A. A. 2013-2014 sp 2014 Prof ord. Uberto motta storia letteraria moderna: La letteratura dell’Italia Unita (1861-1968) martedí 17-19h, mis 3026


«Non mi riconosci?» S. Freud, Al di là del principio di piacere, 1921


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«Non mi riconosci?»

S. Freud, Al di là del principio di piacere, 1921

«Empedocle di Agrigento, nato all'incirca nel 495 a.C., si presenta come una figura fra le più eminenti e singolari della storia della civiltà greca. [...] Il nostro interesse si accentra su quella dottrina di Empedocle che si avvicina talmente alla dottrina psicoanalitica delle pulsioni, da indurci nella tentazione di affermare che le due dottrine sarebbero identiche se non fosse per un'unica differenza: quella del filosofo greco è una fantasia cosmica, la nostra aspira più modestamente a una validità biologica. [...] I due principi fondamentali di Empedocle – philìa (amore, amicizia) e neikos (discordia, odio) – sia per il nome che per la funzione che assolvono, sono la stessa cosa delle nostre due pulsioni originarie Eros e Distruzione».

S. Slataper, Il mio Carso (1912)

Vorrei dirvi: Sono nato in carso, in una casupola col tetto di paglia annerita dalle piove e dal fumo. C'era un cane spelacchiato e rauco, due oche infanghite sotto il ventre, una zappa, una vanga, e dal mucchio di concio quasi senza strame scolavano, dopo la piova, canaletti di succo brunastro.

Vorrei dirvi: Sono nato in Croazia, nella grande foresta di roveri. D'inverno tutto era bianco di neve, la porta non si poteva aprire che a pertugio, e la notte sentivo urlare i lupi. Mamma m'infagottava con cenci le mani gonfie e rosse, e io mi buttavo sul focolaio frignando per il freddo.

Vorrei dirvi: Sono nato nella pianura morava e correvo come una lepre per i lunghi solchi, levando le cornacchie crocidanti. Mi buttavo a pancia a terra, sradicavo una barbabietola e la rosicavo terrosa. Poi son venuto qui, ho tentato di addomesticarmi, ho imparato l'italiano, ho scelto gli amici fra i giovani piú colti; ma presto devo tornare in patria perché qui sto molto male.

Vorrei ingannarvi, ma non mi credereste. Voi siete scaltri e sagaci. Voi capireste subito che sono un povero italiano che cerca d'imbarbarire le sue solitarie preoccupazioni. È meglio ch'io confessi d'esservi fratello, anche se talvolta io vi guardi trasognato e lontano e mi senta timido davanti alla vostra coltura e ai vostri ragionamenti. Io ho, forse, paura di voi. Le vostre obiezioni mi chiudono a poco a poco in gabbia, mentre v'ascolto disinteressato e contento, e non m'accorgo che voi state gustando la vostra intelligente bravura. E allora divento rosso e zitto, nell'angolo del tavolino; e penso alla consolazione dei grandi alberi aperti al vento.

G. Papini, Un uomo finito (1913)

Io non son mai stato bambino. Non ho avuto fanciullezza.

Calde e bionde giornate di ebbrezza puerile; lunghe serenità dell'innocenza; sorprese della scoperta quotidiana dell'universo: che son mai? Non le conosco o non le rammento. L'ho sapute dai libri, dopo; le indovino, ora, nei ragazzi che vedo; l’ho sentite e provate per la .prima volta in me, passati i vent'anni, in qualche attimo felice di armistizio o di abbandono. Fanciullezza è amore, è letizia, è spensieratezza ed io mi vedo nel passato, sempre, separato, triste, meditante.

 Fin da ragazzo mi son sentito tremendamente solo e diverso — né so il perchè. Forse perchè i miei eran poveri o perchè non ero nato come gli altri ? Non so : ricordo soltanto che una zia giovane mi dette il soprannome di vecchio a sei o sett'anni e che tutti i parenti l'accettarono. E difatti me ne stavo il più del tempo serio e accigliato: discorrevo pochissimo, anche cogli altri ragazzi ; i complimenti mi davan noia ; i gestri mi facevan dispetto ; e al chiasso sfrenato dei compagni dell'età più bella preferivo la solitudine dei cantucci più riparati della nostra casa piccina, povera e buia. Ero, insomma, quel che le signore col cappello chiamano un «bambino scontroso» e le donne in capelli «un rospo».

 

Avevan ragione : dovevo essere, ed ero, tremendamente antipatico a tutti. E mi ricordo che sentivo benissimo intorno a me questa antipatia la quale mi faceva più timido, più malinconico, più imbronciato che mai.

Benedetto Croce 1866-1952

1902, Estetica ; 1908, L’intuizione pura e il carattere lirico dell’arte; 1918, Carattere di totalità dell’espressione artistica; 1936, La poesia
  • arte = (1) intuizione pura, (2) attività dello spirito anteriore a ogni logica o ragione o giudizio, (3) forma di conoscenza primitiva e aurorale,(4) espressione e compendio del cuore dell’uomo

  • identità e simultaneità di intuizione ed espressione (o forma) = sintesi a priori

  • autonomia dell’arte >< eteronomia dell’arte (che fa dipendere il valore dell’arte da valori estrinseci come l’edificazione morale, la conoscenza logica, il piacere estetizzante)

  • distinzione di poesia e non poesia (la prima come folgorazione istantanea, come espressione dell’universale che è in noi; la seconda come costume oratorio).

 

Benedetto Croce

  • Filosofia: La logica come scienza del concetto puro, ed. definitiva 1909

  • Storiografia: Storia dell’età barocca in Italia del 1920; Storia d’Italia dal 1871 al 1915, 1928

  • Filologia: Lirici marinisti, 1910

  • Critica letteraria: Ariosto, 1920

  • Autobiografia: Contributo alla critica di me stesso, 1918 (con una finale postilla del 1950)





B. Croce, Contributo alla critica di me stesso, 1918








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