tutte le famiglie si sono ritrovate per un momento di meditazione, guidato da Mons. Giuseppe Sa- triano, sulla rilettura della Parabola del Buon Samaritano con il proposito di ricercare e di individuare, all’interno del- la famiglia e nelle relazioni che essa instaura nella comuni- tà, “lo stile con cui vivere, il mistero di Nazaret” alla luce di “una vita che si è fatta accoglienza ospitale del mistero di Dio e solidarietà infinita col mistero dell’uomo”. Dalla riflessione sulle varie sequenze della parabola sono emerse proposte e prospettive, entro le quali il credente può costruire il suo vero essere, la “vita buona” nell’ascol- to della Parola di Gesù. L’attenzione verso l’altro, l’apertu- ra del proprio animo alle altrui ferite, l’ospitalità discreta e gratuita sono state colte quali ingredienti irrinunciabili per “farsi prossimo”, per eliminare le distanze, per vivere in in- tima compassione le esperienze di chi la vita ci ha messo accanto. È con questa disposizione d’animo che quell’umanità, “in fuga dalla Casa del Padre”, che si è allontanata da Gerusa- lemme per dirigersi verso Gerico, spogliata dai “briganti” di ogni bene, evitata dagli sguardi degli altri e abbandona- ta nella sua solitudine sulla strada con le proprie ferite, ha spiegato don Giuseppe, potrà confidare nell’ “albergatore” e fermarsi nella “locanda”, capace di accogliere tutti. Da qui la consapevolezza della necessità di una conversione di mentalità per abbracciare la proposta di un nuovo stile di vita, quello della “cura”, che, animato da una “attenzione carica di misericordia e di amore”, raggiunga l’uomo di ogni tempo, il quale nella ricerca della felicità incappa spesso nelle difficoltà e viene spogliato di ogni bene, primo fra tut- ti della capacità di scoprire il senso vero dell’esistenza e la dimensione giusta da dare alla vita. Limpido ed attuale si offre il messaggio all’uomo del nostro tempo, tutto preso a percorrere strade proprie per la conquista del potere e del- la carriera, dal trascinamento in modelli di vita incapaci a ricondurlo a vivere il rapporto con gli altri e con sé stesso in profondità, nella fretta che lo fa “passare oltre”, che lo in- duce a ricercare alibi per giustificare le proprie chiusure. La parabola quindi, parlando alla nostra umanità, avanza la proposta di una “mutazione” positiva che la riporti a co- gliere la misura e il senso più realizzante da dare alla vita, che la guidi a scoprire che non può fare a meno di Dio e dell’altro che gli sta accanto. Sull’esempio della famiglia di Nazaret, ha concluso don Giuseppe, le nostre famiglie sono chiamate a cogliere la sfida per diventare “piccolo faro” grazie al quale indicare la strada per instaurare relazioni positive: così lo “stile della cura” diventa per le nostre famiglie un “habitus” che le di- stingue in quanto capaci di “albergare” gli altri e il “metter- si insieme come famiglie” diventa un modo per offrire “un luogo caldo a tutti quelli che si trovano nelle difficoltà della vita”. Ed è con la stessa intenzione che si propongono le rifles- sioni di S. E. il Vescovo di Loreto quando, nell’incontro con- clusivo, ha affermato che la famiglia deve proporsi come una realtà ospitale, che vive come quella di Nazareth in una casa con una “finestra” sempre aperta, attraverso la quale Dio può parlare per far conoscere i suoi desideri, e con una “porta”, come quella attraversata da Maria per andare da Elisabetta o per salire al Calvario, attraverso la quale acco- gliere l’umanità e andare incontro al mondo per “comuni- care l’esperienza di fede, di vita bella e buona, vissuta alla scuola della Parola”. Partecipare a questa breve ma intensa esperienza per noi famiglie ha significato ricaricarsi di intima energia: abbia- mo affidato a Maria i pensieri, le persone care, le preoc- cupazioni, i progetti; abbiamo respirato la bellezza della Madonna, fatta di autenticità e di trasparenza; l’abbiamo portata a casa, Maria per viverla nella famiglia e nella co- munità con la sua dolcezza, la saggezza, la tenerezza. Un profondo senso di gratitudine va a Mons. Giuseppe Satriano, per averci guidati in modo così originale e coin- volgente nella meditazione, e a Mons. Massimo Alemanno che, con la collaborazione di Arturo e Anna Maria Destino e della Commissione Famiglie, hanno offerto a tutti noi la preziosa opportunità di fare un’esperienza così forte di Dio.
Il 25 e 26 febbraio il tradizionale appuntamento di Loreto Quando le famiglie riscopono il momento del “Fiat” R ipartire dall’Amen. Questa riflessione è stata l’auspi- cio, ma anche il profondo impegno, che ha caratte- rizzato l’ultimo convegno del percorso formativo sul sacramento del battesimo organizzato dalla Commissione diocesana per la Pastorale della Famiglia. E non si poteva che partire da questa consapevolezza, in quanto l’incontro ha visto i laici, appartenenti all’intera dio- cesi, confrontarsi in un vero e proprio scambio delle rispetti- ve esperienze pastorali. Infatti, i relatori hanno posto al ser- vizio dei partecipanti la loro preziosa competenza maturata in diversi anni di pastorale in ogni ambito della comunità ecclesiale diocesana. Dopo un primo momento introduttivo, il dibattito si è natu- ralmente sviluppato in un proficuo scambio di esperienze e di best practices, in cui ognuno ha fruttuosamente portato il proprio contributo sia sul terreno della pastorale parrocchia- le che su quello dell’educazione alla fede. Da ciò è emerso che il battesimo dei bambini è sempre più spesso un momento basilare di nuova evangelizzazione poi- ché equivale ad un secondo annuncio di fede per i genitori che, dopo il sacramento del matrimonio, purtroppo per le vi- cissitudini della propria esistenza hanno trascurato o abban- donato la propria vita spirituale. Per cui l’importanza pastorale del momento del battesimo è proprio data dal fatto che coincide con un momento di gio- ia per l’intera famiglia e di accostamento alla ricchezza della fede non solo per il battezzando ma anche per gli stessi geni- tori, se accuratamente accompagnati a ripercorrere il proprio cammino personale nelle promesse battesimali. Ed è proprio questo il compito più importante della comunità ecclesia- le: seguire i genitori ed i responsabili della pastorale, perché tale cammino non è solo personale ma sempre comunitario. Infatti, come testimoniato anche dal titolo dell’incontro è un cammino “nella fede della Chiesa”. Per aiutare il bambino a conoscere la ricchezza della fede donatagli dai genitori è necessario che questi ultimi la te- stimonino quotidianamente. Solo così il bambino avvertirà l’importanza del dono che ha ricevuto e, crescendo, a sua volta imparerà a professarla facendola maturare. Quindi, la testimonianza è un cammino quotidiano che esige ogni coe- renza dal testimone del Risorto. Perciò è l’adempimento più importante sia per il credente che per l’intera comunità ecclesiale, perché il fiat personale di ciascuno di noi diviene annuncio per il prossimo, per cui necessita di ogni impegno e coerenza di vita. Proprio per questo difficile ma vitale compito siamo tutti chiamati a ripartire dall’Amen, perché in questa parola c’è il profumo della comunità che testimonia il suo credo vivendo nello Spirito che ci dona la dimensione filiale. E ciò significa perdersi nell’amore per il prossimo in cui ogni cristiano vede il volto di Cristo, soprattutto nelle realtà più difficili del mon- do contemporaneo.
Domenica 11 marzo scorso nell’auditorium “Mons. E. Antelmi” Nella fede della Chiesa. Le promesse battesimali Via Crucis al Colosseo con lo sguardo alla famiglia I testi di meditazione per le Stazioni della Via Cru- cis al Colosseo del Venerdì Santo di quest’anno saran- no composti, per incarico del Santo Padre, dai co- niugi Danilo e Anna Maria Zanzucchi, iniziatori del Movimento “Famiglie Nuove”, nell’ambito del Movimen- to dei Focolari. Ne dà notizia la Sala Stampa Vaticana. Le riflessioni avranno riferimenti al tema della famiglia, di cui quest’anno a Milano si celebrerà il VII Incontro mon- diale (30 maggio-3 giugno). Lo schema della Via Crucis sarà quello con le 14 Stazio- ni “tradizionali”. L’occasione della Via Crucis al Colosseo, che ogni anno richiama migliaia di fedeli e anche di tu- risti presenti a Roma per il periodo pasquale, rappre- senta un momento importante per l’annuncio cristiano. La scelta di coloro che di anno in anno predispongono i testi delle meditazioni del Venerdì Santo appare molto significativa. Ad esempio, nel 2006 fu il card. Angelo Co- mastri. Nel 2007 toccò a mons. Gianfranco Ravasi, oggi cardinale ma allora prefetto della Biblioteca Ambrosiana di Milano. Nel 2008 l’incarico fu affidato al card. Joseph Zen Ze-Kiun, vescovo di Hong Kong. Nel 2009 i testi eb- bero un altro autore asiatico, l’arcivescovo di Guwahati (India), mons. Thomas Menamparampil. Nel 2010 fu in- vece il card. Camillo Ruini e lo scorso anno suor Maria Rita Piccione. Quest’anno sarà invece una coppia di sposi.
16 8 aprile 2012 Vita di Chiesa I l 14 marzo Benedetto XVI ha iniziato una nuova serie di catechesi per l’Udienza Generale del Mercoledì, sulla preghiera negli Atti degli Apostoli e nelle Lettere di San Paolo. La presenza orante di Maria, come si rileva negli Atti degli Apostoli - quando attende con gli apostoli la venuta dello Spirito Santo - è stata al centro delle riflessioni del Pontefice. «Con Maria inizia la vita terrena di Gesù - ha spiegato il Papa ai pellegrini riuniti in Piazza San Pietro - e con Lei ini- ziano anche i primi passi della Chiesa (...). Ella ha seguito con discrezione tutto il cammino di suo Figlio durante la vita pubblica fino ai piedi della croce, e ora continua a se- guire, con una preghiera silenziosa, il cammino della Chie- sa». Le tappe del cammino di Maria, dalla casa di Nazareth fino al cenacolo a Gerusalemme «sono segnate dalla capa- cità di mantenere un perseverante clima di raccoglimento, per meditare ogni avvenimento nel silenzio del suo cuore, davanti a Dio. La presenza della Madre di Dio con gli Un- dici, dopo l’Ascensione, (...) assume un significato di gran- de valore, perché con loro Ella condivide ciò che vi è di più prezioso: la memoria viva di Gesù, nella preghiera». Dopo l’Ascensione di Gesù, gli Apostoli si radunano con Maria per attendere con Lei il dono dello Spirito Santo, senza il quale non si può testimoniare Cristo. «Lei che l’ha già ri- cevuto per generare il Verbo incarnato, condivide con tutta la Chiesa l’attesa dello stesso dono (...). Se non c’è Chiesa senza Pentecoste, non c’è neanche Pentecoste senza la Ma- dre di Gesù, perché Lei ha vissuto in modo unico ciò che la Chiesa sperimenta ogni giorno sotto l’azione dello Spirito Santo».
Il Papa ha ricordato che il Concilio Vaticano II ha sotto- lineato questo rapporto speciale tra la Vergine e la Chiesa nella Costituzione dogmatica “Lumen gentium”. «Vediamo gli apostoli prima del giorno della Pentecoste ‘perseveranti d’un sol cuore nella preghiera con le donne e Maria madre di Gesù (At 1,14). (...) Il posto privilegiato di Maria è la Chie- sa, dove è riconosciuta quale (...), figura ed eccellentissimo modello per essa nella fede e nella carità». «Venerare la Madre di Gesù nella Chiesa significa allora imparare da Lei ad essere comunità che prega: è questa una delle note essenziali della prima descrizione della co- munità cristiana delineata negli Atti degli Apostoli». «Spesso la preghiera è dettata da situazioni di difficoltà, da problemi personali che portano a rivolgersi al Signore per avere luce, conforto e aiuto. Maria invita ad aprire le di- mensioni della preghiera, a rivolgersi a Dio non solamente nel bisogno e non solo per se stessi, ma in modo unanime, perseverante, fedele, con un ‘cuore solo e un’anima sola’». «La Madre di Gesù - ha affermato il Pontefice - è stata po- sta dal Signore in momenti decisivi della storia della salvez- za e ha saputo rispondere sempre con piena disponibilità, frutto di un legame profondo con Dio maturato nella pre- ghiera assidua e intensa. (...) Tra l’Ascensione e la Penteco- ste, Ella si trova con e nella Chiesa in preghiera (cfr At 1,14). Madre di Dio e Madre della Chiesa, Maria esercita questa sua maternità sino alla fine della storia». «Maria ci insegna la necessità della preghiera - ha concluso il Pontefice - e ci indica come solo con un legame costante, intimo, pieno di amore con suo Figlio possiamo uscire dalla ‘nostra casa’ con coraggio, per raggiungere i confini del mondo e annun- ciare ovunque il Signore Gesù, Salvatore del mondo».
Catechesi incentrata sulla figura della Vergine «Maria ci insegna la necessità della preghiera» I l 10 marzo, il Presidente della Conferenza Epi- scopale Pugliese, l’Arcivescovo di Bari Mons. Francesco Cacucci, Moderatore del Tribunale Ecclesiastico Regionale, ha inaugurato l’Anno Giudi- ziario 2012. All’inaugurazione era presente anche P. Aurelio Gjerkaj, Giudice del Tribunale Nazionale di Albania, di cui il Tribunale Regionale è sede di Ap- pello. Con spirito di servizio il Tribunale Ecclesiasti- co Regionale Pugliese, offre questa collaborazione alla Chiesa sorella di Albania e frequenti sono i con- tatti con gli operatori di quel Tribunale. La prolusio- ne è stata affidata a Mons. Paolo Gentili, Direttore dell’Ufficio Nazionale della Conferenza Episcopale Italiana per la Pastorale della famiglia il quale, ana- lizzando la realtà di oggi in ordine alla vita coniuga- le, ha sottolineato come “i grandi desideri (di realiz- zare una famiglia) restino come paralizzati e non si riesce a formulare un vero progetto di vita… Appare sempre più diffusa la difficoltà di assumere decisioni stabili e operare scelte di vita decisamente orienta- te”. Il relatore, ha indicato che “la prima attenzione da avere nei confronti delle giovani coppie di sposi, è già nel loro formarsi, e nel rendere l’intera comu- nità cristiana protagonista di un accompagnamento dei fidanzati che, partendo dai primi amori, si pro- lunghi anche nei giovani sposi, perché diventino realmente un’intima comunità di vita e di amore”. Il Vicario Giudiziale, Mons. Luca Murolo, ha presenta- to l’attività svolta nel Tribunale Regionale nell’anno 2011. Lo scorso anno sono stati introdotti 216 nuo- vi libelli (lo stesso numero del del 2010); sono state concluse con decisione 237 cause (14 in meno del 2010); ne sono state archiviate 18; al 31 Dicembre 2011 risultano pendenti 476 cause (al 31 Dicembre 2010 risultavano pendenti 517 cause). Delle cause concluse con decisione, 191 si sono concluse affer- mativamente, cioè con la dichiarazione di nullità del matrimonio; 46 si sono concluse negativamente, cioè con il riconoscimento della validità del matrimonio. “Per quanto riguarda il numero delle cause introdot- te, ha osservato Mons. Luca Murolo, Presidente del Tribunale Ecclesiastico Regionale, è da notare che in questi ultimi anni c’è stata una stabilizzazione in- torno a poco più di 200 cause e l’atteggiamento del- le persone che si rivolgono al Tribunale è di fiducia nella Chiesa per ottenere una parola di pacificazione alla propria coscienza turbata dal riconoscimento di errori commessi prima del matrimonio”. “Tutto questo, ha sottolineato Mons. Murolo, deve indurre i sacerdoti impegnati nella pastorale giovanile, nel- la pastorale vocazionale e nella pastorale familiare e tutti gli operatori pastorali laici che, a vario titolo, collaborano in questi ambiti, a riflettere per inter- venire in tempo onde prevenire gli errori e quindi le eventuali nullità matrimoniali”. Impressiona, inoltre, la somma dei matrimoni dichiarati nulli per simula- zione totale (37), per esclusione dell’indissolubilità (81), per esclusione della fedeltà (14), per esclusio- ne della prole (49) e per l’esclusione del bonum co- niugum (2). Risulta che in 146 casi, i nubendi sono andati al matrimonio non con retta intenzione, e al processetto matrimoniale, fatto poco più di un mese prima della celebrazione del matrimonio, non sono stati sinceri. Nel 2011 è stato dichiarato nullo un ma- trimonio per impedimento di vincolo precedente. Una persona, già sposata in Chiesa e poi divorziata, ha taciuto al parroco il suo stato e, nella documen- tazione esibita, aveva presentato il certificato di bat- tesimo dove lo stesso parroco non aveva annotato il matrimonio precedente. Il Papa Benedetto XVI nel discorso tenuto in occa- sione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario della Rota Romana il 22 gennaio 2011, affermò che “Tra i mezzi per accertare che il progetto dei nubendi sia realmente coniugale, spicca l’esame prematrimonia- le. Tale esame ha uno scopo principalmente giuridi- co: accertare che nulla si opponga alla valida e lecita celebrazione delle nozze… Si tratta di un’occasione pastorale unica da valorizzare con tutta la serietà e l’attenzione che richiede nella quale, attraverso un dialogo pieno di rispetto e di cordialità, il pastore cerca di aiutare la persona a porsi seriamente dinan- zi alla verità su se stessa e sulla propria vocazione umana e cristiana del matrimonio”. I cosiddetti processetti matrimoniali dovrebbero essere la relazione di quanto i nubendi hanno matu- rato durante il percorso di riscoperta della fede e di esperienza di fede in cui si sono preparati alla cele- brazione del sacramento del matrimonio, accompa- gnate dal sacerdote parroco e da una coppia guida significativa. Quando si tratta di giovani fidanzati che presentano insicurezze, fragilità affettive, che man- cano di progetto coniugale, che rigettano la dottrina della Chiesa sul matrimonio e sulla procreazione, oc- corre che l’istruttoria matrimoniale sia accompagna- ta da altri momenti di confronto e di sostegno. Tante eventuali nullità matrimoniali potrebbero essere evi- tate se, durante il “processetto matrimoniale”, i fidan- zati fossero sottoposti a indagini più approfondite. Download 0.88 Mb. Do'stlaringiz bilan baham: |
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