Francesco bozza
presente alla M.V. che le stesse si trovano presentate in questa Curia sin dal 1761 e sin
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- 2.4 - Le altre istituzioni, il Clero ed i patrimoni degli ecclesiastici Se, perché se ne parli nel suo contesto più ovvio, del Benefizio Semplice senza cura sotto il
- Spedale sotto il tit.o della SS.ma Nunciata
- S. Silvestro, chè beneficio, che si dice di Ben.to
- Benefizio semplice senza cura , ò Arcipretura rurale, sotto il tit.o di S. Maria di Cascapera
- Descizzione della Chiesa
presente alla M.V. che le stesse si trovano presentate in questa Curia sin dal 1761 e sin d'allora impedite dall'Arciprete, Curato della Chiesa matrice di S. Maria Maggiore di Limosano. Il motivo, ch'egli nell'istanza dedusse si fu, che nelle regole eransi compresi stabilimenti contrarj al solito, e specialmente di distruggere il diritto ab immemorabile goduto dall'Arciprete pro tempore di essere egli il Prefetto di detta Congregazione. E' restata tal pendenza indecisa sino al presente, ora i ricorrenti han prodotto non solo il documento di essere quell'Arciprete passato a miglior vita, ma ancora un atto pubblico fatto dal Sacerdote Antonio Giancola Economo Curato di quella vacante Chiesa Arcipretale, con cui presta il consenzo alla spedizione del Regio Assenzo su le menzionate regole. (...) Napoli al primo Marzo 1777 125 . 2.4 - Le altre istituzioni, il Clero ed i patrimoni degli 'ecclesiastici' Se, perché se ne parli nel suo contesto più ovvio, del Benefizio Semplice senza cura sotto il titolo di S. Silvestro e della relativa consistenza patrimoniale se ne dovrà per forza di cose trattare nel capitolo seguente, non è proprio possibile a questo punto non riferire della funzione e del ruolo storico "dello Spedale sotto il tit.o della SS.ma Nunciata della Terra di Limusani". Era esso un'evidenza, e la cosa non è affatto priva di significato, della parte più 'bassa' ed antica dell'insediamento e, precisamente, di quella, riconducibile alla influenza della Chiesa Arcipretale di S. Maria, in cui, perché discreta e nascosta, si era sviluppata la lavorazione del ferro nelle fucine, contrapposta all'altra più nuova ed 'alta', riferibile alla Rettoria di S. Stefano, dove erano prevalenti le attività commerciali collegate all'artigianato ed i professionisti. E si trovava, poi, in una posizione assai prossima all'incrocio, davanti al Monastero di S. Maria della Libera, tra l'asse viario, che dall'abitato menava al Bosco, con quell'altra strada, che, risalendo per l'attuale via Conte di Torino e passando davanti al Convento francescano dei minori Conventuali, portava da un lato a S. Angelo e, dall'altro, dopo aver attraversato l'attuale via Giardini, si ricongiungeva alla strada che dal Borgo scendeva verso il Ponte. La posizione in luogo non distante dai percorsi viari, l'operare nell'ambito della Chiesa più antica dell'abitato ed il collegamento della sua attività, probabile alla Confraternita del SS.mo Nome di Dio e certo a quella di S. Martino, sembrano tutte circostanze a favore di una ipotesi che ne porta a collocare la costruzione ad un periodo precedente alla fondazione del Convento dei Francescani e, precisamente, durante la seconda metà del XIII secolo, quando, con l'arrivo sul trono di Napoli degli angioini, venne operata la riconversione di quell'industria delle armi, che era stata non poco fiorente con gli Svevi nella zona delle fucine, e, con essa, il riassetto urbano di Limosano 126 . 125 ASC, Fondo Opere Pie, Limosano, B. 2. 126 Stanno emergendo prove di una presenza a Limosano di re Carlo I d'Angiò, durante i primi anni del suo regno (1266-1285) e, più precisamente, tra l'agosto 1268 (dopo la battaglia di Tagliacozzo) ed il 1270. Il sovrano, che è da presumere abitasse 'in incognito' nel Palazzo, per sottomettere le resistenze della parte ghibellina, la quale, assai forte a Limosano, faceva riferimento alla zona, 'storica' e bassa, che ricadeva sotto l'influenza della Chiesa di S. Maria, proibì la produzione di ogni tipo di armi. La presenza a Limosano era per attendere l'arrivo del fratello, Luigi (o Ludovico) IX re di Francia, che si accingeva ad intraprendere l'avventura della Crociata, l'ottava della serie, che lo vide poi morire di peste vicino a Tunisi. E', pertanto, molto probabile che le armi requisite nelle fucine limosanesi siano servite per i soldati del sovrano di Francia. Anche Papa Celestino V tentò di ‘legare’ Limosano agli angioini nominando S. Ludovico d’Angiò ‘protettore’ della Città. 84 Prova documentale dell'antichità dello Spedale era un "Inventario del 1562 (quando il Concilio di Trento volgeva al termine) di fogli scritti 9", che, insieme ad altri più recenti (rispettivamente: del 1655 di fogli scritti 11, del 1693 di fogli scritti 20 e del 1701 di fogli scritti 9), si conservava tra le 'scritture' dell'inventario "principiato sotto il di 22 di Febraro, e term.to sotto il di 18 Marzo dell'anno 1713". "E' situato lo sudetto Spedale sop.a la porta della Terra, che dicesi la porta della fontana (nota: trattasi della porta delle fucine, detta pure 'porta della fontana' per la vicinanza della 'fonte salza'), le sue coerenze sono, dalla parte di Levante, li beni del R: Sig.re D. Ant.o del Gobbo, da ponente li beni del med.mo Sig.re del Gobbo, da mezzo giorno la via pu.ca e dalla parte di Tramont.a l'Inforzi; e lungo d.o Spedale pal: 60 (e) largo pal: 80. Si ascende alle Stanzi sup.ri di esso per undici gradini di pietra ben lavorati nel fine de quali e un passetto ove sono dipinte l'armi del Sig.re Card.l Orsini, coverti d'imbrici, a capo del quale, entrasi in due Stanze, uno dentro l'altra colle suffitte di tavole nove, le porte d'esse sono dipinte a facciate di color bianco, e nero nella p.ma vi e dipinta l'immagine di S. Martino, ed in nicchio vi e la statua di rilievo di S. Pietro Apos.o ed a man dritta, per scalino s'ascende in stanzolino che serve per i Communi, e nella seconda stanza vi sta dipinta una Croce; sotto a d.e Stanze ve ne sono due altre in una de quali vi sono i sedili lunghi colla menza di legno fisse nel muro, e pavim.to per la lavanda a peregrini, e più dentro vi sta un'altra stanziola per uso di Cucina, col suo Camino, e l'altra stanza a lato della med.a è per commodità dello Spedaliero, a destra di d.o passetto, in due altre stanze si entra parim.te della stessa maniera dipinte le porte e colle suffitte di leg.o nella p.a vedesi dipinta à muro un Crocefisso colle Marie, e S. Filippo Neri, e nella seconda Stanza l'effiggie della Madonna della pietà, sotto de quali vi sono due altre stanze uno per uso dello spedaliero col camino da far fuoco, ed un'altra per uso delle D.ne peregrine; Più di sotto altre due stanze, una de quali è oziosa, ed un'altra parim.te sta per uso dello Spedaliero; Più di sotto vi sono altre due stanze solite darsi ad affitto, sono tutte le mentionate Stanze, così di fuora, come di dentro, imbiancate, ed i pavim.ti parte astricati, e parte mattonati, e bene accomodati; E coverto tutto d'imbrici, ed i tetti sono composti tutti a romanella; questo Spedale era sotto il tit.o della SS.ma Nunciata, del di cui nome, attaccata ad esso se ne vede la Chiesa, la q.le nell'atto della p.a S: Visita fu dichiarato oratorio viale, le sue coerenze sono , li beni di Lonardo del Gobbo da un lato, li beni di D. Ant.o dall'altro da dietro li Tufi, e dalla parte di avanti la strada pu.ca; e lunga pal: quaranta quattro, e larga pal: 18. (...). Per diligenza usate, non si è possuta indagare veruna cogniz.ne della di lui fondat.ne; è stato bensì restaurato per ord.e del sud.o Emo, e Rev.mo Arciv.o Orsini, e coll'elimosina proveduto delli seguenti mobili. - Cinque lettiere con i banchi, e Tavole; 5 - Sei matarazzi, uno de q.ali è pieno di lana; 6 - Tre Coscine, due de q.ali son pieni di lana; 3 - Nove Lenzuoli; 9 - Altro lenzuolo; 1 - Cinque Coverte, 4 di Campobasso ed una Cardata 5 - Altra Coverta 1 - Tovaglia di tavola 2 - Tre sciugatoi 3 - Sei Salvietti 6 - Un Tavolino 1 - Tre sedie di paglia, ed una di legno 3 Non è affatto, a questo punto, possibile escludere un intervento di re Carlo per la riorganizzazione dell'assetto edilizio urbano dell'insediamento, che in tale occasione risultò parecchio modificato. 85 - Quattro quadri posti nella Cella per feminij 4 - Un'Arca pro Suppellettili 1 - Cassette stercorarie 4 - Una Caldaia di rame di lib: 9 e 1/2 1 - Una Catena di ferro di peso Rot.a 3 1 - Un Spiedo di ferro di 1/4 1 - Un Cocchiarino di rame bucato di lib. 1 e 1/2 1 - Tre pentole 3 - Otto piatti 8 - Due teami 2 - Due Bocali 2" Nel decennio, che seguì, di certo poche dovettero essere le modifiche, se nell'inventario del 1723 "dello Spedale sotto il tit.o della SS.ma Nunziata della Terra di Limusani" (dove, tuttavia, assai frequenti sono i richiami a quello del 1712-13) si legge appena che "la Casa Ospidale è ancora come fu descritta nell'Inventario del 1712, fuorché ne' decreti di picciol momento". Successivamente, però, le condizioni statiche della struttura ospedaliera limosanese nel breve volgere di appena un ventennio peggiorarono parecchio. Tanto che nella sua relazione del 22 Giugno 1741 in occasione della S. Visita fatta (per ordine di Benevento) da Mons. Domenico A. Manfredi, Vescovo di Bojano e Sepino, egli così riferiva al "N° 54. Per lo spedaliere. Non habbiamo spedaliere, perché cadde lo spedale la notte del 6 febbraio ultimo scorso, e perirono sotto le roine la moglie e sei figli dello spedaliere,... Alle ore 8,..., cadde lo spedale, che era di tredici stanze, delle quali otto precipitarono,...". Non si conosce se e come si intervenne allora per le riparazioni. E' dato, tuttavia, solo di sapere che, dopo all'incirca 40 anni, il Galanti lo definiva "misero spedale" 127 . Sulla figura dello Spedaliere e sulla gestione dello Spedale qualche notizia viene dalla 'obbligatio', del 10 Gennaio 1731, con cui "Cosmo Iamonaco,..., spontaneamente have asserito,..., come essendo stato molti anni sono eletto da questa sud.a Università, e suoi Amministratori, per la facoltà che ne tenevano, e ne ritengono, giusta l'antico solito, per Spedalier dello Spedale di essa Terra, sotto il Titolo della Santis.ma Annunziata, colla sola essenzione, e franchizia della sua Testa, solita godersi da tutti i Spedalieri suoi Predecessori per tutto lo addietro; alla quale nomina, ed elez.ne così fatta, se gli spedirono dalla Rev.ma Curia di Benevento, le lettere patentali, mercé le quali have essercitato detto uffizio per molti anni fin oggi;..." 128 . Non può affatto sfuggire il sottile compromesso di fondo o, che è la stessa cosa, la commistione tra il civile ed il religioso, che, con l'opera controriformatrice del Cardinal Orsini, ancora imponeva il controllo su ogni manifestazione del sociale. Circa l'attività patrimoniale dello Spedale limosanese, i documenti lasciano pensare che esso, sin dal '600 e forse per la carenza di liquidità causata dalla forte contrazione demografica di 127 GALANTI G.M., Scritti sul Molise, ristampa 1987, pag. 90. Si veda ivi, a proposito di quanto alla precedente nota 60, l'importante nota bs, che, nella parte di maggior interesse, riportiamo: "Castrum Limosani fu conceduto ad Atenulfo, filio Joannis comitis Romanorum, nel 1269 da Carlo I, per once ottanta. Nella concessione si legge una particolarità, che non si osserva nelle altre fatte in quella congiuntura: et licet quia omnes arces et fortellicie regni nostri immediate ratione majoris dominii ad nos spectent, tanquam specialiter dignitati regie inherentes; tamen fortelliciam aliquam in castro praedicto fieri absque speciali nostra licentia prohibemus (...; tuttavia proibiamo di fare alcun fortellizio in quell'abitato senza una nostra speciale autorizzazione). Nonostante qualche autore (COLITTO, Il Molise del 200 nei Registri della Cancelleria Angioina; MASCIOTTA, II, p. 200; e qualche altro) sostenga che "all'avvento di Carlo I d'Angiò Limosano fu dato in feudo alla stirpe dei conti di Renan, della Franca Contea", sembra molto probabile che quell'Adenulfo filius Joannis comitis Romanorum, più che un conte di origine francese, fosse un esponente (un Cardinale ?) assai importante della Chiesa Romana. 128 ASC, Protocolli notarili, Not. Amoroso F.Antonio di Limosano, atto del 10 Gennaio 1731. 86 quel periodo, abbia iniziato a far registrare una quantità di dismissioni maggiore delle acquisizioni. Ma, nonostante ciò, dall'inventario del 1712 ne risulta ancora assai significativa la consistenza. Era, infatti, proprietario di 39 appezzamenti, di differente grandezza e sparsi in modo irregolare per l'intero agro, tra territori (solo pochi, però, erano seminatori), orti e vigne, la cui estensione complessiva era di 144 tomoli e 2 misure. Ma, se si esclude un solo "territorio, sito nel luogo dove si dice Colle di Dario, di cap.a tt.a sessanta", ben si vede come di ognuno di essi fosse relativamente modesta l'estensione. Oltre alla "essenzione, e franchizia della sua Testa, solita godersi da tutti i Spedalieri", sembra che essi godessero anche di altri privilegi. Risulta, infatti, che "Un Terrt.o seminat.o sito nel luogo dove si dice S. Maria de Libera di cap.a tt.a due, m.ra una, e passi 24", che confina "dalla parte di mezzo giorno col Cimiteo...; Si tiene da Giov: d'Onofrio Spedaliero per suo uso, unito colli due susseguenti, gratis,...". Gli altri due erano: "una Vigna con Canneto ed arbori de frutti sita nel luogo dove si dice li Patrisi, seu fonte delli Patrisi, di cap.ta tt.a cinque, e passi 35", confinante "... dalla parte di mezzo giorno colli beni di S. Silvestro, ch'è beneficio, che si dice di Ben.to", ed una seconda "Vigna con tre piante d'olive e diversi frutti sita nel luogo detto li Patrisi, seu Patrisi, ò Serre delli Patrisi" 129 . La proprietà edilizia dello Spedale era formata: 1) da due case, delle quali la prima, "di due membri uno dentro l'altro", era "posta nel luogo dove si dice sotto il Campanile di S.o Stefano, lunga pal: 24 e larga pal: 19", e l'altra, ugualmente "di due membri soprano, e sottano", era "sita nel luogo dove si dice sotto il Campanile di S. Maria, larga pal: 24, lunga pal: 19"; 2) da "una Grotta sita in d.a Terra nel luogo dove si dice sotto lo Trappeto lunga pal: 32, e larga pal: 18"; 3) ed, infine, oltre che dall'ospedale vero e proprio, che "è di quattordici membri, lungo pal: 60 e largo pal: ottanta", da "una Chiesa diruta sotto il tit.o della SS.ma Nunziata lunga pal: 44 e larga pal: 18", che era situata in prossimità di quello, ma che non confinava con esso. Secondo un antico privilegio, di probabile origine aragonese e che in qualche modo ne conferma l'antichità, "esigge il sud.o Ospedale dalla Reg.a Corte nella Città di Termoli tt.a tre di Sale, in virtù di Carità, che S. Maestà Dio guardi dispenza". Anche dello Spedale si riporta la "somma de tutti li frutti", che erano: - Per Casa ad anno corrente 4:20 - Per Vigne, Territ.ij ed orti, à 29 anni 5:60 - Per Vigne, Territ.ij ed orti ad affitto 4:65 - Per Territ.ij à 29 anni in g.no tt.o uno, à carl: otto 0:80 - Per Territ.ij a terrag.o in g.no tt.a sei, a carl: otto lo tt.o 4:80 - Per Territ.ij in dem.o tt.o uno e tre quarti in g.no a d.a raggione 1:40 - Per Carità di Sale tt.a tre, a carl: quindici 4:50 - Per le Cerque si raccogliano in detti Territ.ij 1:00 Somma tutto Ducati 26:95 Da essa, però, era necessario detrarre sia il "peso" di ducati 0:50 "per Cattedratico" e sia l'altro, di ducati 2:80, "per trasporto del Sale". Pur se ancora, ma a mala pena, ne lasciano immaginare l'importanza, che molti indizi portano ad ipotizzare davvero notevole per i tempi più antichi, del sito e del territorio ad esso associabili, assai scarne sono le notizie riguardanti il "Benefizio semplice senza cura, ò Arcipretura rurale, sotto il tit.o di S. Maria di Cascapera". Ed, in effetti, perché di esso, e di tutto quanto gli si dovrebbe riferire, già allora rimaneva assai poco, le operazioni di inventario, che fu "principiato sotto il di 26 X.mbre e terminato sotto il di 31 dell'istesso, dell'anno 1712", durarono solo pochi giorni. - Descizzione della Chiesa. E' situata la sud.a Chiesa nel Feudo di Cascapera, e da tutti 129 "Tutti, e tre li sudetti stabili dello sud.o Spedale, potrebbero conducer in affitto in ogn'anno carl: vinticinq:" o, che è lo stesso, ducati 2:50. 87 viene chiamata S. Maria di Cascapera, che è nella giurisdizione, e ristretto della Terra de Limusani distante da essa da tre miglia inc.a; di essa Chiesa, ocularmente oggi appena se ne conoscono le vestigie, essendo divenuta un mucchio di pietre, e per antica tradizione dicesi che fusse stata Terra, ò Casale sotto posto alla sudetta Terra de Limusani. Al presente si gode detto Beneficio dal Sig.re D.n Caetano Covatta, come per Bolla spedita sotto il di 30 di Giugno dell'anno 1709 in carta membrana col piombo pendente. - Della Decima. La Chiesa sudetta di S. Maria di Cascapera possiede e tiene lo Jus d'esiggere la Decima nell'infradicendo Feudo di ogni tt.a sessanta, uno, di quanto in esso si semina, di modo che un'anno per l'altro puo rendere in decima, cioé in g.no tt.a 9,- Legumi tt.a 3,-. - Descizzione del Feudo. Il sudetto Feudo di Cascapera, che per prima era tutto boscoso, e frattoso, oggi ridotto in buona parte à coltura, è situato nelle pertin.e, e giurisd.e di questa Terra de Limusani, la di cui Università n'è proprietaria con distintione però, che dell'affitto, ch'ella fà, se ne ritiene la mettà, e l'altra mettà, se divide fra il Barone di S: Angelo, e l' Barone di questa medesima Terra de Limusani, salvo però il Jus sudetto d'esiggere come sopra al sud.o Benef.o Esso Feudo è confinato dalla parte Orientale colle pertinenze della Terra de Lucito, da ponente colli beni dell'Università di S. Angelo de Limusani, da settentrione colli Territorij della Città di Trivento, e da mezzo giorno colli beni di S. Venditto, dalla Commenda di Malta. Dalla "somma de tutti i frutti", da cui "per Cattedratico" dovevano detrarsi 0:20 ducati, sappiamo che introitava - Per Decima in g.no tt.a nove a carlino otto il tommolo 7:20 - Per Decima in Legumi tt.a tre, a carlini quattro il tt.o 1:20 Null'altro si dice del "Benefizio semplice, ò Arcipretura rurale sotto il tit.o di S. Maria a Cascapera della Terra de Limusani Diocesi di Ben.to", cui sin da allora più niente restava. Ma bastano quelle poche notizie a segnare la traccia del passaggio della Storia. Lo stato di decadenza ed una istantanea di quanto rimaneva di tutte quelle istituzioni religiose ‘minori’ si hanno dal “quadro de’ debitori Beneficiati appartenenti alla Mensa Arcivescovile di Benevento”, siti nell’agro di Limosano, dato “dalla Segreteria Diocesana li 25 Maggio 1839”(v. ASC, OO.PP., Ruoli debitori Enti ecclesiastici, B. 9, f. 44). Quanto segue è la situazione a tale data: 1° Beneficio, ed Arcipretura rurale di S.ta M.a di Cascapera di Limosani per Cattedratico paga duc. 0 e grani 20 il 24 Ottobre. Il Beneficiato è D. Luigi Minotti di d.a Terra (o, più probabilmente, di S. Angelo Limosano); 2° Beneficio di S. Antonio di Vienna annesso alla Ch.a Arcipretale di Limosani per Cattedratico paga du. 1 e grani 00 il 24 Ottobre. Non se ne conosceva il nominativo del Beneficiato. 3° Idem di S. Silvestro di Limosani per Cattedratico paga duc. 0 e grani 50 il 24 Ottobre. Non se ne conosceva il nominativo del Beneficiato. 4° Idem di S. Michele Arcangelo di Limosani per Cattedratico paga duc. 0 e grani 50 il 24 Ottobre. Jus padronato della Famiglia del Gobbo. 5° Beneficio di S.ta Luminata annesso alla Ch.a Arcipretale di Limosani per Cattedratico paga duc. 0 e grani 20 il 24 Ottobre. Non se ne conosceva il nominativo del Beneficiato. 6° Ospedale della SS.ma Annunciata di Limosani per Cattedratico paga duc. 0 e grani 50 il 24 Ottobre. Non se ne conosceva il nominativo del Beneficiato. 7° Capp.a e Confrat.a del SS. Corpo di Cristo di Limosani per Cattedratico paga duc. 1 e grani 00 il 24 Ottobre. Non se ne conosceva il nominativo del Beneficiato. 88 8° Confrat.a del SS. Rosario, e Benef.o di S. Ant.o Abbate di Limosani per Cattedratico paga duc. 1 e grani 05 il 24 Ottobre. Non se ne conosceva il nominativo del Beneficiato. 9° Badia di S. M.a di Faisolis di Limosani per Cattedratico paga duc. 0 e grani 50 il 24 Ottobre. Non se ne conosceva il nominativo del Beneficiato. All'ombra dell'ingente patrimonio delle istituzioni religiose, che fu, per mantenersi tale, favorito sia dalle esenzioni da ogni imposta che dal subdolo ricatto con cui si imponeva l'acquisto della salvezza con le donazioni 'ad pias causas' 130 e che, come dimostrano i 'Cataloghi de Debbitori (o de Conduttori)' di ognuna di esse (di partitari la Chiesa di S. Maria ne aveva 62, la Confraternita del Rosario 50, la Cappella di S. Silvestro 19; la Chiesa di S. Stefano ne contava 49, la Confraternita del SS.mo Sacramento 72, la Cappella di S. Giuseppe 15; l'Ospedale ne aveva 26 ed il Benefizio di S. Silvestro 14), non poteva non esercitare sulla società quei condizionamenti derivanti dalla necessità forzata per ognuno di avere rapporti con esso ed i suoi amministratori, prosperava un Clero composto da numerosi ecclesiastici. E non solo essi, ma anche i loro inservienti ed i loro beni godevano di tante immunità personali, locali e reali, che era impossibile contarle; apparteneva esclusivamente al foro ecclesiastico ogni competenza nelle cause, penali e civili, riguardanti gli esponenti del Clero; ogni sorta di arbitrio e di odioso favoritismo veniva perpretato per sottrarre, nelle vertenze tra laici ed ecclesiastici, la giurisdizione al foro laico 131 . E, se i legati testamentari dei privati, resi obbligatori dalle disposizioni canoniche del Concilio, contribuivano ad incrementare il disponibile delle istituzioni ecclesiastiche, le donazioni 'inter vivos', sempre stipulate in forma pubblica e sin da quando il clerico tonsurando doveva ricevere gli ordini minori, servivano sì a costituire per ogni esponente del Clero un proprio patrimonio, ma, soprattutto, ad affrancare tutti i beni che lo formavano da ogni tassazione 'temporale'. Solo così si spiega, e come essa se ne trovano tantissime, la "donatio irrevocabiliter inter vivos (donazione irrevocabile tra vivi)" con cui, era il 13 Febbraio 1686 132 , il "Mag.co V.J.D. Joannes Antonius del Gobbo Terre limosani" dona a "Josepho Antonio del Gobbo eius filio": 1 - una casa di 5 membri, 2 inferius (sotto) e 3 superiores (sopra) "ubi dicitur la loggia, in loco ubi dic.r le Poteche"; 2 - una "cellam vinariam cum Cisterna intus (cantina con cisterna), sitam in d.o loco detto le Poteche"; 3 - trenta "animalia baccina, quas tenet ad societatem cum D.no D: Josepho Ferro Civite Campi Marani (30 animali vaccini, che tiene a società con Don Giuseppe Ferri di Civitacampomarano)"; 4 - cinquanta "oves (pecore), et 5 scrophas (scrofe)". Del tutto ovvia per la vastissima componente sociale dei nullatenenti la impossibilità di entrare a far parte della casta privilegiata degli ecclesiastici 133 ; come era 'naturale' la vita 130 "Secondo un antico uso, era necessario far lasciti "ad pias causas" per riparare ai propri peccati; diversamente gli stessi ecclesiastici testavano per il defunto disponendo lasciti "ad pias causas" e l'abuso in alcune regioni era arrivato a tal punto che si rifiutava la sepoltura se non si produceva testamento" [FRATANGELO M., Il Sequestro delle Temporalità nel Regno di Napoli nei secoli XVI e XVII, s.l. (ma,forse, Ripalimosani) 1987, pag. 65]. 131 SCADUTO F., Stato e Chiesa nel Regno delle due Sicilie dai Normanni ai nostri giorni (sec: XI-XIX), Palermo 1887, pag. 296 e segg. 132 ASC, Protocolli notarili, Not. Aloisio Urbano di Castropignano, atto del 13 Febbraio 1686. 133 Assai indicativo della voracità senza limiti dei proprietari è (v. ASC, Protocolli notarili, Not. Fracassi Aquino di S. Angelo Limosano) l'atto del 18 Settembre 1849, col quale la famiglia Jacovone si appropria del diritto che la Confraternita del SS.mo Sacramento aveva di tenere gratuitamente un seminarista nel Seminario di Benevento. Difatti, con esso le parti "Donna Berenice Sabetta di D. Michelangelo Gentildonna proprietaria, e vedova di D. Giovanni Jacovone,..., ed Antonio de Angelis di Francesco Proprietario, il quale agisce in qualità di Priore, ed 89 gaudente che univa il Clero alla feudalità ed ai proprietari. Ed anche a Limosano i suoi esponenti, nati dalle famiglie più benestanti e possidenti (del Gobbo, Covatta, Corvinelli, Fracassi, Amoroso,...), vissero di norma 'more magnatum (come i ricchi)' e, non di rado, nel più completo disordine di costumi e di ortodossia dottrinale, che veniva da tempi lontani. Non furono infrequenti i casi "d'aver commesso stupro..., ò di pratica disonesta con ingravidazione", che videro coinvolti esponenti del Clero. E forse tali comportamenti, tanto spregiudicati quanto comuni, traevano origine dal mundio, istituto giuridico longobardo documentato, nel triventino assai più che nel limosanese, ancora nel XVII secolo, che demandava al mundualdo, quasi sempre un esponente del Clero, ogni capacità di agire di una donna precedentemente affidatagli e che in tutto gli doveva essere sottomessa. E, non di rado, anche nei capricci più bassi del sesso. Un "Sacerdote discreditato per li costumi" fu, a Limosano, quel Don Eliodoro Covatta, che "fù ucciso... alli diecinove Maggio del 1785, e (che) spirò d'avanti la Taverna Marchesale alle ore 22 inc:". Perché "el reprobo Sacerdote ucciso tanto meritava per le tante de lui notorie dissolutezze, e scandalosi eccessi..." e, per l'odio misto al senso di rivendica sociale, venne assassinato "a colpi di replicati spari di schioppo, e bainetta, ed indi pratticateli varie sevizie" 134 . Frequenti quanto spregevoli, simili comportamenti, oltre a quelli legati alle più banali questioni di preminenza o di invidia per le nomine, anche le più insignificanti, che però non potevano accontentare tutti gli esponenti di un Clero assai numeroso, furono all'origne dei mille intrighi e contrasti, di cui essi per secoli si alimentarono. Uno per tutti l'episodio che, nel 1769, vide coinvolto "Criscenzo di Gregorio..., (che) ave asserito, qualmente nel caduto mese di Settembre fu chiamato dal Reverendo Rettore (di S. Stefano) D. Francesco Busso, il quale gli disse che dovendo l'Arciprete (di S. Maria) D. Francesco Antonio Angelilli... portarsi nella Città di Benevento, perchè inquisito da quella Curia, e dovendo il med.o costituire in sua assenza un Sacerdote idoneo, e probo, che faccia le sue veci in qualità di economo, si è inteso per il Paese, che il med.o Arcip.e Angelilli voglia costituire il Reverendo D. Antonio Giancola niente piacente ad esso Rettore Busso perchè inimico del med.o, mà che voleva far succedere... il Reverendo sacerdote D. Nicola Marinaccio, che a tal'effetto se gli era raccomandato, e li soggiunse il d.o Rettore Busso, che pensava egli di trovar modo, e maniera di screditare il d.o R.do D. Antonio Giancola presso la Curia Arcivescovile di Benevento,..., e che se non gli era riuscito l'intento d'impedire il d.o D. Antonio Giancola di farlo predicare in d.a Terra di Limosani, mediante altri ricorsi fatti nella med.a Curia, pure in questa occasione pensava d'impedirgli...". A convincere il di Gregorio a prestarsi al gioco del Rettore Busso (che, a sua volta, aveva comprato la Rettoria di S. Stefano) fu mandato l'amico Cosmo Bonadie, il quale lo pregò "affinché formato avesse un ricorso in d.a Curia di Benevento contro il d.o D. Antonio Giancola, siccome il d.o Rettore Busso pregato l'avea, di poi unitamente ambidue in luogo segreto, e solitario gli presentarono un memoriale, che i in nome e parte della Congregazione del santissimo sagramento..., han dichiarato che questa Congrega del santissimo Sagramento gode dil beneficio perpetuo di poter far educare un'individo paesano nel Sacro Seminario Diocesano di Benevento, ad oggetto di ascendere al Sacerdozio pel bene della popolazione. Essendosi ora proceduto alla votazione per la scelta dell'individuo da recarsi in detto Seminario, è caduta la nomina in persona del figlio di Donna Berenice Sabetta a nome D. Tarquinio Jacovone, il quale pria di venirsi all'atto della votazione istessa, fece domanda regolare che egli abbraccerebbe lo stato Ecclesiastico, ed in caso contrario si obbligava al rinfranco de' danni cagionati in ragione di ducati trenta annui a favore della Congrega medesima,... Per garanzia e sicurezza di detta promessa di ducati trenta annui essa D.a Berenice obbliga a sottoporre a speciale ipoteca a favore della Congregazione i seguenti beni stabili di sua proprietà e che sono siti nell'agro di Limosano...". 134 ASC, Protocolli notarili, Not. Corvinelli Melchise(dech) di Limosano, Notazione a margine dei Protocolli del 1790. 90 med.i aveano fatto formare in suo nome, come Procuratore della Ven.le Cappella del SS.mo Rosario contro il d.o D. Antonio Giancola" 135 . Parecchio carente è la documentazione 'ufficiale' sulla contestazione dell'ortodossia, che però alcuni elementi fanno ritenere nell'area limosanese più presente di quanto si possa immaginare. Essa, come mostra la contemporanea presenza a Limosano di almeno due vescovi, in epoca medievale fu esclusiva conseguenza della lotta politica. Solo in seguito, divenne l'effetto necessario della predicazione, tanto veemente quanto inascoltata, del ritorno alla povertà evangelica da parte della corrente spiritualista, che, con i Fraticelli e Pietro del Morrone, molto interessò anche Limosano. Dopo il Concilio di Trento diventò quel velleitario tentativo di ribellione di solitari disorganizzati, che, solo, riesce a dare un senso alla presenza, nel 1675 circa, nel Convento dei Conventuali di Limosano, della "Catedra, ò sia la Sedia dell'antico Vescovo, con la sua Cupola, e Crocetta sopra, tutta lavorata, scorniciata, intagliata, ed indorata, fatta ad otto angoli, (che) stava sotto l'Arco della Sagristia sopra la sepoltura delli Vescovi morti,..." 136 . E, si badi, tale presenza di Vescovi deve essere riferita ad un Convento di frati francescani, in cui nel 1610 è presente un "R.dus Pater Frater Franciscus Civitatis Vasti Doctor Theologus", e ad una località, quella di Limosano, dove ben altre due Chiese sono state trovate essere 'Cattedrali' e sedi di Vescovi Tali episodi trovano spiegazione solo se combinati con altre circostanze 'strane'. Come l'affissione 137 , del 1661, alle porte della Matrice Chiesa di Torella di "un Cedolone spedito da Monsig.r Auditore della Ch. Apostolica, nel q.le dichiara interd.e tutte le Chiese di Castrop.no non esposte alla Visita di d.o Ill.mo, et dichiara scomm.ti tutti et quals.a Sacerdote sì secolare, come Regolare, che celebrando in d.e Chiese". Come la richiesta, da "Roma alli IX di Giugno del 1572", del Cardinal Carafa al Vescovo di Trivento "perché fà bisogno che il Vescovo della Guardia(alfiera) facci la profissione della fidi, havendomi S. S.tà ordinato ch'io facci il processo, et lo proponga in concistoro..." 138 . E come, nei territori di Trivento, quei traffici di ebrei (Judej), che, ancora durante il XVI secolo, "se portano carcerati" per mano di un "Conductor Judeorum Carceratorum". Tra gli esponenti del Clero, tuttavia, alla maggioranza, senza ideali e rivolta alle sole cose della terra, non rimaneva che occuparsi, magari col condimento delle attenzioni per qualche donna, di impinguare il ventre e di accrescere quel patrimonio personale, dal quale ritrarre, servendosi della manodopera di bracciali o di fatigatori poco pagati, le rendite per vivere da benestante. Chi, come "Don Roberto arcip.te de Limosano, (che), per prezzo di quattro onze d'oro e 24 tarì", con un atto "rog.to per mano di N. Pietro de Aczone di Boiano alli 3 di giugno 1295" compra "da Guglielmo de Limosane habitator di Boiano una sua potega vicino lo vescovado" 139 , tentava l'investimento immobiliare. Ed altri, come quel D. Massimiano Corvinelli, che, animato da notevole senso d'impresa e volendo, nel 1818, "costruire, e recare al suo termine la Macchina del Molino", chiede (ed è, lo si noti, del tutto nuovo il tentativo di localizzare un mulino lontano da un corso d'acqua) "il locale del soppresso Monistero degli ex=Conventuali, ove gli si presenta un luogo degno, proprio, ed idoneo a poter situare e costruire senza incomodo la Macchina sudetta, il di cui sito reca alla Popolazione il facile accesso, vantaggio, ed utile..." 140 , investivano nelle attività produttive. 135 ASC, Protocolli notarili, Not. Marone Saverio di S. Angelo Limosano, atto del 21 Ottobre 1769. 136 ASC, Protocolli notarili, Not. Amoroso F.Antonio di Limosano, 'fides publica' del 19 Aprile 1755, con cui "il M.co Domenico Amoroso, di anni 93 incirca", riferisce fatti e situazioni di quando era adolescente di circa 12 anni e, perciò, databili tra il 1675 e il 1680. 137 ASC, Protocolli notarili, Not. Aloisio Urbano di Castropignano, atto del 16 Agosto 1661. 138 ASC, Protocolli notarili, Not. De Rubertis Giovanni di Trivento, carte conservate tra gli atti del 12 e del 22 Giugno 1572. 139 DE BENEDITTIS G. (a cura di), I Regesti Gallucci, Napoli 1990, pag. 42 e seg.; doc. N 57. 140 ASC, Intendenza di Molise, B. 572, f. 3. 91 Di contro furono veramente pochi quelli che, senza interesse, si occuparono degli altri e, soprattutto, dei poveri. Meritano un ricordo il "Sacerdote D. Nicola Marinacci", che, nel 1762, fece ricorso sino "alla Maestà del Re,..., contro Nicola Russo di questa medesima Terra, con aver esposto varj Capi d'accusa contro dello stesso, ed in particolare... d'aver commesso contratti illeciti, ed usurarj, e d'aver avuto prattica, ed intelligenza con ladri" 141 ; ed il " Signor Don Vincenzo Bussi fu Saverio, Sacerdote", che nel suo testamento del 29 Luglio 1847 142 , tra le altre cose, scriveva: "Voglio che dopo la mia morte i miei eredi distribuiscano a' poveri la somma di ducati venticinque col consenso del parroco e Padre Guardiano del Convento di San Francesco di Limosano, e ducati venticinque da impiegarsi per la restaurazione della Chiesa di Santa Maria Maggiore, sotto la vigilanza dei medesimi Parroco e Guardiano". Tra tutti gli altri vanno ricordati, pur senza conoscerne il nome, solo quelli che fecero il bene e, perché portasse il suo frutto, lo tennero nascosto. Dal 'Catasto Onciario' 143 del 1743 riportiamo, a titolo di conclusione e perché si abbia una 141 ASC, Protocolli notarili, Not. Marone Saverio di S. Angelo Limosano, atto del 11 Ottobre 1762. 142 ASC, Protocolli notarili, Not. Fracassi Aquino di S. Angelo Limosano, atto del 29 Luglio 1847. 143 ASCL, Catasto Onciario, B. 1, f. 1. Per i possibili raffronti, si riporta, negli elementi più significativi, la composizione del patrimonio, come risultava da un 'inventario' del gennaio 1665, del Rettore della Chiesa di S. Stefano, D. Stefano de Bartolomeis, originario di Ripalimosani, il quale disponeva di: - una casa di dieci membri; - una cantina con sei botti piene di vino; - due fundichi; - una vigna di trentali nove; - un'altra vigna di trentali sei; - un pezzo di territorio di to.la trenta sito alla piana di Campobasso; - un altro pezzo di territorio sito a Colle Leone di to.la trenta incirca; - un altro pezzo di territorio di to.la sette sito alle serre; - un altro territorio di to.la vinti siti allo Peschio; - un altro territorio di to.la diece sito alla fonte dell'olmo; - un altro territorio di to.la sette sito a Casal Cuculo; - Duicento to.la di grano; - Cinquanta to.la di seminato: - Pecore num.o quattrocento fra grosse e piccole; - Capre num.o cinquanta; - Sette animali bovini dati in socita a Crescenzo Foligno di S. Angelo; - Cinque animali bovini dati in socita a...; - quattro animali bovini dati in socita a...; - sei animali bovini dati in socita a...; - quattro animali bovini dati in socita a...; - quattro animali bovini dati in socita a...; - ducati trenta dati a cenzo (o prestati) a...; - ducati vinti dati a cenzo (o prestati) a...; - ducati cinquanta dati a cenzo (o prestati) a...; - ducati quindici dati a cenzo (o prestati) a...; - ducati vinti dati a cenzo (o prestati) a...; - ducati trenta dati a cenzo (o prestati) a...; - ducati vinti dati a cenzo (o prestati) a...; - ducati vinti sette dati a cenzo (o prestati) a...; - ducati vinti tre dati a cenzo (o prestati) a...; - ducati trenta dati a cenzo (o prestati) a...; - ducati trenta dati a cenzo (o prestati) a...; - ducati sedici dati a cenzo (o prestati) a...; - ducati sedici dati a cenzo (o prestati) a...; - ducati sedici dati a cenzo (o prestati) a...; - ducati sedici dati a cenzo (o prestati) a...; - ducati vinti sette dati a cenzo (o prestati) a...; - ducati sedici dati a cenzo (o prestati) a...; 92 corretta idea del relativo peso sociale, la parte riguardante i patrimoni degli 'Ecclesiastici' limosanesi di allora. 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