Xxxv n° 4 8 Aprile 2012 € 1,00
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- Bu sahifa navigatsiya:
- Durata della convivenza
- Più a Sud che a Nord
- Angelo Bagna- sco
- Lavoro “priorità assoluta”.
- No a “divorzio breve” ed eutanasia, sì alla domenica.
- M. Michela Nicolais preti e iNterNet
Don Pietro De Punzio Vicario Giudiziale tribunale ecclesiastico
Aperto l’anno giudiziario Per un valido progetto di vita I numeri del Tribunale Ecclesiastico Regionale nel 2011 Le motivazioni principali dei Matrimoni dichiarati nulli sono: 81 per esclusione della indissolubilità; 49 per esclusione della prole; 81 per mancanza di uso di ragione, difetto di discrezione di giudizio e per incapacità ad assumere gli obblighi coniugali, (iuxta can. 1095, n.1, n. 2 e n. 3); 37
per simulazione totale del consenso; 7 per timore; 14 per esclusione della fedeltà 6 per condizione; 2 per esclusione del bonum coniugum ; 2
3 per dolo; 1 per impotenza; 1 per l’impedimento di precedente vincolo. Durata della convivenza dopo la celebrazione: dai 216 libelli presentati nel 2010 risulta che 181 unioni matrimoniali sono durate tra 7 giorni e 10 anni. Delle 216 cause introdotte nell’anno 2010, 25 provengono dalla nostra Diocesi. Vita di Chiesa 17 8 aprile 2012 P arafrasando il nome di uno dei più noti network sociali, si potrebbe dire che navigando in rete ci si può im- battere in “Churchbook”. Infatti, il 20% dei sacerdoti diocesani e dei religiosi e addi- rittura il 59,7% dei seminaristi ha un pro- filo su Facebook. Sono i primi dati di una ricerca voluta dall’Associazione dei Web- master cattolici italiani, che testimonia una forte presenza dei consacrati nel web. WeCa è la prima iniziativa europea del suo genere che unisce le conoscenze e le espe- rienze dei webmaster cattolici. Sono circa 15.000 i siti cattolici italiani. Un’anteprima della ricerca “Churchbook. La presenza dei consacrati nel social network: presenza e usi” è stata presentata ieri sera a Roma, nell’ambito del laboratorio “Giovani, web ed educazione alla fede”, promosso dal Servizio nazionale per la pastorale giova- nile, dall’Ufficio nazionale per le comuni- cazioni sociali, dal Servizio informatico e dal Servizio per la promozione del soste- gno economico alla Chiesa Cattolica.
ricerca condotta dal Cremit dell’Universi- tà Cattolica di Milano e dal Dipartimento istituzioni e società dell’Università di Pe- rugia. I ricercatori di queste due Università hanno indagato per conto di WeCa l’uso di Facebook da parte di sacerdoti, religio- si e seminaristi. Il periodo di rilevamento è andato da marzo 2011 a febbraio 2012. La ricerca si è sviluppata in due fasi: map- patura della presenza in rete di sacerdoti, religiosi, religiose, seminaristi e approfon- dimento qualitativo. Emerge un quadro di grande ricchezza e attenzione nei confron- ti dei social media. Il 17,9% dei diocesani e il 20,4% dei religiosi ha un profilo su Fa- cebook. È una percentuale elevata se la si confronta con il dato più generale dei citta- dini italiani. La percentuale sale addirittu- ra al 59,7% nel caso dei seminaristi, segno evidente della maggiore frequentazione di questi ambienti da parte delle generazio- ni più giovani. Da alcuni dati appare una differenza numerica di presenza da parte delle religiose (9,3%) rispetto ai religiosi (20,4%). Un “digital divide” di genere? O semplicemente legato a una diversa tipo- logia di servizio svolto? Un dato che dovrà essere necessariamente approfondito.
Facebook per fasce d’età, vediamo che ne- gli ultrasettantenni si registra una percen- tuale del 4,8% di frequenza quotidiana o quasi quotidiana, del 52,9% settimanale o mensile, il 42,3% invece non è disponibile; per la fascia di età tra i 53 e i 71 anni abbia- mo una frequenza quotidiana o quasi quo- tidiana dell’8,2%, settimanale o mensile del 58,1% e non disponibile del 33,8%; per l’età compresa tra 43 e 52 anni la frequenza quotidiana o quasi quotidiana è del 15,8%, settimanale o mensile del 62,1% e non di- sponibile del 22%; per la fascia d’età tra i 33 e i 42 anni la frequenza quotidiana o quasi quotidiana è del 19,4%, settimana- le o mensile del 64,1% e non disponibile del 16,5%. Infine, per l’età compresa tra i 18 e i 32 anni, la frequenza quotidiana o quasi quotidiana è del 19,5%, settimanale o mensile del 74,2% e non disponibile del 6,3%. Sempre analizzando i dati per fasce d’età per quanto riguarda gli “amici” su Facebook, gli ultrasettantenni che hanno fino a 200 amici sono il 61,4%, da 201 a 530 sono il 12,25%, da 531 a 5000 il 6,9%; nel- la fascia di età tra 53 e 71 anni hanno fino a 200 amici il 51,4%, da 201 a 530 il 21,8% e da 531 a 5000 il 12,1%; nella fascia di età tra 43 e 52 anni hanno fino a 200 amici il 26,3%, da 201 a 530 il 27,2% e da 531 a 5000 il 30,1%; nella fascia di età tra 33 e 42 anni hanno fino a 200 amici il 12,3%, da 201 a 530 il 26,4% e da 531 a 5000 il 41,3%; nella fascia di età tra 18 e 31 anni hanno fino a 200 amici il 6,9%, da 201 a 530 il 37,4% e da 531 a 5000 il 45,6%.
differenze tra Nord e Sud del Paese: è il Sud in questo caso che appare come l’universo maggiormente digitalizzato rispetto ad un Nord che invece sembra essere meno in- cline all’uso dei media sociali e partecipa- tivi. In particolare, se analizziamo le Chie- se locali che hanno più sacerdoti diocesani su Facebook, abbiamo al primo posto Na- poli (26,1%), seguita da Siracusa (25,9%), Perugia (22,1%), Brindisi (20,6%), Roma (19,7%), Macerata (16,9%), Milano (15,3%), Padova (14,9%), Tempio Ampurias (13,5%), Tortona (12,9%). Per quanto riguarda i se- minaristi, abbiamo nell’ordine Siracusa (83,3%), Molfetta (70,7%), Padova (70%), Anagni (58%), Firenze (56%,6), Brescia (53,3%), Torino (46,7%), Catanzaro (45,3%) e Assisi (35,7%). Sono questi alcuni dati di una ricerca che mette in luce un mondo estremamente attivo e dinamico. Dati che suggeriscono alcune domande: perché i seminaristi fanno ricorso massiccio a Fa- cebook? E i sacerdoti usano Facebook per la pastorale? In che modo? Quali peculia- rità di utilizzo da parte dei religiosi? Nelle fasi successive della ricerca si cercherà di fornire risposte a questi interrogativi attra- verso l’analisi e l’interpretazione di questi dati e un approfondimento qualitativo che si baserà sulla social network analysis e sullo studio semiotico e comunicativo dei singoli profili. I l Paese, come il resto dell’Europa, è in sofferenza. È l’analisi del card. Angelo Bagna- sco, presidente della Cei, nella prolusione tenuta il 26 marzo al Consiglio permanente dei vescovi italiani. Secondo il cardinale, «con i provvedimenti adottati è stato porta- to al sicuro il Paese», ma ora occorre «uscire dall’immobilismo; cominciare a fare manu- tenzione ordinaria del territorio; continuare nella lotta all’evasione fiscale; semplificare realmente alcuni snodi della pubblica amministrazione; dotarsi di strumenti pervasivi e stringenti nel contrasto alla corruzione e al latrocinio della cosa pubblica». Soprattutto, è urgente «azionare tutti gli strumenti e investire tutte le risorse a disposizione – dello Sta- to, dell’imprenditoria, del credito, della società civile – per dare agli italiani, a cominciare dai giovani, la possibilità di lavorare: non solo per sopravvivere, ma per la loro dignità». Nello stesso tempo, è necessario anche «rinnovare i partiti, tutti i partiti: non hanno al- ternativa se vogliono tornare – com’è fisiologico – ad essere via ordinaria della politica ed essere pronti – quando sarà – a riassumere direttamente nelle loro mani la guida del Paese». «Dal governo sono attese soluzioni sospirate per anni», ha proseguito il card. Ba- gnasco: «Come vescovi chiediamo di tenere insieme equità e rigore”, attraverso “segnali affidabili e concreti che devono arrivare dalla classe dirigente».
combinazione tra famiglia, impresa, credito e comunità»: oggi, per i vescovi, «va reinter- pretato e rilanciato, recuperando stima nelle imprese familiari e locali, a cominciare da quelle agricole e artigianali». In concreto, «bisogna sapersi misurare con le mutazioni in- calzanti che costringono a un pensare nuovo», partendo dalla consapevolezza che «bene sommo è la persona che lavora»: per questo «vanno create le condizioni perché le op- portunità d’impiego non sfumino, e con esse le abilità manageriali e i capitali necessari all’impresa». «Mentre la crisi perdura»”, i vescovi chiedono che «sollecitamente si avvii la sospirata fase di ripresa e degli investimenti in grado di creare lavoro, che è la priorità as- soluta». Di qui la necessità che «lo Stato e gli enti locali siano solventi e lungimiranti e gli istituti bancari non si chiudano in modo indiscriminato alle richieste di piccoli e medi imprenditori», valutando «caso per caso, situazioni e persone, l’onestà insieme all’affida- bilità».
do di dare una spinta decisiva al cambio di passo del nostro Paese». Ecco perché «non si possono tradire: sono indispensabili oggi, non solo domani». Parole di fiducia, quelle tributate ai giovani dal card. Bagnasco. Quella attuale, secondo il presidente della Cei, «è una strana congiuntura: i padri, lottando, hanno ottenuto garanzie che oggi appaiono sproporzionate rispetto alle disponibilità riconosciute ai loro figli». «Nonostante la pre- carietà che sta segnando la loro giovinezza», i giovani «non possono rinunciare a costru- irsi come persone stabili, interiormente solide, capaci di idealità e dunque resistenti alle sfide». Nella vita, in altre parole, «è indispensabile apprendere la cura più decisiva, quel- la di sé, che non ci si procura dinanzi allo specchio, con la ricerca spasmodica della visi- bilità, ma si conquista guardandosi dentro, facendosi magari aiutare da qualche maestro dell’anima». Di qui l’appello del cardinale ai giovani: «Stiamo andando verso una società nella quale sempre di più conterà la formazione completa, e non solo dunque scolastica e professionale, la formazione cioè della vostra umanità. Con la vita non si può barare: vale assai più lo sforzo che il successo, conta più l’abitudine alla fatica che la rifinitura estetica. E comunque i veri vittoriosi sono i galantuomini, non i vincenti con l’imbro- glio».
visorio, l’introduzione di istituti che per natura loro consacrino la precarietà affettiva, e a loro volta contribuiscano a diffonderla, non sono un ausilio né alla stabilità dell’amo- re, né alla società stessa». Con queste parole il card. Bagnasco ha motivato il “no” della Chiesa italiana al cosiddetto “divorzio breve”. «Prima e più dei diritti veri o presunti degli adulti – ha ribadito – ci sono i diritti dei bambini: avere un padre e una madre certi, dun- que una famiglia caratterizzata non da confini precari e da tempi incerti, ma definita e permanente». Il presidente della Cei ha poi definito «aberrante», se non «mostruosa», la legittimazione dell’infanticidio, in virtù del quale «dall’interruzione volontaria della gra- vidanza, di cui è ineluttabilmente vittima un bambino che deve ancora nascere, si pas- serebbe all’eutanasia di questi una volta nato». Altra tesi «preoccupante», per i vescovi, è la sospensione dell’alimentazione e idratazione «a tutti i pazienti in stato vegetativo per- manente, salvo che non ci sia l’evidenza di una volontà esplicita del soggetto gravemen- te ammalato». Neanche la domenica «può essere sacrificata a ragioni economiche», ha detto il cardinale esortando a salvaguardare il riposo domenicale.
I nostri sacerdoti al 4° posto Una forte presenza bagNasco Prolusione al Consiglio permanente La spinta verrà dai giovani “C uba e il mondo hanno bisogno di cambiamenti”. Erano centinaia di migliaia nella grande Plaza de la Revolución. “Cuba ed il mondo - precisa il Papa - hanno bisogno di cambiamenti, ma questi ci saranno solo se ognuno è nella condizione di in- terrogarsi sulla verità e si decide a intraprendere il cammino dell'amore, seminando riconciliazione e fraternità”. Ha incontrato Fidel, il líder máximo, ma soprattutto il Papa ha incontrato il popolo di Cuba e il suo desiderio di guardare avanti, di cre- scere. Per questo ha parlato di libertà e di verità e di carità. “Il cammino che Cristo propone all’umanità, e ad ogni persona e popolo in particolare, non la coarta in nulla, anzi è il fattore primo e princi- pale per il suo autentico sviluppo”. Le vecchie tesi delle ideologie anticristiane sono state fal- sificate dalla storia. Benedetto XVI riprende il discorso del suo predecessore, quel Giovanni Paolo II tanto evocato, ne constata i frutti, sia pure difficili e lenti, e ribadisce che la luce del Signore può illuminare il cammino per fonda- re “una società di ampi orizzonti, rinnovata a riconciliata”. Non sarà facile. La transizione a Cuba sarà dif- ficile. I costi, anche in termini sociali rischiano di essere elevati, tanto più nel quadro della cri- si mondiale. Ma la parola finale all’aeroporto José Martí è ancora una volta una parola di speranza, sul fondamento della fede, la fede antica che l’ideologia non è riuscita a spezzare e a sradicare e che il Papa ravviva, definendosi “pellegrino della carità”. Così questo intenso e vivacissimo viaggio in America, tra il Messico e Cuba, diventa una sorta di preparazione e di test dell’anno della fede che Benedetto XVI ha proclamato. Pro- prio l’esperienza dell’incontro con il popolo di questa grande terra cristiana ci permette di cogliere nella sua urgenza e nel suo significato questa iniziativa che può rappresentare una importante occasione. Ha parlato a Cuba, salutando l’isola e la sua popolazione. Ma il discorso vale anche per l’occidente e dunque l’Italia: “Prendi da que- sta fede la forza per edificare un avvenire mi- gliore, abbi fiducia nelle promesse del Signore, apri il tuo cuore al suo Vangelo per rinnovare in modo autentico la vita personale e sociale”. Insomma, Cuba e il Messico ci restituiscono l’orizzonte cattolico, cioè il dinamismo della presenza della Chiesa in un mondo nello stesso tempo più grande e più connesso. E ci ricorda- no che nuovi compiti e nuove opportunità si delineano e le parole e i valori antichi, libertà, verità, carità, speranza, diventano prospettive concrete e compiti stringenti. Proprio questo fondamento, insomma, permette di leggere in modo positivo i mutamenti e starci dentro con fiducia, per arduo che possa essere. beNedetto xvi
Il messaggio dopo il viaggio apostolico in Messico e a Cuba Nella storia con rinnovata fiducia Cuba, 28 marzo: Benedetto XVI incontra Fidel Castro Cultura & Comunicazione 18 8 aprile 2012 L a Biblioteca Diocesana “Raf- faele Ferrigno” di Ostuni organizza, in occasione del- la XIV “Settimana della Cultura” promossa dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in data 14-22 aprile 2012, la mostra “Donne che incidono” con esposizione di te- sti contenenti incisioni di Isabella Piccini, Cecilia Bianchi e Giovanna Pesche (artiste del XVIII secolo). Gli orari di apertura della mostra sono i seguenti: al mattino dalle 9 alle 12; al pomeriggio dalle 17 alle 21. L’ingresso è gratuito. L’evento si propone di: eviden- ziare l’apporto femminile al mondo delle arti visive; far conoscere il pa- trimonio librario della Biblioteca Diocesana di Ostuni; fare un percorso storico/artistico. La mostra sarà caratterizzata da eventi culturali. Sabato 14 aprile alle ore 18.30, avverrà l’inaugurazione con gli interventi della Direttrice, Te- resa Legrottaglie e di Maria Grazia Barnaba e Laura Campa, e a seguire una festa per tutti. Domenica 15 aprile alle ore 18.30, si terrà un incontro culturale/poeti- co, dedicato alla figura femminile, con lo scrittore Damiano Leo (di Ce- glie Messapica) e con il Prof.re Gaetano Scatigna Minghetti (storico di Ceglie Messapica e autore, tra l’altro, di “Per scrivere di Ostuni” - Indagi- ne analogica sugli storici Ludovico Pepe e Pier Fausto Palumbo, 2004). Mercoledì 18 aprile alle ore 19.00, ci sarà un momento dedicato alla musica con due giovani artisti ostunesi: il baritono Carlo Sgura e la flau- tista Stella Beatrice Lotesoriere. Inoltre, ogni mattina, dalle ore 9 alle ore 12, le scolaresche saran- no guidate all’interno dell’esposizione con l’approfondimento delle tecniche artistiche di incisione e stampa.
Alla Biblioteca “R.Ferrigno” Donne che incidono POSTI IN PIEDI IN PARADISO regia:
Carlo Verdone Da oltre trent’anni Carlo Verdone è uno dei più importanti espo- nenti della nostra commedia. È uno di quei registi che ha prose- guito il cammino glorioso della nostra commedia all’italiana de- gli anni Sessanta, rifondandola secondo i canoni di una nuova comicità, legata alla sua fisicità e ai tempi che erano cambiati. La sua maschera è molto distante da quella di Alberto Sordi, il “padre” a cui dice di essersi sempre ispira- to e con cui ha girato anche due film, è meno caustica, aggressiva, cinica, più adeguata a un italia- no medio, ingenuo e “burinotto”, “romano centrico”, che vive nei frivoli anni Ottanta e che sma- schera sempre i nostri vizi, ma con più bonarietà e una vena di malinconia. Dagli anni Novanta in poi lo sguardo di Verdone si è fatto forse più smaliziato e meno ingenuo, visti i tempi sempre più difficili che la nostra società si è trovata a vivere. E oggi racconta una storia molto contemporanea, che rispecchia cioè la confusione, il disagio, le problematiche della nostra realtà, sempre con la sua dose d’ingenuità e con uno sguar- do malinconico ma non rassegna- to o cinico. “Posti in piedi in paradiso” rac- conta la storia di tre padri separa- ti che, tra lavori precari e famiglie da mantenere, non riescono a tirare avanti a fine mese e, quin- di, decidono di condividere un appartamento, per minimizzare i costi. La convivenza forzata li aiu- terà a scoprire tutti gli sbagli fatti, tutti i limiti caratteriali, ma darà loro anche l’occasione per rimet- tersi in gioco. Naturalmente come in tutti i suoi film Verdone si rita- glia un ruolo da protagonista: qui è un ex-produttore discografico di successo, ora proprietario di un negozio di vinili, con una figlia e un’ex-moglie rancorosa a Parigi, che incontra una bellissima ma svampita cardiologa (Micaela Ra- mazzotti) e se ne innamora. L’universo raccontato da Verdone è quello di quarantenni alle pre- se con gli errori commessi, con i conti che non tornano, con un di- sagio esistenziale che forse è frut- to di una vita vissuta s enza gran- di valori da seguire. L’occasione per ritrovarsi è offerta a questi tre personaggi dai loro figli, dalle nuove generazioni, che sembra- no essere decisamente migliori dei loro genitori: ad esempio, la figlia di Verdone che, rimasta in- cinta, decide di tenere il bambino e afferma con forza l’importanza della vita, contro le idee del pa- dre e della madre riluttanti a ve- derla mamma in così giovane età. O come il figlio del personaggio interpretato da Marco Giallini, che si laurea con lode, trova un lavoro, ha una vita sana e stabile a differenza di quella sconclusio- nata del padre. Saranno i giovani, sembra dirci Verdone, a salvarci. Le nuove generazioni che hanno ideali e valori che i loro genito- ri hanno forse perso di vista. Un film interessante, dunque, che fa ridere e riflettere al tempo stesso, con un bel messaggio di speranza finale, e un’opera con cui il comi- co romano torna a raccontare con incisività i propri tempi. Download 0.88 Mb. Do'stlaringiz bilan baham: |
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