A. A. 2013-2014 sp 2014 Prof ord. Uberto motta storia letteraria moderna: La letteratura dell’Italia Unita (1861-1968) martedí 17-19h, mis 3026


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1903-1925 La poesia

1903 Govoni, Armonia in grigio et in silenzio

1907 Gozzano, La via del rifugio

1910 Moretti, Poesie scritte col lapis; [Palazzeschi, L’incendiario]

1911 Gozzano, I colloqui; Moretti, Poesie di tutti i giorni; Sbarbaro, Resine; Saba, Poesie

1912 [Fòlgore, Il canto dei motori]

1913 Rebora, Frammenti lirici

1914 Campana, Canti orfici; Sbarbaro, Pianissimo; Bacchelli, Poemi lirici; [Marinetti, Zang Tumb Tumb]

1915 [Govoni, Rarefazioni e parole in libertà]

1916 Cardarelli, Prologhi; Ungaretti, Il porto sepolto

1918 Boine, Frantumi

1919 Ungaretti, Allegria di naufragi

1920 Cardarelli, Viaggi nel tempo

1921 Saba, Canzoniere

1922 Rebora, Canti anonimi

1925 Montale, Ossi di seppia



I poeti del Novecento: le generazioni (O. Macrì, Le generazioni nella poesia italiana del Novecento, 1953)

  • I generazione: autori nati tra il 1883 e il 1890

G. Gozzano e gli altri poeti crepuscolari

D. Campana (CO 14), C. Rebora (FL 13), C. Sbarbaro (P 14),

U. Saba (C 21), V. Cardarelli (P 16), G. Ungaretti (PS 16), A. Palazzeschi
  • II generazione: autori nati tra il 1894 e il 1901

E. Montale (OS 25), S. Quasimodo (AT 30), C. Betocchi (RVS 32), S. Solmi
  • III generazione: autori nati tra il 1906 e il 1914

S. Penna, C. Pavese (LS 36), L. Sinisgalli (CE 39), A. Gatto, A. Bertolucci, G. Caproni, V. Sereni (F 41), M. Luzi (B 35), P. Bigongiari
  • [IV generazione: autori nati tra il 1921 e il 1928]

A. Zanzotto (DP 51), G. Orelli, P.P. Pasolini (MG 54), G. Giudici, L. Erba, B. Cattafi
  • [V generazione: autori nati tra il 1930 e il 1935]

A. Rosselli (VB 64), E. Saguineti (L 56), G. Raboni (CV 66), A. Porta

Guido Gozzano, 1883-1916

Il suo verso, e in particolare l’endecasillabo, in cui fa le sue prove migliori, applica una sonorità dannunziana e una dilatazione pascoliana (nel senso che fu definito dal Serra) a una materia prosaica che non esclude affatto, nel suo caso, la partecipazione al canto. Con questo, va tuttavia ridotto il credito fatto un po’ troppo corrivamente alla tecnica del Gozzano […]: il suo lassismo nel computo delle sillabe, nell’esattezza delle rime, nell’obbedienza agli schemi formali indica che con questo poeta d’innegabile dono si è avuta, rispetto ai maestri, e soprattutto rispetto al Pascoli, una netta discesa culturale; che fu una componente non trascurabile, se pur preterintenzionale, della fortuna del verso libero in Italia. […] Ma dov’è lo stimolo poetico del Gozzano? Egli rappresenta, con molta compiacenza verso se stesso, la sua parte di morituro, costretto a viaggi esotici per scansare il viaggio definitivo, fissato nel suo ruolo, se non d’infante come il Corazzini, di goliardico adolescente, di eterno amatore di «cameriste», sartine e anche (cinicamente) «signorine»; ma lo schermo, non tragico bensì elegiaco e non privo di voluttà, della morte intercala una certa distanza rispetto al presente e gli contente di fruirlo solo come deposito di passato o come aggancio a «ipotesi» future o immaginarie.

(da G. Contini)

G. Gozzano, La signorina Felicita ovvero la felicità (in I Colloqui, 1911), vv. 1-24

10 luglio: santa Felicita

Signorina Felicita, a quest’ora scende la sera nel giardino antico della tua casa. Nel mio cuore amico scende il ricordo. E ti rivedo ancora, e Ivrea rivedo e la cerulea Dora e quel dolce paese che non dico.   Signorina Felicita, è il tuo giorno! A quest’ora che fai? Tosti il caffè, e il buon aroma si diffonde intorno? O cuci i lini e canti e pensi a me, all’avvocato che non fa ritorno? E l’avvocato è qui: che pensa a te.

vv. 1-2, V. Sereni, Concerto in giardino, in Frontiera 1941: «A quest’ora / innaffiano i giardini in tutta Europa»

v. 5, G. Carducci, Piemonte, in Rime e ritmi 1899: «Ivrea la bella che le rosse torri / specchia sognando a la cerulea Dora»

v. 6, dolce paese in Carducci e Pascoli  

C. Rebora, da Frammenti lirici, 1913

O carro vuoto sul binario morto, ecco per te la merce rude d’urti e tonfi. Gravido ora pesi sui telai tesi; ma nei rantoli gonfi si crolla fumida e viene

annusando con fascino orribile la macchina ad aggiogarti. Via dal tuo spazio assorto all’aspro rullare d’acciaio al trabalzante stridere dei freni, incatenato nel gregge per l’immutabile legge del continuo aperto cammino:

Mario Sironi, Periferia, 1922, Collezione privata



Camillo Sbarbaro, da Pianissimo, 1914

Padre che muori tutti i giorni un poco, e ti scema la mente e più non vedi con allargati occhi che i tuoi figli, e di te non t'accorgi e non rimpiangi, se penso la fortezza colla quale hai vissuto, il disprezzo ch'hai portato a tutto ciò che è piccolo e meschino, sotto la rude scorza l'istintiva poesia della tua anima, il bene ch'hai voluto alla tua madre, a tua sorella ingrata, a nostra madre morta, tutta la vita tua sacrificata, e poi ti guardo così come sei io mi torco in silenzio le mie mani. Contro l'indifferenza della vita vedo inutile anch'essa la virtù, e provo forte come non ho mai il senso della nostra solitudine. Io voglio confessarmi a tutti, padre che ridi se mi vedi e tremi quando d'una qualche attenzion ti faccio segno, di quanto fui vigliacco verso te. Benché il rimorso mi si alleggerisca che più giusto sarebbe mi pesasse inconfessato sempre sopra il cuore.


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