Studio di fattibilità per la fusione dei Comuni di
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- , questa conclusione deve ritenersi più soggettiva che statistica
- NESSUNA VALUTAZIONE CIRCA GLI EFFETTI CHE SI AVRANNO RISPETTO AL RITIRO DEL COMUNE DI FRATTA
- Per ora possiamo solo pensare che avremo o gli uni o gli altri: nessuna previsione è più azzeccata se non quella del 50 e 50
- Capitolo primo L’ordinamento giuridico.
- La possibilità di eleggere un Sindaco e un Consiglio Comunale in grado di dare delle risposte non mediate con altri comuni, risultato che si otterrebbe con la
- Capitolo secondo Dimensione demografica
- Non si possono fare confronti tra l’esistente e il probabile, se prima non si
PROPOSTA I dati reali dello studio non lasciano molto spazio di manovra. La dislocazione degli uffici nelle sei municipalità è uno spreco di risorse che non potrebbe essere garantito molto a lungo, è meglio fin da ora “progettare” due o tre punti Gli sportelli polifunzionali dove sono stati attuati sono diventati processi irreversibili grazie alla soddisfazione dell’utenza. L’organizzazione del front office e del back office sarà effettuata, anche in questo caso, grazie all’analisi delle best practice. Solitamente l’utenza debole ha pure esigenze semplici nei confronti dei servizi comunali (prendiamo proprio l’esempio dei tributi). Le risposte complesse potranno essere soddisfatte con immediatezza presso la sede del back office o previo differimento di alcuni giorni presso la sede del front office. Si condivide l’obiettivo di informatizzare più possibile i servizi e in tal senso la nuova struttura comunale avrà maggiore possibilità di affrontare le nuove sfide rispetto ai piccoli organici degli attuali comuni; lo studio ha affrontato il tema dell’adeguamento informatico prevedendo una specifica spesa. Non tutto potrà essere erogato a domicilio, come pure l’utenza debole è pure quella che ha minor dimestichezza con l’informatica; per questi motivi si è pensato di mantenere una presenza in tutti gli attuali comuni. Le difficoltà organizzative ci saranno ma le forze sindacali si sono più volte espresse in senso positivo nel voler compartecipare alla ridefinizione del nuovo assetto organizzativo. Non si condivide l’ipotesi di progettare solo 2 – 3 punti dove collocare i servizi essenziali. Si ritiene che dette considerazioni non comportino una modifica allo studio di fattibilità. Allegati – A.7 Le osservazioni al progetto di fusione dopo la I° fase di adozione 117 strategici dove collocare i servizi essenziali, e rispetto all’utenza debole o con difficoltà di mobilità si può pensare a servizi a domicilio o maggiormente informatizzati, che però abbiano la caratteristica di poter essere garantiti nel tempo. Lo sforzo di riorganizzazione dei servizi comunali va rivolto ad un cambiamento radicale tra cittadini e pubblica amministrazione, e si dovrebbe lavorare, collaborando con gli attuali dipendenti per andare in questa direzione, così che almeno le difficoltà e i cambiamenti che il personale dovrà accettare, abbiano almeno come risultato il miglioramento dei servizi, invece di una “diversa” lungaggine burocratica. L’offerta dei servizi I possibili effetti sull’offerta dei servizi, al capitolo quinto, limita il concetto di servizi solo a quelli direttamente e in senso stretto offerti dall’amministrazione, non c’è minimo accenno ad altri specifici e ben importanti servizi che sono in capo ad un Comune. Quindi, fatte salve tutte le perplessità legate all’organizzazione del personale nelle 6 municipalità, del punto precedente, mi chiedo che fine faranno i servizi scolastici, socio sanitari e assistenziali, servizi culturali e ricreativi. In sostanza le scuole con i servizi trasporto pubblico e mensa, gli asili nido, le scuole dell’infanzia, i punti sanità, le biblioteche, gli impianti sportivi, gli auser, le pro loco. Queste sono le realtà che interessano i cittadini, queste le necessità di ogni giorno, questi i servizi che sono, solo in parte, elencati nello specchietto dello studio, come dato attuale, ma non c’è nessuna ipotesi o proposta rispetto al nuovo comune, salvo dire che certi servizi non dipendono dal Comune, e che altri non cambieranno. E’ scorretto chiedere ai cittadini di esprime un voto su una proposta che rimane vaga proprio nelle questioni essenziali, quelle che cambiano il benessere stesso delle famiglie. L’incertezza deve essere chiarita, magari con una brusca verità, ciò che qualcosa bisogna tagliare, ma l’importante è passare dall’illusione alla possibilità, dalla favola alla realtà. PROPOSTA Sarebbe opportuno fare una analisi più dettagliata di quali sono le potenzialità e le criticità di ogni Comune, dichiarando fin da subito, quindi prima del referendum, quali sono gli edifici scolastici che saranno mantenuti e se serve potenziati, se la Scuola materna diventerà pubblica per tutte le ex realtà comunali o se invece si sopprime la Pubblica di Villamarzana e il servizio “paritario” rimane l’unico in essere per tutti. C’è una bella differenza tra le rette del servizio Infanzia “paritario” e del Servizio Infanzia “pubblico”, quindi è giusto sapere se rimarranno queste differenze oppure se si va verso una armonizzazione. Oppure si pensa che un bambino di 5 anni di Pincara, per usufruire del Servizio pubblico debba alzarsi all’alba per arrivare a Villamarzana? E con il trasporto pubblico o no? Nel nuovo Comune non dovrebbero rimanere queste differenze, altrimenti cade uno dei presupposti stessi della fusione, la parità dei diritti tra i cittadini. Precisazioni servirebbero anche per tanti altri settori, vedi gli impianti sportivi, le biblioteche, ecc., è necessario dare prospettive, non vendere illusioni. La preoccupazione nell’erogazione futura dei servizi è condivisibile ed è la motivazione che ha condotto gli amministratori alla proposta della fusione. I servizi elencati nell’osservazione, peraltro, si dovranno gestire, nel futuro, in forma associata, per obbligo di legge. La fusione consentirà di avere dei benefici economici e questi saranno destinati al mantenimento/potenziamento dei servizi come elencati nell’osservazione n. 1. Si propone la modifica dello studio di fattibilità al cap. 5.6. Allegati – A.7 Le osservazioni al progetto di fusione dopo la I° fase di adozione 118 4) Osservazione Chiara Turolla 1, presentata presso il Comune di Arquà Polesine il 27.04.2013, prot. n. 2560 Proposta pervenuta Controdeduzione (art. 7, c. 3°, L.R. 25/92) Introduzione L’introduzione a qualsiasi studio o documento finalizzato a costituire la base dalla quale partire per arrivare a formare un giudizio su qualsivoglia progetto, non è certo la sostanza del documento stesso. Ed é anche vero che non si possono fare introduzioni e/o premesse “standard” banalizzandone gli aspetti fondamentali quali le “motivazioni” che di fatto sostanziano la futura decisione. Per precisare il concetto: - prima motivazione: il “contare di più….”; seconda motivazione: “..il fatto che le risorse disponibili si stanno riducendo..”. Ritenere che la fusione sia la conseguenza e la soluzione alle due suddette affermazioni, è riduttivo, perché il vero problema dell’organizzazione dei servizi pubblici si caratterizza per la burocratizzazione spinta, per la mancanza di regole di produttività, per l’incapacità organizzativa, che non si risolvono in automatico per effetto della “fusione” così come “il potenziamento della capacità di rappresentanza e promozione del territorio” non sono il prodotto automatico e diretto esclusivo del raggruppamento di enti di cui si tratta; - nel settimo paragrafo, si dà un giudizio ottimistico dell’utilità della fusione, ritenendola migliore rispetto alla prospettiva di convenzioni e di unioni: visto i pochissimi precedenti in Italia, questa conclusione deve ritenersi più soggettiva che statistica; - il paragrafo nono solamente, a mio avviso, definisce quella che deve essere la “sostanza” del lavoro in esame e cioè “il documento è la sintesi di informazioni…. utili, per attivare il dibattito politico e sociale “informato” su quello che è, in questa fase una ipotesi di fusione ancora da valutare prima di una sua eventuale scelta. - Il paragrafo 12 è il più eclatante esempio di banalizzazione del messaggio portato nella introduzione: affermare che i territori dei sei comuni sono “già fortemente integrati e interconnessi”, e che sia “ del tutto normale per chi vi abita fruirne come se fosse un’unica area e luogo ecc.” è una affermazione scollegata dalla realtà e non dimostrata da dati tangibili. Quali sono ad oggi le esperienze reali già sperimentate e positive del PATI intercomunale? E nel PATI c’era anche il Comune di Fratta. Mi chiedo: è possibile sapere quale parte attiva nel raggiungimento degli obiettivi ha avuto il Comune di Fratta e quali saranno le criticità, che derivano all’Assetto Territoriale ora che Fratta non farà parte della Fusione? Lo studio che stiamo leggendo non contiene NESSUNA VALUTAZIONE CIRCA GLI EFFETTI CHE SI AVRANNO RISPETTO AL RITIRO DEL COMUNE DI FRATTA, mentre ogni dato ritenuto positivo del PATI è stato ottenuto anche grazie alla partecipazione iniziale del Comune di Fratta. - Il paragrafo 13 sintetizza la questione del personale addetto presso le amministrazioni coinvolte, traducendola in mere frasi “di circostanza” che vanno bene sempre quando si ipotizzano necessità di riorganizzazioni strutturali. Ma come si pensa di conciliare la riduzione del personale con l’istituzione di sei municipalità? Tecnicamente qual è l’idea di organigramma che la presente elaborazione ritiene di suggerire?? - Il paragrafo che riguarda i vantaggi finanziari è discutibile e nella sostanza non da un’idea concreta della evoluzione della spesa: … vi saranno entrate aggiuntive… e costi economici maggiori...., proprio perché la costruzione “della rete” costa. Avremo quindi risparmi? O maggiori entrate? O ulteriori costi? Per ora possiamo solo pensare che avremo o gli uni o gli altri: nessuna previsione è più azzeccata se non quella del 50 e 50. - Anche la prevista ricaduta benefica in termini di risparmi finanziari derivanti dalla riduzione degli appartati politici, è argomento trattato nell’introduzione con l’ottimismo di chi crede e vuole la realizzazione del progetto. Si capisce! Un ente di maggiori dimensioni ha un “peso specifico” più rilevante nel contesto politico; la considerazione non è standard, ne banale. Così pure la considerazione che le risorse per i comuni si stanno riducendo. La fusione è la risposta più forte oggi possibile a queste due considerazioni. Molti comuni italiani si stanno orientando per tale scelta in un crescendo di iniziative che fino a poco tempo fa era dato per improbabile. La circostanza che questi territori siano già fortemente integrati è desumibile dai molti servizi che oggi le amministrazioni svolgono in forma associata, dalla mobilità dei cittadini nel fruire dei vari servizi presenti negli altri comuni (scuole, mercati, spazi commerciali, trasporti pubblici, servizi sanitari, ecc.). Quale maggiore integrazione sarebbe possibile stante la presenza di sei Comuni ? Il Comune di Fratta Polesine non si è ritirato dall’ipotesi di fusione, più semplicemente ha deciso di non parteciparvi. Non vi saranno conseguenze sul PATI che potrà continuare ad esplicare la sua efficacia con l’ipotesi della fusione, anche nei rapporti con Fratta Polesine. L’organizzazione del personale sarà struttura facendo riferimento a quegli enti che hanno servizi decentrati in più sedi municipali, situazioni che si verificano anche per enti delle dimensioni di circa 12.000 abitanti. I vantaggi economici sono certi e prudenziali e i maggiori costi per la creazione della rete sono stati quantificati e previsti nel bilancio del 2014. Lo studio non prevede maggiori entrate fiscali, ma di contributi pubblici. I vantaggi derivanti dalla riduzione dei costi della politica sono certi e prudenziali. Le municipalità non potranno che essere gratuite. Prima della stesura dello studio di fattibilità sono stati fatti due incontri specifici con i consiglieri comunali di Allegati – A.7 Le osservazioni al progetto di fusione dopo la I° fase di adozione 119 Ma queste supposizioni non possono trovare riconoscimento se prima non si hanno chiare le modalità tecniche di realizzazione delle rappresentanze politico/amministrative all’interno delle sei municipalità: saranno esse necessariamente poste in essere gratuitamente? Qualora si ipotizzassero difficoltà nel dare accoglimento “politico” e coordinamento alle istanze provenienti dalle singole municipalità, potrà tornare economicamente conveniente l’ipotesi di un loro ridimensionamento se non la loro soppressione? Qualora alle rappresentanze dovessero essere riconosciuti benefici economici per le loro attività, lo studio nel prosieguo ci darà i numeri da confrontare con i numeri dei risparmi derivanti dalle soppressioni di 6 consigli comunali e con la spesa del nuovo unico Consiglio Comunale? - Il paragrafo penultimo enfatizza i benefici economici della trasformazione da sei comuni a uno, e da per scontato che i servizi fino ad oggi erogati in ciascuno di essi non saranno intaccati e che anzi saranno consolidati: lo studio ci farà un esempio concreto più avanti dell’eventuale “consolidamento”, e di quali effetti esso produrrà nei confronti dei cittadini? Ci illustrerà in seguito il riflesso economico in termini di risparmi pur mantenendo invariato il livello dei servizi erogati? - L’ultimo capoverso cita testualmente che i Gruppi Consiliari dei Comuni hanno partecipato alla realizzazione dello studio di fattibilità. Non mi risulta aver partecipato in alcun modo alla realizzazione del suddetto. Ho partecipato come uditore a un paio di incontri, ho chiesto chiarimenti, successivamente sollecitati anche in Regione perché dopo due mesi non ho ricevuto risposta. Non ritengo che le suddette mie “attività” corrispondano a quanto riportato nella introduzione dello Studio. E veniamo al dettaglio delle osservazioni. tutti i comuni, uno generale di presentazione del progetto il 16.10.2012 e uno specifico con i consiglieri di minoranza il 13.12.2012; nel corso di questi incontri si sono raccolte proposte e suggerimenti e sono pervenute anche delle osservazioni scritte. Si ritiene che dette considerazioni non comportino una modifica allo studio di fattibilità. Capitolo primo L’ordinamento giuridico. Il primo capitolo verte sull’ordinamento giuridico inerente la Fusione di Comuni: si tratta di un excursus di norme, e di interpretazione delle stesse. Ma c’è sicuramente un aspetto di cui non si tiene conto ovvero: le norme sulla “spending review” saranno confermate dal nuovo governo oppure saranno riviste? I pareri in circolazione ancorché da campagna elettorale tendono a ventilarne la modifica a tutto vantaggio della situazione attuale!! Vi è una affermazione che riveste un peso notevole: “le finalità dello studio non hanno lo scopo i chiarire quali siano concretamente le funzioni e i servizi che i piccoli comuni saranno chiamati a gestire in modo associato nei prossimi anni”. Ma si deve pur avere un’idea della struttura del nuovo Ente o si adatteranno le risorse e le attività via via che l’amministratore di turno deciderà? La gestione del piccolo è molto più agevole rispetto ai singoli cittadini che la gestione del grande!! Il distacco tra “cittadini e amministrazione” che oggi realtà, rischia anzi con un ente di maggiori dimensioni di essere ancora più grande. L’esempio della mancata sparizione della Provincia di Rovigo è lampante per tutti i motivi che a mio avviso ben si attagliano anche ai comuni coinvolti in questo progetto. Che cosa si intende concretamente dire quando si afferma che “La possibilità di eleggere un Sindaco e un Consiglio Comunale in grado di dare delle risposte non mediate con altri comuni, risultato che si otterrebbe con la fusione, è un elemento di chiarezza istituzionale che porterà a un migliore rapporto cittadini-istituzione locale fondato su una maggiore trasparenza”? Si vuol dire quindi che i nostri piccoli comuni sono ora poco trasparenti? Ritengo che, se la “mediazione” citata riguarda gli accordi in convenzione con altri enti per la gestione di taluni servizi, (l’esposizione dei concetti qui è sibillina cioè non si capisce se le risposte riguardino i servizi e quali di questi stiamo trattando), gli enti e il legislatore, hanno tutti i mezzi e gli strumenti per mettere a punto accordi e convenzioni snelle e attuabili al minimo di burocrazia dal lato pratico. Inoltre: con riguardo al “giudizio di meritevolezza” ( pag. 10 ) che deve dare il Consiglio Regionale, dopo aver acquisito il “parere dei consigli comunali interessati”, il consiglio del 21/02/2013 quindi esprimerà il suo voto sul parere? E il suo voto sarà politico? O si vota la semplice “adozione” ovvero si da il via Gli orientamenti normativi del nuovo governo e parlamento saranno colti nelle prossime settimane, ma in tutti i documenti preparatori finora emersi emerge chiaramente che il processo di associazionismo comunale subirà una ulteriore accelerazione. Sulla stessa linea politica si collocano anche le iniziative della Regione Veneto (definizione degli Ambiti Ottimali). La fusione pone davanti ai cittadini un sindaco, una giunta e un consiglio comunale. Una convenzione o una Unione è una forma mediata dalla politica per l’erogazione dei servizi; in tal senso va intesa la chiarezza e la trasparenza istituzionale. Il giudizio di meritevolezza che la Regione è chiamata ad esprimere si fonderà sul progetto a seguito delle osservazioni presentate. In merito ai possibili trasferimenti erariali la circolare ministeriale è chiara e non necessita precisazioni. Si ritiene che dette considerazioni non comportino una modifica allo studio di fattibilità. Allegati – A.7 Le osservazioni al progetto di fusione dopo la I° fase di adozione 120 semplicemente alla discussione dello Studio prima della sua approvazione definitiva? La Giunta ha espresso un parere? La maggioranza intende proporre un proprio parere? Leggendo ancora a pagina 12, lo Studio fa presente che con riguardo al vantaggio derivante dalla previsione normativa nella parte in cui prevede il riparto dei contributi spettanti ai comuni che nascono da procedure di fusione, è decisamente mitigato dalla successiva affermazione che tali riparti sono sottoposti al rischio di non potersi vedere eseguiti qualora “il limite degli stanziamenti finanziari previsti” non lo consenta. Morale: se si vuol procedere con la fusione si proceda, ma non si dia per scontato e soprattutto non si cavalchi l’onda dei benefici futuri quando la norma stessa non li da per scontati!!! Referendum: è questo un passaggio sostanziale! Il referendum viene indetto dalla Regione del Veneto, che è già orientata per ottobre 2013. Il lasso di tempo previsto intercorrente tra l’adozione dello Studio e la sua approvazione, dovrebbe consentire di formulare eventuali proposte, con priorità ai consiglieri comunali ma anche con la possibilità da parte di associazioni e cittadini di fornire spunti per il recepimento finale. Il confronto e la discussione pubblica è di fondamentale importanza per garantire innanzitutto la giusta e dettagliata informazione e per poter meglio individuare criticità ed esigenze che solo i cittadini, le associazioni, le categorie economiche, ecc. che vivono sul territorio coi problemi di tutti i giorni possono evidenziare. Si adoperino i Consiglieri per creare opportuni momenti divulgativi e di discussione in forma assembleare aperta alla cittadinanza. Capitolo secondo Dimensione demografica La disquisizione numerica ISTAT ci dà un quadro agevole e chiaro per comprendere un aspetto del mondo in cui viviamo! Ma vediamo le considerazioni che ne sono fatte scaturire: - tutti i Comuni coinvolti ricadono nella fascia sotto i 3.000 abitanti, quindi allo stato hanno tutti uguali obblighi di gestione associata; - riguardo all’omogeneità sostanziale delle amministrazioni coinvolte, se si può confermare la veridicità dell’affermazione, si deve anche poter dire che proprio questa omogeneità potrà rischiare di produrre sovrapposizioni e duplicazioni di realtà analoghe quali per esempio aree industriali in “eccesso”, o servizi pubblici locali difficili da gestire in maniera capillare, proprio a causa delle diverse dimensioni demografiche delle nascenti municipalità (ovvero ex comuni), che potrebbe vedere penalizzati le piccole realtà cittadine; - non è condivisibile l’affermazione sul fatto che per gli enti con popolazione inferiore a 15.000 abitanti vi sono tanti riferimenti normativi!!! Cosa centra?? Anche sopra i 15.000 abitanti vi sono tanti riferimenti normativi, ma da qui a dire dove e quanti siano i risparmi dei costi se si è in più di 10.000 piuttosto che più di 15.000 non c’è alcun elemento concreto e certo per poter sostenere tale affermazione! Non sarebbe utile eseguire una proiezione numerica che consideri l’ipotesi dei 15.000 abitanti, quindi con più comuni?? A mio avviso è improbabile che l’analisi di “bench marking” – ovvero processo continuativo che, attraverso la misurazione di “prodotti/servizi/processi”, consente di confrontare una realtà, in questo caso quella dell’ente che potrà nascere, con altri enti esistenti (si tratta di un concetto “economico” attorno al quale l’uomo della strada, notoriamente si diletta a ragionare.... ), consenta di confrontare i dati di un ipotetico Ente con altro già esistente che ha già tali abitanti: quest’ultimo sicuramente non ha i problemi di riorganizzazione da zero, che invece costituiscono proprio la questione ovvero il punto essenziale che lo Studio deve sviluppare. Non si possono fare confronti tra l’esistente e il probabile, se prima non si Download 391.11 Kb. Do'stlaringiz bilan baham: |
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