Francesco bozza
- Il Monastero: da S. Pietro Celestino a “S. Maria della Libera”
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- S.to Pietro à Maiella
- Giovancola
- Rev.di Dom.ni Joannis baptiste Romani
- S.ti Petri de Maiella
- R.di D.ni Nicolai Ant.ij de Diano
- Cappelle S.te Marie de liberj
- Monasterium S.ti Petri ad Maiella
- Donno Thoma Petro Paulo Terre Limosani
- D. Hieronimus Quaranta
- S.te Marie de libera
- Priore ac Monacis Venerabili Monasterij S.te Marie delibera
- R.do D. Joanne Baptista Lambugnano
- Rev.do Padre Don Vincenzo Gargioli (o Gargiuolo ), Celestino
- Nicola Russo
- Frà Nicola d’Angelillis converso serviente a d.a Grancia e stanziante, di anni 18
4.3 - Il Monastero: da S. Pietro Celestino a “S. Maria della Libera” Della Chiesa, che esternamente misurava all’incirca 118 per 32 palmi napoletani (pari a 31,5 per 8,5 m. circa), sappiamo essere stata, così come l’altra, coeva, annessa al Convento dei francescani, ad una sola grande navata, con facciata in pietra viva locale e, almeno originariamente, forse con artistiche sculture, pure in pietra, sui cornicioni. Era di una altezza massima, al centro, di circa 50 palmi (m. 13,5 circa) ed aveva un soffitto a botte fatto di cinque volte, delle quali quella, di forma rotonda, che ricopriva il presbiterio e, probabilmente, anche il coro, era più grande e di dimensione quasi doppia rispetto alle rimanenti quattro, di forma ellittica e perfettamente uguali tra di loro; tutte erano sostenute da altrettanti archi a sesto pieno, che interrompevano la continuità delle mura, assai solide, e che erano sovrastati da grosse finestre, le quali la dovevano rendere oltremodo luminosa. All’interno, le pareti erano ricoperte da intonaci e, quasi certamente, da affreschi e dipinti di buon pregio artistico 260 . Relativamente, poi, alla struttura del Monastero “ordinis ac congregationis s.ti benedicti monachorum celestinorum” di Limosano, poiché risulta quasi del tutto introvabile ogni tipo di documentazione, ne è, al contrario, assai difficoltosa una ricostruzione che ne lasci abbozzare, anche approssimativamente, la consistenza del manufatto. Pur tuttavia, ne è da immaginare un fabbricato a corpo unico, costruito su due piani più gli scantinati e con una quindicina di stanzette oltre ai locali per i servizi in comune (magazzini, cucina, refettorio,…), contiguo, se non proprio attaccato, alla Chiesa. L’intero complesso abbaziale, edificato, come si è visto, nelle immediate vicinanze della “Terra de li=Musani”, conservò la sua antica titolazione a “S.to Pietro à Maiella” per un periodo di tempo assai lungo ed almeno sino ai primi anni del XVII secolo. E’ quanto con certezza, lo si vedrà diffusamente, lasciano emergere, pur nella loro grafia di difficile interpretazione, sbiadita ed incerta, i protocolli rimastici dei notai limosanesi e, specialmente e prima di tutti gli altri, di quel Nicolamaria Ramolo che rogò tra il 1571 ed il 1603 261 . Dalla loro rilettura, infatti, è possibile, pur tra evidenti mille lacune, definire tanto un elenco dei “Priori, ac percuraterij dicti Ven.li Monasterij S.ti Petri de Maiella” che individuare una ‘progressio’ di episodi, talvolta anche poco chiari, nei quali pare essere stato coinvolto. Che nel Monastero limosanese sia accaduto qualcosa di veramente strano lo si può già vedere da quella serie di tre protocolli del Notaio Ramolo, tutti del 24 Agosto 1571, del primo (una “D.ni Sebastiani de Alica hispani Capitanej Limosani et Montasagani Consignatio per clamidem persone Fratris D. Nicolai d’Ischia ordinis Celestinorum”) dei quali (gli altri due sono: una “Cuiusdam Commissarij Regij Protestatio, et ordines contra dictum Capitaneum Limosani pro causa dicte Consignationis, alias Carcerationis d.i Fratris D. Nicolai d’Ischia” 260 ASC, Fondo Intendenza di Molise, B. 515, f. 9. Le notizie sono ricavate da una ‘Perizia’, corredata da disegni, del 20 Ottobre 1823. 261 Per i protocolli dei notai più antichi di Limosano, si veda, in ASC, il fondo Amoroso, dal quale non è possibile prescindere per una conoscenza dei fatti della seconda metà del XVI e dell’intero XVII secolo. 149 ed una “Eiusdem Commissarij Regij alia protestatio, et ordines contra Actuarium d.te Terre Limosani per eadem causa”), perché più facilmente decifrabile, se ne riporta, pur assai incompleto e lacunoso, il testo. Die 24 mensis Augusti XIII Ind.is 1571. Proprie in terra lim.ni provincie com.tus molisij et proprie in domo m.ci Aloisij Rusij Carcerari dicte terre ubi ad presens cuncta regitur Ad preces nobis infrascriptis Judici, notario ac testibus factas pro parte m.ci d.ni Sebastiani de Alica hispani in presenti anno cap.nej dicte terre limosani et montisagani personaliter accessimus (ad) domum prefatam et cum ibidem essemus per dictum m.cum d.num Sebastianum de Alica hispanum […] cuiusdem commissionj, ac commissionalium litterarum sibi admissarum Rev.mi Abbatis ordinis ac congregationis s.ti benedicti et monachorum Celestinorum dicti R.mi Abbatis m.ci cum sigillo munitarum […] [… … …] nobis omnibus querendi [… … …] dicto sigillo munitus vidimus et per parte dicti R.mi Abbatis dicti ordinis s.ti benedicti per clamidem consignatus Juri dandum frater Jon.cola de hischia monachus dicti ordinis celestinorum carceratus ligatus et cum ferreis […] domino fratri nicolao Ant.io de diano […] monacho dicti ordinis commissario sp.te deputato per Rev.mum Dominum generalem congregationis monachorum ordinis p.ti S.ti benedicti [… … … … … … …] […] compariret m.co ortensio de spiritu […] duci seu capere comitive, militum […] d.ni pomponij marresi, Regij Commissarij contra delinquentes et sumpitos […] cum omnibus militibus legionis seu comitive dicti caporalis, in numero […] ac viris armatis quibusquidem d.no nicolao Ant.io commissario […] ac dicto m.co oratio capurali, ac eius militibus et militibus […]. Presentibus per eundem m.cum Alicam cap.eum ante portam ac […] et pro parte consignatus fui per clamidem […] Jon.cola de hischia carc(eratus) et ligatus consignando eidem carceratum in carcerum crimi(nalem) et per vita […] in armum eundem Joannem colam tenere diligenter ac causa custodire habetur, et debetur, ac eundem […] [… …] Rev.mi Abbati seu generali [… …] [… …] dicti Rev.mi Abbatis seu generalis [… …] [… …] ne dictus Jo.nnes cola fugens [… …] [… … …] gratiam […] ac dicti Rev.mi Abbatis seu generalis [… … …] ac dicti Rev.mi Abbatis seu generalis [… … …] de presente consignatione dictus m.cus Sebastianus Alica cap.neus notarium nicolaum mariam ramulum oppidi limosani […] personam pub(licam) […] conficere debere in publicum actum 262 . Tutto questo accadeva in quell’anno, il 1571 (e siamo a pochi anni dalla conclusione del Concilio di Trento), mentre pare che ‘Prior’ ed Abate del Monastero di “S.to Pietro à Maiella” di Limosano fosse il “Rev.mus Ant.ius di diano ordinis ac congregationis s.ti benedicti monachorum Celestinorum”. Relativamente all’atto almeno cinque sono gli elementi da sottolineare: 1) il “Capitaneus (capitano) terre limosani et montisagani” è, in maniera poco usuale se è vero che ‘regge’ due terre appartenenti a titolari di feudi diversi, uno spagnolo, il “d.nus Sebastianus de Alica(nte)”; 262 ASC, Protocolli notarili del Fondo Amoroso, Not. Ramolo Nicola Maria. 150 2) ad ordinare l’arresto è (perché ne ha solo da poco preso possesso?) l’Abbate del Monastero limosanese; 3) la consegna di Giovancola “de hischia monachus dicti ordinis celestinorum carceratus, ligatus et cum ferreis” avviene sotto la minaccia delle armi (“per clamidem”); 4) il monaco prigioniero viene affidato a “fratri nicolao Ant(on).io de diano monacho dicti ordinis commissario sp(ecialmen).te deputato per Rev.mum Dominum Generalem congregationis monachorum ordinis p(redic).ti S.ti benedicti”; 5) all’operazione partecipa il Regio Commissario “contra delinquentes et sumpitos”. Ma che cosa (problemi di devianza dalla ortodossia dottrinale? lassismo nei costumi? o semplici cose d’armi?) era veramente successo? Quasi impossibile saperlo così come è difficoltoso dare una completa ricostruzione dei fatti, i quali, tuttavia, dovettero essere parecchio seri e gravi se è vero che la detenzione si tenne “sub pena ducatorum mille”. Ciò anche se nell’occasione si fece di tutto “per non aggravare la riputazione del Rev.mo generale” così da “mettere in dicta guisa (le cose) …, che isso non si veda”. La qual cosa e, più in generale, l’intera vicenda inducono a pensare a problemi non proprio circoscritti e né tantomeno circoscrivibili alla sola area limosanese; questi, di contro, sembra investissero l’intera “religione celestina”. E potrebbero essere stati quelli che indurranno, poi e fra non molti anni, le superiori autorità religiose all’intervento modificativo esterno, cui si accennava in precedenza. Anche l’attività patrimoniale del nostro Monastero doveva rientrare nella normalità di allora. Così che nel 1576 ne sono menzionati “bona S.ti petri delli mosanj” sin nell’agro di Ripalimosani e, più precisamente, “in loco ubi di(citur) li Ferri (o ‘li cerri’?)”. Sin dal 1578 (9 Aprile) è notizia del “Rev.di Dom.ni Joannis baptiste Romani monaci ordinis Celestinorum Prioris, ac percuraterij in dicto Ven.le Monasterio S.ti Petri de Maiella in eadem Terra (=Limosano)”, del quale ne è documentato l’incarico anche per gli anni 1580 e 1582 (forse sino a Maggio). E ciò mentre la titolazione del “Venerabilis Monasterij” è sempre detta “S.ti Petri de Maiella” o, più semplicemente, “de Maiella”. Cambiamenti significativi, accaduti, sembra, tra l’aprile ed il giugno del 1582, si riescono a cogliere da una ‘donatio’ del “25 mensis Junij” di tale anno. Innanzi tutto e, forse, per l’avvenuta morte di Don Giambattista Romano si ha il ‘ritorno’ (cosa abbastanza infrequente nell’osservanza benedettina) del “R.di D.ni Nicolai Ant.ij de Diano monaci ordinis Celestinorum”, che già era stato il ‘commissario deputato per Rev.mum Dominum Generalem congregationis monachorum ordinis S.ti benedicti’ nella vicenda della carcerazione di ‘Giovancola de hischia’, a “prioris, ac percuraterij in dicto Ven.le Monasterijo S.ti petri de Maiella ordinis S.ti benedicti celestinorum in terra p.ta Limosani”. E, poi, per la prima volta si ha notizia di una “Ven.lis Cappelle S.te Marie de liberj site in ecclesia dicti Monasterij”, la quale ultima, insieme all’intero complesso abbaziale, da quella sta iniziando a prendere gradualmente e progressivamente la ‘nuova’ titolazione, che potrà dirsi pienamente realizzata nel successivo trentennio. Ben si riesce a cogliere l’evidenza di tale ‘innovazione’ dalla seguente ‘progressio’ di notizie, tutte ricavate dai protocolli notarili di quel periodo. In un atto del 1605 si parla di una “vinea sita in loco le macchie”, la quale ancora confina “iuxta bona venerabilis monasterij S.ti Petri Celestini seu majella”. Tuttavia, dalla combinazione di alcuni testamenti, rogati negli anni immediatamente successivi e, cioè, tra il 1606 e l’anno seguente, il passaggio già si concretizza se vengono indicati: - li preti et clero di S.ta Maria majore; - lo clero di S.to Stephano; - li frati di S.to Francesco; - et quelli di mayella. 151 Nel 1607 c’è chi “lassa al monasterio et cappella di S.ta Maria delli liberi…” i propri “bona ob devotione quam assidue habuit et habet Ven.li Cappelle S.te Marie de liberj”. E che il cambiamento andava incontrando degli ostacoli lo dimostra il fatto che appena pochi anni più tardi e precisamente “die 4° mensis Augustis 1611 (o 1610?)” si ha ancora “in Terra limosani…, et proprie intus Monasterium S.ti Petri ad Maiella”, la stipula di una “Concessio in emphiteusim vinee per Monasterio S.te Marie ad Maiellam Terre Limosani à Jo Paulo de Luca ditte Terre”, il quale per ottenerla si era rivolto all’Abbate Generale dell’Ordine con la seguente richiesta: “Rev.mo P.re, e patrone Oss.mo Gio:Paulo di Luca delli Musani fa intendere à Vs. Rev.ma, come si ritrova haver pigliato una vigna dal Mon.o di s. Pietro à Maiella di d.tta terra di capacità di t.la due incirca nel loco dove si dice li Patrisi, e d.tta vigna si l’e concessa per D. Thomasi delli Musani Priore di detto Mon.o per anni vinti nove à carta renovandi, e perché d.tto Priore si ha riservato l’assenso di Vs. Rev.ma per d.tta concessione et pagarni il d.tto supplicante t.la uno di grano annuatim a d.tto Mon.o e facendo tal favore la haverà a gratia singularissima ut Deus”. Concesse il benestare all’operazione, che prova anche l’attività patrimoniale del cenobio limosanese, il “Ds. Archangelus Mediolani Abbas Generalis Celestinorum”. Era diventato, nel frattempo, Abbate “Donno Thoma Petro Paulo Terre Limosani Religionis S.ti Petri Celestini ac Priore Conventi S.ti Petri ad Maiellam ditte Terre (= Limosano)” 263 . Lo stesso ‘Priore’ ed una tale situazione di doppia titolazione perduravano ancora nel 1612, quando “in Terra Limosani…, et proprie in Ecclesia S.ti Petri à Maiella ordinis Sancti Petri Celestini…, Ant.ius Candizzaro Civitatis Trapani Civis Neapolitanus… ex una parte, et me Not. +++ interveniente pro parte Monasterij S.te Marie a Maiella ordinis S.ti Petri Celestini et eius religionis constructi in Terra limosani, nec non et Rev.do P. D. Thomaso eiusdem Terre Limosani Priore d.ti Monasterij” 264 . Troviamo Abbate, nel 1615 (20 Settembre), “D. Hieronimus Quaranta ad presens Prior Monasterij Sancte Marie de Maiella terre p.tte Limosanj” (v., in ASC, il Notaio Mazzerra Gianberardino di Montagano), il quale probabilmente era succeduto nella carica a D. Tommaso Pietropaolo, il quale sembra essere stato di origine limosanese. Ed, inoltre, ben si vede dalla denominazione come la ‘nuova’ titolazione del Monastero stava sempre di più diventando quella ‘ufficiale’ e definitiva. Le fonti, a partire da tale data e per un trentennio, tacciono. Ed anche per il periodo successivo dicono molto poco. La presenza di “Priore e Monachi” è, sempre però precedendo gli esponenti del Convento francescano, documentata solo da qualche lascito testamentario. Come quello 265 , del 25 Aprile 1645, con il quale “Joanne Baptista Covatta terre limosani”, dopo aver manifestato la volontà di essere seppellito nella “Ecclesia seu Parrocchialis S.te Marie maioris dette Terre”, chiede la partecipazione al proprio funerale del ‘Clero et Clerici’ di tale Chiesa, della Chiesa Parrocchiale di S. Stefano, dei Priori e dei Monaci del Monastero “S.te Marie de libera” e di tutti i frati del “Venerabilis Conventus S.ti Francisci ordinis minorum Conventualium”. O come l’altro, del 3 Gennaio 1648, che parla di “tutti li Preti et Clerici della Chiesa di S. Maria, et della Chiesa di S. Stefano, et anco tutti li monaci di S.ta Maria de libera, Monasterio di S.to Pietro Celestino, et tutti li frati di S. Francesco di li minori Conventuali”. Oppure come il ‘testamentum nuncupativum’, del 1650, col quale il “Rev.do D. Leonardo del Gobbo, presbitero Sacerdote Terre Limosani” manifesta la volontà che al suo funerale l’ufficio venga cantato “ab omnibus presbiteris et clericis d.te Ecclesie (= S. Stefano) 263 ASC, Protocolli notarili, Not. Loffreda Giuseppe di Lucito. 264 ASC, Protocolli notarili, Not. Di Bartolomeo Francesco di Ripalimosani. 265 ASC, Protocolli notarili del Fondo Amoroso, Not. D’Angelillis Donato. 152 ac Ecclesie maioris S.te Marie et a Priore ac Monacis Venerabili Monasterij S.te Marie delibera et ab omnibus fratribus conventus S.ti Francisci ordinis minorum Conventualium”. Doveva essere ancora Abbate (è documentato come tale nel 1648) il “R.do D. Joanne Baptista Lambugnano Civitatis Bari ad presens Prior Venerabilis Monasterij S.te Marie de Libera et S.ti Petri Celestini”, il quale molto probabilmente fu l’ultimo della serie a ricoprire l’incarico nel complesso monastico di Limosano. La evidente doppia titolazione del Monasterij S.te Marie de Libera et S.ti Petri Celestini consente di ipotizzare che il processo di ‘decelestinizzazione’, durato per più di mezzo secolo, stava arrivando alla sua fase terminale. Con esso e perché, in seguito al fatto che “havendo la santità di N. S. Innocenzo X per un decreto pubblicato li 22 dicembre 1649 ordinato che tutte le Religioni debano dar relatione dello stato de propri monasteri” 266 , “con Bolla del 15 ottobre 1652 Papa Innocenzo X ‘dispose per l’Italia l’abolizione di quei conventi, i quali, per il numero esiguo dei propri membri, non potevano più corrispondere all’intenzione dei loro fondatori; i loro beni dovevano essere devoluti per parte dei vescovi ad altri luoghi pii’ (PASTOR L., Storia dei Papi, XIV, 1, cap. IV, pag. 137)” 267 , il ‘Prior e tutti li monaci di S.ta Maria de libera, Monasterio di S.to Pietro Celestino’, abbandonarono, e per sempre, il loro Monastero, il quale, da allora e dopo aver perso ogni riferimento con la titolazione a S. Pietro Celestino, divenne ‘grancia’ di quello omonimo di Campobasso. In effetti, nei primi giorni del 1652 (6 Gennaio) il “Rev.do D. Alonzo Cicala Ordinis Celestinorum Civitatis S.ti Severij”, ma si ignora a quale titolo, stipula una interessante convenzione sui tipi di prodotti e sulla organizzazione della produzione agricola con “Fran.co de Stefano d’Amico Annicerio ordinario”, il quale “age per se et pro parte triginta quinque Virium…”. Di propria mano, nel suo ‘testamentum nuncupativum’ del 30 Luglio 1658, l’Arciprete D. Luigi Russo scrive che: “in primis lascio che il mio corpo sia seppellito nella mia Chiesa di S. Maria maggiore avanti l’altare della Cappella nostra di Santo Silvestro et proprio nel tavuto della bon’anima del quondam D. Thomaso russo mio Nepote e che intervenghino al mio funerale il Clero di Santa Maria, et di Santo Stefano et di San Francesco… Item lascio herede di quanto Jo possedo tanto di mobili, quanto di stabili… la Cappella di Santo Silvestro sita nella Chiesa di S. Maria… Item lascio all’hospidale di questa terra un letto ciò è un matarazzo di lana… e si tenga per li sacerdoti che ivi capitarando ad alloggiare”. La evidente mancanza di ogni riferimento al Clero di S. Maria della Libera ne prova, per la data dell’atto, la già avvenuta partenza, tra il 1652 ed il 1658, del Prior e di tutti li monaci dal Monastero di Limosano, al quale, però, rimase per intero la gestione di tutta l’attività economica e patrimoniale che, in effetti, è già dimostrata dal fatto che il morente Arciprete aveva “imprestato” 24 tomoli di grano in sostituzione di un pari quantitativo andato a male. Ed è ancor di più provata dal fatto che, ancora nel 1716, dall’omonimo Monastero di Campobasso veniva nel “Venerabile Convento Celestino Sante Marie dè Libera extra moenia” di Limosano a gestirne il relativo patrimonio il “Rev.do Padre Don Vincenzo Gargioli (o Gargiuolo), Celestino”, il quale, nativo di Vico Equense (Napoli), era ivi di famiglia (il 23 266 BORRACCINO (P.) R. e IASENZANIRO (P.) M. (a cura di), Notamenti… della Provincia di S. Angelo…, Foggia 1987, nota 245 a pag. 69. 267 TESTA E. Campolieto… cit., pag. 120 e segg. Nonostante il forte interessamento, ci è stato impossibile reperire il risultato dell’inchiesta innocenziana relativo ai due complessi conventuali (S. Maria della Libera e S. Francesco) di Limosano, che, quando sarà reso disponibile e quando potrà essere fatto oggetto di uno studio serio ed approfondito, potrebbe fornire dati molto interessanti sulla loro organizzazione e sulla loro presenza- integrazione con l’ambiente e la società limosanese. 153 Febbraio 1717) insieme con “Ad.m R. Pr. D. Celestinus Palladino Prior” ed a “Pr. D. Petrus PetroPaulo a Sulmona”, tutti ‘Sacerdotes’ 268 . Non sappiamo se, dopo la partenza dei ‘monachi’, il Monastero celestiniano di Limosano venisse subito affidato a qualche Religioso o ‘Procuratore’ “dello stesso Ordine”, rimasto ad abitare in loco, oppure a qualche ‘eremita laico’, che con la manutenzione dello stabile e con l’assistenza alle sacre officiature riusciva a ricavarne di che sopravvivere Mentre nel volume dello ‘Stato delle Anime’ della Chiesa di S. Maria maggiore 269 , che parte dal 1696 (e va sino al 1702), non vi è alcuna menzione di S. Maria della Libera come luogo di abitazione, in quello, che inizia nel 1721, risulta, almeno sino al 1724, che a “S. Maria della libera Grancia del Monastero dè PP. Celestini di Campobasso: non vi è nessun Religioso, ne hà ben sì Cura il loro Proc.re Nicola Russo”. Invece, a partire dal 1725, “vi è di residenza Frà Davide di Lorenzo dello stesso Ordine Proc.re”. Per l’anno successivo viene con più precisione indicato che a “S. Maria della libera Grancia del Monistero dè PP. Celestini di Campobasso, Diocesi di Bojano”, è presente “Frà Davidde di Lorenzo Converso della detta Religione Stanziante in d.a Grancia e Serviente in d.a Chiesa di anni 60”, il quale ivi e tale rimase sino al 1735, quando, di circa 69 anni, probabilmente fu defunto, se è vero che l’anno seguente al suo posto troviamo “Frà Nicola d’Angelillis converso serviente a d.a Grancia e stanziante, di anni 18”. La presenza nel Monastero di Limosano di un ‘monaco’ dell’Ordine Celestino continuò ancora per alcuni anni. Tanto che, per il 1742, nelle processioni e nelle funzioni religiose “la Croce di Santa Maria della Libera la portava un frate di S.ta Religione Celestina, Frà Celestino Download 5.01 Kb. Do'stlaringiz bilan baham: |
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