Francesco bozza
” dell’Inventario del 1712-1713 deve essere identificato (v. paragrafo 2.1) con il “Beneficio
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- Inventario del Beneficio Semplice sotto il titolo di S. Illuminata,…
- 3.4 - S. Pietro "de Sala" e le altre strutture monastiche alla "Maccla bona"
- Ti-phernum a Bifernum per concludersi, quando l’insediamento stesso si sposta relativamente alla posizione geografica, a Musane (o Mesane
- 4872 – Ecclesia S. Marie de Castenneto (solvit) tar XVIII
- Abbatia, seu Ecclesia S.ti Alexandri
- 4930 – S. Alexander
- Abbazia di S. Angelo in Altissimo
- Ecclesia Sancti Joannis
- Ecclesia Sanctissime Trinitatis iuxta fluvium Bifernum
- Ecclesia Sancti Petri in Balneo in Valle luparia
- 4883 – S. Petrus de Balneo tar XV
- UGO COMES molisianus
- Casale di Castelluccio di Limosano
- Ecclesia Sanctae Mariae in Lumesano
_” dell’Inventario del 1712-1713 deve essere identificato (v. paragrafo 2.1) con il “Beneficio di S. Illuminata”, il quale di ‘cattedratico’ alla Mensa Vescovile di Benevento ancora pagava 20 carlini, ci rimane, insieme alle ultime notizie, la seguente ‘descrizzione’: “la Chiesa sotto il tit.o _ _ _ era situata nelle pertinenze de Limusani poco distante da d.a Terra verso la parte occidentale, qual distanza importera da 500 passi; le sue coerenze sono, da ogni parte li beni del med.mo Benef.o e Chiesa la quale vedesi p.ntemente diruta 191 REGESTA M.C., I, pag. 68, n. 51, Aula III, Capsula III. 192 GATTOLA E., op. cit., pag. 421 e segg. “Abbas Johannes Aragonius omnium ultimus ecclesiam hanc commendavit die 4 Novembris 1471 Clerico Johanni Florillo a Mercugliano, ut ex eius literis in suo 1. Regesto p. 25, et Clerico Barnabae Brancia a Surrento die 11 Augusti 1479 in eodem Regesto p. 126”. 193 PIETRANTONIO U., op. cit., pag. 73. 194 ASC, Protocolli notarili, Not. Cotriccione (altrimenti detto Covatta) Domenico di Limosano. 117 con alcune reliquie di muraglia, indicante esser stata Chiesa; nell’anno 169_ nella prima S. Visita unito alla Chiesa Arcip.le dall’Emo e Rev:mo Sig.re Cardinal Orsino Arcivescovo”. Dall’ “Inventario del Beneficio Semplice sotto il titolo di S. Illuminata,…” del 1723 risulta che “la suddetta Chiesa diruta nelle pertinenze di detta Terra de’Limusani è nel tutto, come stà descritta nell’Inventario del 1712 (nota: e, se non si identificasse il ‘Beneficio sotto il tit.o di _ _ _ _ _’ con quello di S. Illuminata, non vi sarebbe altro con cui poterlo fare);… ed è annessa alla Chiesa Arcipretale per decreto dell’Emo Sig.re Arciv.o Orsini nella p.ima S. Visita nel 1693” 195 . Come già per quella di S. Silvestro, anche per l’Abbazia di S. Illuminata il Cardinale Orsini ne decretava i rintocchi, mesti e freddi, della campana a morto. Perché tutto ciò nell’area riconducibile all’influenza di Limosano? Ed, inoltre, perché tanto accanimento verso quelle istituzione antiche e cariche di storia? 3.4 - S. Pietro "de Sala" e le altre 'strutture' monastiche alla "Maccla bona" Una ulteriore conferma alla ipotesi dei notevoli interessi (di grande rilevanza politica allora e, dopo, storica), che, sin da quando era ancora ‘Ducatus’, il ‘beneventanus Principatus’ ha verso una realtà, che, come entità territoriale, non può necessariamente non essere che di lunga durata, con valenza sia politico-amministrativa (gastaldatus) e sia religiosa (diocesis) sull’intera area del medio corso del Biferno, ed il cui insediamento abitativo di maggiore preminenza, etimologicamente e non solo, passa da Ti-phernum a Bifernum per concludersi, quando l’insediamento stesso si sposta relativamente alla posizione geografica, a Musane (o Mesane); una ulteriore conferma, si diceva, viene dalla diffusione del monachesimo benedettino, che “risale al periodo posteriore alla conversione dei Longobardi” 196 e, segnatamente, tra la fine del VII e l’inizio dell’VIII secolo. Che, da parte sua, anche l’Abbazia di S. Vincenzo al Volturno sia stata, oltre che emanazione voluta dal potere politico beneventano, “una fondazione monastica che sin dalle origini presenta un nesso strettissimo con la realtà geopolitica della Langobardia meridionale” e, situata ai confini tra il ducato di Spoleto, quello romano e l’altro di Benevento, “con il praeceptum concessionis di Gisulfo I è stata posta sotto la protezione (tuitio) del felicissimum Palatium cioè sotto la diretta giurisdizione dei duchi di Benevento” 197 con evidenti finalità strategiche, pare cosa definitivamente acquisita. In tal modo la costruzione del Monastero volturnense, coeva a quella di altre diverse istituzioni monastiche poste alla sinistra (quantitativamente assai più numerose che alla destra) del Biferno e nella valle del Fortore, deve farsi rientrare in un disegno ben definito della politica beneventana, che, con l’obiettivo di rendere più sicuri i confini (e le vie di comunicazione), oltre che di contrastare l’incipiente spinta autonomistica, viene a concretizzarsi “tra la fine del sec. VII e l’inizio dell’VIII (presumibilmente tra la morte di Grimoaldo II, avvenuta nel 689, e la morte di Gisulfo I avvenuta nel 706), durante la reggenza (per la minore età di Gisulfo I) di Teodorada, che promuove la fondazione di monasteri e chiese…” 198 . 195 APL, Inventari. 196 PIETRANTONIO U., op. cit., pag. 49. 197 FONSECA C.D., San Vincenzo al Volturno e la Langobardia meridionale, in AA.VV., San Vincenzo al Volturno: dal Chronicon alla Storia, Isernia, pag. 21 e segg., passim. 198 PIETRANTONIO U., op. cit., pag. 52 e seg. L’importanza strategica che, in epoca alto medioevale, l’ambito territoriale del medio Biferno, potendo da esso esercitarsi l’opera di controllo sulle vie di comunicazione, è sin troppo evidente dalla seguente conclusione di BRUNO Ruggiero (v. Il ducato di Spoleto e i Franchi nell’Italia Meridionale, in ASPN 1966-67, pag. 91). “Tralasciate le grandi strade consolari (l’Appia, la Latina, la 118 Nell’ambito di tale disegno rientra sicuramente la fondazione della grande istituzione monastica di “Santa Maria di Castagneto, voluta, intorno al 700 d.C., dalla duchessa longobarda Teodorada” 199 . Questa Abbazia, “sita prope terram Casalium Cipriano”, tanto potente ed insigne quanto poco conosciuta, rientrava sin dal momento della sua prima costruzione nell’ambito territoriale della diocesi (e perché non anche del relativo gastaldato?) di Limosano. Di certo ancora oggetto di contesa tra il Papato e Benevento, nel ‘placito’, tenuto il 10 giugno 1053 da Papa Leone IX “in loco Sale iuxta Bifernum fluvium”, essa viene confermata all’abate Liutfrido di S. Vincenzo al Volturno, alla cui Abbazia era da sempre appartenuta 200 . La sua importanza, che fu davvero notevole e che, nonostante dai documenti poco traspaia, tale dovette essere già in precedenza, viene a dir poco evidenziata dalle “Rationes Decimarum”, per le quali (Diocesi di Trivento) “4872 – Ecclesia S. Marie de Castenneto (solvit) tar XVIII” 201 . E tale somma, se solo si pensa che molte ‘Terre’ pagavano meno della metà, deve considerarsi del tutto ragguardevole. E che quel complesso monastico amministrasse un patrimonio assai ingente risulta evidente ancora da un atto del 3 Maggio 1593 202 , alla cui stipula partecipa il Notaio Francesco Antonio Santoro, originario di Limosano, nella qualità di procuratore “Ill.mi et Rever.mj dominj Don pomponij de Magistris civitatis Rome Abatis sive prepositj Abatie sive eccl. S.te Marie de Castagneto nullius Diocesis site prope terram Casalium Cipriano… cum omnibus et singulis suis territorijs, silvis,… aquie fluvij, herbagijs, pasculis, pischerijs, lucris et emolumentis censibus fructibus redimendis et cum omnibus et quibuscumque aliis eius juribus”. Cinque anni più tardi, il 30 giugno 1598, l’intero complesso patrimoniale dei terreni e della produzione veniva concesso in affitto per ben 700 ducati annui da “Marcus Ant:s de magistro Abb. Abatie, et Ecc.e S.te Marie de castagnito site, et costrutte prope terram, et pertinentias Casalii Ciprani” 203 . Esso, evidentemente ridotto a ben poca cosa, era stato già trasformato in ‘beneficio’, quando, il 13 Marzo 1723, il Rev.do “Abbate D.num D. Paulum Francone di.e Civitatis Neapoli Beneficiatum Beneficij sub tit.o di S. M.a delle Castagneta, seù dell’Annunciata”, affitta il beneficio stesso a D. Nicola Brancia, nobile Patrizio della Città di Sorrento, “per anni tré alla ragione di docati trentacinque l’anno” solamente 204 . Si deve annotare che l’11 Agosto del 1479 anche il cenobio limosanese di S. Illuminata era stato concesso in commenda ad altro esponente di quella stessa famiglia Brancia di Sorrento, e precisamente al “Clerico Barnabae Brancia a Surrento”, che dovette e per lungo tempo essere assai influente. Nell’ambito di quel disegno politico, di cui si diceva, dovette rientrare la costruzione della “Abbatia, seu Ecclesia S.ti Alexandri”, che deve essere localizzata “nell’agro di Pietracupa e, più precisamente, nella località Colle Sant’Alessandro, posta al confine con l’agro di Domiziana), i Franchi, come già i Longobardi, seguirono, in genere, come vie di penetrazione nel Mezzogiorno i tracciati che dal territorio di Chieti immettevano nel Molise e nel Sannio”. Se ciò è vero, e non vi è motivo per dubitarne, come e perché non attribuire alla “Strada detta delli Langianesi”, che collegava Lanciano a Benevento attraversando l’intero agro di Limosano, una funzione di grandissimo rilievo? 199 PIETRAVALLE N., Molise: antichi interni, Torino 1990, pag. 55. A proposito di S. Maria di Castagneto il Pietrantonio (op. cit., pag. 402 e 403) scrive: “Il documento più antico è la chartula offercionis, con la quale Gisulfo I, duca di Benevento, nel 703 concede al Monastero di S. Vincenzo al Volturno la Chiesa di S. Maria di Castagneto e sue pertinenze, costruita dalla madre Teodorata (Chron. Vult. III, 26)”. 200 Il citato PIETRANTONIO, nella indicazione delle fonti edite, segnala (a parte UGHELLI, VIII, 122) il solo Chron. Volt., II, 15-18, 58, 105, 131, 249; e III, 14, 25, 87-89, 92, 97, 99, 100, 126, 161 e 163. 201 SELLA P., Rationes Decimarum Italiae, APRUTIUM-MOLISIUM, Roma (Città del Vaticano) 1936. 202 ASC, Protocolli notarili, Not. Di Rienzo Giovanpietro di Fossaceca (Fossalto). 203 ASC, Protocolli notarili, Not. Merone Francescantonio di Campobasso, atti del 28 e del 30 Giugno 1598. 204 ASC, Protocolli notarili, Not. Piccinocchi Giuseppe di Castropignano, atto del 13 marzo 1723. 119 Torella” 205 . Anche se di essa, che pure rientrava nell’ambito territoriale della diocesi di Limosano, si conosce assai poco, vi sono, tuttavia, non pochi elementi, come i frequenti rinvenimenti di reperti di origine romana ed alto medioevale nella zona, che portano a collocarne la originaria datazione al periodo tra la fine del VII e gli inizi dell’VIII secolo. La assoluta mancanza di documentazione, che non è affatto prova della sua inesistenza, ne impedisce una ricostruzione storica. Solo la pergamena datata il 26 Aprile 1370, scoperta solo di recente 206 , oltre alla vita gaudente che vi si conduceva, fa conoscere che “padrone (patronus)” della Abbazia era il nobile Roberto “de petracupa”, che nello stesso tempo era anche il “signore (dominus)” del “castrum petrecupe”. In precedenza (1328), di “Rationes Decimarum” alla Diocesi di Trivento, “4930 – S. Alexander (solvit) tar VII”. E tale importo, che non era di certo irrisorio rappresentando quanto doveva versare un ‘Casale’ di media dimensione, lascia pensare ad un complesso monastico di ragguardevole struttura e di discreta consistenza patrimoniale. Un fuggevole cenno alla Abbazia di S. Angelo in Altissimo, posta “presso il bosco di Trivento già in territorio di Civitacampomarano ora Lucito” 207 , già è stato dato nel precedente paragrafo. Anch’essa, che dalla documentazione viene sempre ricompresa nella giurisdizione beneventana, deve farsi rientrare nell’ambito dei disegni politici del ‘Principatus’. In quanto e perché “venne donata da Arechi, principe di Benevento, a S. Sofia nell’870” 208 , doveva sicuramente essere di costruzione antichissima. Tutti i parametri e le attribuzioni geografiche della “Ecclesia S. Angeli in altissimo super fluvium Bifernum, in campo Morani cum eadem Ecclesia haereditatem quae est in longitudine milliaria duo, et in latitudine milliarum unum…, una cum cellis suis, in Petra Sancti Angeli”, permettono di ritenerla (nel tempo è documentata almeno sino alla ‘Concessio Papae Anacleti II’ del 1140) dotata di un patrimonio assai consistente, che le consentiva di rappresentare nella zona un polo di riferimento notevole sia economico che sociale, oltre che essere oggetto di mire politiche. E che, come le altre, anche l’Abbazia di S. Angelo fosse sempre stata e che ancora rientrasse nell’orbita politica limosanese lo proverebbe il fatto che “nell’anno 1148, a Limosano il conte Ugo II teneva corte con i suoi baroni, magnati, giudici e boni homines, per la stipula di una concordia tra Ugo Markese, signore di Lupara e di Castelbottaccio, e l’abate Giovanni del Monastero di S. Sofia di Benevento, riguardante il 205 BOZZA F., Anche nell’agro di Pietracupa un complesso badiale?, in Vita Diocesana, quindicinale della Diocesi si Campobasso, 15 Ottobre 1998, pag. 7. 206 V. nota precedente. 207 PIETRANTONIO U., op. cit., pag. 409. 208 PIETRANTONIO U., op. cit., pag. 409. 120 pagamento di un tributo da parte degli uomini della chiesa di S. Angelo in Altissimo” 209 , che ne contestavano il diritto. Relativamente alle altre evidenze monastiche, da riferire alla zona nord-orientale e più verso il mare, dell’area del medio Biferno (anche se di alcune una localizzazione, pur approssimativa, risulta assai difficile), sono da menzionare: 1) la “Ecclesia Sancti Joannis cum omnibus rebus suis in causa Pollucis” 210 , della quale ne è documentata la presenza a partire almeno dalla seconda metà del X (dopo le frequenti incursioni saracene) e fino al XII secolo e che, in quanto sempre sotto la giurisdizione del Monastero di S. Sofia, dovette essere fondata proprio da quest’ultimo, che rappresentò il braccio religioso della politica beneventana. 2) la “Ecclesia Sanctissime Trinitatis iuxta fluvium Bifernum cum omnibus suis pertinentiis” 211 della quale, forse solo di fondazione più recente, resta valido tutto quanto detto della precedente. 3) la “Ecclesia Sancti Petri in Balneo in Valle luparia” 212 , che, probabilmente la più recente di tutte (la si menziona per la prima volta nel 1102), ebbe un considerevole sviluppo tanto che per le “Rationes Decimarum”, nonostante posizionasse in territorio della diocesi di Guardialfiera, pagava alla Mensa vescovile di Trivento “4883 – S. Petrus de Balneo tar XV” nel 1309 e, nel 1328, “4925 – Monasterio S. Petri in Balneo tar XII” 213 . Sembra del tutto evidente che per la politica beneventana la linea del confine da difendere andava spostandosi sempre di più verso il mare. E, del resto, non si spiegherebbe come i due 209 GENTILE O., Il Sannio pentro: dalla civitas di Boiano alla contea di Molise, Campobasso 1991, pag. 301 e seg. Ad onor del vero, la notizia è di JAMISON E. (I conti di Molise e di Marsia nei secoli XII e XIII, Casalbordino 1932, App. doc. 1), la quale conferma che “nell’anno 1147, Limosano col suo Castellum appartenevano al dominio dei conti di Molise e che qui Ugo II teneva corte”. Quello che segue è il testo del documento che riguarda S. Angelo in Altissimo: “In anno ab incarnatione domini nostri ihesu christi millesimo centesimo quadragesimo octavo. Mense octuberis undecima indictione. Ego UGO markese qui sum dei gratia dominus castelli lupare et castelli calcabottazzi cum omnibus suis pertinentiis. Quoniam quidem humani generi instiga(nte) inimic(o) mentis mee et quorundem meorum hominum pravitas et adversitas tributa quedam et (red)dita ab ecclesia sancti angeli in altissimo et ab hominibus eius ausu peterent et in tamquam iniuriose quadam vice precipue acciperent atque violenter subriperent, et male quesita et surepta fore agnovi. Scilicet quia dominus noster UGO COMES molisianus sedens pro tribunali intus in civitate limosane cum baronibus magnatibus iudicibus aliisque suis bonis hominibus qui subterscripti sunt testes, venit dominus abbas venerabilem atque Religiosam ducens vitam, qui dicitur iohannes sancte sophie beneventane ecclesie cum confratribus et procuratoribus rerum et predicte ecclesie hominum, dampni iniurie actionem coram domino comite et aliis subscriptis pro ecclesia sancti angeli in altissimo, que predicte ecclesie sancte sophie oblata esse multis videatur privilegiis, conquestus de iniuria et violentia super nos egit… Quod EGO PAGANUS IUDEX ET NOTARIUS taliter rogatus qui a supradicto UGONE marcisio, actum in Limosano feliciter Ego qui SUPRA comes UGO testis sum Ego riccardus de molina hoc concedo Ego Julianus castropiniani hoc testifico Ego Raynaldus petre habundanti hoc dico Ego Robbertus habalerij testis sum”. 210 UGHELLI, X, 485 (Concessio del 5 Novembre 999), 486 (Concessio del 6 Marzo 1022), 487 (Concessio dell’8 Giugno 1038, dove la parola ‘causa’ diventa ‘casa’), 495 (Concessio del 6 Novembre 1102, nella quale è indicata “in casali Petraefictae Sancti Joannis”). 211 UGHELLI, X, 486 (v. nota prec.), 487 (v. nota prec.), 495 (Concessio del 6 Novembre 1102, nella quale è indicata: “... S. Trinitatis in Patara Findi Sancti Agnelli”), 500 (Concessio del 1140, nella quale figura come “… S. Trinitatis in Petra Findi S. Agnelli”). 212 UGHELLI, X, 495 (v. nota prec.), 500 (v. nota prec.). E’ sicuramente da posizionare in agro di Lupara, in direzione sud. 213 SELLA P., op. cit. 121 complessi monastici posti alla destra del Biferno (S. Maria di Faifoli e S. Maria di Casalpiano) mai siano rientrati negli obiettivi della politica sofiana e, più in generale, del ‘Principatus’ beneventano. In posizione geografica quasi centrale rispetto alle menzionate strutture benedettine e quasi a chiuderne la linea equidistante dalla importante arteria stradale da posizionare più a valle situava l’area monastica, così importante quanto poco nota, della “Maccla bona”, che, mentre attualmente risulta parte nell’agro di Fossalto e parte in quello di Limosano (dove esistono ancora le “Macchie Colucci”), rientrava allora per gran parte nella giurisdizione amministrativa del “Casale di Castelluccio di Limosano” e per la rimanente parte più piccola nel corpo feudale de “la Sala”, posto in agro di Limosano. Sulla importanza del sito riferisce una testimonianza, riportata da Pietravalle Nicoletta (v. Molise Perduto, Roma 1998, pag. 135), di Don Antonio Pizzi, Parroco di Fossalto, il quale afferma che “a Castelluccio, agro attuale di Fossalto, un paese sepolto, abbandonato del tutto dopo il terremoto del 1805, un paese che apparteneva alla diocesi di Limosano prima che fosse soppressa, ho trovato punte di lancia sannite”. Se ne ignorano i motivi per i quali il Pietrantonio 214 è portato ad identificare con la provincia Valeria (e, quindi, con una parte dell’Abruzzo) la ‘provincia’ di cui parla Gregorio Magno, quando nei Dialoghi scrive: “Equitius pro suae magnitudine sanctitatis multorum in eadem provincia monasterium pater exsistit”. Ma, se, come pare, sono gli stessi che gli fanno collocare in Abruzzo il monastero equiziano di “S. Equizio (poi San Benedetto) di Pizzoli”, sembra allora, se non probabile, quantomeno possibile che sia incorso in un errore. E lo proverebbe la ‘bolla’, senza data, di Papa Anastasio IV, il quale però fu Pontefice solamente tra il 1153 e l’anno successivo, con la quale si confermavano all’Abbazia di Monte Cassino “…(ecclesiam sive monasterium) Sancte Illuminate in castello Lemusano,… …curtem Sancte Marie in Sala, Sancti Benedicti Piczoli ibidem,…” 215 . Ora, se ‘S. Benedetto (già S. Equizio) di Pizzoli’ era “ibidem”, ossia “in Sala”, “i tanti monasteri equiziani, sia maschili che femminili, dei quali sono andate perdute le testimonianze” 216 e, con essi, una parte consistente e significativa del ‘movimento’ eremitico ed anacoretico prebenedettino, quantomeno quello equiziano, andrebbe riferito, se non esclusivamente, anche al territorio della “provincia” sannitica ed, in particolare, all’area tiferno-musanense 217 . In tal modo anche le ipotesi su S. Martino, S. Silvestro e S. Illuminata, costruiti “super magno saxo”, trovano altri riscontri ed ulteriori elementi di conferma. Il carattere di singolarità all’area monastica della “Maccla bona” le deriva dalla circostanza per cui in un ambito di territorio relativamente ristretto si riescono a collocare ben tre complessi badiali ed, inoltre, dal cambiamento di ‘titolazione’, che, come si vedrà, interesserà qualcuno di essi. Ma trattasi di una singolarità solo apparente se è vero (v. Chronicon Vulturnense, I) che “eo siquidem tempore rara in his regionibus castella habebantur, sed omnia villis et ecclesiis plena erant. Nec erat formido aut metus bellorum, quoniam alta pace omnes gaudebant, usque ad tempora Sarracenorum”. 214 PIETRANTONIO U., op. cit., pag. 47. 215 KEHR P.F., Papsturkunden in Italien, Reiserberichte zur Italia Pontificia, Acta Romanorum Pontificum, Vol. 5, Città del Vaticano 1977, IV, pag. 69, doc. XXII di Montecassino. 216 V. nota 71. 217 In quest’ottica e nella direzione della buona diffusione del Cristianesimo nell’attuale Molise assume un significato assai particolare anche la famosa “Epistola ad Episcopos per Campaniam, per Samnium et per Picenum…”, che Papa Leone I (Magno) scrisse, curiosamente non indicando l’Aprutium, il 6 Marzo del 459 (o 461) e con cui condannava “alcuni abusi relativi alla circostanza in cui veniva amministrato il sacramento del Battesimo ed il modo con cui spesso si amministrava il sacramento della Penitenza o Confessione (con pubblico libello)”(FERRARA V., Canneto sul Trigno, Vasto 1988, pag. 169). 122 Per la “Maccla bona” del periodo tardo-romano è ipotizzabile, così come lasciano pensare: a) la condizione di particolare predisposizione della zona alla organizzazione di latifundia per la produzione cerealicola, b) i frequenti rinvenimenti di reperti basso imperiali, e c) lo sviluppo storico che essa avrà nel futuro, la presenza di non meno di una ‘villa’, la struttura produttiva agricola dell’epoca, che porterà al superamento del ‘municipium’, la forma amministrativa classica dei romani. E così, “come molte altre badie benedettine… sorte sugli avanzi di città, templi o ville sannitiche” 218 , su quanto restava delle ‘villae’ della ‘Maccla bona’, già sconvolta (V e VI secolo) nel paesaggio dalla crisi demografica e dal movimento eremitico di matrice equiziana, sorsero non più tardi del VII secolo la “Ecclesia Sanctae Mariae in Lumesano Download 5.01 Kb. Do'stlaringiz bilan baham: |
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