Francesco bozza
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1132-1312) del fondo avignonese nell'Archivio Segreto Vaticano (v. nota 63). Dicono essi della Limosano di allora (1132-1312), ma molti parametri non possono non essere riferiti a periodo di tempo di parecchio più lungo, essere un insediamento urbano di tale importanza e significato che, eccettuate le città che sono degne di avere un vescovo, e cioè Lucera, Ariano e Bojano, nessuna delle altre città che si trovano nella provincia beneventana è così adatta ed idonea ad avere la cattedra episcopale, o pastorale, come la predetta Terra di Limosano (f. 164r, con conferma al f. 176a: exceptis civitatibus quae sunt digne ad habendum episcopum videlicet luceria arianum et Boyanum nulla aliarum civitatium quae sunt in provincia beneventana est ita apta et ydonea ad cathedram episcopalem seu pastoralem habendam sicut terra limosani praedicta). Altri paragoni e raffronti, e tutti favorevoli a Limosano, sono con le città di Guardialfiera, Dragonara, Termoli... (f. 175: civitates Guardie alferie dragonarie Termolense...) e con la città di Trivento... e con la città di Larino (f. 190: civitas Treventi... et civitas Larini). Le viciniori sedi vescovili di Dragonara e Trivento sono Terre di gran lunga più piccole della Terra di Limosano (f. 173r: sunt longe minores terrae ipsa terra limosani). La popolazione di questo insediamento è composta (le stime più attendibili sono: di un Notaio che, al f. 176, dice di aver ricavato i dati da un "quaternum Collecte"; di un tale che, al f. 183, ha visto "scripta dationum seu collecte"; al f. 186, di un "appaltator primorum hominum dicte terre et receptor collecte"; di un altro tale che, al f. 196, ha sentito leggere un "librum catasti" ed, al f. 197, di un "Collector Regie collecte") da un numero oscillante tra i 700 ed i 900 'focolari' (focularia septingenta et plus e focularia nongenta) e che varia tra i 2000, tra maschi e femmine, ed i 5000 abitanti (ibidem sunt bene duomilia inter mares et feminas e homines quinquemilia). Una tale popolazione, assai consistente e con pochi uguali per l'epoca, è concentrata in un territorio ristretto, che, da quel lato dove maggiormente si estende, non si estende oltre un miglio (f. 208: dictum castrum [va, però, annotato che, mentre i contrari alla diocesi a Limosano usano il termine 'castrum', i favorevoli ripetono sempre la parola 'terra'] limosani habet proprium territorium quod ab illo latere unde plus extenditur non extenditur 32 ultra unum miliare). A tale indicazione geografica da conferma la stessa posizione, che, tra l'altro, trova adeguati riscontri nelle Rationes Decimarum Ecclesie del 1308-1310, dei centri abitati circonvicini di Castelluccio di Limosano, di S. Angelo, di Cascapera e di Ferrara. La condizione di sovraffollamento nell'area comporta che alcuni di Limosano vadano a lavorare le terre di S. Angelo (f. 204r: aliqui de limosano eunt ad laborandum terras sancti angeli) e le terre del territorio... di Castelluccio e di Cascapera (f. 206r: terras territorij... castellucij et cascapere) e di Ferrara (f. 202r: ferrarii). Ma non di rado si verificano anche scontri armati, come quello (f. 176) con gli uomini di Montagano (homines montis agani), che si trovano contro millecinquecento uomini armati di Limosano (mille quingenti homines armigeri de terra ipsa) o contro gli uomini di Petrella (f. 171: contra homines de petrella). A provocarli il fatto che il territorio di Limosano non ha legna sufficiente per gli usi degli uomini del nominato castello e gli uomini della Terra predetta vanno per legna al territorio di Cascapera, di S. Angelo e di Ferrara (f. 202r: territorium dicti castri non habet ligna sufficentia per usu hominum dicti castri et homines dicte terre eunt per lignis ad territorium cascapere sancti angeli et ferrarij), ai boschi di Montagano (f. 203: ad silvas montisagani), ai boschi di Trivento (f. 206r: ad silvas Triventi) ed ai boschi di Petrella (f. 204r: ad silvas petrelle). E, siccome gli uomini di Limosano vanno ai boschi di Petrella per legna (f. 206: homines limosani eunt ad silvas petrelle per lignis), recandovi per il pascolo anche i propri animali, può accadere che questi ultimi vengano catturati nel 'castro' di Petrella dai guardiani del bosco di Petrella, che asserivano averli presi nei boschi di detto 'castro' (animalia capta in castro petrelle per guardianos silve petrelle que dicebantur esse capta in silvis dicti castri), dove però erano stati catturati anche i rispettivi padroni (homines limosani fuerunt capti in silvis). Una situazione analoga si ripeteva anche con Trivento tanto che gli uomini del 'castro' di Limosano erano stati catturati in quanto conducevano gli animali nei boschi, ovvero territorio di Trivento (f. 206r: homines de castro limosani... captos per eo quod ducebant animalia in silvis seù territorio Triventi). Tuttavia, il problema più grave, che affligge, e lo farà per lunghi secoli ancora, la popolazione limosanese, dipende dalla cronica e grande carenza di acqua (f. 203r: magnum defectus aque), in quanto nessun pozzo o fonte si trova nella Terra stessa o nel suo territorio, eccettuate due fonti o una di acqua amara o 'salza' esistenti ai piedi del Tufo del predetto luogo e le persone del luogo menzionato vanno al fiume indicato <= Biferno> per acqua ed alla fonte che vien detta la fonte > (f. 206r: nullus putheus aut fons est in terra ipsa aut in territorio suo exceptas duas fontes aut una aque amare seu salite existentes in pede Tufi dicti loci et personae dicti loci eunt ad dictum fluvium per aqua et ad fontem que dicitur fons dicte >). E così, sono costretti a farlo, gli uomini e le donne vanno al fiume ad approvvigionarsi di acqua perché in quel 'castro' non vi sono pozzi o fonti di acqua dolce (f. 202r: homines et mulieres eunt ad dictum fluvium ad auriendam aquam per eo quod in dicto castro... non sunt puthei aut fontes aque dulcis). Ma, nonostante le situazioni di bisogno, quella stessa Terra deve essere ritenuta insigne (altrove anche 'potente' ed, al f. 186, "tanto grande nell'abbondare in ricchezze e nobiltà"), perché ha molti uomini sapienti (f. 170r: multos homines sapientes), molti letterati, ossia cultori della logica, dottori, medici e grammatici (f. 157r: terra ipsa reputari debet insignis quia habet multos literatos videlicet logistas doctoralistas medicos et gramaticos), avvocati, notai (f. 173r: homines peritos in Jure notarios), giudici... ed artisti (f. 175: Judices... et artistas). E vi è anche presente chi tiene le scuole di grammatica (f. 189: regit scolas in gramaticalibus). Quei manoscritti, e sorprende che a farlo siano esponenti della parte contraria, riferiscono Limosano essere sede di distretto amministrativo, con assoluta certezza per il periodo 33 normanno e, per quello alto medievale, con quella probabilità che conferma ed è confermata dalla continuità storica col gastaldatus Biffernensis. Tanto che il 'castrum' di Limosano è del Giustizierato di Terra del Lavoro e del 'Comitatus Molisij' ed i Giustizieri, oltre che gli Ufficiali, del citato Giustizierato esercitano la propria giurisdizione nel predetto 'castro' (f. 202: dictum castrum limosani est de Justitiariatus Terrelaboris et Comitatus Molisij et Justitiarii [al f. 208r si parla di officialos Justitiariatus terrelaboris] dicti Justitiariatus exercitant Jurisditionem suam in dicto castro). In quanto vero e, soprattutto, importante punto di riferimento, non solo sociale ed amministrativo, ma anche economico, per l'intera area del medio Biferno, è ad essa che vengono gli abitanti delle Terre circonvicine che vogliono comprare o vendere qualcosa ed ivi trovano quello che cercano (f. 177: aliquid emere aut vendere accedunt ad terram ipsam et ibi inveniunt quod querunt). E che le produzioni artigianali ed economiche, che vi si esercitavano, fossero particolarmente sviluppate e significative lo provano i 'caldararii' (essi sono da collegare alla presenza di quelle 'fucine', dove notevoli erano le lavorazioni del ferro), che giravano per vendere le loro produzioni, ed i 'mercatores' (f. 201: a mercatoribus de limosano), i quali conducono i loro somari carichi di frumento (f. 180: ducentes somarios oneratos frumento) e di orzo da un luogo ad un altro per i loro commerci. Ma, ovviamente, quella Collectoria di manoscritti, fornendo elementi assai utili per l'individuazione e per l'analisi dei rapporti intercorrenti con le strutture insediamentali degli altri ambiti territoriali, da notizie preziose sulle istituzioni religiose secolari di Limosano, che ancora è una 'bona terra' e la migliore, eccettuata Bojano, di tutta la provincia (f. 154r: est bona terra et melior totae provinciae excepto boyano), e sul suo Clero nel coinvolgimento in vicende di scontri, di aggregazioni e di contestazioni facili, al momento, la fase finale, in rapida evoluzione ma che, per una ricostruzione storica corretta, sarebbero da relazionare ad un passato assai lungo. Il disegno di geografia religiosa, ma che ha valenza anche politica, evidenzia rapporti privilegiati e continui tra Benevento con, da una parte, l'area del medio Fortore, che sta vivendo momenti di decadenza e di crisi demografica, dove, forse perché si è esaurito il loro ruolo storico di controllo (non più necessario?), stanno perdendo importanza, quando proprio non scompaiono, le diocesi di Ferentino, Dragonara e Civitate, e, dall'altra, con quella del medio Biferno, dominata da Limosano, alla quale la stessa Benevento, e non solo quella di Papa Anacleto, ha da sempre inteso e tuttora intende affidare il compito di contrastare Bojano e Trivento. Sulla decadenza dell'area del medio Fortore va detto che: a) la diocesi di Ferentino è talmente immiserita che il reddito ed i fanciulli della stessa Chiesa Cattedrale non arrivano a dieci unità (f. 182r: redditus et pueri ipse Cathedralis Ecclesie non ascendunt ad summam decem unitatis); b) la stessa città di Ferentino è quasi distrutta e disabitata (f. 178r: ipsa civitas florentini est quasi destructa et inhabitata); c) in quella città vi sono ottantadue case (f. 168r: in dicta civitate sunt octuaginta dua domos) solamente e non vi sono cento uomini (f. 186r: non erant centum homines). Quanto a Limosano, in una fase, lo abbiamo già visto, di fortissimo sviluppo, avendo diffusamente riferito sulla consistenza della diocesi nella interpretazione sintetizzante e, talvolta, minimizzante del Kehr, vanno fatte solo alcune precisazioni ed aggiunte. 1) Sicuramente errata è la lettura, al f. 183, dell'espressione "cascapera Ideo castrum Johannis fulconis" con "castra petra I castrum Johannis fulconis". Con tale correzione si ottiene che l'importante, quantomeno relativamente, insediamento di Cascapera, a differenza di 'castra petra I' in alcun modo posizionabile, può essere individuato e localizzato sul territorio con precisione assoluta. 2) Forti contrasti sia con Bojano, la quale, capitale del Comitatus, politicamente è autonomista e, dal punto di vista religioso, era stata governata da esponenti della famiglia dei 'de Molisio', 34 contro un cui ramo Limosano si era ribellata, che con Trivento, la quale mira ora ad allargarsi in danno della stessa Limosano, sono provati dal fatto, e dall'espressione, che questa stessa Terra fu città ed ebbe il proprio vescovo e la diocesi delimitata ossia la Baronia di Castropignano, la Baronia di Fossaceca, la Baronia di Santo Stefano di Ripa, la Baronia di Ripa, la Baronia di Pietravalle e molti altri luoghi (f. 195: ipsa terra fuit civitas et habuit proprium episcopum et diocesim terminatam videlicet Baroniam castri piniani Baroniam fossecece Baroniam sancti stephani de Ripa Baroniam Ripe Baroniam petrevalle et plura alia loca). 3) Oltre e dopo del signor Gregorio (dominum Gregorium), apprendiamo, al f. 183, che Limosano ebbe per vescovo anche un certo altro signor Raone (quandam alium dominum Rahonem). E, forse, l'espressione del "Presbiter Guillelmus de Rogerio de limosano", certamente di S. Maria, che, parlando dell'Abbate Nicolaus de limosano, riferisce di aver sentito dire dai suoi predecessori che il Vescovo di Limosano, che allora era egli stesso, visitava l'Arcivescovo di Benevento come suffraganeo (f. 183: audivit dici ab antiquioribus suis quod Episcopus limosani qui dum ipse erat visitabat Archiepiscopum Beneventanum ut suffraganeus), da ancora il nome di un altro Vescovo della diocesi di Limosano ed, in più, anche limosanese. 4) La porta di bronzo di Benevento con i 24 vescovi suffraganei, tra cui quello di Limosano, scolpiti non poteva non esistere ancora nei primi anni del 1300, se i documenti della Collectoria sono da riferire ai primi anni di quel secolo. 5) L'antichità e la lunga durata della diocesi di Limosano, oltre che dal 'privilegium domini anacleti pape secundi', sono dimostrate dagli altri strumenti (f. 180: alia Instrumenta), dai 'privilegia papalia' (f. 196), dal 'privilegium' del signor Landolfo, allora 66 Arcivescovo di Benevento (f. 207r: privilegium domini Landulfi tunc Beneventanum Archiepiscopum) ed, inoltre, dal Giudice Berardo, il quale sentì dire dal proprio padre, il Giudice Ruggero, che lo stesso Giudice Ruggero vide il Vescovo Raone (ipse Judex Rogerius vidit Episcopum Rahonem) esercitare l'ufficio di vescovo (Episcopalem officium) nella Chiesa di Santa Maria di quella stessa Terra e vide e lesse alcuni privilegi (si noti il plurale) dei Pontefici Romani (privilegia Romanorum pontificum) e specialmente del signor Anacleto Papa II, nei quali (in quibus) si tiene che lo stesso Signor Papa reintegrò la suddetta Terra, che già in altri tempi era stata Vescovado (dictam terra qua alias fuerat Episcopatus reintegravit). Ed, in più, vi sono i tanti, forse troppi, riferimenti a 'Regesta' ed a 'Registra' della Curia Romana, che venivano letti nella chiese della diocesi di Limosano. 6) Se anche il numero dei 'parroci', che erano una quarantina, (f. 183: qui iam sunt quadraginta) circa, dimostrerebbe la buona consistenza della diocesi, è certo che la Cattedrale era la Chiesa di S. Maria, che è tuttora chiamata Chiesa Vescovile e Vescovado (f. 187: vocatur adhuc Ecclesia Episcopalis et Episcopatus). Era ancora vivente, oltre a chi aveva sentito dire che ivi si trova il libro che si chiama libro pastorale (f. 184r: audivit dici quod est ibi liber qui vocatur liber pastoralis), ed anche una tale circostanza proverebbe la lunga esistenza della diocesi, chi aveva visto nella stessa Chiesa le mitre vescovili, i pastorali, l'anello, i rocchetti (f. 185r: in ipsa Ecclesia mitras Episcopales pastorales anulum arochetas), il bacolo (f. 184r: baculum) e due stalli di cui uno è di legno e l'altro di pietra (f. 187: et duas sedes quarum una est de ligno et alia lapidea). E viveva pure, al tempo dei manoscritti, chi aveva visto il Clero della detta Terra di Limosano, ossia i Chierici di Santo 66 Nella cronotassi dei titolari dell'Archidiocesi di Benevento del MASCIOTTA (I, pag. 257 e segg.) troviamo solo due Arcivescovi col nome 'Landolfo': uno, il 42° della serie, che "governò la diocesi dal 957 al 983", e l'altro, il 51°, che "tenne la cattedra dal 1108 al 1119". Probabilmente il testo fa riferimento ad un 'privilegium' di quest'ultimo; e ciò confermerebbe anche l'esistenza, nel 1110, sulla cattedra limosanese del vescovo Gregorio, il primo con tale nome, che era stato in precedenza 'monaco' di Montecassino e del quale parla Pietro Diacono nel Liber de viris illustribus. 35 Stefano, di San Paolo [era forse, ma null'altro di essa sappiamo, una Parrocchia?] e delle altre Cappelle di quella Terra, andare alla Chiesa di Santa Maria specialmente nelle festività della stessa Vergine ad officiare... ed il popolo della predetta Terra andare alla suddetta Chiesa ad ascoltare gli uffici divini ed onorarla come la Chiesa maggiore e la Vescovile (f. 190: clerum dicte terre limosani videlicet Clericos sancti stephani sancti pauli et aliarum Cappellarum eiusdem terre euntes ad Ecclesiam sancte marie proprie in festis eiusdem virginis ad officiandum... et populum dicte terre euntem ad dictam Ecclesiam ad divina officia audendum et honorandum tamquam maiorem et Episcopalem Ecclesiam). 7) Da ultimo, sarebbe possibile cogliere in alcune espressioni del f. 180r [il Papa comandava che lo stesso Vescovo dovesse obbedire all'Arcivescovo di Benevento (papa mandabat quod ipse Episcopus obediret archiepiscopo Beneventano)] e del f. 182 [vide l'Arcivescovo di Benevento ed il suo Vicario talvolta visitare la detta Chiesa di Limosano e punire alcuni Chierici delinquenti (vidit archiepiscopum Beneventanum et suum Vicarium aliquando visitantes dictam Ecclesiam limosani et coogentes ad clericos aliquos delinguentes)] qualche accenno all'esistenza nell'area limosanese di problemi connessi a devianze dottrinali e comportamentali da parte delle gerarchie clerico-religiose. Nient'altro ovviamente i documenti riferiscono sulla loro consistenza e sulla loro natura ed origine. Di particolare interesse, infine, per la ricostruzione della rete di vie di comunicazione e di traffico commerciale nel Molise sono i riferimenti della Collectoria agli itinerari stradali. Ne deriva che l'area territoriale del medio Biferno e, con essa, di Limosano si trova ad essere nodo assai importante del sistema viario, medioevale e non solo, in quanto vi convergevano: a) la via "detta dei langianesi", che, dopo aver incrociato il 'tratturo' per Castel di Sangro, passando per Trivento, Canneto e Torrebruna, la collegava con Lanciano e con l'Abruzzo adriatico; b) la via per gli insediamenti della fascia adriatica del Molise; c) la via, prosecuzione della precedente, per Bojano, Isernia ed il Lazio; d) la via per Benevento; e) la via per Ferentino e Dragonara, che la teneva unita alle Puglie. E se sull'esistenza e la funzione delle prime tre, di cui già è stato detto altrove, è possibile solo proporre ipotesi, la ricostruzione delle ultime due risulta particolarmente agevole e precisa. Della prima di esse, quella da Limosano a Benevento, la distanza, che era di quaranta miglia e più (f. 160: quatraginta miliaria et plures), poteva essere coperta impiegando due giorni ad andare da Limosano a Benevento (f. 186: duos dies ad eundem a limosano Beneventum) ed altrettanti quando da Benevento si torna a Limosano (a benevento reditur limosanum). Tra le diverse vie (f. 183r: diversas vias) percorribili, oltre alle secondarie come la via di Ripalimosani, di Ferrazzano, di Campodipietra, di S. Angelo di Radicinosa, di Castelvetere, del Casale di Toio, di Circello e di altre Terre (f. 170r: viam Ripe limosani feraczani campi de preta sancti Angeli de Radicinosa Castri veteris casalis Tohis cercelli et aliae terrae) e la via per Montagano, Matrice, S. Giovanni in Galdo, Campodipietra (f. 174r: per montem aganum matricem sanctum Johannem in gualdo campum de preta), eccetera, la strada migliore era quella che toccava Campobasso e Morcone. Essa, nel dettaglio, viene così descritta al f. 189 e seg.: dalla Terra di Limosano fino a Ripa sono quattro miglia e da Ripa fino al 'castrum' di Campobasso sono tre miglia e dal 'castro' di Campobasso fino a Ferrazzano sono due miglia e da Ferrazzano fino a Mirabello sono due miglia e da Mirabello fino all'Abbazia di Monteverde (dove, come risulta dal f. 183r, vi è una 'villa') sono due miglia e dalla stessa Abbazia (che, presumibilmente, è la stessa "abbatia sancti Juliani" del f. 186) fino a Monticello sono due miglia e da Monticello fino al 'castrum' di Cercepiccola sono tre miglia e dal 'castro' di Cerce (al f. 201 si accenna ad una "viam hospital de guarana") fino a Rigo del Gualdo sono due miglia e da Rigo del Gualdo fino a Sepino sono tre miglia e da Sepino fino alla villa di Cannavina sono due miglia e dalla villa di Cannavina fino a Morcone (dove sicuramente vi è una 'taberna' per pernottare) sono quattro miglia e da 36 Morcone fino a Montorone sono dieci miglia e da Montorone (al f. 192 si dice che "a Montorono usque Crapariam sunt miliaria tria et a Craparia usque Beneventum sunt miliaria quatuor") fino a Benevento sono sei miglia (a terra limosani usque Ripam sunt quatuor miliaria et a Ripa usque castrum campibassi sunt miliaria tria et a castro campibassi usque feraczanum sunt miliaria duo et a feraczano usque mirabellum sunt miliaria duo et a mirabello usque ad abbatiam sancte marie montis virdis sunt miliaria duo et ab ipsa abbatia usque monticellum sunt miliaria duo et a monticello usque castrum cerzi piczuli sunt miliaria tria et a castro cerzi usque Rigum de gualdo sunt miliaria duo et a Rigo de gualdo usque Supinum sunt miliaria tria et a Supino usque villam Cannapini sunt miliaria duo et a villa Cannapi usque morconum sunt miliaria quatuor et a Murcono usque montoronum sunt miliaria decem et a montorono usque Beneventum sunt miliaria sex). Lunga, come si sentiva dire dai callarari e da molti altri (f. 181: audivit dici a caldarariis et pluribus aliis), venti miglia (f. 181: viginti miliaria), la strada da Limosano a Ferentino, che gli uomini della Terra di Limosano (f. 185: homines terre limosani), che conducono i somari carichi di frumento (f. 180: homines ducentes somarios oneratos frumento) e di orzo, percorrono assai facilmente in un giorno (dum facile uno die) solo, dalla nascita del sole sino a dopo l'ora nona (f. 165r: ab ortu solis usque ad post nonas), tocca il 'castrum' di Petrella, il 'castrum' di Ripabottoni (dopo del quale vi è la 'taberna sancti modesti' e 'Turris de appis') ed il 'castrum' di Tonnicchio e Sculcula (f. 183r: castrum petrelle castrum Ripe de butono et castrum Tonnicchi et sculcula), dove si incontra la "Abbatia de sculcula". Le località intermedie, con indicata anche l'appartenenza alla rispettiva diocesi, che si incontrano dai confini della diocesi di Ferentino a quelli della diocesi di Limosano sono: Monte di Sculcula è della diocesi di Dragonara; Tonnicchio e Montecalvo e la Terra di S. Modesto, insieme a Ficarola (che in qualche caso viene assegnata a Benevento) ed alla Terra di Morrone, sono della diocesi di Larino; Torre de Appio, insieme a Pianisi, è della diocesi beneventana; e Petrella, così come Collerotondo, sono della diocesi di Bojano. Da un tale disegno nasce l'esigenza, non più sopprimibile, di ri-assegnare all'area territoriale di Limosano ed alle sue istituzioni un ruolo nuovo. Esso, fondamentale, è in ogni caso e prima di tutto da riferire a tempi assai lunghi della storia di tutto il Molise. E da esso, con cui occorre iniziare assolutamente a fare i conti per spiegare fatti ed avvenimenti come, uno per tutti, il 'placito' di Papa Leone IX in loco Sale, non è più possibile prescindere. 37 38 CAPITOLO 2° LE ISTITUZIONI RELIGIOSE ‘SECOLARI’ 39 40 LIMOSANO: La diocesi. Al f. 183 del ‘Processus’ vengono riportati i “castra et ecclesie dicte dioecesis, uidelicet terra Limosani, castrum sancti Angeli, castellucium de Limosano, ripa Limosani que uocabatur Ripa comitis cum casali sancti Stephani de Ripa, castro Pimanum cum baronia sua, Fossaceta cum casalibus suis, Camelum, Gobacta, Raytinum cum rocca Racini, castrum Montis Agani, Colli rotundus, Pretella cum rocca, castrum de Lino Ferraria, castra Petra (ma leggasi: casca pera) Ideo castrum Iohannis Fulconis Torella, Molisium, Serra Graffida cum sancto Alexandro, Collis altus et Capiletum” (= nel quale erano indicati i siti e le chiese della detta diocesi, ossia la terra di Limosano, il castello di sant’Angelo, castelluccio di Limosano, ripa santo Stefano di Ripa, castro Pimano con la sua baronia, Fossaceta con i suoi casali, Cameli, Covatta, Petrella con la rocca, castro di Lino Ferrara, cascapera vale a dire il catello di Giovanni Falcone Torella, Molise, Serra Graffida con sant’Alessandro, Collealto e Campolieto). 41 |
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