Rapporto preliminare


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composti organici, tra cui idrocarburi, pesticidi, composti clorurati. Al contrario della 
precedente, questo metodo prevede la rimozione del terreno contaminato ed il successivo 
trattamento in posto (terreno poggiante e coperto da teli impermeabili). Anche questo 
sistema prevede il riscaldamento del suolo contaminato (90-320 °C) in modo da 
provocare il passaggio dei contaminanti alla fase gassosa. La temperatura di esercizio è di 
poco superiore alla più alta temperatura di ebollizione dei composti da rimuovere. Quando 
il suolo è riscaldato a questa temperatura, i contaminanti raggiungono il rispettivo punto di 
ebollizione ed evaporano, diventando parte della miscela di gas. I gas prodotti vengono poi 
rimossi per mezzo di una pressione negativa (ad esempio, sistema SVE) e condotti in una 
camera di combustione secondaria, dove vengono ulteriormente riscaldati fino a quando 
si formano anidride carbonica ed acqua. Successivamente i gas vengono raffreddati prima 
dell’ultimo trattamento nella bag-house, dove viene intercettato il particolato prodotto. 
Naturalmente la tecnica concernente lo “scavo e trasporto a discarica” consiste nella 
rimozione fisica del terreno contaminato, lo stoccaggio temporaneo in sito, la 
caratterizzazione e lo smaltimento presso una discarica adeguata. Gli scavi sono, quindi, 
richiusi con terreni di provenienza certificata. Questo tipo di bonifica ha il vantaggio di 
garantire la completa rimozione dei terreni contaminati ed il raggiungimento degli obiettivi di 
bonifica in tempi relativamente limitati. Tuttavia, il metodo può essere facilmente utilizzato 
per aree di dimensioni ridotte, profondità limitate e terreni insaturi; al contrario, nel caso sia 
necessario rimuovere terreni non superficiali, è necessario prevedere azioni per garantire 
l’esecuzione delle attività in condizioni di sicurezza, quali opere di sostegno delle pareti di 
scavo o la sagomatura delle pareti stesse con opportune scarpate. Quest’ultimo caso 
comporta la conseguente movimentazione di ingenti volumi di terreno potenzialmente non 
contaminati. Questa tecnica ha lo svantaggio di non permettere di trattare o riutilizzare il 
terreno in sito, e di costituire, pertanto, un trasferimento di contaminazione dal sito ad una 
discarica controllata. 
Utilizzando le tecniche più opportune, si sta attualmente procedendo alla bonifica del sito. 
Inoltre, si deve considerare che Il Piano regionale di bonifica dei siti inquinati della regione 
Campania ha anche identificato nel territorio comunale di Colle Sannita un sito 
“potenzialmente inquinato”: si tratta di una discarica comunale autorizzata, oggi dismessa, 
situata in località Acqua Solfatara, cioè nella porzione nord-orientale del territorio comunale di 
Colle Sannita (Figura 6.5), immediatamente a valle della strada comunale denominata 
Petrara. L’area di discarica è situata ad una quota topografica di circa 700 m s.l.m. e si 
sviluppa nella parte medio-alta di un versante posto in destra orografica del Torrente Reinello. 
Non si riscontano nelle vicinanze dell’area interessata significativi centri abitati; gli unici 
nuclei abitativi sono situati a monte della discarica ad una distanza di circa 320 m. 
Al fine di descrivere l’assetto del sottosuolo dell’area che ospita la discarica e di predisporre 
correttamente l’ubicazione dei punti di sondaggio geognostico, sono stati effettuati 
stendimenti di tomografia geoelettrica che hanno permesso di individuare la superficie di 
separazione tra il volume di rifiuti stoccati ed il sottosuolo. Sono stati realizzati due 
stendimenti di cui uno parallelo al lato più lungo della discarica ed il secondo perpendicolare 
a quest’ultimo. La campagna di sondaggi ambientali è stata svolta utilizzando la tecnica di 
perforazione a rotazione con carotaggio continuo limitando i fluidi di circolazione al fine di 
preservare le caratteristiche geochimiche dei terreni. 

 
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Figura 6.5 – Localizzazione della discarica comunale di località Acqua Solfatara 
 
 
 
Dalle indagini effettuate si è potuto constatare che i rifiuti sono disposti regolarmente solo 
all’interno dell’area adibita a discarica, costituiti prevalentemente da rifiuti solidi urbani 
indifferenziati. Lo stato dei luoghi non evidenzia l’esposizione dei materiali di rifiuto, in quanto 
il sito di discarica è stato colmato prestando attenzione ad alternare livelli dei rifiuti solidi 
urbani con livelli di materiale argilloso impermeabilizzante. 

 
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Il corpo della discarica, anche nei tempi passati, non ha mai subito modificazioni in seguito ad 
assestamenti e dilavamenti da acque meteoriche. I rifiuti prodotti conferiti in discarica hanno 
una matrice inorganica per cui è da escludersi qualsiasi produzione di gas in seguito a 
decomposizioni o reazioni chimiche. La raccolta e lo smaltimento del percolato confluisce in 
una vasca di raccolta situata all’interno della discarica le cui condizioni risultano integre. 
La tipologia di riferimento è quella della discarica “a fossa” con superficie di fondo costituita 
da teli in plastica impermeabili di cui non si conosce l’effettivo grado di integrità e 
funzionalità. 
Il sito è stato utilizzato dai primi mesi del 1994 fino a marzo 2000, periodo in cui è stata 
dichiarata la saturazione della stessa. La superficie della discarica occupa un’area di circa 
3.600 m
2
, con u’altezza media del rifiuto stoccato variabile tra i 6 ed i 7 m, interamente 
circoscritta mediante un muro di calcestruzzo sormontato da una recinzione in rete metallica 
alta 2 m e retta da pali in ferro. 
Dalla lettura degli elementi progettuali si osserva che il volume utile complessivo della 
discarica si attesta sul valore di circa 25.000 m
3
, anche se in effetti è stato raggiunto un 
volume inferiore, valutato come decremento di circa il 35%. 
I maggiori rischi evidenziati fanno riferimento a quelli che interessano le componenti suolo e 
risorsa idrica in quanto: 
1.
 
i rifiuti potrebbero essere in diretto contatto con il substrato geologico, oppure potrebbe 
essere compromessa la protezione contro l’infiltrazione degli inquinanti nel suolo e nella 
falda idrica; 
2.
 
non si è a conoscenza della concentrazione della quantità e delle direzioni di infiltrazioni 
del percolato. 
Tuttavia, non si osserva la presenza di percolato sul cumulo di rifiuti e l’area della discarica 
appare ricoperta da un livello di terra su cui ha attecchito la vegetazione pioniera. 
È stato predisposto uno specifico piano di indagine (con campionamento dei terreni e delle 
acque sotterranee) atti a comprendere i necessari interventi di bonifica/messa in sicurezza, 
peraltro in corso. Attualmente si è in fase di progettazione esecutiva delle necessarie 
operazioni di bonifica del sito. 
 
 
6.3
 
Sito di Importanza Comunitario (SIC) 
Il SIC “Sorgenti ed alta valle del fiume Fortore” (codice sito IT 802001), rientra nella rete 
Natura 2000, istituita in attuazione della Direttiva “Habitat” 92/43/CEE. Perimetrato dalla 
Regione Campania, si estende nei territori dei comuni di Foiano Valfortore, Montefalcone in 
Val Fortore, Baselice, San Bartolomeo in Galdo, Castelvetere in Val Fortore e Colle Sannita, 
tutti appartenenti alla provincia di Benevento. Interessa due aree poste a nord ed a nord-est 
del territorio comunale di Colle Sannita (Figura 6.6). 
Con riferimento all’elenco contenuto negli Allegati della Direttiva “Habitat” 92/43/CEE e della 
Direttiva 79/409/CEE sugli “uccelli selvatici”, all’interno del SIC è presente la seguente 
diversità di habitat e specie,  

 
Habitat: foreste miste (60%), culture cereali estensive (10%), terreno roccioso, ghiaioso o 
sabbioso (5%), terreni irrigui (10%), pascoli e steppe (10%), altri (5%). 

 
Uccelli migratori abituali: Lanius collurio, Milvus migrans, Milvus milvus, Pernis apivorus, 

 
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Alcedo attui, Alauda arvensis, Anas platyrhynchos, Columba palumbus, Phasianus  
colchicus, Streptopelia turtur, Turdus merula, Turdus philomelos, Perdix perdix, Coturnix 
coturnix, Turdus iliacus. 

 
Mammiferi: Rhinolophus hipposideros, Rhinolophus ferrumequinum, Myotis myotis, Myotis 
capaccinii, Felis silvestris. 

 
Anfibi e rettili: Bombina variegata, Elaphe quatuorlineata, Chalcides chalcides, Coluber 
viridiflavus, Lacerta bilineata, Podarcis sicula, Triturus italicus. 

 
Pesci: Alburnus albidus, 

 
Invertebrati: Austropotamobius pallipes, Sympecma fusca. 
Malgrado la presenza di importanti specie animali e vegetali presenti, l’area del SIC appare, in 
generale, fortemente manomessa dalle attività antropiche esistenti, sia attività estrattive che 
agricole, ma presenta quei margini di recupero di funzionalità, cioè di capacità di recupero del 
proprio potenziale di biodiversità originario, come peraltro previsto nella Direttiva “Habitat”. 
Infatti, gli ecosistemi fluviali, in particolare nei territori meridionali dove più che di sistemi 
fluviali si parla di sistemi torrentizi, hanno una buona capacità di resilienza. 
Con particolare riferimento al territorio di Colle Sannita è possibile evidenziare che i problemi 
ambientali esistenti sono, soprattutto, correlati alla “degradazione del suolo”. Quest’ultima è 
stata definita come il declino della qualità del suolo attraverso il cattivo uso delle attività 
umane. Più specificamente, essa fa riferimento al declino della produttività attraverso avversi 
cambiamenti dello stato dei nutritivi, dei contenuti di sostanza organica, della stabilità 
strutturale, della concentrazione di elettroliti e prodotti chimici tossici. 
La degradazione del suolo raggruppa diversi problemi ambientali, alcuni dei quali tra loro 
correlati, alcuni di natura fisica, altri di natura chimica. Se si escludono i problemi di salinità 
ed alcalinità dei suoli, che interessano soprattutto le aree costiere, il problema chimico più 
rilevante è, senza dubbio l’inquinamento da microelementi. Tra i problemi di natura fisica, 
quello di maggior peso, soprattutto nelle aree collinari e montane dei sistemi agricoli e 
forestali del Mediterraneo, è l’erosione del suolo. 
Nel contesto territoriale di riferimento entrambi gli aspetti (accumulo di microelementi nei 
suoli ed erosione idrica) sono stati valutati. 
I “microelementi” sono elementi essenziali per la crescita e la produzione delle piante anche 
se dalle stesse richieste in concentrazioni molto piccole (da cui il nome di microelementi o 
micronutrienti). Tuttavia, in quantità eccessiva, questi elementi sono tossici per le piante e gli 
animali. Livelli di microelementi (o elementi in traccia) tossici possono derivare da condizioni 
naturali dei suoli o da attività produttive, agricole o industriali. 
Nelle recenti decadi, l’uso di fertilizzanti inorganici è aumentato drasticamente, a spese dei 
più tradizionali trattamenti nutritivi organici. È altresì aumentato enormemente il consumo di 
antiparassitari. L’aumento di prodotti chimici in agricoltura si è spesso tradotto in 
preoccupanti aumenti dei livelli di inquinamento da microelementi nei suoli e nelle acque di 
falda. 
Nelle aree SIC oggetto di studio, un eventuale rischio d’inquinamento chimico da 
microelementi potrebbe derivare dall’uso dei prodotti agricoli in agricoltura, soprattutto 
nell’area nord-orientale, dove l’uso agricolo del suolo è relativamente esteso. Non sono, 
tuttavia, improbabili livelli elevati di microelementi legati all’uso dei concimi organici (letame) 
e, soprattutto, alla natura mineralogica del materiale di origine dei suoli, dominato da argille e 
marne. 

 
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Figura 6.6 – Perimetrazione comunale del SIC “Sorgenti ed alta valle del fiume Fortore” 
 
 

 
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Per le due aree SIC (settentrionale e nord-orientale) interne al territorio di Colle Sannita, 
attraverso la tecnica dell’ICP (Inductive copupled plasma emisson spectrometry),sono stati 
analizzati i seguenti microelementi totali: nichel (Ni), manganese (Mn), cromo (Cr), zinco (Zn), 
rame (Cu), piombo (Pb) e cadmio (Cd). Stando ai risultati dell’esperimento condotto, le poche 
condizioni di “anomalia” sono tali da far pensare all’influenza dell’alterazione dei materiali di 
origine, piuttosto che all’inquinamento, anche se non è assolutamente da escludere il 
contributo dei prodotti chimici (fertilizzanti e antiparassitari) e naturali (letame) utilizzati in 
agricoltura. 
L’analisi dei risultati ottenuti ha evidenziato che, per la maggior parte dei micro-elementi 
analizzati, non esistono livelli di accumulo nei suoli che diano particolare preoccupazione. 
Solo  il  nichel  (Ni)  ed  il  cromo  (Cr)  superano  di  poco  il  limite  di  normalità ma, comunque, si 
mantengono molto al disotto della soglia massima dei suoli non contaminati. I suoli con più 
elevati contenuti di Ni e Cr sono stati perciò considerati affetti da anomalie naturali, 
dipendenti dalla presenza dei due metalli nella roccia (soprattutto nel caso del Ni, 
relativamente abbondante nelle rocce argillose) di origine del suolo ed a specifiche condizioni 
pedo-ambientali (ad esempio, basso potenziale di ossido-riduzione che, nel caso del Cr, ne 
limita la solubilità e, quindi, la mobilità lungo il profilo). 
 
 
Figura 6.7 – Carta dell’erosione idrica dei suoli 
 
 
 
Relativamente all’“erosione idrica” bisogna, innanzitutto, considerare che l’erosione dei suoli 
è un fenomeno naturale determinato dalle caratteristiche ambientali tipiche di ciascuna zona 
ed in equilibrio con queste. I problemi nascono quando questo equilibrio viene alterato, come 

 
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è avvenuto nell’ambiente collinare italiano, a seguito delle profonde trasformazioni sociali ed 
economiche e dei conseguenti e rapidi mutamenti delle tecniche agronomiche e degli indirizzi 
produttivi. L’attività antropica ed il cambiamento dei sistemi di agricoltura hanno determinato 
un’accelerazione macroscopica dei processi erosivi, in particolare in quegli ambienti collinari 
e montani che per le loro caratteristiche strutturali sono più suscettibili ai fenomeni di 
degradazione. 
L’impatto del processo erosivo sui suoli del territorio di Colle Sannita è presente soprattutto 
nell’area SIC nord-orientale (Figura 6.7). Il rischio attuale di erosione è risultato fortemente 
mitigato nelle aree, anche in forte pendenza, protette dalla copertura boschiva. Pertanto, il 
notevole effetto protettivo del bosco trova riscontro nel maggiore sviluppo dei profili delle aree 
boschive, rispetto a quelli delle aree coltivate. 
 

 
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7.
 
OBIETTIVI DI PROTEZIONE AMBIENTALE 
Obiettivi di protezione ambientale stabiliti a livello internazionale, comunitario o degli 
Stati membri, pertinenti al piano, e il modo in cui, durante la sua preparazione, si è tenuto 
conto di detti obiettivi e di ogni considerazione ambientale (punto e, Allegato VI, D.Lgs. 
152/2006 e s.m.i.) 
 
 
Nel presente capitolo gli obiettivi di Piano, di cui si è già verificata la coerenza con il quadro 
pianificatorio e programmatorio di riferimento per il territorio di Colle Sannita (cfr § 3.4), 
vengono messi in relazione con gli obiettivi di sostenibilità fissati a livello statale e 
comunitario. Infatti, prima di analizzare gli effetti del piano sull’ambiente, si intende 
esaminare se gli obiettivi, e quindi le azioni conseguenti, risultino essere coerenti con le 
politiche ambientali stabilite a livello nazionale ed europeo, e che estendono quelle fissate da 
piani e programmi di livello regionale e provinciale. 
 
 
7.1
 
Individuazione degli obiettivi 
Dalle politiche per lo sviluppo sostenibile promosse negli ultimi anni a livello nazionale ed 
internazionale sono emersi alcuni criteri ed obiettivi generali a cui ogni territorio può fare 
riferimento per definire i propri obiettivi locali di sostenibilità, che possono costituire un punto 
di riferimento per effettuare la valutazione ambientale di piani e programmi. 
Per l’analisi degli obiettivi di sostenibilità ambientale e territoriale pertinenti al Piano in esame 
si potrebbero considerare documenti a valenza internazionale (Agenda 21, Protocollo di 
Kyoto, Habitat II, ecc.), europea (V e VI Programma europeo d’azione ambientale, Strategia 
dell’Unione Europea per lo sviluppo sostenibile, Relazione “Città europee sostenibili” del 
Gruppo di esperti sull’ambiente urbano della Commissione Europea, ecc.) e nazionale 
(Agenda 21 Locale, Strategia ambientale per lo sviluppo sostenibile in Italia, Linee guida per 
l’integrazione della componente ambientale in piani e programmi, ecc.).  
In ogni caso, alcuni documenti regionali (come il PTR) o provinciali (come la Proposta di PTCP) 
già incorporano al loro interno gli obiettivi di sostenibilità stabiliti a livello internazionale o 
nazionale, declinandoli con riferimento a realtà territoriali specifiche. 
Inoltre, la Commissione Europea (DG XI “Ambiente, sicurezza nucleare e protezione civile”), 
nel 1998 ha elaborato il Manuale per la valutazione ambientale dei Piani di Sviluppo 
Regionale e dei Programmi dei Fondi strutturali dell’Unione Europea, nell’ambito del quale 
sono stati individuati “dieci criteri chiave per la sostenibilità”. Ad essi, nelle successive Linee 
guida per la valutazione ambientale strategica (Vas) dei Fondi strutturali 2000-2006, sono 
stati associati alcuni obiettivi di sostenibilità specifici per i diversi settori di intervento. 
In particolare, i dieci criteri chiave per la sostenibilità e la loro definizione secondo la 
Commissione Europea sono elencati di seguito: 
1.
 
Ridurre al minimo l’impiego delle risorse energetiche non rinnovabili. 
L’impiego di risorse non rinnovabili, quali combustibili fossili, giacimenti di minerali e 
conglomerati riduce le riserve disponibili per le generazioni future. Un principio chiave 
dello sviluppo sostenibile afferma che tali risorse non rinnovabili debbono essere utilizzate 

 
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con saggezza e con parsimonia, ad un ritmo che non limiti le opportunità delle generazioni 
future. Ciò vale anche per fattori insostituibili (geologici, ecologici o del paesaggio) che 
contribuiscono alla produttività, alla biodiversità, alle conoscenze scientifiche e alla 
cultura. 
2.
 
Impiego delle risorse rinnovabili nei limiti della capacità di rigenerazione. 
Per quanto riguarda l’impiego di risorse rinnovabili nelle attività di produzione primarie, 
quali la silvicoltura, la pesca e l’agricoltura, ciascun sistema è in grado di sostenere un 
carico massimo oltre il quale la risorsa si inizia a degradare. Quando si utilizza l’atmosfera, 
i fiumi e gli estuari come “depositi” di rifiuti, li si tratta anch’essi alla stregua di risorse 
rinnovabili, in quanto ci si affida alla loro capacità spontanea di autorigenerazione. Se si 
approfitta eccessivamente di tale capacità, si ha un degrado a lungo termine della risorsa. 
L’obiettivo deve, pertanto, consistere nell’impiego delle risorse rinnovabili allo stesso ritmo 
(o possibilmente ad un ritmo inferiore) a quello della loro capacità di rigenerazione 
spontanea, in modo da conservare o anche aumentare le riserve di tali risorse per le 
generazioni future. 
3.
 
Uso e gestione corretta, dal punto di vista ambientale, delle sostanze e dei rifiuti 
pericolosi/inquinanti. 
In molte situazioni, è possibile utilizzare sostanze meno pericolose dal punto di vista 
ambientale ed evitare o ridurre la produzione di rifiuti, ed in particolare dei rifiuti 
pericolosi. Un approccio sostenibile consiste nell’impiegare i fattori produttivi meno 
pericolosi dal punto di vista ambientale e nel ridurre al minimo la produzione di rifiuti 
adottando sistemi efficaci di progettazione di processi, gestione dei rifiuti e controllo 
dell’inquinamento. 
4.
 
Conservare e migliorare lo stato della fauna e flora selvatiche, degli habitat e dei 
paesaggi. 
In questo caso, il principio fondamentale consiste nel conservare e migliorare le riserve e 
le qualità delle risorse del patrimonio naturale a vantaggio delle generazioni presenti e 
future. Queste risorse naturali comprendono la flora e la fauna, le caratteristiche 
geologiche e geomorfologiche, le bellezze e le opportunità ricreative naturali. Il patrimonio 
naturale, pertanto, comprende la configurazione geografica, gli habitat, la fauna e la flora, 
il paesaggio, la combinazione e le interrelazioni tra tali fattori e la fruibilità di tale risorse. 
Vi sono anche stretti legami con il patrimonio culturale. 
5.
 
Conservare e migliorare la qualità dei suoli e delle risorse idriche. 
Il suolo e le acque sono risorse naturali rinnovabili essenziali per la salute e la ricchezza 
dell’umanità, e che possono essere seriamente minacciate a causa di attività estrattive, 
dell’erosione o dell’inquinamento. Il principio chiave consiste, pertanto, nel proteggere la 
quantità e qualità delle risorse esistenti e nel migliorare quelle che sono già degradate. 
6.
 
Conservare e migliorare la qualità delle risorse storiche e culturali. 
Le risorse storiche e culturali sono risorse limitate che, una volta distrutte o danneggiate, 
non possono essere sostituite. In quanto risorse non rinnovabili, i principi dello sviluppo 
sostenibile richiedono che siano conservati gli elementi, i siti o le zone rare rappresentativi 
di un particolare periodo o tipologia, o che contribuiscono in modo particolare alle 
tradizioni ed alla cultura di una data area. Si può trattare, tra l’altro, di edifici di valore 
storico e culturale, di altre strutture o monumenti di ogni epoca, di reperti archeologici nel 
sottosuolo, di architettura di esterni (paesaggi, parchi e giardini) e di strutture che 

 
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