Francesco bozza
R.P. F. Giuseppe Borsella, Reggente
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- Padre Venanzio Fracassi, Guardiano 1849 Padre Maestro Gennaro Quaranta, Guardiano
- Padre Maestro Giuseppe Borsella, Guardiano
- Molto Rev.do Padre Maestro Giuseppe Borsella, Superiore
- 6.1 – Storia della titolarità del feudo Anche se probabilmente la ‘Terra
- Pantasij ”, oltre che la netta contrapposizione ai poteri, forse solo religiosi, già storicamente presenti, di affermare in “Musane
- Pantasia Abdenago
- Pantasij
- Rodulphus
- Rodolphus
- Tristano
- Robberto filio Tristayni Limessani castri domino
- Alferio vescovo di Trivento
- Robbertus, filius Trosteni, qui dicitur de Principatu
- Commenda di Malta, di S. Gio: Gierosolimitano
- Robbertus, filius Trosteni
R.P. F. Giuseppe Borsella, Reggente (Casa 371) R.P. F. Regente Gennaro Quaranta R.P. F. Venanzio Fracassi R.P. F. Antonio Grimaldi (che era nato a Roccavivara) P. Bonaventura Pece Fra Antonio Colavecchia, Laico Fra Vincenzo d’Addario, Laico Fra Lodovico Giancola Fra Michele de Robertis 1848 Padre Venanzio Fracassi, Guardiano 1849 Padre Maestro Gennaro Quaranta, Guardiano Padre Maestro Giuseppe Borsella Padre Venanzio Fracassi Padre Antonio Grimaldi, che abiterà a Limosano anche dopo la soppressione del 1866 Padre Bonaventura Pece !851 Padre Maestro Giuseppe Borsella, Guardiano Padre Venanzio Fracassi Padre Bonaventura di Paola Michele del Gobbo, fu Domenico, stipula una ‘convenzione’ per “convivere durante il corso di sua vita tra i Monaci del Convento di San Francesco di Limosano in qualità di garzone…”. … 1860 Molto Rev.do Padre Maestro Giuseppe Borsella, Superiore Il 22 Agosto “i Reverendi Padre Conventuali di Limosano: Padre Maestro Giuseppe Borsella fu Luigi, e Padre Venanzio Fracassi fu Pasquale, componenti l’attuale religiosa famiglia del Convento de’ Minori Conventuali di Limosani… dichiarano che la Religiosa Comunità da loro rappresentata ha delle rendite ne’ Comuni di Apice, Bonito, Montefusco, Mirabella e Grottaminarda, in Provincia di Principato Ultra…” ed istituiscono un “Procuratore ad lites”. 1866 Soppressione definitiva 225 CAPITOLO 6° IL MARCHESE, ‘UTILE SIGNORE’ 226 227 LIMOSANO: Posizionamento sul territorio dei corpi feudali e localizzazione delle evidenze religiose 228 6.1 – Storia della titolarità del feudo Anche se probabilmente la ‘Terra’ di ‘li=Musane’ diventò feudo vero ed autonomo (nella accezione più comune e più ‘nostra’ del termine) solo nel periodo tra il XI ed il XII secolo con la famiglia dei ‘de Molisio’, una ricostruzione della titolarità dell’unità amministrativa ‘civile’ riferibile alla sua emergenza insediativa di maggiore evidenza e che, tra l’altro (e la 229 circostanza è troppo significativa perché non la si debba tenere nella dovuta considerazione), era stata “olim (= già) civitas” (formatasi tale e nell’attuale sito per la confluenza nel tempo e da più direzioni di ‘gentes’ diverse) non può non farsi iniziare che dai capi famiglia di quel ‘convoglio’ di cortisani e di baccari concessi “in gastaldato Biffernensi” da Arechi lo stesso anno, il 774 (era il mese di Novembre), in cui “appellatus est Princeps gentis Langobardorum (viene chiamato Principe della gente dei Longobardi)” del beneventano e, più in generale, dell’intero meridione. I nomi dei primi, i lavoratori delle ‘curtes’ (o anche ‘cortes’), erano “Johannem et Walterium cum uxoribus et filiis suis, et omnibus sibi pertinentibus: seu et unam sororem Judari”; e dei pastori-allevatori erano “Grauso cum uxore et filiis; sed et norae et nepotes eius, et omnia eius pertinentia: nec non et Sindonem cum uxore et filiis suis” 346 . Ma, forse e, meglio, senza forse, l’entità politico-territoriale, che, tenuta separata e sempre distinta da quella ‘Bovianensis’, dalle carte viene detta “gastaldato Biffernensi”, esisteva come ed in quanto tale già prima di quella data e pure di parecchio. Sembra possibile ipotizzare che ne dovettero essere a capo gli esponenti di quella “nobile famiglia de’ Pantasij”, dalla quale (e perché) “a relazion del Vipera riconosce Limosano i suoi principj” e che per diversi secoli si trova a controllare (e la cosa appare di non poca singolarità) vasti ed importanti territori a cavallo della parte centrale del corso medio del fiume Biferno (con Musane ed il relativo ‘gastaldato Biffernensi’) come anche di quell’altra riferibile al corso mediano del fiume Fortore (con le città, tutte sedi di diocesi, di Dragonara, di Civitate e di Ferentino, oltre che con il ‘ducato di Pantasia’). E’ solo un caso che quel ‘convoglio’ viene inviato proprio “in gastaldato Biffernensi”, la cui emergenza insediamentale di maggior significato va riferita a quel centro abitato, che, nella logica di “quell’interessante fenomeno, noto e studiato, che si verificò in Italia durante il periodo alto medievale, specie a partire dal VII secolo, (costituito) dal ritorno, per esclusivi motivi di difesa, ad insediamenti collinari preromani” 347 , è la sede dell'antico vescovado della destrutta città dell'homini sani, alias Musane, e che dal sito di Cascapera o, meglio, di ‘Ti- phernum’ si viene ora spostando la dove tuttora situa Limosano? La risposta a tale interrogativo non può che essere negativa. Perché, in generale, i fatti della Storia sono sempre frutto di scelte e mai il risultato di pura occasionalità. E, nello specifico, è ciò ancor più vero specialmente se si tiene conto del fatto che al ‘nuovo’ insediamento partecipano, oltre che tale ‘spostamento’, anche gli sbandati delle numerose strutture cenobitico-abbaziali in fuga dalle razzie di barbari, di bizantini e di saraceni (già ci si vide costretti a registrare per questo periodo una contrazione dei centri monastici), che stanno depredando il territorio. Sui reali effetti nell’ambito territoriale del medio Biferno della presenza di questi ultimi ed, in particolar modo, dei greco-bizantini (non vanno dimenticate le diverse e numerose testimonianze della presenza del rito greco sia nel Monastero di Faifoli che nella stessa Chiesa ‘Cattedrale’ di Limosano) mancano del tutto studi e ricostruzioni. Ciò, tuttavia, non li deve far escludere ed, anzi, sono da ipotizzarne di grande influenza. E, se è vero che proprio a partire da questa fase storica “il moltiplicarsi di fondazioni ecclesiastiche (si realizza) entro il patrimonio delle famiglie potenti” 348 , trova ancor più adeguata spiegazione la ‘scelta’ strategica operata dalla “nobile famiglia de’ Pantasij_”,_oltre_che_la_netta_contrapposizione_ai_poteri,_forse_solo_religiosi,_già_storicamente_presenti,_di_affermare_in_“Musane'>Pantasij”, la quale, partecipando a questa emergente struttura insediamentale, che riesce bene a coniugare 346 UGHELLI, op. cit., X, col. 438. Per il testo completo del brano vedasi al paragrafo 1.3 del 1° Capitolo e la relativa nota 37. 347 D’ANDREA F., Morcone e le sue porte, Morcone 1984, pag. 8. Il D’Andrea cita da SANFILIPPO M., Le città medioevali, Milano 1973, pag. 9. 348 TABACCO G., La storia politica e sociale, in Storia d’Italia: Dalla caduta dell’Impero Romano al secolo XVIII, Torino 1978, pag. 128. 230 il civile con il religioso, intende affermare il controllo di interessi rilevanti sull’intera area del corso mediano del Biferno. E così, in quanto verosimile, diventa assai credibile la ricostruzione dello scenario in cui quella si concretizza. La contiguità, del tutto particolare, che porta ad associare quasi in un ‘unicum’ architettonico ben definito tanto il ‘Palazzo’, l’edificio da cui emanava il potere civile, che quella ‘Chiesa’ di S. Stefano, la quale, con le sue testimonianze, tra l’altro già documentate e riportate, sulla presenza, da riferire pure ad essa, di ‘episcopi’, consente di ipotizzarne una stessa datazione originaria per entrambe le evidenze. La contemporaneità nella costruzione del ‘palatium’ e dell’annessa ‘ecclesia’, proprio nella posizione più elevata e di dominio dell’abitato, permette alla “nobile famiglia de’ Pantasij”, oltre che la netta contrapposizione ai poteri, forse solo religiosi, già storicamente presenti, di affermare in “Musane” una maggiore visibilità del ‘nuovo’ modo di amministrare il potere stesso, riuscendo a concentrare nella medesima persona sia il religioso che il civile. Tale reciprocità del ‘modus dominandi’, che viene concretizzandosi ora ed è tipica dell’alto medioevo, entrerà in crisi con l’arrivo dei Normanni ed, in certo qual modo, con l’affermarsi del concetto di ‘feudalità’. E scomparirà del tutto con gli Angioini. Di quella “nobile famiglia”, al presente, nessuna traccia rimane a Limosano, se non di quel Pantasia Abdenago, che, “di nobile famiglia originaria di Limosani (Molise)”, fondava in Benevento “... nel 1177 una chiesa e una collegiata, quella di S. Spirito, e, accanto ad essa, una confraternita laicale” 349 . Ma, anche se si è, nel tempo, ad oltre un secolo da quando, con l’arrivo dei Normanni, si è concretizzato, nel medio Molise, il ‘cambio’ con i ‘de Molisio’ nell’esercizio del potere ‘diffuso’ e circa un secolo prima dalla ‘frataria’ fondata da Pietro del Morrone, è quanto basta per provarne l’esistenza, l’operatività e la grande influenza da quella esercitata nel territorio riferibile a “Musane”. In precedenza, si accennava alla radicale trasformazione, nella gestione politica del ‘modus dominandi’, che occorre registrare con il passaggio del potere nelle mani delle ‘famiglie’ normanne ai vertici della gerarchia ‘civile’. Uno degli aspetti da tenere maggiormente in considerazione è che con gli esponenti di queste, i quali, per parte loro, pure ‘utilizzeranno’ le gerarchie religiose e se ne serviranno non poco nei loro gioghi di potere e delle alleanze, si concretizza una reale e netta distinzione tra il potere ‘civile’ e quello ‘religioso’, ognuno dei quali, fatta opportunamente salva qualche rara eccezione, è gestito da distinta persona. Una siffatta frattura ed una tale dualità, lo si è già visto nel Capitolo I, provocarono, nello specifico limosanese, non pochi contrasti tra l’ “episcopus” della ‘Cattedrale’ di S. Maria ed il ‘dominus’ “castri Limessani”. Sicuramente è da ricomprendersi nella contropartita politica, che la sconfitta di Civitate del 17 Giugno 1053 (ed anche qui sembra opportuno riflettere sulla nient’affatto casuale circostanza, per cui lo scontro tra il Papato ed i ‘conquistatores’ normanni si consuma lungo il corso mediano di un fiume, il Fortore, il cui ambito territoriale è ‘dominato’ da quegli stessi Pantasij, che, con un ramo collaterale, detengono anche l’area del medio Biferno con “Musane”, dalla quale dipende il “locus Sale iuxta Bifernum fluvium”, dove una settimana prima della battaglia viene tenuto il ‘placito’ preparativo delle strategie di guerra) costringe il vinto Papa Leone IX ed i suoi successori a riconoscere alla nobiltà normanna, anche il passaggio del potere a Limosano, dove un ramo della ‘casata’ dei ‘de Molisio’ rimpiazza la storica “nobile famiglia de’ Pantasij” 350 . 349 Vedi la nota 34 al Capito II. Comunque, ZAZO A., Dizionario Bio-Bibliografico del Sannio, Napoli 1973; voce 'PANTASIA Abdenago'. 350 Le conseguenze di tale contropartita, così come anche quelle derivanti dal coevo ‘scisma’ d’Oriente (o greco- ortodosso) sulle vicende politiche delle zone molisane, dove, come si diceva, i bizantini ebbero ampia diffusione ed influenze, sono di tanto logiche di quanto risultano scarsamente indagate e, nel migliore dei casi, sottovalutate 231 A parte la “grave lacuna nel testo del ‘Catalogus Baronum’, documento indispensabile per la corretta ricostruzione e per la migliore comprensione del primo periodo normanno, (che) ci priva di molti elementi per l’approfondimento nello studio della Limosano di allora” 351 , “la documentazione superstite ci consente (appena) di ritenere che Isernia, Venafro, Boiano, Sepino, Trivento, Limosano, Campobasso, Molise, Rocca Mandolfi e Carpinone facessero parte del demanio del Conte di Molise” 352 . “La contea normanna di Molise che, come tale, ‘nacque nel 1142’(a), è la continuazione, quando ha raggiunto la sua massima estensione, di quella di Bojano che, ‘fondata da Rodolfo de Molisio (ne è testimoniato quale titolare per la prima volta nel 1053), vide accresciuta la sua consistenza territoriale, che includeva i sei vescovadi di Isernia, Venafro, Boiano, Trivento, Guardialfiera, Limosano, e parte di quelli di Larino e di Termoli’(b). I suoi titolari dimostrano sempre la consapevolezza di essere titolari della maggiore e più importante contea del Regno. (…). Del ‘Comitatus Molisij’ fanno parte ‘le ex contee di Boiano, Isernia, Limosano, Sepino, Trivento e Venafro, oltre a numerosi feudi minori, per i quali era tenuto a fornire ben 486 cavalieri e 603 fanti all’esercito regio’” 353 . Deve essere annotato che, se bisogna, come è anche qui opportuno fare, escludere la pura casualità nei fatti della Storia, ci si trova, sempre ed in ogni caso, davanti ad insediamenti di origine sannitica, ognuno dei quali diventa, prima, ‘municipium’ romano e, poi in epoca alto medioevale, ‘civitas’ sede di diocesi religiosa e di giurisdizione civile. Non potette, perciò, non progredire che secondo tale ‘ratio historica’ anche il divenire di Limosano e dell’intero ambito territoriale riferibile ad un centro abitato, del quale quello, nella continuità storica, rappresenta l’ultimo anello. Con “la cancellazione dei piccoli potentati di origine longobarda” la nuova nobiltà, di origine franco-normanna, nella fase di spartizione del potere, procede ad accorpamenti. Così e come si è già potuto vedere, Limosano, da ‘sede’ del “gastaldato Biffernensi” amministrato dalla “nobile famiglia de’ Pantasij”, si ritrova a far parte del “Comitatus Bojanensis”, del quale, dallo stesso anno, il 1053, in cui è avvenuto lo scontro di Civitate, è documentato titolare Rodulphus (Rodolfo) de Moulins o “de Molisio”, che dominò sino alla morte, avvenuta nel 1059, quando gli successe il figlio Guimundus (Guimondo). Dopo la morte di quest’ultimo (se ne ignora la data ed il motivo), mentre la contea di Bojano si ritrova nelle mani del figlio Rodolphus, il secondo con tale nome, titolare di Limosano è Tristaynus (Tristano, ma nei documenti è detto anche Trostayno, Tristapno o Frostaino), il quale pure lui è figlio di Guimondo e, quindi, fratello a Rodolfo II. A Tristano (o Tristaino) succede, come “Limessani castri dominus (signore-padrone del ‘castrum’ di Limosano)”, il figlio Robbertus (Roberto), che, personaggio assai attivo nello scacchiere politico dell’area limosanese, almeno nei tentativi di ricerca dell’autonomia da Benevento, merita qualche considerazione più attenta. dalla storiografia nostrana. 351 BOZZA F., op. cit., pag. 88. 352 CUOZZO E., Il formarsi della feudalità normanna nel Molise, in ASPN 1981, pag. 114. 353 BOZZA F., op. cit., pag. 88 e seg. Dall’A. si riportano anche le note e le citazioni:: (a) CUOZZO E., art. cit., pag. 118. (b) CUOZZO E., art. cit., pag. 119. Combinando questo brano con quello di cui alla nota 7 ed escludendo Guardialfiera, diocesi solo dal 1068, emerge ancora una volta la conferma dell’ipotesi di Limosano come ‘civitas’ medioevale, capitale di un proprio gastaldato e sede di diocesi. Ciò, se possibile, ha maggior forza di prova laddove si consideri la assoluta neutralità e la mancanza di interesse di campanile da parte del Cuozzo, studioso autorevolissimo. (c) MORRA G., Introduzione al millecento nel Molise, in A.M. 1980, pag. 76. 232 Il Cronista del Chronicon Cassinense riporta 354 , a margine della donazione (Giugno 1109) cui partecipò “Johannes, Triventinae sedis episcopus, una cum Robberto filio Tristayni Limessani castri domino” con la quale “optulit huic loco (nota: a Monte Cassino) ecclesiam sanctae Illuminatae infra fines praedicti castri Limessani, loco ubi dicitur Petra majore, cum omnibus ecclesiis et pertinentiis suis, pena indicta centum librarum auri id removere quaerentibus”, fatti ivi accaduti anteriormente al 1084 (probabilmente mentre ‘dominus’ era il padre Tristano), anno a partire dal quale l’autore diventa ‘episcopus’ di Trivento, ed appresi direttamente “ex ore Alberti huius nostri Cenobi monachi ultimam fere jam aetatem agentis (dalla bocca di Alberto anziano monaco di tale nostro Cenobio)”. Quali i ‘fatti’ accaduti? Li si trascrive direttamente in una traduzione ‘italiana’, assai più comprensibile del testo nell’oscuro latino medioevale, perché molto indicativi di quel che accadde, dal punto di vista politico, con l’arrivo dei normanni nell’area limosanese. “Va annotato con pacatezza che di questo Luogo (= il Cenobio di S. Illuminata) sembra essersene appropriato la cattiveria e la fraudolenza di Alferio vescovo di Trivento. Infatti ivi, mentre era il Preposito (= l’Abate) nella stessa Chiesa della Beata Illuminata, sapendo che la suddetta Chiesa era assoggettata al Monastero di S. Eustasio (nota: o anche ‘S. Eustachio’, nel ‘ducato di Pantasia’) sin dall’inizio della sua (= di quest’ultimo) costruzione e che era stata assegnata a questo stesso Luogo dai Principi Beneventani, e desiderando di sottrarla dalla giurisdizione di questo Monastero, si presentò al Preposito che lo aveva preceduto al Monastero, iniziò a supplicarlo acché gli mostrasse i documenti di quel luogo, dicendo che vi erano custodite anche le carte della sua eredità: lo pregò di consentirgli di prenderle affinché non si perdessero per la forte vecchiaia del tempo. Ritenendo il Preposito non esservi dolo nelle sue parole, gli concede il permesso di cercarle e di portarle via. Quindi tra i documenti trova l’atto di autorizzazione da parte dei Principi Beneventani per mezzo del quale la Chiesa di S. Illuminata fu assegnata al Monastero di S. Eustasio, il quale atto con bastante chiarezza ed apertamente conteneva che detta Chiesa era stata concessa al Monastero del Beato Eustasio dai Principi Beneventani dal principio della sua costruzione. Egli, furente d’invidia ed ubriaco di iniqua follia, rapì il documento, se lo nascose e, tornato a casa propria, minutamente lo strappò”. Si ritiene di non dover aggiungere, in quanto il cortese e buon lettore può facilmente trarla di persona 355 , alcun’altra annotazione, se non che il ‘fattaccio’ serve a preparare il campo, se ne riferì già nel III Capitolo, all’ingresso, civile e religioso, di Monte Cassino nell’ambito territoriale riferibile a Limosano. E' da tenere nella dovuta considerazione la circostanza per cui “nel 1096 ‘Robbertus, filius Trosteni, qui dicitur de Principatu’, partecipa, come riferisce il Chronicon Cassinense, alla prima Crociata” 356 . E ciò perché una tale parentesi nella vita del giovane Roberto, del quale è forse ancora in vita il padre, rende non impossibile l’ipotesi che egli sia appartenuto a quell’ordine cavalleresco, tanto importante quanto poco o nulla considerato, di ‘guerrieri’ sorto all’ombra dei Monasteri, che furono i ‘Templari’. A quest’ultimo, che proprio adesso sta iniziando a formarsi ed a strutturarsi sul territorio, faranno, in seguito, capo ingentissime ricchezze tanto che regolerà (sia il concetto di ‘banca’ che quello della ‘lettera di cambio’ partono dal suo interno) per circa due secoli l’intera circolazione monetaria ed eserciterà con minuziosità il controllo delle strade e la connessa esazione dei pedaggi. Pur se, relativamente alla possibilità di collegare le due cose, la mancanza di un nesso ‘documentale’ rende quasi del tutto casuale la coincidenza, un minimo di credibilità a siffatta 354 Chronicon Cassinense, IV, 34. Si veda BOZZA F., op. cit. pag. 76 e seg. 355 BOZZA F., op. cit. Si veda l’intero Capitolo dedicato al periodo normanno. 356 BOZZA F., op. cit., pag. 85. 233 ipotesi potrebbe farsi derivare dalla presenza, ancora all’epoca (1743) del ‘Catasto Onciario’, di diversi ‘beni’ fondiari, significativamente e non senza motivo quasi tutti confinanti con ‘strada publica’ e nelle immediate vicinanze delle istituzioni monastiche, appartenenti alla “Commenda di Malta, di S. Gio: Gierosolimitano, sistentino nel ristretto, e tenimento di questa sud.a Terra” di Limosano, per i quali il ‘Procuratore’, che allora era “Ascanio Longo”, “ne corrisponde al Sig.r Commendatore in Bujano… docati sei, e mezzo, ed una forma di Cascio” 357 . Il ‘dominus’ di Limosano, “Robbertus, filius Trosteni”, dopo che, e risultano così evidenti sia la sua attività politica che l’importanza del ramo ‘limosanese’ dei “de Molisio”, nel 1109 ha offerto (‘oblatus’) il Cenobio di S. Illuminata a Monte Cassino e, similmente, dopo che l’anno seguente, il 1110, Gregorio, monaco cassinense, “come si ha nel Catalogo degli uomini illustri di quel Monastero” 358 , diventa l’‘episcopus’ della stessa Limosano, alla morte “sotto le macerie del terremoto del 1117” del fratello Simone, conte di Bojano (v. il Capitolo I), gli succede e riunifica in un’unica persona l’alta e la media valle del Biferno. Quando muore Roberto (il quale aveva avuto per moglie una tal “ avviene nel 1128, gli succede il “dominus noster Hugo Comes molisianus”, il quale, figlio di Simone, mentre è il secondo per la ‘contea’ di Bojano, per la “Terra li=Musanorum” è il primo con tale nome. Il conte Ugo “molisianus” (v., anche per le note, sempre il Capitolo I), “sedens pro tribunali in civitate limosane cum baronibus magnatibus iudicibus aliisque Download 5.01 Kb. Do'stlaringiz bilan baham: |
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