Francesco bozza
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- Strada Publica chiamata del Procaccio
- Strada Publica del Procaccio
- 1.3 - Le vicende altomedioevali
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IX Geronum (Gerione, abitato scomparso presso Casacalenda) VIII Larino (Larino) E' forse da identificare con la òdòs Samniou ricordata da Procopio di Cesarea (B.G., VI, v, 2) a proposito della guerra tra Goti e Bizantini, allorché Zeno, per recarsi a Roma, attraversò il Sannio per raggiungere la via Latina" 10 . 7 DE BENEDITTIS G., Fagifulae, in AA.VV., Samnium - Archeologia del Molise, Roma 1991, pag. 259. 8 Troppo asservita alla campanilistica esigenza di privilegiare l'ascesa di Campobasso, come e nel mentre diventa la città-capoluogo della 'Provincia', l'ipotesi, proposta dal ROMANELLI e seguita da altri studiosi, che pretende di farla attraversare dall'antico tratto stradale, da un lato, e, dall'altro, caratterizzata da eccessivo e mal celato bisogno di apparire ad ogni costo 'originale' la recente ipotesi di CARROCCIA M. (v. Strade ed insediamenti del Sannio in epoca romana nel segmento V della tabula Peutingeriana, S. Elia Fiumerapido 1989) perché possano spiegare con la necessaria imparzialità i fatti della storia e, così, essere condivise. La prima ricostruisce il tracciato della strada che collegava Bobiano (Bojano) a Larino, collocando le due stazioni intermedie, indicate nella Tabula, di "Ad Canales" nei pressi di Campobasso e di "Ad PYRum" vicino a Campolieto; venendo in tal modo tenuti completamente isolati il 'municipium' di Fagifulae e tutta l'area fagifulo-tiferniana, riteniamo non essere da condividere. Per Carroccia "Ad PYRum" è da identificare con Taverna S. Pietro posta all'incrocio del tratturo Celano- Foggia con il fiume Sangro, "Ad Canales" con Taverna Canale in località Cerreto di Carovilli e Bobiano con Pietrabbondante. Anche questa seconda ipotesi, completamente fuorviante, riteniamo, proprio in quanto tale, di non doverla condividere. 9 Essa (v. DE BENEDITTIS G., Appunti sulle fonti classiche relative alla viabilità romana nel Sannio, in AM 1988, II, pag. 13-15) è la "riproduzione del XII sec. di una carta stradale dell'impero romano del IV sec. d.C. (ed è) detta Peutingeriana da Konrad Peutinger (1465-1547), dotto umanista tedesco a cui (ne) dobbiamo la scoperta". 10 DE BENEDITTIS G., Appunti... cit. La via Latina "da Roma menava a Cassino", proseguiva sino alla statio 'ad FleXUM' (S. Pietro Infine), dove si biforcava e "con un ramo di 13 miglia andava a Teano sulla via Appia, ed 14 Sul tracciato della strada alla sinistra del fiume i siti delle due prime stazioni intermedie del percorso disegnato nella Tabula vanno così posizionati: 'Ad Canales' nella contrada "La Canala" di Castropignano e 'Ad PYR(um)' nei pressi di "Ferrara" non lontano da 'Cascapera'. Già in nota 5 abbiamo detto della evidentissima affinità etimologica, che, sconosciuta al Mannaert (MANNAERT Konrad, Geographie der Griechen und Romer, Nurnberg 1799, tomo IX, parte I, pag. 804) che per primo propose tale ipotesi, ne costituisce indubbiamente ulteriore elemento di prova. Relativamente all'agro di Limosano, quella strada, che lambiva l'antico "ponte a fabbrica, che contava l'epoca della sua fondazione con quella dell'Impero di Adriano" 11 , era ancora attiva nel XIX secolo, quando, per la direzione 'a monte', è documentata "l'esistenza della via detta Spinillo, la quale mettendo capo nella strada de' forestieri serve al passaggio degli abitanti suoi (= di Limosano) non pure ma di molti altri comuni" 12 , e, per la direzione 'a valle' viene attestato che "ha da tempo remotissimo sempre esistito una pubblica strada,..., quale strada conduce al distrutto Ponte, e quindi va a riunirsi alla parte sinistra con la strada dei Forestieri, che passando per le falde di Fiorano mena all'ex feudo di Ferrara, ed indi alle Comuni di Lucito, Civita e Lupara ed in avanti fino all'Adriatico" 13 . Era sempre attiva durante il XVII secolo, quando "ad preces et pro parte Pompei Capillo etatis annorum octuaginta duo, Francisci Minicuccio etatis annorum nonaginta, Donati Donatelli etatis annorum septuaginta, Dominici Fracasso etatis annorum sexaginta, Pontij Marchetta etatis annorum sexaginta octo, Antonij Marc'Antonio annorum septuaginta quinque, Joannis Antonij de Amico annorum sexaginta, Francisci Marinaccio annorum septuaginta quinque, Aloisij Busso annorum sexaginta, Francisci Corvinella annorum sexaginta, et Petri Antonij de Lucito annorum quinquaginta quinque incirca,..., Civium et Hominum magis seniorum, et expertorum dicte Terre Limosani" viene attestato "come nel luogo detto li Patrisi pertinente di d.a Terra di Limosano vi è, et è stata sempre una Strada publica, per la quale si andava, e si và nel Bosco di Ferraro, come nella Terra di Lucito, della Civita, et altri luoghi publici circonvicini, e detta Strada se la ricordano dà che hanno havuto l'uso della raggione, et hanno Inteso dà loro Padri esservi stata sempre d.a Strada, per essere Strada antichissima, non ritrovandosi memoria dà che fusse cotal Strada fatta,..." 14 . Sempre ad essa, certamente attiva nei secoli precedenti, va riferito quel 'nodo' di strade, posto a Cascapera, sulle quali insistevano alcuni "antichi termini lapidei, che di consenso delle parti con publico istrumento del 1547 e 1744 si erano posti per designare i confini de' territori in quistione fra i due limitrofi" 15 di Limosano e di S. Angelo. Erano esse la "Strada Publica chiamata del Procaccio, che entra al Termine della Crocella, passa per Fonte Murato et escie un ramo di 16 miglia menava a Venafro" (MASCIOTTA G.B., Il Molise..., ristampa Campobasso 1988, I, pag. 68). La via Frentano-Traiana correva lungo la costa adriatica da Aterno a Teano Appulo. Entrambe queste vie erano raggiunte da arterie stradali minori che toccavano tutti i 'municipia' siti nel territorio dell'attuale Molise. 11 Dalla 'Relazione' dell'Ing. Berardino MUSENGA (14 ottobre) all'Intendente di Molise, nella quale si descrivono i danni provocati dall'alluvione del 21 settembre 1811. Con ogni probabilità il ponte, per il cui rifacimento, probabilmente dopo l'alluvione del 1621, quando, "a detta di Galanti e Perrella, nel Molise la pioggia cadde ininterrottamente per quattro mesi ed il Biferno impazzì" (v. TASSINARI S., Biferno il fiume che era Dio, in MOLISE n. 1, giugno 1992, pag. 36), è documentato un intervento dell'Orsini, venne costruito per 'unire' l'area fagifulana con quella di Tifernum. 12 ASC (= ARCHIVIO DI STATO di CAMPOBASSO), Intendenza di Molise, B. 575, f. 10. Allegazione Forense "Per Comune di Limosano...", Napoli 1836, pag. 8. 13 ASC, Intendenza di Molise, B. 574, f. 9. Attestazioni dei Sindaci di Limosano, Montagano, Petrella, S. Angelo Limosano e S. Biase, tutte del 1834, allegate in copia autenticata alla nota del 29 settembre 1836 del Sindaco di Limosano all'Intendente di Molise. 14 ASC, Protocolli Notarili, Not. CARRELLI Giandonato di Fossaceca (Fossalto), atto del 4 ottobre 1697. 15 ASC, Atti demaniali, Limosano, B. 1, f. 2. Allegazione Forense del 25 gennaio 1810 dell'Avvocato Antonio de Giacomo. 15 alla Strada Langianese" 16 e, per l'appunto, la 'Strada Langianese'. E quest'ultima non senza ragioni ben potrebbe essere la stessa, che nella Tabula Peutingeriana è rappresentata con quel "segmento che sembrerebbe raffigurare (fatta salva la possibilità di un errore del copista medioevale) una ulteriore arteria che collegherebbe Aufidena (nota: e perché non altri luoghi dell'Abruzzo?) con la località Ad pyrum" 17 . E, mentre la "Strada Publica del Procaccio", che passava "distante da Limosano da circa miglia quattro" (ed, essendo Limosano distante circa altre quattro miglia da Castropignano, verrebbe confermata anche la distanza delle 8 miglia tra le due stazioni di 'Ad Canales' e 'Ad PYRum'), serviva "per il passaggio del Procaccio allorché da Campobasso si recava nel Vasto", la "Strada Langianese", dopo aver attraversato Monte Marconi e toccato il Bosco Fiorano, passava per l'abitato di Limosano, scendeva alla "Pera Corcorilli" (dove, ancora nel 1739, "la strada publica era detta delli Lancianesi") e permetteva di raggiungere sia il 'Ponte' che il 'passo della Covatta'. Era sicuramente attiva quando Papa Leone IX, proveniente da Montecassino, la percorreva nei primi giorni di giugno del 1053, e, "cum... contra Apulie fines pergens, vel intra Beneventarum Principatum, in loco Sale iuxta Bifernum fluvium..." si fermò il 10 di quel mese e vi tenne un grande 'placito' sette giorni prima della sconfitta (17 giugno) di Civitate. Quel "loco Sale iuxta Bifernum fluvium", incomprensibilmente ritenuto 'sconosciuto', è senza dubbio da posizionare in agro di Limosano, coincidendo con l'omonimo 'Corpo' feudale, "qual è di tomuli mille, e cinquecento incirca" 18 : "li Territorij detta la Sala è terminata dell'infratto modo: Incomincia alla Strada publica dello Fiume nominato Biferno, quale strada se nomina lo passo della Covatta, e se ne vene sempre per la strada publica suso in sino alla strada che si piglia per andare alla Fonte della Valla (nota: moltissimi elementi fanno ritenere che questa 'fonte' coincida con la "Fonte dello Sbirro", che sta scomparendo dalla geografia limosanese), seguitando per lo Frattale traverso, che esce sotto detta Fonte, e se ne vene sempre strada in sino à Fonte Faucione alla Confina, che è fra S. Angiolo, e Limosano, e del resto confina da ogni banda con lo Casale di Castelluccio e Territorij di Fossacieca" 19 . I limosanesi di allora a ricordo dell'avvenimento vi eressero un "Casalenum ecclesie dicte de Sancto Leone", che il 17 agosto 1595 risultava ancora esistente ed era "situm et positum ubi Vulgo dicit La piana Sancto Leo iuxta flumen Bifernj (si noti la coincidenza delle espressioni) et Confinia Terre Limosanj et feudi Casalis de Castell(ucci).o" 20 . Al presente quella contrada con evidentissima 'alterazione' linguistica si chiama "Piana Santa Lena", che nella forma italianizzata, e la 'corruzione' è ancora più visibile, è diventata anche la "Piana S. Elena". Era essa attiva durante il VI secolo d.C., quando la attraversò, già lo abbiamo detto seguendo il De Benedittis, l'imperatore Zenone. Era attiva il 24 ed il 25 gennaio del 49 a.C., quando la percorse Pompeo, inseguito da Cesare, durante la guerra civile. Era attiva nei primi giorni di ottobre del 217 a.C., quando vi passò Annibale, che da Capua e dall'agro del Falerno intendeva raggiungere Geronio per accamparvisi e svernare prima della Battaglia di Canne (216 a.C.). Fu, perciò, certamente la disponibilità e la percorribilità di quell'arteria stradale a favorire 16 ASC, Protocolli Notarili, Not. SANTORO Francescantonio di Fossaceca, ma nativo di Limosano, atto del 8 luglio 1596. 17 DE BENEDITTIS G., Appunti... cit. 18 ASC, Protocolli Notarili, Not. AMOROSO Francescantonio di Limosano, atto del 27 giugno 1752. 19 V. nota 16 e ASC, Protocolli Notarili, Not. JAMONACO Michele Silvestro di Limosano, atto del 7 gennaio 1768. 20 ASC, Protocolli Notarili, Not. DI RIENZO Giavan Pietro di Fossaceca, atto del 17 agosto 1595. 16 l'arrivo dei presbiteri-predicatori delle innovative dottrine cristiane a Tifernum, prima che in altre località della media valle, se non già dalla fine del I secolo, almeno sin dagli inizi del successivo. Vi si allungavano da Saepinum e da Bovianum, dove, per la strada lungo il fiume Tammaro, arrivavano provenienti da Benevento, qui giunti nel loro risalire la Via Appia da Brindisi a Roma 21 . Erano in ciò agevolati, oltre che dalla strada, dalla posizione stessa di Tifernum, avendo questo insediamento una collocazione di certo più decentrata rispetto a Fagifulae, "municipium" e centro amministrativo ufficiale. Il fatto poi che fosse anche meno accessibile e, perciò stesso, poco controllabile dalle autorità (anche a Roma i centri di culto, i punti di riferimento e le stesse catacombe del primo Cristianesimo erano situate lontane dal 'centro', alla periferia e lungo le principali arterie stradali) vi favorì l'organizzazione di una comunità e delle prime strutture, più o meno clandestine, della nuova fede. La penetrazione di quella religione e delle sue idee rivoluzionarie, specie nel sociale, accolte come elemento coagulante di attenzioni per rifiutare la non gradita romanizzazione, venne senza dubbio facilitata dalle difficoltà incontrate da quest'ultima e, per Tifernum, dal suo sentimento di ostilità verso Fagifulae, in quanto preferita dalle autorità. Tutte queste condizioni favorevoli portarono alla formazione di una vera e propria comunità cristiana, guidata dal suo 'presbitero (= anziano)' e da alcuni 'diaconi (= servitori)'. Quella 'ecclesia (= riunione)', in quanto riferibile ad un 'municipium' (anche se civilmente lo era Fagifulae) e ad un suo ben preciso ambito territoriale, venne assegnata alla amministrazione di un 'episcopus (= amministratore)', che nel tempo diventa il capo del relativo distretto o "diocesi". Questa, la diocesi di Tifernum, infine, nata nel corso del II secolo come "tifernate", maggiormente diventa ed è tale allorché, a partire dal IV secolo (Fagifulae lentamente inizia ad uscire dalla scena della Storia), il Cristianesimo diventa la religione 'ufficiale' dell'Impero e la Chiesa con la sua gerarchizzazione verticistica viene appropriandosi del territorio e si fa struttura organizzata, iniziandosi lo spostamento verso di essa della titolarità patrimoniale, cui gradualmente seguirà anche quella demaniale, dalla istituzione 'stato' sempre più burocratizzato e sempre meno presente. Alla esistenza "ab antiquo" della diocesi e dell'episcopus "tiphernatium" (= dei 'tifernati'; e ciò, si noti, nella duplice accezione di abitanti di una ben precisa e ben determinata area e di entità contrapposta all'altra dei 'fagifulani') porta una implicita conferma anche l'opinione corrente, secondo la quale "le diocesi molisane documentate negli albori del Cristianesimo sono quelle di Venafro, Isernia, Trivento, Bojano, Sepino e Larino" 22 , centri tutti sede di 'municipium'. E perché escludere dalla 'logica' precisa di quella "ratio historica" il 'municipium' di Fagifulae, quando già per altro verso si ammette che della diocesi di Limosano (o, che è lo stesso, di Tifernum) "la prima consacrazione ricordata dal testo (nota: del documento rinvenuto dal Kehr, di cui si riferirà in seguito) potrebbe essere riferita ai primi secoli del Cristianesimo"? Del resto, "ciò potrebbe essere giustificato dal fatto che Limosano sorge entro i limiti giurisdizionali del municipio romano di Fagifulae", specialmente adesso che con la nostra ricostruzione si riesce a ben superare quella supposta difficoltà, per cui "il documento avrebbe indicato Fagifulae e non Limosano" 23 . 21 La ricerca storica, pur caratterizzata da episodicità e frammentarietà oltre che da una visione della verità deformata dall'esclusivo amore per il proprio campanile o dal solo interesse di parte, già da tempo indicava come "un discepolo - come è tradizione - del Principe degli Apostoli portò la fede evangelica ai Boianesi" (DI FONZO L., Memorie cristiane e francescane di Bojano..., in L'Avvenire, Roma, del 6 febbraio 1941, pag. 3) e, più generalmente nel Sannio Pentro, proveniente da Benevento, che, probabilmente con Fotino, già "nel primo secolo ebbe il suo vescovo" (TIRABASSO A., Campobasso sacra, Campobasso 1929, pag. 7). 22 DE BENEDITTIS G., Repertorio... cit., pag. 30. 23 V. nota precedente. 17 D'altronde la scarsa e scarna documentazione esistente (e per la diocesi di Tifernum essa è non più, ma neanche meno, abbondante che per tutte le altre del Molise) già faceva scrivere al Gasdia che "il Lanzoni,..., identifica Tifernum con Città di Castello; ma se questa città è la nostra sannita, dirò che essa ebbe due vescovi..." 24 . Così è anche all' "episcopus tiphernatium", in quanto titolare di una di quelle "molte diocesi nel Molise esistite sin nei primi tempi del Cristianesimo (IV e V secolo)" e come uno dei tanti esponenti delle "diocesi per Samnium", che "nel 459 Papa Leone I dirige una sua lettera pastorale" 25 , che denuncia devianze e modi di vivere pagani. Sempre così è che "... S. Florido, vescovo di Tifernum, e Amanzio sono due ecclesiastici dell'antica Tifernum" 26 . E da quella stessa Tifernum, posizionata in agro di Limosano, arriva quell' Eutodius o "Eubodius, 'episcopus tifernas'" 27 , che partecipa al Concilio tenutosi a Roma nell'anno 465, e del quale riferiscono documenti dell'archivio vaticano. 1.3 - Le vicende altomedioevali Sin dal IV secolo e, con conseguenze sempre più evidenti, dal successivo si ha che iniziano a verificarsi eventi e fenomeni tali da determinare sconvolgimenti radicali nell'organizzazione sia del territorio che della società. Di quelli riferibili all'area della media valle del Biferno cause ed effetti si intersecano talmente tra di loro che, in seguito, non riuscirà più possibile individuarli. E difficoltosa sarà anche la loro definizione identificativa vuoi per l'estremo degrado che ne seguì e vuoi per la scarsità della documentazione lasciata dai contemporanei. Ma quali furono quei 'fatti' e quale il loro impatto? Pur in mancanza di notizie certe, pare possibile pensare che "in seguito al terremoto del 346 che colpì gran parte delle città di questa regione" 28 , il Sannio pentro e, nel nostro specifico, anche l'intera area del medio Biferno quasi certamente ebbero a soffrire danni tanto gravi da essere ridotti a cumuli di rovine. Degli altri eventi sismici, "che interessarono la nostra regione negli anni 69, 324, 344 e 369" 29 , si hanno solamente notizie e tracce sbiadite; la mancanza di documentazione, tuttavia, non deve indurre a sottovalutarne effetti e conseguenze, specie se si considera l'elevato grado sismico della zona. E', inoltre, assai probabile che i grandi cambiamenti climatici, collocabili tra il V e l'VIII secolo, abbiano avuto come effetto, con l'abbassamento della temperatura terrestre, il ripetersi di frequenti alluvioni e, conseguentemente, di fenomeni franosi tali da provocare 'sbarramenti' allo stesso fiume Biferno. Potrebbe, in tal modo, attribuirsi ad un macro sbarramento da frana del Biferno (di recente, nel marzo del 1996, in contrada Covatta se ne è verificato uno analogo; le cui conseguenze, però, sono state quantomeno mitigate dagli interventi dei mezzi resi disponibili dal progresso tecnico) sotto a Dirriporri ed a Ferrara, in direzione di Petrella, la formazione di quell'invaso lacustre, paludoso e malarico (ipotizzato anche dal Galluppi), che quasi certamente fu 24 GASDIA V.E., Storia di Campobasso, Verona 1960, pag. 192. L'opera, cui si riferisce il Gasdia è: LANZONI F., Le diocesi d'Italia dalle origini al principio del sec. VII (604), Faenza 1927. 25 FERRARA V., La diocesi di Trivento..., in AM 1987. 26 S. GREGORIO MAGNO, Dialoghi, III, 35. 27 LANZONI F., op. cit. alla nota 24, pag. 482 e segg. 28 DE BENEDITTIS G., Bovianum e il suo territorio: Primi appunti di topografia storica, Salerno 1977, pag. 33. 29 PARI P., Aspetti della sismicità storica del Molise fino al 1899, in AM 1993-94, pag. 143. Altro evento sismico di rilevante proporzione fu quello del giugno dell'847 sicuramente con epicentro nel Sannio (le coordinate epicentrali stimate sono: 41°30' di latitudine e 14°18' di longitudine), "al quale si attribuisce un'intensità pari al X grado della Scala Mercalli". Da esso, al dire di BARATTA M. (I terremoti d'Italia, Torino 1901, pag. 15), "Isernia fu quasi interamente distrutta con grande numero di vittime". 18 responsabile sia della scomparsa di Fagifulae che delle radicali trasformazioni nella geografia fisica e sociale della valle, che ne seguirono. A tale fenomeno potrebbe farsi risalire anche la formazione di quella 'pianura', di evidente origine alluvionale, estesa nell'agro di Limosano alla "Piana del Ponte" ed alla "Piana Donatelli", che trova corrispondenza e quasi prosegue dall'altro lato del fiume, dove era appunto situata Fagifulae, come farebbero ipotizzare tutti quei rinvenimenti archeologici ivi avvenuti nella proprietà, attualmente, Caserio. Di eventi consimili (che certamente non furono, né è possibile siano stati, i soli) relativamente più recenti e dei danni da essi provocati, oltre a quello della contrada Covatta, abbiamo appena qualche notizia 'certa' tanto dell'alluvione del 1621, quando, "a detta di Galanti e Perrella, nel Molise la pioggia cadde ininterrottamente per quattro mesi ed il Biferno impazzì" 30 , quanto di quella del 1811, più nota, che, oltre alle numerose vittime ed agli ingentissimi danni, fece crollare anche l'antico "ponte a fabbrica" di Limosano 31 . A tali fenomeni, che contribuirono ad accelerarla, si coniugò il lungo ed acuto momento di una fase di profondissima regressione demografica. Questa, le cui cause, molteplici e complesse (con sintesi estrema: la rivoluzione sociale, che privò nel lungo periodo il sistema produttivo dell'apporto gratuito della manodopera degli schiavi, portata nella cultura classica dal primo Cristianesimo, che però con lo strutturarsi nella organizzazione 'Chiesa' perse la sua primitiva connotazione rivoluzionaria per assumere nell'alto medioevo lo stesso ruolo dello 'stato' romano; la concentrazione, favorita dalle frequenti svalutazioni, della massa monetaria circolante nella disponibilità di pochi; le frequenti crisi di sottoproduzione delle derrate alimentari, per la concorrenza della periferia dell'impero al centro, dovute al mutato sistema socio-economico introdotto dalla romanizzazione), venivano da lontano, fece sì che del Sannio, che amministrativamente non subì variazioni di rilievo almeno sino ai primi anni del VII secolo, "civitates cum suis territoriis deserta erant" e "omnis haec regio vacabat habitatoribus rarusque viator aut agricola videbatur" 32 . Il punto più basso della crisi demografica ed economica lo si toccò, dopo la guerra greco- gotica, con la terribile carestia tra il 565 ed il 570 33 . Pure allora, come tante altre volte e come ancora nel 1764, "...il marito ave abbandonata la moglie ed essa il marito i Figli alli Padri ed essi alli Figli: In molte Terre per la fame mangiavano carne di somari morti sinnache (si) mangiava la pelle o sia cuoio di detti somari morti, pelle di animali, che si servivano per stivali intorno alle gambe, Pelle di capre, che stavano nei crivelli che servivano a cernere grani. Tagliavano orecchie di somari e li cuocevano per cibarsi. Mangiavano ossi di olive ed altri ossi di animali morti li pistavano e se li mangiavano. Con li miei occhi viddi mangiare in S. Biase Feccia di botte ed altro che non mi sovviene. E finalmente in questa Terra (di Limosano) si ave ridotto a mangiare alcune genti sterco di uomo, quando andavano dal Corpo di sotto alle Ripe del Palazzo Marchesale. E che i figli del fu Donato di Egidio Greco ammazzavano li cani, e la carne di essi si mangiavano;..." 34 . Quel periodo di depressione, lungo ed oscuro, ebbe una durata plurisecolare, almeno sino all'VIII secolo. E' del tutto ovvio che in una tale fase regressiva l'incolto, la macchia ed il bosco si appropriassero quasi totalmente dell'intero paesaggio, che aveva subito profondi cambiamenti già col passaggio dalla produzione di sopravvivenza dei Sanniti a quella, romana, di 30 TASSINARI S., art. cit. alla nota 11. 31 V. nota 11. 32 PAOLO DIACONO, Historia Langobardorum, I, 5; e CHRONICON VULTURNENSE di GIOVANNI Monaco, ed. FEDERICI 1925-38, II, pag. 85. 33 PROCOPIO DA CESAREA, La guerra gotica, II, 20. 34 ASC, Protocolli Notarili, Notaio Jamonaco M.S. di Limosano, annotazione ai Protocolli del 1763. La "Terra", di cui il Notaio parla, è Limosano. 19 sfruttamento nel sistema delle 'villae' e dei 'latifundia', agricoli ed armentizi, mentre del "territorio semensabile" e "laboratorio" restavano solo ridotte isole poste intorno ai pochi insediamenti abitativi, minimi per dimensionamento e per numero di abitanti. E tutti quei fenomeni-avvenimenti, fattori di regressione, si accompagnarono allo sgretolamento, sotto i pesanti colpi inferti dalle diverse incursioni-dominazioni barbariche "dei Visigoti (12 anni), dei Vandali (2 anni), degli Eruli (17 anni), dei Goti (circa 50 anni) e dei Greci Bizantini (30 anni)" 35 , della forma amministrativa romana dei 'municipia'. La riorganizzazione del potere, poi ed a partire dal 571, con l'evidenza del Ducato di Benevento comportò nel territorio l'affermarsi di una organizzazione della campagna in tante piccole unità autosufficienti, le curtes 36 , al cui emergere parteciperà non poco il monachesimo che sta ora muovendo i primi passi. Così è assai probabile che, scomparsa definitivamente Fagifulae, almeno in un primo tempo fosse Tifernum (che da questo momento subisce la trasformazione dell'etimo in 'Bifernum'), posta di parecchio più a monte di quella ed al centro di un'area, quella di Cascapera e limitrofe, particolarmente fertile, a restare il solo punto di riferimento insediamentale per i pochi abitanti rimasti. A partire, poi, dal VII secolo comincia anche il recupero di altre zone all'agricoltura, grazie all'impulso di quelle strutture monacali, organizzate secondo la regola benedettina dell' ora et labora, che, più di una, si situano sulle poco accessibili "morge (o 'pescli')" dell'intero agro attuale di Limosano, contribuendo in tal modo allo spostamento dell'abitato, che si organizza intorno alla residenza vescovile ed alla cattedrale, verso "Musane". Di alcune, almeno, di tali strutture, poste nell'agro di Limosano, abbiamo notizia e sono: S. Illuminata, che sicuramente fino al giugno del 1109 è sotto la giurisdizione di S. Sofia; S. Silvestro, che nelle Rationes Decimarum del 1309 "solvit TAR III" ed ancora nel Catasto Onciario del 1743 è in "suolo di S. Soffia di Benevento"; l' "Ecclesia S. Martini in castello Mosano", o "in Biferno", sempre sotto la giurisdizione di S. Sofia; S. Pietro "de Sale" (trattasi del "loco Sale iuxta Bifernum fluvium", pertinenza del "Beneventarum Principatum"), che, sempre nelle Rationes Decimarum del 1308-1310, "solvit TAR III"; e di "Sanctae Crucis in Limosano". Del resto, poiché i fattori di regressione, nel periodo che va dal VI all'VIII secolo, mai avrebbero potuto favorire la nascita 'ex novo' di un insediamento urbano, quella della continuità storica da Tifernum a Musane, più che una semplice ipotesi, diventa necessaria ed insopprimibile realtà. Sicuramente per affermare il potere (ma allora il 'civile' ed il 'religioso' erano intimamente collegati) su una entità territoriale in ripresa e per esercitare il controllo sulla risorsa idrica rappresentata dal fiume Biferno, nel novembre 774 (appena "appellatus est Princeps gentis Langobardorum"), "nos vir gloriosissimus Adelchis, per rogum Melonis filii nostri, in monasterio S. Sophiae, concessimus omnes illas dationes, vel pensiones quascumque servis praedicti monasterii S. Sophiae..., nec non et in gastaldato Bifernensi concessimus Download 5.01 Kb. Do'stlaringiz bilan baham: |
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