Studio di fattibilità per la fusione dei Comuni di


dichiara e si chiarisce quali servizi dovranno essere garantiti e come


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dichiara e si chiarisce quali servizi dovranno essere garantiti e come 
saranno organizzati. 
Non tralasciamo la considerazione importante dell’ultimo paragrafo a pag. 15, 
la quale giustamente evidenzia che, anche con il processo di fusione rimarrà 
nei nostri territori una “ridotta capacità insediativa a fronte di un territorio 
ampio da amministrare” con la conseguenza evidente che vi sarà certamente 
L’analisi di benchmarking consente 
di orientare le future scelte 
organizzative e di gestione secondo 
dei modelli consolidati. 
Le caratteristiche territoriali e la 
ridotta densità demografica 
costituiscono gli aspetti di peculiarità 
di questi territori, che ovviamente 
non cambieranno con la fusione. 
Compito del nuovo comune sarà di 
meglio gestire i servizi proprio 
partendo da questo dato 
caratteristico. 
 
 
 
 
La fusione di comuni renderà più 
agevole l’insediamento delle nuove 
realtà produttive quando il contesto 
economico potrà ripartire in quanto 
semplificherà gli adempimenti 
amministrativi oggi differenziati per 
ciascuno dei sei comuni. 
 
Si ritiene di aggiungere tale 
considerazione al punto 2.3 dello 
studio di fattibilità.
 
 

Allegati – A.7 Le osservazioni al progetto di fusione dopo la I° fase di adozione  
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una maggiore incidenza dei costi di alcuni servizi (pag. 16). Ecco uno 
svantaggio della fusione, una criticità sicuramente destinati a rimanere e lo 
studio, in questa fase,  non propone soluzioni alternativa! 
Lo studio propone previsioni ottimistiche di incremento demografico solo se 
“… i previsti investimenti produttivi troveranno un più favorevole 
contesto economico rispetto alla grave congiuntura alla quale stiamo 
assistendo”. Ma allora se la questione dipende dalla congiuntura economica i 
vantaggi in caso di ripresa, toccherebbero anche ai singoli comuni senza 
necessità di fusione!! Ed infine, per ora lo studio non ci propone alcun 
modello, numeri alla mano, di come concretamente potrebbero svilupparsi le 
attività produttive, industriali, artigianali, ecc. all’interno dei confini del nuovo 
ipotetico ente. 
Tipologia e articolazione delle attività produttive – Struttura 
dell’occupazione 
E’ certa l’omogeneità (con qualche riserva: Arquà è decisamente più sviluppata 
dal lato degli insediamenti produttivi rispetto a Frassinelle!!!) delle 
caratteristiche economiche dei 6 comuni, ma il dato generale non è affatto 
positivo: tutti e sei i comuni, non sono comuni ad alto sviluppo economico. La 
ricerca condotta dalla Cciaa di Rovigo denuncia il fatto che, TRA GLI 
ALTRI, un punto di debolezza che impedirebbe lo sviluppo economico delle 
nostre zone, sia la “frammentazione, non coesione, non cooperazione, bassa 
propensione all’investimento, rigidità della spesa, debole impegno per lo 
sviluppo” che costituirebbero i limiti degli enti locali (ma si riferisce solo ai 
comuni o anche alla provincia??). Ritengo di dover evidenziare che i suddetti 
limiti abbiano particolarità più soggettive che oggettive: la scarsa propensione 
all’investimento, che caratterizza l’intero polesine, non dipende da quanto 
denaro dispongo, ma da quali idee e progetti vorrei veder realizzati! La 
frammentazione e la mancanza di coesione fa pensare più a “campanilismi 
arbitrari soggettivi” che a circostanze oggettive: se si vuol cooperare lo si può 
fare e gli strumenti obbligatori e non, ci sono sempre stati. Se la nostra è 
un’area “sottosviluppata” non è certo perché ci sono comuni di ridotte 
dimensioni come il nostro: l’economia generale e le scelte 
politico/amministrative, che non si rinnovano da decenni, non hanno peso sotto 
questo profilo?? Se gli enti locali non “funzionano bene”, non è certo con la 
fusione che le inefficienze diventano efficienze, e non può essere essa sola 
l’elemento di attrazione per gli imprenditori in cerca di nuovi insediamenti 
produttivi. Comunque è bene non disperare: in linea  teorica tutto è possibile 
ma sulla certezza della positività dei risultati vi sono forti dubbi. 
Buon lavoro conoscitivo ma di sola superficie ci offre lo studio nel proporci 
l’ulteriore grafico sull’occupazione. Ma a quali considerazioni porta? Quali 
informazioni ci offre per le valutazioni che dovremmo fare? 
L’analisi sulla struttura 
occupazionale offre una ulteriore 
conferma della omogeneità del 
tessuto sociale oggetto del processo 
di fusione.  
 
 
 
 
Si ritiene che detta 
considerazione non comporti una 
modifica allo studio di fattibilità.
 
Servizi scolastici, socio sanitari e assistenziali, servizi culturali, ricreativi e 
religiosi. 
E siamo al nocciolo della questione: la capacità degli enti locali di garantire i 
servizi essenziali ai cittadini. I servizi generali istituzionali quali tenuta paghe, 
anagrafe, ragioneria e tributi, segreteria, polizia locale, ad esempio, 
coinvolgono il cittadino con quali frequenze? Nessuna statistica viene resa 
nello studio di fattibilità. Ma é evidente che quando si parla di servizi al 
cittadino il riferimento é necessariamente a quelli con i quali ciascun cittadino, 
nella sua diversa collocazione civica, si confronta e con i quali vive 
quotidianamente: scuola, mense scolastiche, sanità, trasporti, rifiuti, assistenza 
sociale, associazionismo, sport, cultura, sicurezza, ambiente...  
L’unica tabella evidenziata dallo studio, inserisce in una griglia lo stato di fatto 
delle realtà di servizi esistenti, e anticipa che vi è la “precisa volontà di non 
ridurli”. Perché non si sono indicati i numeri anche per quest’analisi?  
Ritengo improprio inoltre considerare tra i servizi forniti dall’Ente l’acqua, il 
gas, le ferrovie…. Polesine acque riguarda l’intero polesine, Enel gas la 
nazione….  
Se lo stato delle cose, la distribuzione dei servizi non cambia, anzi 
garantirli su un territorio più vasto potrebbe far aumentare i costi, perché 
devono fondersi i Comuni?? E qualora dovesse essere necessario 
È difficile immaginare che i servizi ai 
cittadini possano in futuro essere 
garantiti con organici che nella 
migliore delle ipotesi superano di 
poco la decina di unità. La riduzione 
progressiva del numero dei 
dipendenti e l’aumentata richiesta di 
specializzazione delle prestazioni 
impongono delle scelte; la fusione è 
la risposta più conveniente. Le 
alternative sono costituite 
dall’obbligo di convenzione o 
Unione. 
Si condivide l’osservazione che 
decentrare i servizi costa di più che 
non accentrarli, ma ciò non tiene 
conto dell’utilizzo più razionale degli 
spazi operata da tale scelta. Le 
alternative sono lasciare tutto com’è 
ora (impossibile per legge dal 

Allegati – A.7 Le osservazioni al progetto di fusione dopo la I° fase di adozione  
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rimodulare sul territorio la presenza dei centri di servizi primari (certo 
non sposteremo la ferrovia da Arquà a Villanova…) quale potrebbe essere 
lo scenario ipotizzato dagli amministratori in carica proponenti?  
Disegnare una mappa del grande comune con tutte le ipotesi di distribuzione 
dei servizi essenziali, dei collegamenti viari per raggiungerli, del collocamento 
delle rappresentanze municipali, della sistemazione degli uffici periferici, è 
improponibile per farsi meglio un’idea ora?? Tant’è!! 
Tornando alla questione della competenza di taluni servizi estranea ai comuni 
che dovrebbero fondersi e quindi anche del nuovo ente, lo studio mette in 
evidenza soprattutto quelli scolastici e socio-sanitari, perché, dichiara, sono di 
competenza di altre istituzioni pubbliche! Ma, ad esempio, se è vero che 
l’esistenza o meno del singolo plesso scolastico vengo stabiliti dalle ministero 
della pubblica istruzione, che definisce i numeri minimi per assegnare le 
cattedre, o le dirigenze per gli istituti comprensivi, e altrettanto vero che il 
trasporto scolastico, le mense i locali delle scuole e la tipologia dei servizi è 
una decisone politica del Comune. Non dovrebbero nei comuni esistere Scuole 
dell’Infanzia pubbliche e scuole dell’Infanzia paritarie, o comunque se si 
sceglie per le pubbliche, queste dovrebbero avere un dimensionamento 
sufficiente a coprire tutta la domanda delle famiglie, altrimenti in certe zone le 
famiglie avrebbero un certo tipo di servizio, economicamente più vantaggioso, 
e in altre zone, altre famiglie, sempre dello stesso comune, che pagano le stesse 
imposte comunali, dovrebbero farsi carico anche delle rette del servizio 
paritario. Lo stesso vale per i Nidi. Quale è l’indicazione “tecnica” circa 
possibili soluzioni che dà lo studio di fattibilità? Allo stato non ne dà! Si 
dovrebbero sottoporre ipotesi concrete per consentire le valutazioni che 
successivamente porteranno a prendere le decisioni politiche. E’ il caso che 
ai cittadini vengano sottoposti nel dettaglio gli aspetti tecnici sopra portati ad 
esempio per consentire la giusta informazione e la ponderazione della 
decisione in sede referendaria: per le scuole primarie e secondarie, con la 
fusione si potranno garantire gli orari scolastici prolungati alle famiglie che ne 
faranno richiesta? E le animazioni estive, avranno carattere di certezza e 
continuità o saranno differenziate e sporadiche tra “gli ex” comuni?   
Non può essere definita “proposta” il dire che “si lavorerà per garantire a 
tutti i servizi”, bisogna dichiarare fin da ora cosa si vuole andare a fare. 
E il futuro delle biblioteche, dei circoli, delle associazioni? Chi accompagnerà 
e gestire il processo di fusione, ma soprattutto di reale integrazione, tra questi 
attori, che sono ad oggi la vera forza dei piccoli comuni. Non nascondiamoci, 
questa integrazione culturale non è una cosa che si ottiene con una semplice 
delibera, neanche se è una delibera regionale, occorrono idee e progetti e una 
regia organizzativa decisa ma soprattutto impostata sin da ora! Già oggi le 6 
comunità locali sono “ridondanti” di associazioni, che spesso sono in 
competizione più che in collaborazione, sempre pronte a rivolgersi all’Ente per 
ottenere contributi. La fusione non è garanzia automatica di miglioramento 
degli stili di vita e delle prospettive economiche! Lo studio di fattibilità 
dovrebbe essere integrato anche con una analisi dei dati sull’associazionismo 
esistente e sui contributi dati alle diverse associazioni, sulle varie attività 
svolte, sul numero di cittadini coinvolti.  
01.01.2014) o nel recuperare nuovi 
spazi, con nuovi costi, per gli uffici 
centralizzati, spopolando gli attuali 
municipi. 
Si ribadisce che il progetto di fusione 
non mette in discussione i servizi 
oggi esistenti presso i sei comuni, ma 
riesce a destinare delle risorse umane 
ed economiche per garantire e 
potenziare i servizi esistenti. 
 
In merito al potenziamento dei 
servizi si rinvia all’osservazione n. 1. 
 
 
 
 
Si ritiene che dette considerazioni 
non comportino una modifica allo 
studio di fattibilità.
 
Capitolo terzo 
Caratteristiche geografiche morfologiche, ecc. 
Lo studio riguardo alla analisi sulla struttura del territorio e sugli aspetti 
geografici, urbanistici, di viabilità, sul sistema insediativo, residenziale, 
produttivo nonché ambientale, storico culturale ecc., ci offre un riassunto in 
stile enciclopedico che rende dovizia di informazione su ulteriori aspetti della 
realtà in cui viviamo e cioè dei 6 comuni interessati alla fusione. Torna 
praticamente in tutto il capitolo il riferimento al Piano di Assetto Territoriale 
Integrato, quale strumento cardine per il coordinamento dei futuri assetti e 
interventi infrastrutturali del territorio che inizialmente coinvolgeva anche il 
comune di Fratta Polesine, fuori da qualsiasi ipotesi di fusione con i restanti sei 
comuni. Lo studio non specifica se vi sarà e quale sarà l’effetto sugli sviluppi 
futuri che si realizzeranno, sulla base del P.A.T.I. considerata l’assenza di 
Fratta Polesine. Domanda: i dati e le informazioni acquisiti ed elaborati 
I dati del PATI non vengono 
modificati per effetto della fusione e 
mantengono la loro valenza anche 
nei rapporti con Fratta Polesine. 
Si conferma  che l’intero capitolo 
terzo è un sunto della relazione al 
PATI già oggetto di positiva 
approvazione da parte dei Consigli 
Comunali interessati dal processo di 
fusione. 
 
Si ritiene che dette considerazioni 
non comportino una modifica allo 
studio di fattibilità.
 

Allegati – A.7 Le osservazioni al progetto di fusione dopo la I° fase di adozione  
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nella fase di formazione del PATI utilizzati nel presente studio continuano 
ad avere la medesima valenza nel momento dal momento che Fratta non 
fa parte del progetto di fusione? In che modo entra la considerazione sulla 
valutazione ambientale storico culturale e paesaggistica del progetto che non 
comprende Fratta Polesine, il fatto che proprio a Fratta si sia individuata la più 
grande necropoli d’Europa?? 
Le potenzialità future di sviluppo economico, sfrutteranno se si realizzeranno, 
le infrastrutture integrate delle strade, superstrade, autostrade esistenti e future 
eventuali, con il sistema fluviale esistente e attualmente ancora sottoutilizzato. 
L’ulteriore previsione del notevole sviluppo insediativo industriale/logistico e 
dei trasporti porterà come mette bene in evidenza lo studio a un GENERALE 
PEGGIORAMENTO DEI TEMI RELATIVI ALL’ARIA, AL CLIMA, 
ALL’ACQUA, AL SUOLO E AL SOTTOSUOLO.  
Ma si prevede, ancorché venga dichiarato certo, che tale peggioramento non 
sarà eccessivo!!!  
Si appronteranno le misure necessarie per mitigare tale peggioramento 
che, continuerà ad esserci, ma varrà la pena che ci sia, perché si prevede 
un miglioramento della qualità della vita, che attirerà nuove richieste 
residenziali! Urge un chiarimento!! (Sic!) 
Capitolo quarto 
Realtà organizzative ed economico-contabili delle singole Amministrazioni 
Comunali interessate alla fusione. 
I dati relativi all’analisi della fattibilità del progetto rispetto alle dimensioni 
organizzative è sicuramente uno degli aspetti che maggiormente “insidiano” il 
processo di valutazione e giudizio. Lo studio non fornisce neanche in questo 
caso un’idea, un disegno, ancorché indicativo ma chiaro, di quella che 
dovrebbe essere la struttura organizzativa del nuovo Ente: non è chiaro, se il 
decentramento di uffici qualora si arrivi a tale scelta, presso le singole 
municipalità, comporti non tanto contrazioni di spesa ma addirittura maggiori 
costi, dovendo potenziare in tale caso, il numero degli operatori front office.  
In sostanza anche per questo aspetto bisognerà vedere cosa e come in 
futuro, a fusione eventualmente realizzata, decideranno di fare gli 
amministratori. A quel punto sia che si risparmi sia che si spenda di più 
non si torna indietro… 
La riorganizzazione degli uffici è una “necessità reale” anche in assenza di 
fusione tra comuni; ma quali dati si analizzano per decidere il processo e le 
modalità di riorganizzazione? 
Certamente il dato del personale in forza ai 6 comuni è il dato di partenza, ma 
nello studio non si fa riferimento alcuno a dati certi di accesso ai servizi 
comunali (anagrafe, tributi, ecc.) da parte dell’utenza, dando già per scontato 
che dovranno essere mantenute 6 “municipalità”, con i servizi di front office, 
destinati a dare risposte immediate all’utenza debole e/o con ridotte capacità di 
mobilità. 
Per decidere come organizzare l’erogazione di un servizio, è importante 
l’analisi dei dati sull’offerta ma è altrettanto importante se non di più, 
l’analisi dei dati sulla domanda.  
Quale venditore aprirebbe un negozio senza aver capito se e quanta richiesta 
del suo prodotto vi sarà in quella zona?? 
Supponiamo per ipotesi che i numeri di “domanda di servizi” allo sportello 
front office, per l’utenza debole e/o con ridotte capacità di mobilità sia pari a 
8/10 alla settimana, di media tra i sei comuni, l’apertura di uno sportello front 
office, per x ore al giorno e per y giorni alla settimana, con i relativi costi fissi 
(personale, costo ufficio – pulizie, bollette, ecc), quanto costo ogni servizio 
offerto dal comune rispetto alla domanda? E’ stata provata una simulazione 
rispetto ad offrire un servizio a domicilio, che sarebbe di sicuro molto più utile 
proprio all’utenza debole o con difficoltà di mobilità, e permetterebbe la 
riduzione di costi fissi di manutenzione dei front office municipali?  
Lo studio parla di “di benchmarking”, ma nello studio non c’è alcun dato di 
misurazione sul “prodotto” cioé sui servizi “effettivamente” erogati dagli enti; 
azzardare teorie organizzative “strategiche” non serve per dare risposte 
concrete ai cittadini.  
I costi del personale, qualunque sia 
l’organizzazione del nuovo ente, non 
potranno aumentare, quanto piuttosto 
dovranno diminuire, magari sia pur 
lievemente, in adempimento degli 
obblighi di legge. 
L’erogazione dei servizi di front 
office non potrà essere prevista a 
domicilio (tranne l’ipotesi 
dell’assistenza sociale) se non con 
costi molto più ampi rispetto ai quali 
non vi sono nemmeno esperienze che 
consentono una stima. L’accesso ai 
servizi da parte dell’utenza debole è 
invece stimabile prevedendo non 
muti rispetto alla situazione odierna; 
la fusione dovrà garantire una 
apertura al pubblico simile a quella 
attuale. 
Si condivide l’osservazione, già 
insita nello studio, che il front office 
non sarà necessario per l’utenza 
(professionale) delle pratiche 
edilizie; ma questi non sono l’utenza 
debole. 
L’affermazione che le criticità ad 
amministrare non attengono 
all’incapacità degli amministratori 
(una affermazione contraria 
presupporrebbe che vi fossero 
incapacità in tutti e sei i comuni, o 
forse di più, in tutti i comuni che 
pensano alla fusione) fa riferimento 
all’esiguità di questi comuni negli 
organici e nelle disponibilità 
economiche. 
 
 
 
 
 
 

Allegati – A.7 Le osservazioni al progetto di fusione dopo la I° fase di adozione  
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L’affermazione che “le criticità organizzative non derivano 
dall’incapacità di amministrare”, è in questa fase del tutto fuori 
luogo: in nessuna entità per quanto minimamente organizzata da 
persone, si può escludere la responsabilità di chi la governa!! 
Altrimenti le risorse potrebbero gestirsi autonomamente senza 
bisogno dell’amministratore! E dare la colpa asetticamente e senza 
una analisi di cosa succede quotidianamente negli uffici, ai vincoli di 
bilancio sinceramente lascia senza parole! 
Tornando ai dati di misurazione dell’acceso dei cittadini ai servizi, essi sono 
fondamentali, intanto per valutarne il rapporto costo/benefico, e poi per 
valutare la possibilità di offrire servizi “dedicati”, magari a domicilio, che 
creino reale offerta. La tecnologia può aiutare molto in questo senso, ma 
occorre avere un’idea di quello che si intende progettare e programmare.  
Questo vale un po’ per tutti i servizi, anche quelli tecnici, per esempio per le 
pratiche edilizie, i “fruitori” non sono cittadini, ma i professionisti, che non 
hanno certo bisogno della “municipalità” in ogni “ex comune” per operare, se 
la fusione porterà ad avere un unico regolamento, normative valide per tutti, 
con l’ausilio dei servizi informatici, il front office potrebbe risultare superfluo. 

 
Occorre rivedere in modo più puntuale ed attento  lo studio in maniera 
più specifica sui dati comunali, e una indicazione precisa di quali sono 
i servizi front office che si vorranno garantire nelle municipalità.  
Un servizio che riveste grande importanza, in questo periodo, è quello dei 
servizi sociali, che il nuovo Comune dovrebbe gestire (pag. 54 terzultima riga) 
in front office, su ogni municipalità, ma con gestione di un’unica o più 
cooperative? Su questo aspetto servono indicazioni chiare e trasparenti da 
comunicare ai cittadini nelle assemblee e negli incontri di informazione sulla 
fusione, più che i dati percentuali sugli attuali occupati e i loro inquadramento. 
I dati della tabella di pagg. 52,53 3 54, ci danno una panoramica di quelli che 
sono in sostanza tutti i servizi erogati dal comune: i generali di gestione 
dell’ente e i diretti ai bisogni quotidiani dei cittadini. Lo studio “analizza i 
servizi e le possibili nuove soluzioni organizzative che si renderanno possibili 
a seguito della fusione”.  

 
Orbene: nei riquadri relativi ai servizi diretti essenziali  per la 
cittadinanza e cioè nido, scuole, cultura, sport, illuminazione, turismo, 
smaltimento rifiuti, prevenzione, anziani, assistenza sociale, c’è il 
vuoto!  Nessun suggerimento, nessuna proposta, nessuna idea  di  
“soluzione organizzativa” in alcuni casi; qualche dimenticanza in 
altri (il Castello dovrebbe essere inserito con l’Ostello alla voce 
turismo per poterne finalmente realizzate le potenzialità di polo 
attrattivo culturale); approssimazione e rinvii per le successive 
“Verifiche” a quando la fusione sarà del caso realtà per i restanti 
casi
 
Quando si afferma che vi è omogeneità, poi, riguardo alle attuali 
organizzazioni comunali non si fa altro che confermare che le norme che 
regolano queste organizzazioni valgono per tutti i comuni (sic!!): è un dato che 
appare “scontato”,  privo di utilità per le valutazioni che si devono fare. 
Insomma, come detto nello studio, la limitazione delle risorse ha “ingessato” le 
politiche occupazionali dei comuni, ma non è che con la fusione questi vincoli 
non ci saranno più, anzi, la vastità del territorio sarà nuovo elemento di 
criticità, perché le risorse finanziarie non sono erogate sulla base dei km, ma 
degli abitanti, che si fermano a circa 12.000, con la conseguenza che non 
aumenteranno di molto i trasferimenti complessivi. 
La garanzia della conservazione del profilo professionale, o la riqualificazione 
del personale in sovrapposizione è una questione squisitamente “sindacale” che 
non può essere il centro delle decisioni sulla riorganizzazione. Non è pensabile 
che ci sarà “condivisione” del personale su tutto, quindi si potrebbero aprire 
questioni di vertenze sindacali, ecc…  
 
Lo studio pare omettere di dare la giusta evidenza ad altri importanti dati e cioè 
a quelli relativi all’utilizzo di ditte esterne per appalti su interventi durevoli o di 
“consulenze”, che vengono utilizzate per garantire servizi essenziali: è grave, 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Lo studio non ipotizza risparmi sugli 
appalti/esternalizzazioni in quanto 
queste economie di scala, che si 
potranno raggiungere, sono di 
difficile quantificazione e potranno 
essere ottenute in un arco di tempo 
medio, misurato in funzione delle 
scadenze dei singoli contratti. Queste 
economie, una volta conseguite, 
saranno un ulteriore vantaggio 
economico derivante dalla fusione. 
Nelle tabelle delle economie sono 
stati evidenziati alcuni risparmi di 
costi dovuti a esternalizzazioni dei 
servizi che in futuro potranno essere 
eliminati/ridotti. 
 
 
 
Si ritiene che dette considerazioni 
non comportino una modifica allo 
studio di fattibilità.
 

Allegati – A.7 Le osservazioni al progetto di fusione dopo la I° fase di adozione  
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perché da tali dati derivano informazioni su come è stato “organizzato” l’ente.  

 
Lo studio non ci dice nemmeno in via del tutto ipotetica quale potrà 
essere il rapporto tra il nuovo ente e le “consuetudini” degli enti 
comunali ad operare mediante lo strumento dell’appalto e delle 
consulenze. 
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