Aa 2012-2013 sp 2013 Prof. Uberto motta corso monografico di letteratura moderna Le Odi e IL Giorno di Parini


Download 446 b.
bet6/8
Sana29.09.2017
Hajmi446 b.
#16801
1   2   3   4   5   6   7   8

Il Mattino 1763, vv. 33-52

Sorge il Mattino in compagnìa dell'Alba

Innanzi al Sol che di poi grande appare

Su l'estremo orizzonte a render lieti

Gli animali e le piante e i campi e l'onde.

Allora il buon villan sorge dal caro

Letto cui la fedel sposa, e i minori

Suoi figlioletti intepidìr la notte;

Poi sul collo recando i sacri arnesi

Che prima ritrovàr Cerere, e Pale,

Va col bue lento innanzi al campo, e scuote

Lungo il piccol sentier da' curvi rami

Il rugiadoso umor che, quasi gemma,

I nascenti del Sol raggi rifrange.

Il Mattino 1763, vv. 53-76

Ma che? tu inorridisci, e mostri in capo,

Qual istrice pungente, irti i capegli

Al suon di mie parole? Ah non è questo,

Signore, il tuo mattin. Tu col cadente

Sol non sedesti a parca mensa, e al lume

Dell'incerto crepuscolo non gisti

Ieri a corcarti in male agiate piume,

Come dannato è a far l'umile vulgo.

A voi celeste prole, a voi concilio

Di Semidei terreni altro concesse

Giove benigno: e con altr'arti e leggi

Per novo calle a me convien guidarvi.

Il Mattino II, vv. 1-20

Sorge il Mattino in compagnìa dell'Alba

Dinanzi al Sol che di poi grande appare

Su l'estremo orizzonte a render lieti

Gli animali e le piante e i campi e l'onde.

Allora il buon villan sorge dal caro

Letto cui la fedel moglie, e i minori

Suoi figlioletti intepidìr la notte;

Poi sul dorso portando i sacri arnesi

Che prima ritrovò Cerere o Pale,

Move seguendo i lenti bovi, e scuote

Lungo il piccol sentier da' curvi rami

Il rugiadoso umor che di gemme al paro

La nascente del Sol luce rifrange.

Il Mattino II, vv. 21-44

Ma che? tu inorridisci, e mostri in capo,

Qual istrice pungente, irti i capegli

Al suon di mie parole? Ah il tuo mattino

Signor, questo non è. Tu col cadente

Sol non sedesti a parca cena, e al lume

Dell'incerto crepuscolo non gisti

Ieri a posar qual ne’ tuguri suoi

Entro a rigide coltri il vulgo vile.

A voi celeste prole, a voi concilio

Almo di Semidei altro concesse

Giove benigno: e con altr'arti e leggi

Per novo calle a me guidarvi è d’uopo.

Mezzogiorno (vv. 1376)

vv. 1-1194: «Ardirò ancor tra i desinari illustri… che ancor l’antico strepito dinota»

vv. 1195-1219, «Già de le fere, e degli augelli il giorno… che da tutti servito, a nullo serve»

vv. 1220-1376, «Già di cocchi frequente il corso… splende… per entro al tenebroso umido velo»

Il Mezzogiorno, vv. 1-6

Ardirò ancor tra i desinari illustri

Sul Meriggio innoltrarmi umil Cantore,

Poichè troppa di te cura mi punge,

Signor, ch'io spero un dì veder maestro

E dittator di graziosi modi

All'alma gioventù che Italia onora.

Purg. XXIV 58-60

Io veggio ben come le vostre penne

di retro al dittator sen vanno strette,

che de le nostre certo non avvenne.

Il Mezzogiorno, vv. 250-267

Forse vero non è; ma un giorno è fama,

Che fur gli uomini eguali; e ignoti nomi

Fur Plebe, e Nobiltade. Al cibo, al bere,

All'accoppiarsi d'ambo i sessi, al sonno

Un istinto medesmo, un'egual forza

Sospingeva gli umani: e niun consiglio

Niuna scelta d'obbietti o lochi o tempi

Era lor conceduta. A un rivo stesso,

A un medesimo frutto, a una stess'ombra

Convenivano insieme i primi padri

Del tuo sangue, o Signore, e i primi padri

De la plebe spregiata. I medesm'antri

Il medesimo suolo offrieno loro

Il riposo, e l'albergo; e a le lor membra

I medesmi animai le irsute vesti.

Sol'una cura a tutti era comune

Di sfuggire il dolore, e ignota cosa

Era il desire agli uman petti ancora.

Il Mezzogiorno, vv. 517-556

[…] Or le sovviene il giorno,

Ahi fero giorno! allor che la sua bella

Vergine cuccia de le Grazie alunna,

Giovenilmente vezzeggiando, il piede

Villan del servo con l'eburneo dente

Segnò di lieve nota: ed egli audace

Con sacrilego piè lanciolla: e quella

Tre volte rotolò; tre volte scosse

Gli scompigliati peli, e da le molli

Nari soffiò la polvere rodente.

Indi i gemiti alzando: aita aita

Parea dicesse; e da le aurate volte

A lei l'impietosita Eco rispose:

E dagl'infimi chiostri i mesti servi

Asceser tutti; e da le somme stanze

Le damigelle pallide tremanti

Precipitàro. Accorse ognuno; il volto

Fu spruzzato d'essenze a la tua Dama;

Ella rinvenne alfin: l'ira, il dolore

Il Mezzogiorno, v. 533: Precipitaro…

«La collocazione enfatica del verbo a inizio verso, staccato in enjambement dal soggetto, determina un parallelismo oppositivo con i vv. 530-31 («i mesti servi / asceser tutti») ed è parte di un effetto cumulativo che coinvolge i sette versi successivi («Fu spruzzato», «Ella rinvenne», «L’agitavano», «Chiamò», «Al sen le corse», «Chieder sembrolle»), contribuendo alla concitazione narrativa in modo solidale con la frammentazione metrico-sintattica. Da notare, agli stessi fini, la polarità metrica che si instaura coi successivi vv. 543-548, dove la serialità anaforica concerne i secondi emistichi («A lui non valse», «a lui non valse», «in van per lui», «In van novello»). A partire dall’episodio della vergine cuccia, Parini si avvarrà sempre più spesso delle risorse enfatiche connesse alla seriale frammentazione metrico-sintattica degli endecasillabi» (M. Tizi)

E ¦ tu ¦ ver¦ gi¦ ne ¦ cuc¦cia,^i¦ dol ¦ pla¦ca ¦ to 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 Da ¦ le ¦ vit ¦ ti ¦ me^u¦ ma ¦ne,^i¦ sti ¦ su¦per¦ba 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11




Download 446 b.

Do'stlaringiz bilan baham:
1   2   3   4   5   6   7   8




Ma'lumotlar bazasi mualliflik huquqi bilan himoyalangan ©fayllar.org 2024
ma'muriyatiga murojaat qiling