Francesco bozza
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Limosano 7. Planitii Pianise (o Pianisi, a breve distanza da S. Elia a Pianisi). Custodia Civitatis (= di Civitate) habet: Gulion (Guglionesi), Scialeran (Larino), Civitatem (Civitate), Praecinae (Apricena), Termonarum (Termoli), Vasti (Vasto), Montis Odorici (Monteodorisio). Custodia Montis S. Angeli (= di Monte S. Angelo) habet: S. Angeli (Monte S. Angelo), Manfredoniae (Manfredonia), S. Joannis Rotundi (S. Giovanni Rotondo), Vestarum (Vieste), Pesquitii (Peschici), Rodi (Rodi), Caniani (Cagnano Varano), Iskitelli (Ischitella). Custodia Capitanatae (= della Capitanata) habet: Lugeriae (Lucera), S. Severe (S. Severo), Foggiae (Foggia), De Casali Novo (Casalnuovo), Troiae (Troia), Aesculi (Ascoli Satriano), Corneti (Corneto)” 287 . Diventa, pertanto, cosa del tutto indubitabile che il “Conventus S.ti Francisci” di Limosano venisse costruito nel breve volgere di appena qualche anno. E, così come dimostra il riportato testo della ‘Serie di fr. Paolino da Venezia’ (1334-1344), almeno dai primi anni trenta del XIV secolo (ma sembra certo che lo dovette essere sin da prima) venne già abitato da una regolare ‘famiglia’ religiosa di ‘frati’ francescani. I pochi elementi ‘originari’ 288 , ancora presenti e visibili nella struttura architettonica della Chiesa (il bel portale in pietra finemente lavorato; le ‘sculture’ murate, all’esterno, nella parte posteriore; una bella e quasi nascosta iscrizione, riportante a caratteri gotici la data del 287 FORTE D., Movimento Francescano nel Molise, Campobasso 1975, pag. 23 e segg. Il Padre Doroteo Forte cita: (a) GOLUBOVICH Girolamo (P.): Biblioteca biobibliografica di Terra Santa, Quaracchi 1913, tom. II, pp. 241, 244, 245, 249. (b) WADDING: Annales Minorum, tom. IX, p. 216. 288 TROMBETTA A. (v.: Arte nel Molise attraverso il medioevo, Campobasso 1984, pag. 490) scrive: “Con la medesima bolla del 7 luglio 1312,…, il papa Clemente V autorizzò la costruzione di un convento per i francescani anche in Limosano, quindi è probabile che l’edificazione della chiesa di S. Francesco sia stata iniziata in questo anno o subito dopo. Essa, a causa dei numerosi restauri, conserva dell’antico stile romanico- gotico solo il portale in cui ricorrono i noti motivi di colonnine, interposte tra gli stipiti ed i pilastri esterni, con capitelli dalle foglie accartocciate. Nei gusci, che separano le colonnine l’una dall’altra, sono simmetricamente scolpite delle rosette. La lunetta presenta, al centro, l’agnello crocifero, fortemente sbalzato dal piano di fondo e discretamente modellato. Lungo i muri perimetrali sono inserite delle pietre lavorate tra le quali caratteristica quella sul lato est (nota: in realtà trattasi di quello ad ovest), riproducente la figura di un prelato morto, a braccia incrociate sul petto, eseguito con la stessa tecnica gotica locale… Al di sopra della sua testa una mini-città turrita occupa il campo di uno scudo capovolto”. Di tale ‘figura’, che diversi elementi portano a ritenere la parte superiore di una tomba-sarcofago, e delle due altre più piccole, murate poco più in basso e sullo stesso lato esposto ad ovest della Chiesa, andrebbe analizzato il ‘senso’ allegorico e simbolico. 173 1310, ri-murata con evidente casualità nella sagrestia), oltre a quanto, ed è non poco, di artistico e di dovizioso emerge dalla riportata “Fides publica per Mag.cum Dominicum Amoroso Terre li=Musanorum…” del 19 Aprile 1755, fanno pensare ad una ‘costruzione’ della struttura conventuale, che, almeno nella fase iniziale, doveva presentare caratteristiche, per l’arte e per il rigore dello stile romanico-gotico, di notevole pregio. Una certa conferma verrebbe dal fatto che “il Convento, magnifico fabbricato dagli ampi e luminosi corridoi, venne costruito in pietra del luogo,… […]. (E) le celle hanno l’aspetto caratteristico di quelle del 300, come si conservano a S. Chiara a Napoli” 289 . A questo punto, problemi per lo storico potrebbero rappresentarsi nell’individuare sia il finanziatore (o i finanziatori) in loco di una struttura così imponente per bellezza e per mole architettonica che la provenienza degli artigiani-artisti che vi lavorarono. E, specie se si considera la quasi contemporaneità con la costruzione del Monastero ‘de Majella’, essi, il primo in modo particolare perché dovrebbe spiegare, oltre alla provenienza, la presenza a Limosano di ingenti risorse finanziarie, assumono una non trascurabile importanza. Ma, ciò nonostante, sono di assai difficile soluzione; soprattutto perché “i documenti antichi della Provincia di S. Angelo, tra i quali quelli del convento di Limosano,…, sono andati distrutti durante i cinque anni (1809-14) nei quali le truppe napoleoniche occuparono il convento dei Santi Apostoli (nota: di Roma) trasformandolo in caserma” 290 . E ciò, anche se “dal 1200 al 1814 si sono salvati pochi documenti, dei quali alcuni riguardano proprio il convento di Limosano” 291 . Quando, nei primi decenni del ‘400, per la ricerca di una osservanza ispirata alla povertà più totale 292 , nell’ordine dei frati minori di S. Francesco si consumava di fatto 293 la scissione degli ‘Osservanti’ dai ‘Conventuali’, il convento di Limosano, in quanto ‘tra i più magnifici che veder si possa’ e soprattutto perché vi stanziava una famiglia religiosa di frati composta da quei “seguaci delle costituzioni originarie con qualche attenuazione in rapporto alla povertà” 294 , rimase a questi ultimi. 289 AMOROSO G., Relazione… (v. nota 7). 290 Da una lettera del 20 Febbraio 1995, a firma di P. Arturo Saliba, Archivista Generale dell’Archivum Generale Ordinis Fratrum Minorum Conventualium Romae, indirizzata all’autore, con la quale si riscontrava una precedente richiesta, del 9 Gennaio 1995, di notizie sul Convento di Limosano. 291 Si veda la precedente nota 13. 292 Per avere un’idea della vita, improntata alla povertà più assoluta, che menavano i primi “fratres devoti” dell’Osservanza, trascriviamo dal citato P. FORTE D. qualche brano (pag. 39). “Al tempo di fr. Tommaso (nota: trattasi di fr. Tommaso da Firenze, morto a Rieti nel 1447) si riferisce il Wadding, quando dice che… i Frati vivevano a modo di eremiti segregati in luoghi deserti e in mezzo a boschi, senza curarsi minimamente delle cose dei secolari, né ascoltavano confessioni, né partecipavano a funerali o a pubbliche funzioni. Vita eremitica segregata nei boschi, preghiere e penitenza formavano l’ideale di quei primi Osservanti del Molise. Dal volto macilento essi raramente si mostravano in pubblico per procurarsi il nutrimento necessario con l’elemosine che chiedevano in ginocchio. Con rozze vesti incedevano a piedi nudi, solo in caso di necessità usavano gli zoccoli, onde il popolo li appellava ‘zoccolanti’. Quasi tutti erano fratelli laici ed era difficile trovare qualcuno che volesse essere sacerdote; spesso avveniva che l’intera comunità non poteva ascoltare la Messa nei giorni festivi, onde Papa Eugenio IV commutò, per loro, l’obbligo di ascoltare la Messa in un’altra ora di meditazione. Quei ‘fratres devoti’, con ostinata mentalità, guardavano la vita francescana, in maniera preminente, sub specie paupertatis”. 293 La ‘ufficializzazione’ della divisione si avrà solo nel ‘500. A tal proposito riportiamo da P. FORTE D. (pag. 133): “… il Cinquecento, secolo di passione per la Chiesa, è il secolo di divisione e riforme per il Francescanesimo; è del 1517 il fatto, ben doloroso, della divisione dell’Ordine dei Minori in Frati Minori Conventuali e Frati Minori Osservanti. Dalla stessa famiglia degli Osservanti sorgono nuove correnti di riforma, quella più forte ed autonoma dei Frati Minori Cappuccini, riconosciuti ufficialmente da Papa Clemente VII nel 1528; quelle subordinate allo stesso Ministro Generale, ma con regolamenti propri, dei Frati Minori Riformati e Frati Minori Alcantarini”. 294 AMOROSO G., Relazione… 174 E che fosse un manufatto ‘notevole’ tanto per la struttura architettonica che per il pregio artistico lo dimostrerebbe il fatto che “in una delle prime costituzioni dell’Ordine, dopo la suddivisione innanzi ricordata, il Convento di Limosano viene ricordato accanto a quelli siti nelle più importanti città d’Italia” 295 . Assai consistente, tra l’altro, doveva esservi pure il patrimonio documentario e librario, che (e la cosa rappresenta ulteriore elemento di prova sull’importanza culturale dell’insediamento limosanese e sul ruolo che esso ancora svolgeva nell’ambito territoriale del medio Biferno) vi si conservava, se è vero che “le memorie ed i documenti conservati nella sua biblioteca ricca di opere pregevoli 296 . Ma come mai e perché proprio a Venezia? La probabile risposta ad una tale domanda deve ricercarsi nella circostanza per cui il P(adre). B(accelliere). Salvatore da Limosano “nel 1491 fu nominato Baccelliere del Collegio di S. Maria de Avanzio in Padova dal P. M(aestro) Sansone, Ministro Generale dell’Ordine Francescano” 297 . E Padova, appunto e come si sa, dista solo pochi chilometri da Venezia. Occorre, qui ed a mo’ di annotazione, registrare il fatto che sul finire del XV secolo, quando cioè l’Umanesimo sta sfociando nel Rinascimento, Limosano [la “Napuleucc’” (= piccola Napoli), di cui si sente tramandare e raccontare da qualche anziano del paese] ed i limosanesi, come era il P. Salvatore, ancora riuscivano ad ‘esportare’ quella cultura, non frutto di mera occasionalità, ma dalle solide radici nei secoli lontani. Essa era, o, in mancanza di ogni altra conoscenza, piace pensare che fosse, quanto rimaneva delle ‘produzioni’ di quei “multos literatos videlicet logistas, doctoralistas…, gramaticos”, che, assai numerosi, abbiamo trovato presenti nella Limosano dei secoli XIII e XIV. Per trovare, e ne viene, in tal modo e già da allora, documentata anche l’attività fondiaria, la ‘prima’ notizia ‘notarile’ riguardante il Convento si deve arrivare al 18 Ottobre 1582. Trattasi di una “Conventus S.ti Francisci minorum Conventualium Terre Limosani ab Antonio de Lione Terre Cirreti emptio Massarie (= acquisto da parte del Convento di una massaria da Antonio de Lione della Terra di Cerreto loco ubi vulgo dicitur Lo laco, seu … S.to pietro”. L’atto 298 fu stipulato “in presentia Reverendissimi fratris Paduani Longhi (probabilmente il Padre ‘Guardiano’ del Convento) ac fratris Bonaventure esiudem terre fratruum ordinis S.ti Francisci Conventualium (= alla presenza del Reverendo Fra’ Paduano Longo da Limosano e di Fra’ Bonaventura della stessa Terra, frati dell’Ordine dei Conventuali di S. Francesco)”. Per lo stesso periodo, l’ultimo trentennio del XVI secolo, è documentata, oltre, come già si accennava, ad una consistente attività fondiaria ed economico-patrimoniale, anche una forte presenza nel ‘sociale’ del Convento limosanese. Lo testimonia l’esistenza nella annessa Chiesa di ben due ‘Confraternite’, entrambe “erecte in dicta Ecclesia S.ti Franc.i”: la “Confraternitas S.me Conceptionis” e la “Confraternitas Cordonis S.ti Francisci”. Qualche notizia sulla prima di esse, almeno relativamente alla composizione ed alla struttura al vertice, è possibile derivarla dalla “Conventus S.ti Franc.i minor- Conventualium Limosani, et eius Capp.e S.me Conceptionis a Jo: dè Marcho Antonio eiusdem Terre Donatio omnium eius bonorum, domus et vinee irrevocabiliter inter vivos (Donazione irrevocabile tra 295 AMOROSO G., Relazione… 296 AMOROSO G., Relazione… 297 Il P. SALIBA A. (v. la precedente nota 13) ha tratto la notizia dal ‘Regestum Ordinis’, II, f. 46. Anche il ‘NECROLOGIO dei Frati Minori Conv. della Provincia Pugliese dei Santi Nicola e Angelo’ (1957?) compilato dal M.R.P. Gabriele Guastamacchia riporta, al 26 febbraio, “1500 circa: P. Salvatore da Limosano = appartenente alla Provincia di S. Angelo, nominato dal P. generale Sansone baccelliere del Collegio di S. Maria de Avanzio in Padova nel 1491”. 298 ASC, Protocolli notarili del Fondo AMOROSO, Notaio RAMOLO Nicolamaria. 175 vivi di tutti i suoi beni, di una casa e di una vigna da parte di Giovanni Marcantonio)” 299 . Da essa, del 1589, infatti, oltre a sapere che il “R. frater Donatus de Marinaccio”, probabilmente presente alla stipula dell’atto in quanto ‘superiore’, è nel frattempo diventato il “Guardianus” del Convento (nel cui incarico, o come tale o anche come “Guardianus et Prior Venerabilis Monasterij dicte Terre”, a parte una breve parentesi intorno al 1605 quando sembra esserlo stato il limosanese “R.dus Pater Vincentius Covatta”, è documentato almeno sino al 1615), apprendiamo dell’esistenza di “fratri paduani longi (‘Longo’ è cognome ‘storico’ in Limosano), de eadem Terra (così come il ‘frater Donatus’)”, che era il “Cappellani Cappelle Confraternitatis S.me Conceptionis erecte in dicta Ecclesia” e di “Antonij del Gobbo eiusdem Terre”, il quale ricopriva la carica di “prioris <…> in presenti anno dicte Confraternitatis S.me Conceptionis”. La particolare titolazione di entrambe le Confraternite, specialmente della seconda, le fanno ritenere sufficientemente antiche, pur se è difficoltoso, per la quasi totale carenza di notizie, individuarne la fondazione, così come pure ricostruirne l’itinerario storico. Non trovandole, comunque, più menzionate nei documenti del XVII secolo, se ne deve ipotizzare la scomparsa sin dai primi anni di tale secolo. A parte la caratteristica dell’annualità degli incarichi, quantomeno ai vertici della istituzione, va registrata, per il periodo storico immediatamente successivo al Concilio di Trento, una evidente, quanto accentuata, preminenza della componente ‘religiosa’ su quella ‘laica’. La contemporanea presenza, poi, di ben due Confraternite “erecte in Ecclesia S.ti Francisci”, tante, almeno nel numero, quante quelle (SS.mo Rosario e SS.mo Nome di Gesù) della Chiesa di S. Maria e più della sola (SS.mo Sacramento), ma probabilmente assai potente, di S. Stefano e dell’unica (S. Martino) dell’Ospedale, consente di ipotizzare, nella geografia del sociale della Limosano cinquecentesca, un’attività molto dinamica del Convento, nonché della relativa famiglia religiosa dei frati, i quali, spesso e nella maggioranza di essi, erano originari, come si è già potuto notare, “de eadem Terra (di quella stessa Terra)”. La prima famiglia di frati, quasi certamente completa (ma, se tale, abbastanza modesta), di cui se ne conosce la composizione, è quella, del 1610, che risultava formata da: - R.dus Pater frater Donatus Marinaccio (da Limosano), Guardianus - R.dus Pater frater Franciscus Civitatis Vastis Doctor Theologus - Frater Berardinus eiusdem Civitatis (forse frate ‘laico’) - Joannes Christofanus (probabilmente neppure ‘religioso’). Nel Convento di Limosano, probabilmente già sin dagli anni immediatamente successivi alla sua fondazione e, quasi con certezza, durante i secoli XV e XVI (ne potrebbe rappresentare una prova pure la ricca biblioteca, cui più sopra si accennava) era stato presente uno ‘studio’ assai fiorente per la formazione nelle materie teologiche, smantellato, come lascia intendere la famiglia religiosa ridotta, forse subito dopo le ‘contro-riforme’ ordinate dal Concilio di Trento. Tuttavia, è da pensare che, nella fase culminante della ricerca francescana per la disputa sulla definizione del dogma dell’Immacolata Concezione, il “Doctor Theologus Pater Franciscus” da Vasto (città, con cui Limosano ebbe sempre ed, in modo particolare, nel primo decennio del XVII secolo, contatti) vi tenesse ancora lezione, magari anche a ‘clerici’ non del proprio ordine monastico, secolari ed a studenti figli di benestanti del luogo. Per il 1649, pur senza che ne sia indicato il nome, è traccia di un “Pater Guardianus” del Venerabile Convento di S. Francesco sito “in Terra li=Musani”; e vi sembrerebbe, in tal modo e con lui, documentata l’esistenza di solo un gruppetto assai ristretto di frati. Così, alla fase di sensibile decadenza dal ruolo di punto di riferimento per l’intero ambito territoriale ad essa riferibile, cui era giunta, durante la prima metà del ‘600, la ‘Terra, olim civitas, de li=Musani”, era venuto sempre di più accompagnandosi, pur in mancanza di 299 ASC, Protocolli notarili del Fondo AMOROSO, Notaio RAMOLO Nicolamaria. 176 ulteriore e più precisa documentazione, anche un ipotizzabile numero ridotto al minimo dei componenti la famiglia religiosa del suo Convento dei francescani. Dovette, perciò, essere la combinazione di entrambi tali fattori, dopo che “la santità di N.S. Innocenzo X per un decreto pubblicato li 22 dicembre 1649 relatione dello Stato de propri monasteri” 300 , a far sì che “in virtù della bolla Ut in parvis (1654) passò sotto la giurisdizione episcopale” 301 . Ed i suoi ‘pochi’ frati, come dimostra la presenza, nel 1661 e, quindi, appena qualche anno più tardi, del “P.F. Joannes Batta à Limosani”, insieme ad altri cinque sacerdoti ‘Patres’, nel “Monasterio Sancti Francisci minor- Conventualium in Terra Campibassi”, immediatamente o quasi se ne dovettero partire. Ed, in effetti, se ne partirono. Così come evidenzia l’atto del 28 Ottobre 1655, del quale, perché, oltre ai nomi e cognomi dei rispettivi capi famiglia, ci fa sapere anche della ‘tensione’ civile e religiosa della società limosanese di allora, se ne riporta integralmente il testo 302 . “… (Si sono) costituiti alla nostra presenza Dominicus de Larenza, Franciscus de Locito, et Franciscus de Amico, Sindici per il presente anno dell’Università della Terra predetta di Limosani; Vincentius Greco, Donatus valla, Aloysius Marco Ant.o, Felix de gio:Cola, Dominicus de Lisolis, Joannes d’orza, et Joannes Bapta gabriele, electi ad regimen, et gubernium della stessa Università per il presente anno; et, inoltre, Donatus bonadio, Aloysius Pasquale, Joannes Carolus Covatta, Donatus Donitello, Salvator minicuccio, Thomas Covatta, Minichillus russo, Aloysius russo, Marcus Ant.o sabetta, Vincentius de Venere, Joannes Petrus Parato, Joannes Ant.o Pirrocco, Ciannillus Corsetta, Ciprianus de Cipriano, Franciscus de Angelillo, Joannes Bapta Corvinella, Salvator de Venere, Joannes ricciuto, Donatus Frosolone, Lactanzius Luciano, Ber.nus Jannetta, Pompeus Capillo, Antonius Luciano, Donatus Fracasso, Antonius marco Ant.o, Nicolaus Coccetta, Dom.cus marrone, Franciscus de Luca, Joannes Franciscus de tata, Salvator Covatta, Cesar mariglia, Dominicus Francioso, Joannes marinaccio, Joannes Pescolla, Franciscus Angelus russo, Joannes Martinus de tata, Angelus Corvinella, Dom.cus de tata, Joannes de gio:Cola, Pasqualis Covatta, Franciscus Pirrocco, Nuntius de Luca, Fabius ramolo, Carolus sabetta, Marcus delgobbo, Berardinus Iaccetta, et Jacobus Donatello cittadini et particulari della stessa Terra de Limosani congregati et coadunati in unum nella casa dell’Università nel luogo detto le poteghi dove la stessa Università e i suoi cittadini sono soliti riunirsi ad honorem et laudem di Dio, della sua Madre la Vergine Maria et fidelitatem regiam, chiamati per il mezzo di Pietro Carrelli ordinario Giurato della Corte di detta Terra, con la licenza di Giuseppe scacchis Capitano in detta terra e con la presenza et assistenza di Giovanni Piciucco Coadiuvante per il presente anno con detta Università così come per perfezionare il presente atto, et in vulgari sermone asseriscono come nella Terra predetta vi è il convento, seù monastero di S.to Francesco, et ivi sempre ab antico lanno dimorato li Padri di Minori Conventuali di S. Franc.o per le devozioni che lanno havuto et lanno allabito, et frati di d.o glorioso S. Franc.o quale convento, seù monastero li anni passati fu soppresso per ord.e di sua Beatitudine, e se ne uscirono li frati che vi erano da d.o convento, et al presente sta’ vacuo, et acciò non perdano la devoz.ne verso li frati di d.o S. Franc.o lanno mandata supplicarla in congregazione per ottenere grazia di fare habitare nel monastero p.tto li frati di Minori osservanti dell’istesso S. Franc.o; et hanno intenzione che per d.a Sacra congregazione sia rimesso a Monsig.r Arcevescovo di Benevento, et intendono proseguire q.a loro devoz.ne, e per ottenere le spedizioni p.tte farsi tutte le spese necessarie, che vi occorreranno, e procurarsi recuperare 300 V. la nota 30 al 4° Capitolo. 301 GUASTAMACCHIA (P.) G., Francescani di Puglia, Bari 1963, pag. 115. 302 ASC, Protocolli notarili, Not. DI BARTOLOMEO Francesco di Ripalimosani, atto del 28 Ottobre 1655. 177 l’entrate di d.o monasterio di S. Franc.o esatte (= incassate) per il passato impegarsi in riparazione di d.o monasterio…”. Per tutto ciò, i ‘costituiti cittadini et particulari’, i quali, però, sembra non rappresentassero la totalità della volontà popolare, fecero procura al Notaio Donato de Angelillis, concittadino (ma personaggio assai complesso e, probabilmente, discusso, se qualche anno più tardi lo si trova ‘ucciso’), “per risolvere, e richiedere la reintegra del p.tto convento, seù monasterio di San Francesco ab antico costruito nella p.tta Terra di Limosani soppresso de ordine sanctissimi ai Frati di S. Franc.o Minori Osservanti per la loro devozione, et provveda a comparire in qualsisia Tribunali et Foro maggiore, et minore Ecclesiastico o Secolare, et adire ogni Giurisdizione ordinaria…”. Ma perché era diventato necessità per i limosanesi il dover “richiedere la reintegra del p.tto convento, seù monasterio di San Francesco ai Frati di S. Franc.o Minori Osservanti” e non già a quei frati ‘Conventuali’, che “sempre ab antico” lo avevano dimorato? La risposta, che, comunque e nella sua compiutezza, resta cosa assai difficile a darsi, non può prescindere dal fatto che proprio negli stessi anni era stato abbandonato dai suoi ‘monachi della religione celestina’ anche il Monastero limosanese di S. Maria della Libera. Ed è certo che mai i “frati di S. Franc.o Minori Osservanti” vennero a Limosano; nonostante tutte “le devozioni che lanno havuto et lanno allabito, et frati di d.o glorioso S. Franc.o” i limosanesi di allora. I quali, però, di fronte alle decisioni che arrivavano dall’alto tentarono, per come era in loro potere, di ribellarsi. Ed è, si badi bene, cosa non da poco, in quanto segno di grande consapevolezza di vita democratica. Di quella democrazia, di sapore antico, orizzontale e, perciò, più genuinamente vera, di cui, tuttavia, non si riesce a coglierne appieno i valori e che, rimpiazzata con l’altra, più moderna, di tipo verticale, non si apprezza. Appena qualche decennio più tardi, invece, a Limosano e nel suo “convento, seù monasterio di San Francesco, ab antico costruito nella p.tta Terra di Limosani” tornarono di nuovo "li Padri di Minori Conventuali di S. Franc.o". Ed erano, cioè, gli stessi frati che "ivi sempre ab antico lanno dimorato". Ma quando, seppur con una certa approssimazione, i frati Conventuali presero nuovamente possesso del loro Convento? Una prima, ma sommaria, ipotesi di risposta a tale domanda la suggeriscono i registri dello ‘Stato delle Anime’ 303 . Essi al 1688, mentre per l’anno precedente, non riferendovi nessun dimorante, lo lasciano intendere che ancora ‘stà vacuo’ di frati, riportano una famiglia religiosa “nel Convento di S. Franc.o de Min.ri Convent.li” composta da: - Il P.re Baccelliere Fra’ Carlo da Venafro Guardiano - Fra’ Giovanni dà San Giovanni de Rotondi Sacerdote - Fra’ Gio:Batta dà Limosano Sacerdote - Fra’ Michel’Angelo da San Giovanni de Rotondi Diacono. Ma, dopo aver annotato che, lasciando la presenza di un Padre ‘Baccelliere’ e di un ‘Diacono’ pensare ad uno ‘studio’ di formazione teologica, che, pur modesto, sarebbe stato assai difficile organizzare ed impiantare nel tempo breve, ristretto e, comunque, minore di un anno, quale il giusto significato da attribuire al fatto che “poi essendo venuti li Monaci in detto Convento, ed il primo Guardiano fù Fra’ Francesco Mancinelli d’Agnone” 304 ? Diventa necessario, perciò e rispetto a quanto suggeriscono i registri dello ‘Stato delle Anime’, che mai riportano come ‘Guardiano’ il Padre Mancinelli, riconsiderare la data del ritorno dei frati a Limosano e, nel tempo, anticiparla rispetto a quanto emerge dai registri stessi. 303 APL, Stato delle Anime dal 1687 al 1699. Tali registri, che si compilavano annualmente nei primi giorni della quaresima, descrivono, indicandoli casa per casa, la situazione degli abitanti del luogo. 304 V. la nota 6. 178 In aggiunta a tutto questo, anche la presenza del ‘Sacerdote’ Fra’ Gio:Batta dà Limosano, che, se è la stessa persona (e non può non essere che così) del Fra’ Giovan Battista Covatta della riportata ‘Fides publica’ di cui alla nota 6, che, insieme ad altri giovani compaesani, il citato Padre Mancinelli “fece fare Religioso”, in quanto nel 1688 già Sacerdote e con alle spalle il relativo corso preparatorio di studi (da allorché il Padre Mancinelli lo “fece fare Religioso” a quando diventa ‘Sacerdote’), consiglia di spostare più avanti di qualche anno, almeno tra i dieci ed i sette, il ritorno dei monaci. Che sarebbe, in tal modo e con maggiore correttezza, da collocare nel tempo, al più tardi, ai primi anni ottanta del ‘600. Ma perché i registri tendono a ‘nascondere’ l’opera del “detto primo Guardiano Mancinelli”, il quale lavorò (ma per quanto tempo?) con impegno ad un significativo ridimensionamento da controriforma della consistenza architettonica ed artistica del complesso conventuale e dalla “facciata avanti della Chiesa” fece levare, tra l’altro, “un Angiolo grande di pietra ben fatto, che faceva cima, con un incensiero di pietra in mano”? Era, quello del ridimensionamento, il prezzo che Limosano doveva pagare per ri- ottenere dei frati francescani ‘Conventuali’ più osservanti? O si volle occultare uno scontro politico-religioso in atto? Assai difficile, se non impossibile, rispondere esaurientemente a tali domande. E’, comunque, certo che l’intervento da controriforma, cui parteciparono anche i livelli alti della gerarchia ecclesiastica, durò diversi anni, se è vero che “in detta Chiesa, che vi erano quantità di altari per tutte le mura, le q.li poi li fece levare la buon Anima del Cardinale Orsini Arcivescovo di Benevento, e soli trè ce ne fece restare”. Ed, in più, si dirigeva verso tutte le direzioni, tanto che pure “la porta minore della Chiesa che usciva al Chiostro… oggi è rifabricata” 305 . Nel Convento, così ristrutturato, probabilmente per ristabilirvi un ambiente più consono e conforme ai dettami della regola monastica, anche se al prezzo di modifiche alla struttura del manufatto, che in quella fase ne causarono il decadimento, assai significativo ed evidente, nel pregio artistico, la vita dei frati riprese a scorrere con una discreta normalità e, scandita dalla piatta quotidianità, con un certo rigore ‘francescano’. E’, almeno per il quarantennio immediatamente successivo alla riapertura, quanto emerge con assoluta chiarezza dalla ricostruzione 306 dell’elenco (con, talvolta, l’indicazione della relativa ‘Famiglia’ religiosa) dei Padri Guardiani, Superiori del Convento di Limosano, che, relativamente al periodo dal 1689 al 1809, si riporta in “Appendice 1” al Capitolo. La sua lettura, nonostante, almeno all’apparenza, sembri che per un certo numero di anni ed ancora “nel 1721 vi dimoravano pochi frati” 307 solamente, evidenzia diversi elementi, che suggeriscono qualche considerazione, da cui, per una pur sommaria ricostruzione dei ‘fatti’ relativi al Convento, non è affatto possibile prescindere. Va, prima di tutto, annotata, pur nell’ambito di una ‘famiglia’ religiosa piccola, la presenza costante, nel decennio dal 1692 al 1702 (anche se non nel 1701), di ‘chierici’. Dimostrerebbe essa aver mantenuto il Monastero limosanese, subito dopo la riapertura, ancora una sede per lo ‘studio’ propedeutico alla formazione di giovani, dei quali va registrata una età tra i 17 ed i 24 anni, per la vita sacerdotale. Se si eccettua il 1697, anno in cui gli studenti erano due, il ‘chierico’ attendeva da solo ai suoi studi, probabilmente sotto la guida del Padre Guardiano. Per il successivo trentennio (1703-1732), che coincide con il periodo in cui il Cardinale Orsini regge la cattedra arcivescovile di Benevento e la sua incisiva opera di rinnovamento 305 Le citazioni sono tutte dalla ‘Fides publica” indicata alla nota 6. 306 Per ricostruire l’elenco dei Padri Guardiani, dove e quando possibile è stato privilegiato, per la abbondante disponibilità ed il dettaglio dei dati, l’Archivio Parrocchiale di Limosano (APL), che con i suoi registri dello ‘Stato delle Anime’, nei quali il Convento figura tra le ‘case’ dipendenti giurisdizionalmente dalla “Parrocchia, seù Rectoria” di S. Stefano, rappresenta una fonte inesauribile di notizie. Per gli anni non coperti da tali registri ci si è avvalsi delle risultanze dei “Protocolli” dei Notai di Limosano e dei paesi convicini, esistenti in ASC. 307 GUASTAMACCHIA (P.) G., op. cit., pag. 115. 179 locale si attualizza, dopo la probabile ‘perdita’ dello studio (anche se nel 1725 vi è di famiglia il limosanese “Subdiaconus Baccalaverius Frater Michael Angelus Fracasso”), va registrata nel Convento, insieme ad una presenza significativa e crescente nel numero di ‘Frati laici’, che è segno dell’iniziale tentativo delle classi meno abbienti di riscattarsi entrando a far parte del Clero, una possibile condizione di osservanza più rigorosa della regola francescana. Bisogna annotare pure come, eccettuato qualche raro e saltuario intervallo, per un lasso di tempo discretamente lungo, a reggere le sorti del Convento sia il “Padre Fra’ Francesco d’Amico di Limosano”, che nel 1722 è “Custos, Guardianus, Archimatrita et Prior”. Fu lui probabilmente ad adoperarsi per riportare nel Monastero limosanese, se non già da prima, almeno dal 1733 lo studio per la formazione dei ‘Clerici’. Ed, essendo coll’avanzare della storia mutati tempi e condizioni, quest’ultimo in questa fase, diversamente da quanto era stato nel passato, serve per la crescita morale e religiosa non più di un solo individuo, bensì di un gruppetto di persone tra Diaconi, Suddiaconi o, in generale, ‘Clerici’. Anche per gli anni seguenti (nel 1743 viene usata la parola ‘Studente’) è sempre documentata l’attività formativa con la presenza nel Convento di ‘Clerici in minoribus’ e nel 1750, anno in cui Padre Filippo Cocucci da Agnone “dava lezione a monaci, a Preti, ed a secolari”, di ‘Diaconi’. Qualche anno più tardi (1753) si registrano nella famiglia religiosa ivi stanziante ancora diversi Padri ‘Baccellieri’. Una ulteriore considerazione è che a partire dal 1725 la crescita di importanza del Convento di Limosano subisce una rapida accelerazione; e non solo con la riapertura dello ‘studio’. Lo prova, oltre alla dimora di una famiglia religiosa sempre più numerosa, il fatto che il già menzionato “M.R.P. Maestro Fra’ Filippo Cocucci, della Città d’Agnone”, trentaduenne appena, vi dimora nel 1744 mentre è “Maestro e Secretario della Provincia”. Così come faceva nel 1749 il “M.R.P. Maestro e Segretario della Provincia Fra’ Michel’Angiolo Fracassi” 308 , che, originario da importante famiglia di Limosano, è di questa il primo di una lunga serie di frati che diedero per circa un secolo non poco lustro al Monastero. Sulla considerazione in cui esso era tenuto dall’Ordine depone, e non poco, il fatto che nel 1772 “vi si celebrò un Capitolo Provinciale” 309 , che vide il “M.R.P. Fra’ Michel’Angiolo Fracassi” chiamato al governo della Provincia monastica. E fu cosa tanto ovvia quanto naturale che la accresciuta importanza portasse al formarsi nel Convento o, che è lo stesso, intorno ad esso di un vero e proprio centro di gestione economica nonché di decisione politica. Lo dimostra quella ‘ribellione’ rivendicativa, assai moderna (soli due anni dopo la Rivoluzione Francese) per essere del 24 Luglio 1791, con cui “nella solita Casa dell’Università di questa Terra di Limosani, ottenuto prima licenza oratinus del Sig. Arpip(re).te D. Ant(oni).o Giancola per essere giorno di Dom(eni).ca, parimente del Sig. Governatore D. Michelangelo de Bartolomeis,… congregatosi publico Parlamento per il Mag(nifi).co Sindaco Giorgio Larenza coll’assistenza de’ Mag.ci Governanti, presenza dell’attuale Sig.re Gover.re, come parimente dell’infrascritti cittadini chiamati casa per casa dall’odierno Giurato di questa Corte Cosmo Colavecchio, quali adunati hanno fatto conforme fanno publico Parlamento…” per decidere se “sarebbe convenevole, che per il proseguimento di tutte le liti contro del Convento incominciate, come per esempio quella del Tandundem, quelle dela rimisura de Terreni anzidetti, ed altre; non meno che la lite 308 Sulla figura del Padre Maestro Michelangelo Fracassi sappiamo che (v. nota 13) “fu collegiale nel Convento di S. Lorenzo Maggiore a Napoli e laureato il 10 luglio 1742 (R.O.-70, f. 104). Lettore negli studi dell’Ordine. Due volte Segretario Provinciale; eletto nel maggio 1748 (R.O.-71, 73) e nel gennaio 1750 (R.O.- 71, f. 149v). Nel 1772 fu eletto Ministro Provinciale e confermato il 7 giugno (cfr. R.O.-76, f. 23)” dal Capitolo Provinciale che si tenne proprio nel Convento di Limosano. Dal citato (v. nota 20) ‘NECROLOGIO’ ricaviamo, sotto il 1° Giugno, che nel 1773 è “morto dopo il primo anno di governo”. 309 GUASTAMACCHIA (P.) G., op. cit., pag. 115. 180 di Cascapera; fossero destinati per Deputati ad lites quegli stessi Governanti, che han principiato ad agire, e che si trovano pienamente informati de fatti necessarj per la vincita de esse liti” 310 . E che il tentativo di rivendica toccasse assai poco il problema della sola continuità dell’azione amministrativa, ma fosse di sostanza e soprattutto di natura politica lo dimostra l’andamento dell’altra precedente riunione, di “oggi che sono li 2 di Gennaro 1791”, in cui sempre “nella solita Casa dell’Università di questa Terra di Limosani ottinuta prima licenza oratinus dal Sig. Arciprete D. Antonio Giancola per essere giorno di Domenica con la licenza parimente del Signor Luogotinente D. Nicola Petrone di questa suddetta Terra, congregatosi publico Parlamento per il Magnifico Sindaco Costantino Ricciuto (con l’) assistenza dei Magnifici attuali Governanti, presenza dell’attuale sopra detto Signor Luogotinente, come parimente dell’infrascritti Cittadini chiamati, e citati casa per casa dall’odierna Giurato di questa Corte Cosmo Colavecchio, quali adunati hanno fatto conforme fanno publico Parlamento, prima ad onore e Gloria del Signore Iddio, Servizio Fedeltà alla M. del Re nostro Sovrano, che Iddio prosperi e feliciti, e poi per utile, e quiete comune. Primo debbano sapere le Signorie loro, che alcuni di questa nostra Cittadinanza sono innanzi di noi Magnifici del Governo comparsi, ed’anno dimandato in scritto: Che essendesi dal Convento di S. Francesco di questa nostra Terra voluto fare alcune novità relativamente a’ terreni, che per pura elemosina, e per sentimenti di pietà Religiosa i nostri antenati diedero al medesimo in ispezialità, che niuno di questa Cittadinanza avesse più la libertà dopo la ricolta delle messi di potervi portare i proprj animali alla Pastora, e che per i medesimi territorj niuno di questi Cittadini potesse nemmeno transitarvi ne a cavallo, ne a piedi; effetto questo della temerità e dell’orgoglio di questi pochi Religiosi, che barattano di presente la rendita di esso Convento: Quindi in sequela di que’ pochi ricorrenti moltissimi, e quasi tutti sono ricorsi dagli anzidetti Magnifici del Governo, perché si ponesse una volta alla temerità de’ Frati un valido riparo. Consequentemente noi proponiamo alle Signorie loro alcuni risoluzioni perche ne a’ vantaggio di questo Publico: Primo, se vogliono che si prosegua con essi Frati la lita sul tenimento del Casale, la quale si sa che negl’anni addietro si era quasi portato al compimento, se alcune circostanze non avessero interrotto il proseguimento di essa, e sappiamo nel tempo stesso, che tutti i lumi per essa lite si trovano in mani di alcuni degli attuali de’ Magnifici Governanti. Secondo se diano il consentimento perché si ritolga dalle mani di cotesti buoni Frati il tenimento detto Monte Marconi, mentre vi è chi può dare notizie delle scritture necessarie per conseguire il desiderato fine a vantagio dell’Università sù di questa lite. Terzo Sebbene l’Università si trovi molto inoltrata nella pretenzione di più centinaia di tt.i di Terreno contro de Monaci suddetti Tutta via per il compimento di tale rivinticazione si dimanda il vostro unanimo consenso. 310 ASCL, Libro de’ publici Parlamenti dell’Università di questa Terra di Limosano principiato a di 22 Giugno 1783, B. 3, f. 3. Nella esposizione dei fatti, dopo aver esordito che “si ricordano bene le Sig.e loro, che l’anno passato i Religiosi di questo Convento di S. Fran(ces).co ottennero, servendosi di modi e maniere non buoni, ordini per la censuazione de lori territori”, si legge: “molti di questi coloni del Convento, i quali hanno dovuto per forza cenzuire i Territori stessi, sono ricorso da noi dimandando la liberazione da tali vessazioni, e di tenersi ricorso in Regia Camera, o ad altro Tribunale Superiore contro del Convento, che li ha angariati con tali cenzuazioni… (…). Si esprima la volontà di tutti Voi radunati in publico parlamento per proseguirsi contro de’ Religiosi oppressori il Giudizio incominciato, non solo per riventicare i territorj dell’Università occupati da medesimi ne’ vari tempi ma ancora per l’annullazione degli Strumenti fatti fin oggi, e per il castico dovuto loro per la forza aduprata su de coloni, che han dovuto cenzuirsi con patto illeciti quei terreni, i quali in buona parte non sono del Convento”. 181 In seguito di tutto questo se le Signorie loro vogliano, che non solo i Monaci anzidetti: siano nella necessità di rivocare il banno annunciato relativamente ai loro territorj dati à medesimi dai nostri antenati per puro atto di pietà, ma ancora che questo Convento centro di liti e di dispendioni per questa povera Unità sia convertito in uso di Scuola Publica, basta solo che diano il loro consenzo, perche gli attuali Magnifici del Governo prendino tutti gli espedienti necessarj per togliere da Limosani questa peste, e quindi diano il permesso di poter fare il conseguimento di tutto quello che abbiamo loro esposto le necessarie spese. Inoltre che il tutto si affidi a persona savia, e zelante del bene Publico, la quale possa in nome, e con premura di questa Università trattare tutte le anzidette cose ne’ Tribunali di Napoli. E fattosi le dette Proposte agli infradetti Cittadini vocali, alli quali si sono dati una cecerchia, e un granodindia, la cecerchia designando l’esclusivo, e il granodindia l’inclusivo, dopo destribuiti in detta guisa a ciascuno de’ suddetti Cittadini, si sono raccolti i voti, e si sono trovati settantasette granodindia, e cinque cecerchie. Che perciò la risoluzione è inclusiva, per maggioranza di voti. E così si è concluso” 311 . Oltre ad un senso spiccato di schietta ed assai genuina democrazia ‘partecipata’, ne è venuta fuori, insospettabilmente intensa, una ribellione finalizzata: a che “si ritolga dalle mani di cotesti buoni Frati” un ingente quantitativo di terreno da coltivare; a “che questo Convento centro di liti e di dispendioni per questa povera Unità sia convertito in uso di Scuola Publica” per soddisfare il bisogno di cultura; e, più in generale ed in modo moderno, a che si “prendino tutti gli espedienti necessarj per togliere da Limosani questa peste” oppressiva del Clero. Fu quella, cioè, la ribellione che, con cause remote e pur tra mille contrasti, stava per portare alla breve stagione della Repubblica Partenopea del 1799, capeggiata a Limosano, oltre che dall’Abate Don Luigi Amoroso, dal cinquantottenne frate Conventuale “M. R.ndo Padre Maestro Fra’ Giacinto Maria Corvinelli” 312 , il quale aveva fatto, e forse già da tempo, la coraggiosa scelta di rompere con le antiche ed oppressive logiche del passato per schierarsi con il nuovo, orgiasticamente liberatorio, concretizzatosi, in quella occasione, negli assalti ai centri del potere costituito e la distruzione delle ‘scritture’, nell’incendio del bosco Fiorano e nell’innalzamento dell’albero della libertà da parte dei Rateni. E’ facile presumere che egli fu chiamato a reggere le sorti del Convento come ‘Guardiano’ e Superiore per alcuni anni prima della sua soppressione. Non risulta, difatti, tale (anche se era il Sacerdote più anziano della famiglia) dallo “Stato de’ Religiosi del Convento de’ Minori 311 V. nota 33. Il ‘verbale’ è stato riportato con integrità e fedeltà sia per la conoscenza delle problematiche connesse alle non semplici vicende del Convento come anche per riproporre uno spaccato genuino della vita democratica di allora. 312 Sulla figura del “P.M. Giacinto Corvinelli” da Limosano, sappiamo (v. nota 13): “Nell’aprile 1768 fu ammesso nel Collegio dell’Immacolata a Napoli con residenza a Maddaloni. Dopo il triennio 1768-71, il collegiale Corvinelli fu laureato nel 1771 (R.O.-75, f. 53v). Il 24 luglio 1781 fu istituito Reggente nel ginnasio di Campobasso (R.O.-77, f. 144). Nel giugno 1782, per i suoi meriti, fu nominato Definitore Perpetuo (D.P. = benemerito per governo o insegnamento, che acquistavano il diritto di partecipare ai capitoli provinciali)”. E’ il caso qui di ricordare anche la figura del “P.M. Francesco Corvinelli”, il quale (v. sempre nota 13) “venne a Roma nel 1748 (è da supporre che all’epoca avesse almeno 25 anni) come collegiale del S. Bonaventura. Il Collegio di S. Bonaventura era stato fondato nel convento dei Santi Apostoli da Papa Sisto V, anch’egli dei Frati Minori Conventuali, il 18 dicembre 1587. Vi si studiava, a livello universitario, e si usciva dal Collegio col titolo di Dottore in S. Teologia (= Padre Maestro). Il 3 ottobre 1601 Clemente VIII aveva concesso il diritto di precedenza ai laureati a Roma su tutti gli altri laureati in altri Collegi dell’Ordine. Il 20 maggio 1751 fu laureato in S. Teologia (R.O.-72, f. 74). Nel 1756, su richiesta di Mons. (Beato) Antonio Lucci OFMConv. Vescovo di Bovino, partì per la Lettura in Larino. Nel 1778 fu eletto Ministro Provinciale della Provincia di S. Angelo. L’elezione fu confermata a Roma dal Ministro Generale, il 19 maggio (R.O.-77, f. 37)”. 182 Conventuali di Limosani”(v. Appendice 1), compilato il 27 Settembre 1809 313 , dal quale, invece, apprendiamo esserne, nel frattempo e forse per segno di restaurazione e continuità con il passato, diventato “Guardiano e Maestro” il P. Filippo Fracassi di Limosani, d’anni 41, che aveva fatto la sua ‘professione’ religiosa nel 1784. E quando, poi, diventarono esecutive le disposizioni dei XXXIII articoli del “Regio Decreto” del 7 Agosto 1809 firmato da “Gioacchino Napoleone, Re delle due Sicilie”, che stabilivano la soppressione, insieme ad altri, anche “del Convento de’ Minori Conventuali di Limosani”, questi sembra vi trovassero una situazione di probabili contrasti sulla linea politica da seguire in una fase in cui il cambiamento era particolarmente rapido e sull’atteggiamento da assumere circa l’amministrazione di un patrimonio, nel tempo divenuto assai ingente, tra i ‘monachi’ dei Corvinelli e quelli dei Fracassi. Ognuno degli otto frati componenti la famiglia religiosa del Convento (ma ben cinque erano originari “di Limosani”) ebbe a dichiarare al momento della chiusura di voler stabilire la propria dimora, per il prosieguo di sua vita, nel ‘luogo’ dove era nato. Ed, in effetti, nel 1817 il “Signor Don Filippo Fracassi figlio del fu Diego, ex monaco francescano”, il quale era stato l’ultimo ‘Guardiano’, abitava “nella Comune di Limosani”. A seguito della soppressione, per le operazioni di verifica e di inventariazione di quanto pertinente al “Convento de’ Minori Conventuali di Limosani” furono designati i: “S.r Nicola Petrone di Montagano Cons.e Distrettuale; S.r Durand Verificatore de’ Demanj; S.r Cannavina Giud.e di Pace” 314 . Ma a causa di una situazione ambientale tesa quelle non dovettero risultare molto agevoli. Ne è prova il fatto che il “Giudice di pace”, il 13 Settembre 1809, da Montagano era costretto a segnalare “al S.r Cav.le Intendente di Molise” che “… i briganti furono ieri sera in Santangelo, luogo distante appena un miglio da Limosani, e che domina questo Comune. Essi sono in buon numero, essendo la Compagnia riunita di Fulvio Quici, e di Vincenzo Cipriani” 315 , il quale peraltro era proprio di Limosano. La circostanza però servì solo a ritardare di qualche giorno le operazioni. Perché, come di frequente accade, anche in tale occasione il dissenso di chi subiva le decisioni, prese lontano e senza la conoscenza delle esigenze locali, non ne impedì il loro pratico concretizzarsi. Erano, difatti, appena “li ventisette Settembre mille ottocento, e nove”, quando fu compilato il ‘verbale’ di affido 316 , che qui si riporta: In Limosani “Si sono personalmente avanti di noi Incaricati per la soppressione del Convento de’ Minori Conventuali costituiti i Sig.ri Giuseppe Fracassi Sindaco, ed Ambrosio d’Addario della medesima, i quali con giuramento dichiarano aver ricevuto in consegna gl’infrascritti beni: Una custodia di marmo col portellino d’ottone inargentato; Una statua dell’Immacolata Concezione, di S. Fran.co d’Assisi, di S. Antonio; Un Crocifisso grande; 313 ASC, Fondo Monasteri soppressi, B. 9. Il documento è riportato in Appendice 1. Dell’attività dei frati limosanesi, dell’attaccamento all’abito e del loro interessamento per la riapertura non solo del Convento di Limonano, ma anche degli altri Conventi soppressi, sappiamo dal seguente brano (p. 26 e seg.) del citato Padre Doroteo Forte: “Da un esposto di p. Ferdinando D’Amico dei Minori Conventuali (nota: forse rimasto ad abitare ad Isernia) del 24 marzo 1827 (ASC, Monasteri soppressi, B. 7, f. 46), risulta che i rappresentanti del Comune (nota: di Isernia) chiesero il ritorno dei Frati,… Le trattative si avviavano al successo, tanto che il 19 aprile 1826, con atto pubblico, il Comune cedeva al p. Maestro Filippo Fracassi il convento. Si attendeva il ‘Regio exequatur’, quando, cambiato il sindaco, si fecero sorgere tali e tante difficoltà che l’approvazione sovrana non venne. Invano il p. Fracassi tempestò di lettere l’Intendente del Molise mostrando le sue buone ragioni. Tutto fu inutile”. E, risultando il Padre Filippo Fracassi essere il ‘Guardiano’ anche dopo la riapertura del 1821 del Convento di Limonano, non è difficile ipotizzarne un suo fattivo interessamento. 314 ASC, Monasteri soppressi, B. 3, f. 6. 315 ASC, Monasteri soppressi, B. 3, f. 6. 316 ASC, Monasteri soppressi. E’ inutile dire che da tale ‘fondo’ sono state attinte, e, più di una volta, anche senza citarlo, moltissime notizie. 183 un’organo a nove registri con cassa indorata; Due confessionali di noce intagliati; Cinque quadri grandi, uno di S. Paolo, l’altro del rispetto del tempio, il terzo del cieco nato, il quarto la moltiplicazione dei pani, ed il quinto l’apparizione di Cristo alla Maddalena; Due altri quadri uno di S. Ludovico, e S. Rocco, e l’altro della Porziuncola; Due cornocopj di ferro con lampadi d’ottone; Un lettorino di legno con due libri di canto; Un campanello sopra la porta della Sacristia di circa rotola due; Gli altari con tovaglie di tela galante con pezzillo numero cinque; Un guardaroba mobile di legno con un vaso di rame cipro, e aspersorio per l’acqua benedetta; Una croce antica di rame indorato per le processioni; Una cassetta di legno per l’ostia; Due orciuoli di cristalla; Un parato di drappo molto usato di fondo bianco di lama d’argento, cioè un piviale, una pianeta due Tonicelle con borse, e velo uniforme; Una pianeta con borsa, e velo giallo; Una pianeta verde di calamo con borsa, e velo; Una pianeta nuova di tomasco verde borsa, e velo con trene gialle; Una pianeta di tomasco bianco, borsa e velo con trene gialle; Un piviale nero di tomasco con trene gialle; Una pianeta consimile con borsa, e velo; Un piviale di tomaschetto bianco con trene gialle; Un velo umerale bianco fiorato con trene gialle; Un altro di drappetto violaceo, e verde con trene gialle; Due pianete di tomasco una rossa, e l’altra bianca con trene gialle con borse, e veli; Tre camici di tela sottile; Due messali usati; tre cotte usate con pezzillo; Uno stipone con dodeci candelieri grandi di legno usati, e indorati e ventotto piccoli con frasche di tela, e carta per gli altari; Un ombrella di tomasco rosso usato, Una bara di legno per le Statue; Sei ostensorij di rame cipro per le reliquie; Un tumulo di legno indorato pel S. Sepolcro; Una custodietta di legno indorata colorata; Una campana grande di circa cantaja otto col suo battaglio, e due altre campane una di circa un cantajo, e mezzo, e l’altra di circa rotola venti sistenti sul campanile imperfetto; Sette botti di legno due più grandi con quattro cerchi di ferro per ciascuna, in una delle quali ci sono circa ventiquattro barili di vino, e cinque con cerchi di legno; Un tinaccio di legno per lavellare il mosto di circa barili trenta; Trè secchioni per travasar vino; Una scala lunga di legno ad uso di fabrica; Una cassa grande per conservar farina, o grano, sistenti nel fundaco, ed un altro per conservar legumi, o altri generi; Diciassette travi di pioppo, cioè due di circa palmi venti l’uno, e quindici di trenta, o quaranta palmi; Tredici pecore di corpo, tre montoni, due agnelle, un’agnello, quattro capre, tre caprette, e tre capretti date a Sisto Covatta in società nel dì 21 agosto corrente anno 1809; Sei quadri, due cioè mezzani, e quattro grandi, e sedici ovali, e tondi piccioli con diverse imagini; Il Rifettorio guarnito di legno con undeci panche, e sedili; Tre pile di pietra ad uso d’oglio sistenti nel fundaco dentro al Rifettorio, e infine tutto il locale del Convento. Quali effetti stabili, e mobili essi costituiti si obbligano di conservare, ed esibire ad ogni richiesta dello Stato, ad eccezione del grano, vino legna, ed undeci travi venduti, e il prezzo introitato, come da’ processi verbali formati dagl’Incaricati a norma delle istruzioni, e così con giuramento si sono obbligati. Fatto, e chiuso oggi sud.o giorno, et anno; Sindaco Giuseppe Fracassi si obliga come sopra; + Segno di croce di Ambrosio d’Addario, che si obliga come sopra, e non ha firmato per non sapere scrivere; Durand Verif.re; Petrone Consigliere Distrettuale Incaricato”. E lo stesso giorno, oltre allo “Stato de’ Religiosi”, venne redatto anche l’“Inventario di Tutt’i Titoli, Scritture, Libri di Conti, ed altre carte relative alla proprietà, e rendita, e agli obblighi, e pesi del Monistero de’ Minori Conventuali di Limosani, suppresso in esecuzione del Reale Decreto de’ 7 Agosto 1809”. Di esso e di tutti gli altri, che nel dettaglio vennero compilati il giorno dopo, si dirà quando si riferirà del patrimonio. Quanto alla struttura del Convento sappiamo che, all’epoca, “è fissato nel borgo dell’abitato di Limosani. Fu danneggiato alquanto dal tremuoto del 1805: Le sue fabbriche menocché 184 quelle che han sofferto sono in buono stato. Il Chiostro contiene 13 stanze servibili a diversi usi. Il piano superiore ne contiene circa 20” 317 . Chiesa di S. Francesco: Confessionale in legno. E, così com’era nello spirito illuministico e francese della legge e dei ‘nuovi’ tempi, presto, molto presto, iniziarono le inevitabili spoliazioni. Nonostante i tentativi, tanto timidi quanto accorati, di contrastarle da parte delle autorità locali. Come apprendiamo da quella segnalazione del “Parroco Emiliano Corvinelli della Comune di Limosano”, il quale, già “li vinti ottobre 1809”, dopo aver precisato “… come essendo stato soppresso con Sovrano Decreto questo Monistero de’ PP. Conventuali, nella di cui Sacristia, e Chiesa sono diversi arredi sacri, e parati, benché usati; e trovandosi allincontro la Chiesa Parrocchiale (nota: già era avvenuta la unificazione delle Parrocchie) di questa Popolazione totalmente sprovveduta di sacri arredi, e suppellettili; supplica… per farli 317 ASC, Monasteri soppressi, B. 1, f. 1. 185 passare alla Chiesa bisognosa, onde far più glorioso, e decente il Culto di Dio”. Ad essa non tardarono di accodarsi anche “il Sindaco, e Decurionato del soprad.o Comune”, i quali, il 2 Maggio 1810, “con supplica espongono, come avendo la Maestà del Sovrano D.G. commessa a V.E. la distribuzione degli arredi sacri addetti al culto di questo soppresso Monistero de’ PP. Conventuali, l’E.V. con regolar misura, e zelo delegò il Vicario Generale della Curia viciniore di Bojano per informarsi, e riferire. Il Vicario Generale nulla attendendo alle sovrane disposizioni dell’articolo 51 del Real Decreto; cioè che gli arredi Sacri de’ Soppressi Monisteri spettassero primieramente alle Chiese bisognose del luogo, in cui esistevano gli Monisteri, ed indi alle Chiese viciniori, senza veruno informo del Sindaco, Decurionato, e Vicario Foraneo del Comune anzidetto di Limosano sulla necessità, e bisogno sì della Chiesa Arcipretale locale, e della Chiesa coadiutrice, come pure della Chiesa del soppresso Monistero, la quale per sovrana determinazione si tiene aperta per la pubblica venerazione, e dove giornalmente si celebrano quattro e cinque messi sente di aver fatta la distribuzione degli arredi sacri per Chiese estranee, e perloppiù della sua Diocesi, à quali per niun titolo possono spettare. Per tal pregiudizio, e svantaggio, che si arreca alle Chiese locali del detto Comune, ricorrono a V.E., e supplicano di commettere un informo ad un soggetto imparziale per ottenere il positivo, ed assoluto bisogno delle Chiese di detto Comune sprovviste affatto di sacri arredi, per essere del tutto povere, per dare quelle provvidenze di giustizia, che stiman propriamente a norma delle Reali determinazioni. E l’avrà. Nicolangelo Gabriele Sindaco Angiolo Zingarelli Decurione Marcellino Corvinelli Decurione + S. di C. di Ambrosio d’Addario Decurione + S. di C. di Domenico Fiorucci Decurione Francesco Lucito Decurione Luigi Longo Decurione Luigi Sebastiano Decurione Saverio Covatta Decurione Donato MarcAntonio Decurione Quirino Fracassi Decurione e Segretario” 318 . Ed in certo qual modo la stessa cosa successe anche per le campane [e solo 4 ex Monasteri molisani (Limosano, Isernia, i Domenicani di Cercemaggiore e gli Osservanti di S. Croce) avevano ben tre campane]. Difatti, dallo “Stato indicante i Luoghi, ne’ quali le Comuni della Prov.a di Molise uniranno le campane”, compilato in Napoli il 14 8bre 1812, risulta che le tre dei “Conventuali di Limosani” venissero portate a “Isernia per Venafro”. Dopo soli pochi giorni, il 26 dello stesso mese, l’allora Sindaco Giuseppantonio Lucito così scriveva: “Al Sig.r Intendente di Molise Eccellenza, in data de’ 17 dello spirante ho ricevuto un vostro d’officio, con cui m’incaricate di far trasportare ad Isernia, e da colà a Venafro le campane di questo Soppresso Monistero per consignarsi ad un Incaricato d’Artiglieria, che le riceve. Cerco sapere da V.E. se la campana grande, qual è di circa cinque in sei cantaja, debbo trasportare intiera, o pure spezzata, mentre credo, attese le cattive strade, e monti, che sia impossibile poterla condurre intatta; per cui dovendosi spezzare vi compiacerete autorizzarmi a cambiarla con altra di maggior peso, ma che ha un suono disgustevole in paragone di quella degli ex-Conventuali, anzi il Popolo per sua divozione da più mesi la sospese nel Campanile di S. Stefano, dove vien posta benanche la campana da cambiarsi. 318 ASC, Monasteri soppressi, B. 3, f. 8. 186 Mi lusingo, che V.E. non sarete aliena da questa divozione del Popolo, mentre credo, che non si viene a ledere gl’interessi del Sovrano. Aspetto vostro riscontro (nota: già il 7 novembre il “Ministro della Guerra e Marina” autorizzava il cambio) per eseguirsi da me ciecam.e i Vostri ordini, e col solito rispetto, e stima vi saluto” 319 . Assai diversamente, invece, sembra che andarono le cose per quanto riguardava i locali del Convento. Dopo alcuni anni dalla soppressione, era il 27 Agosto 1813, l’allora Sindaco Vincenzo Tata comunicava all’Intendente di Molise che, “riscontrando il vostro venerato foglio de’ 17 dell’andante Agosto relativo alla prossima concessione de’ locali demaniali derivati dalla soppressione delle Case religiose, debbo riferirvi, che questo locale, proposto da V.E. alle LL.EE. Ministri dell’Interno, e delle Finanze per Caserma di Gendarmeria, e di Truppe di passaggio, è ottimo per quest’uso; vi è attaccato un giardino di piccola estensione, ed un territorio di circa tomoli quattro, quali sarebbero necessarj concedersi col locale, perche devesi per essi passare, per portarsi in varj punti di esso, dapoiche dalla Download 5.01 Kb. Do'stlaringiz bilan baham: |
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