Xxxv n° 4 8 Aprile 2012 € 1,00
Roberta e Raffaele Balsamo
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- Bu sahifa navigatsiya:
- Vitantonio Taddeo Segretario generale Fnp Cisl Brindisi Diritti delle Donne, no alle violenze
- Eminenza, come ha accolto la notizia della nomi- na a Cardinale
- Cosa significa, per un uomo originario del sud Italia, essere a servizio della Chiesa universale
- In che modo la Congregazione da Lei guidata può assolvere, oggi, al difficile compito della propagazione della Fede «
- Recentemente Benedetto XVI ha ammesso come “in vaste zone della terra la fede corre il pericolo di spegnersi. Il rinnovamento
- Come vede da lontano la “sua” Chiesa pugliese
- Ci tolga una curiosità. Cosa ha detto il Santo Padre immediata- mente dopo la sua Visita Pastorale compiuta a Brindisi
- Cosa significa lavorare a così stretto contatto con un Pontefice Che Papa è Benedetto XVI
- La Chiesa spesso finisce nell’occhio del ciclone e nelle polemiche mediatiche. I giornalisti, spesso di proposito, fanno sempre più
- Un suo pensiero sui sacerdoti e sul sacerdozio, oggi…
- A non cambiare è il fondamento stes- so e, cioè, che la Chiesa è missionaria per natura…
Roberta e Raffaele Balsamo È grazie ai media che ci perviene la quo- tidiana denuncia di comportamenti discriminanti e vessatori contro la donna in diverse parti del mondo. Nei paesi del Terzo Mondo, molte donne e bambine ven- gono ridotte in schiavitù a scopo di sfrut- tamento sessuale o lavorativo. Le violenze vengono spesso perpetrate direttamente dai soldati occidentali, oppure dalle trup- pe mercenarie pagate dai governi, come se ciò facesse parte dell’ingaggio: gruppi di guerriglia in Congo, in Somalia, in Etiopia, in Nigeria, in Liberia e in molti altri paesi africani, pagati dagli Usa, quotidianamen- te compiono stupri e violenze di ogni ge- nere contro le donne. La “globalizzazione”, impoverendo molti paesi, ha prodotto il fenomeno della tratta e riduzione in schia- vitù delle donne. Molte donne, spesso gio- vanissime, vengono adescate con la pro- messa di un posto di lavoro, ma una volta uscite dal loro paese vengono violentate, schiavizzate, costrette a un’esistenza da in- cubo e inserite nel giro della prostituzione. Anche la nostra cultura occidentale non è esente da ciò. La propaganda mediatica, punta a convincere che la donna occiden- tale gode degli stessi diritti dell’uomo, per scoraggiare ogni lotta per un’effettiva pa- rità. Mentre la cultura islamica nasconde la donna o la isola socialmente, la cultura occidentale tende a denigrarla, e a farla apparire come oggetto sessuale o merce. In entrambi i casi si tratta di culture ma- schili e maschiliste, che temono gli aspetti femminili dell’essere umano, come l’intui- to, la crescita emotiva e la creatività. Per dirla con Giovanni Paolo II: “La società, la politica e la Chiesa sono più povere se non sono in grado o se si oppongono alla pie- na valorizzazione delle donne, quel “genio femminile” che opera nella società e nella Chiesa, nella dimensione di una quotidia- nità orientata al futuro, capace di inventa- re nuovi gesti. In Italia persistono ancora disparità fra uomo e donna. Le donne sono discriminate nel lavoro, nella società e il più delle volte anche in famiglia. Esse lavorano con salari più bassi e meno possi- bilità di carriera. Negli ordini professionali o nei posti di comando le donne sono po- chissime, così come nel settore della politi- ca e della burocrazia. Le donne lavorano in quelle mansioni che richiedono bella pre- senza, aspetto fisico, oppure nelle mansio- ni più umili, come nelle pulizie o nell’assi- stenza agli anziani. Nel resto dell’Europa e negli Usa c’è una situazione analoga, anche se l’occupazione femminile è più elevata e ci sono più donne nelle posizioni di presti- gio. La donna che riesce a conquistare po- sizioni di prestigio nel mondo del lavoro, spesso sacrifica il desiderio di formarsi una famiglia, oppure, se decide di averne una, deve necessariamente delegare a qualcun altro la cura dei propri figli e la gestione della casa, mancando una serie di servizi sociali che consentano di far fronte agli impegni familiari. La legge ha equiparato nel lavoro uomini e donne ma non ha can- cellato le differenze di fondo che esistono tra i due sessi sul piano umano, culturale, psicologico e sociale. Il congedo parenta- le è previsto per ambedue i genitori, ma scarsamente utilizzato dagli uomini. Il vero problema non è infatti quello di agevolare le donne rispetto agli uomini, quanto quel- lo di tutelare la famiglia, assicurando le condizioni indispensabili al suo benessere. Certo nessuna legge, per quanto ardita, po- trà essere sufficiente a modificare il modo arcaico di concepire rapporti e ruoli Ma proprio le difficoltà incontrate hanno reso le donne forti e oggi sono forse abbastanza mature per cambiare i tempi e contribuire alla costruzione di un società a dimensio- ne più umana. E’ ritornato di grande at- tualità il tema sulle dimissioni in bianco. Il rapporto di lavoro “nel caso di gravidanza potrà essere risolto di diritto, senza alcun compenso o indennizzo”. La maternità è un diritto, non un lusso, né un valore da mediare, subendo il ricatto. La collettività deve tutelare il diritto d’essere madre. La Festa della donna dovrebbe essere l’oc- casione per parlare di lavoro femminile, di diritto al lavoro, di lavoro tutelato, in un’ Italia in cui riesce a lavorare meno del 50% delle donne, e non l’occasione di puro stampo consumistico e commerciale. Dare questo significato alla festa significa dare dignità alla donna, non solo per un giorno ma ogni giorno dell’anno. Quindi al diavolo la festa della donna e viva le donne sempre! Quanto alla delica- ta questione del femminicidio e del femi- cidio, si registra la violenza come prima causa di morte e di invalidità per le donne tra i 15 e i 44 anni : ancor più del cancro, della malaria, degli incidenti stradali e per- sino della guerra. Le donne, nei luoghi di lavoro, sono più esposte al fenomeno del bullismo o delle molestie, alle attenzioni sessuali indesiderate e alla discrimina- zione sessuale. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, almeno 1 donna su 5 ha subito abusi fisici o sessuali da par- te di un uomo nel corso della sua vita. E, come si può verificare aprendo le pagine di cronaca dei quotidiani, il rischio mag- giore è rappresentato dai familiari, mariti e padri, seguiti a ruota dagli amici: vicini di casa, conoscenti stretti e colleghi di la- voro o di studio. Lo scenario “prediletto” resta, quindi, quello delle mura domesti- che, in famiglia, perché, come sostengono psichiatri e specialisti di vario genere, è in questi ambienti che “i freni inibitori scom- paiono, in quanto la capacità di controllare le passioni funziona di meno”. La famiglia uccide, così, più della mafia. Il fenomeno della violenza alle donne ha dimensioni tali che non può essere considerato solo un problema di ordine pubblico, come nel caso della prostituzione, o un fatto privato, come nel caso della violenza domestica. Si tratta, invece, di una vera e propria piaga sociale che ancora una volta richiama la centralità dell’aspetto culturale. L’assenza di dibattito su tali argomenti alimenta la disinformazione, non rende libere e deter- minate le donne di denunciare, accresce l’omertà, radica la cultura della violenza e della discriminazione. La famiglia, la scuo- la, la Chiesa, le Istituzioni tutte sono chia- mate a cooperare per accrescere la sensi- bilità e la consapevolezza che solo tutti ed insieme si possa debellare la mala pianta della violenza e della sottomissione .Oc- corre una grande opera di “manutenzio- ne educativa”, partendo dagli adolescenti, educandoli al rispetto della vita, al rispetto della donna, intesa persona e non “bene di consumo”, come la pubblicità, ed i mass media trasmettono ed impongono. Anche il Sindacato e nello specifico il Sindacato dei pensionati FNP/CISL non solo per gli aspetti retribuivi e di tutela del lavoro, può svolgere e deve svolgere un ruolo di gran- de sensibilizzazione e di denuncia.
S peciale I l 18 febbraio scorso si è tenuto il concistoro pub- blico nel corso del quale papa Benedetto XVI ha creato 22 nuovi cardinali. Tra i neo porporati vi è anche l’arcivescovo Mons. Fernando Filoni, pugliese, originario della diocesi di Nardò-Gallipoli, attuale Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli. Il neo cardinale ha rilasciato a Fermento un’intervista esclusiva, nella quale vengono appro- fonditi molteplici aspetti legati alla vita e alla missio- ne della Chiesa.
«La Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, fin dalla sua fondazione (1622), ha avuto a capo dei Cardinali; la mia nomina è in questa logica. Si tratta infatti di un Dicastero che i Sommi Pontefici, dal tem- po di Urbano VIII, hanno voluto che fosse retto da Cardinali. Questo Dicastero è preposto all’opera di propagazione della fede, esercitan- do una straordinaria attività su territori quali l’Africa, l’Asia, l’Oceania e parte dell’America. Dunque la notizia era per così dire nell’aria, ma a livello personale mi ha egualmente impressionato pensando alla benevolenza del Santo Padre e alle mie povere capacità»
«Come uomo del Sud sono contento di poter servire la Chiesa Uni- versale. Ciò che conta è avere a cuore il servizio di Dio, dei fratelli e della Chiesa; un servizio fatto con amore e dedizione. Un vero servi- zio sacerdotale e umano».
liardi di persone, di cui la metà sono Cattolici. Mentre cinque miliar- di non conoscono il Vangelo e la salvezza portata da Cristo. Anche oggi Cristo ha una parola buona per l’uomo di oggi, per lui ha un gesto di carità e di salvezza, anche a lui parla del senso della vita e dell’amore di Dio per lui. È un compito certo difficile, ma noi siamo strumenti. Non dimentichiamo che lo Spirito Santo è autore della fede e noi possiamo contare sulla grazia che Egli dona». Recentemente Benedetto XVI ha ammesso come “in vaste zone della terra la fede corre il pericolo di spegnersi. Il rinnovamento della fede deve quindi essere la priorità nell’impegno della Chie- sa intera ai nostri giorni”. La aspetta un bel lavoro… «In verità quanto il Papa ha detto si riassume in una breve simili- tudine di Gesù (cfr. Mt 5, 13): “Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore … a null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini”. Sembra di poter dire che larghe porzioni di cristiani perdano o abbiano perso il proprio “sapore” di cristiani. Ma non è un problema solo di oggi. Pensiamo ad esempio allo sfor- zo dei Profeti di riportare il cuore di Israele a Dio nel corso dei se- coli antichi; pensiamo come in duemila anni la Chiesa abbia dovuto impegnarsi a tenere desta la fede nei battezzati; pensiamo all’opera di tanti Santi: San Lorenzo da Brindisi, San Giuseppe da Coperti- no, San Pio da Pietrelcina, ecc. L’opera di Dio non è completata e ci vuole l’impegno di tutti. Non è un’opera per “soli preti e suore”, ma è un’opera a cui sono chiamati tutti i cristiani. Chi non si coinvolge sta alla finestra solo per criticare. Bisogna “sporcarsi” le mani nell’evangelizzazione a comincia- re dall’infanzia dei nostri figli».
«È una Chiesa viva, generosa, forse bisognosa che i laici si impegnino di più e assumano dei ruoli vitali».
«Credo che la Chiesa in Italia compia uno sforzo di eccellente maturità: guardiamo ad esempio all’impe- gno nella carità, nella solidarietà, nell’aiuto ai paesi più poveri. Pensiamo all’opera dei nostri missiona- ri e laici in Africa, Asia, America Latina, come pure nell’accoglienza ai provenienti da quei paesi e non solo a livello sociale, ma anche a livello di studio, di formazione culturale e religiosa».
«Il Papa era molto contento. La vista e la presenza di tanti giovani lo aveva assai impressionato: “Che vivacità” disse, “questi giovani mo- strano che amano la Chiesa”. Cosa significa lavorare a così stretto contatto con un Pontefice? Che Papa è Benedetto XVI? «È una grazia, è un dono della Provvidenza. Benedetto XVI è un uomo di straordinaria umanità, un sacerdote dal cuore d’oro, un te- ologo che ha la visione seria e profonda dei problemi della Chiesa e del mondo. È un Pastore, che Dio da sempre ha pensato per il bene della Chiesa e del mondo». La Chiesa spesso finisce nell’occhio del ciclone e nelle polemiche mediatiche. I giornalisti, spesso di proposito, fanno sempre più confusione, per esempio tra Cei e Vaticano, tra Diocesi e Congre- gazioni vaticane, tra Ici e privilegi... Ritiene efficace la strategia di comunicazione posta in essere da Papa Benedetto XVI? In che modo il Papa vive queste vere e proprie “persecuzioni”? «Non è la Chiesa nell’occhio del ciclone. Sono gli uomini che, per i propri interessi, generano “pressioni” e “depressioni”. Non credo che i media, se ci fossero stati al tempo di Gesù, non avrebbero fatto lo stesso. È il messaggio della Chiesa che ad alcuni “va bene” o per al- tri “non va bene”. Normalmente anche gli uomini di Chiesa possono sbagliare. Ma la confusione che spesso si crea non è accettabile, tan- to più se è generata da ignoranza o pressapochismo». Un suo pensiero sui sacerdoti e sul sacerdozio, oggi… «Essere preti oggi non si diventa per consuetudine o per risolvere il proprio futuro. Essere preti esige impegno e generosità. Chi pensa ad una vita facile è fuori via. Essere preti è un valore profetico a motivo della missione che si assume e per via del celibato che uno libera- mente accetta. Vale sempre la proposta di Gesù ai suoi discepoli: “Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua … chi perderà la propria vita per causa mia, la tro- verà” (Mt, 16, 24-25)».
«L a missione ad gentes è, in- nanzitutto, obbedienza allo stile e alla Parola di Gesù. Lui stesso non è mai rimasto nello stesso po- sto; anche quando gli Apostoli lo hanno invitato a rimanere a Cafarnao, lui ha ri- sposto: “Andiamocene altrove”. Questo aspetto, del partire e dell’andare, per- corre il Vangelo dalla prima fino all’ul- tima pagina e rappresenta la spinta nei confronti della missio ad gentes, andare alle genti». A spiegarlo è don Gianni Ce- sena, direttore dell’Ufficio Nazionale per la cooperazione missionaria tra le Chie- se e direttore generale della fondazione “Missio”. Quando si parla di missio ad gentes oggi, però, occorre fare delle precisazioni, perché, come sottolinea don Gianni, «le genti non sono più connotate solo dal punto di vista geografico, cristiani e non cristiani sono perfettamente mescola- ti, tanto nel mondo di antica cristianità (l’Europa e l’America del Nord), quanto nel mondo che, una volta, chiamavamo missionario (Africa, Asia e America lati- na). Questa mescolanza indica che cam- biano un po’ i connotati della missione, ma non termina l’idea dell’andare». Anzi, «è quanto mai necessario che an- cora oggi, uomini e donne accolgano la vocazione del Signore per partire verso altri popoli e altre culture per portare l’annuncio della fede», precisa il diretto- re di “Missio Italia”. A non cambiare è il fondamento stes- so e, cioè, che la Chiesa è missionaria per natura… «Se rileggiamo la storia della Chiesa, no- tiamo come la realizzazione della mis- sione sia sempre mutata. Le parrocchie, per esempio, oggi sembrano ripiegar- si su se stesse e assorbire le energie dei praticanti, ma all’inizio furono promosse proprio perché dalla città il vescovo non poteva garantire l’annuncio se non in- viando presbiteri alle regioni più lonta- ne: così sono nate le parrocchie, stazioni missionarie nei villaggi fuori dalle città. Oggi, dopo tanti secoli, nei villaggi afri- cani dove manca il prete, la stessa pre- senza dei cristiani è missionaria, capace di portare il vangelo e annunciarlo ad altri. Si possono moltiplicare gli esempi di cambiamento delle modalità concrete di realizzare la missione, ma sempre la Chiesa ha ritenuto di essere missionaria. Lo è anche oggi, nell’epoca della globa- lizzazione, dove la missione si attua nella sua maniera più raffinata che è l’incon- tro personale a tu per tu, l’incontro mis- sionario possibile a ogni cristiano. La co- munità cristiana, che vive al suo interno la carità, è una comunità che attrae; deve esserlo non tanto per il calore che esau- risce al suo interno, quanto per l’esem- pio e la testimonianza di fraternità che mostra al di fuori». continua alla pagina successiva esclusiva Nostra intervista al cardinale Filoni, Prefetto di Propaganda Fide Avere a cuore il servizio a Dio, ai fratelli, alla Chiesa iNTeRvisTa Don Cesena
S peciale 8 aprile 2012 12 S peciale 8 aprile 2012 13 C inque anni fa iniziava l’avventura dorotea in terra d’Al- bania, in un Paese che nel 1991 si apriva finalmente alla libertà e alla fede calpestate da un duro regime comu- nista. A me che, insieme a tanti volontari brindisini, avevo do- nato aiuto e accoglienza agli albanesi in fuga dal loro Paese e approdati al porto di Brindisi, è sembrato un sogno oltrepassa- re il mare per poter condividere, in loco, la situazione di tante famiglie povere che vivono soprattutto nei villaggi e nelle peri- ferie di città. L’Albania è uno dei Paesi più poveri dei Balcani, segnato da una storia di dominazione turca durata quasi 500 anni e da una dittatura comunista durata 50 anni. Nel 1967 il presidente, dit- tatore Enver Hoxha, aveva proclamato l’Albania “Primo stato ateo al mondo”. Seguirono tempi di persecuzione indescrivibili. Le sofferenze subite hanno avuto le sfumature più atroci sino a giungere al soffocamento dell’identità umana. Ogni pratica re- ligiosa, anche privata, veniva considerata un crimine e punita con carcere duro, torture e morte. 137 sono i martiri albanesi: ortodossi, musulmani e, in maggioranza, cattolici tra cui anche un Gesuita italiano: Giovanni Fausti. Volendo costruire l’uomo nuovo, il dittatore e i suoi collaboratori hanno combattuto Dio, hanno distrutto la persona rendendola povera di speranza, in- capace di fiducia reciproca e di collaborazione. Giovanni Paolo II, nella sua visita in Albania nel 1993, ebbe a dire: “Quello che è avvenuto in Albania è qualcosa di mai re- gistrato nella storia… Uomini privati di tutto, spogliati persino della loro stessa umanità”. Questa forte repressione comunista, soprattutto verso i catto- lici e il clero, ha indebolito molto la comunità cristiana raffred- dando i migliori sentimenti religiosi. Questo si nota soprattut- to nell’età media, spiega don Gjergj, sacerdote albanese, arco di età lontana spiritualmente dalla religione pur conservando una certa riverenza e rispetto per le proprie tradizioni. Sono, generalmente, i genitori dei figli tra i 10 ai 25 anni che si dico- no di tradizione cattolica solo perché ereditata dai loro ante- nati, ma non conoscono quasi nulla di Gesù e, tanto meno, la ricchezza della Sua Parola. Educati e formati nelle scuole del regime, hanno difficoltà ad accettare un discorso religioso: ra- ramente si vedono in chiesa, non mostrano interesse per i sa- cramenti anche se in famiglia si celebrano le grandi feste reli- giose compresa quella del patrono. Questo è avvenuto anche per gli aderenti alla religione musulmana e ortodossa combat- tute ed educate nelle stesse scuole. I musulmani, in Albania, sono la maggioranza, il 70%; gli Or- todossi sono il 18%, mentre i cattolici il 12%; ci sono anche tante Sette accolte senza nessun discernimento. Le tre Religio- ni convivono con una certa armonia: stessa mentalità, stesse tradizioni, ci si sposa con un rito popolare tra cattolici e mu- sulmani, senza alcun problema o pregiudizio, ma ognuno re- sta radicato nella propria religione, ereditata più che scelta e vissuta,vivendo in una pacifica convivenza. Da sottolineare, però, la grande devozione a Madre Teresa che, in questa terra, ha incarnato la speranza; è amata e venerata da tutti persino dai mussulmani che si ritengono orgogliosi di essere albanesi come lei. In questo contesto storico e religioso si è inserita la prima comunità religiosa Dorotea composta da suor Giuseppina Cappelletti, suor Chiara Pietta e da Suor Annassunta Guerini. Attualmente risiede a Suc, sulle montagne del Mat, al confine con la Macedonia, territorio della diocesi di Rreshen, in uno dei 12 centri pastorali che la CEI ha offerto all’Albania nel 2000. La comunità facendo tesoro della realtà che incontra ogni giorno, dello studio della lingua, della storia e delle tradizioni di questo popolo, con il desiderio di incarnarsi sempre più in un contesto sociale, culturale e religioso diverso dal proprio, assunto senza pregiudizi, ma con amore, dedica la sua cura, la sua attenzione soprattutto ai bambini, ai giovani, alle donne che vivono ancora situazioni di emarginazione, di disagio e di povertà. Settimanalmente si reca nei villaggi di Baz e di Reth- baz per un cammino di catechesi per bambini e adolescenti di famiglie cattoliche rifugiatesi sulle montagne per sfuggire alla dominazione turca. Nella città di Burrel, dove gli abitanti sono il 99% di tradizione musulmana, ha avviato un doposcuola per i bambini più poveri dopo aver preso i contatti con il Sindaco, il Provveditore agli studi e alcune insegnanti, tutti di tradizione musulmana, ma che ci accolgono con rispetto, con riverenza pur sapendo che siamo religiose cattoliche, così pure le fami- glie, tutte musulmane, ci affidano i loro bambini senza alcun problema. La comunità tiene i vivi i contatti anche in diocesi nella commissione della pastorale giovanile e catechistica cre- ando rete con le realtà pastorali presenti e con le comunità re- ligiose ed educative. In collaborazione con suor Imelda Poole sta muovendo i pri- mi passi nell’associazione “URAT” (i ponti) contro il traffico e lo sfruttamento della donna e dei minori, piaghe che colpisco- no ancora oggi. Cammini di solidarietà, di fede, di speranza avviati e sostenu- ti con grande fiducia, rivolti soprattutto alle nuove generazioni con il desiderio che possano riscoprire e vivere la fede sempli- ce, ma solida che caratterizzava i primi cattolici albanesi e ciò che hanno testimoniato i loro martiri. Con questo sogno, con questo popolo, che ha bisogno di an- nunci di speranza, la comunità continuerà a seminare a largo raggio non preoccupandosi se i semi cadranno tra i rovi, tra i sassi, sulla terra dura o sulla terra buona, ma con la certezza che il Signore saprà far fiorire ogni seme al calore di quell’amo- re che Dio sogna per ogni suo figlio. Download 0.88 Mb. Do'stlaringiz bilan baham: |
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