Francesco bozza
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- MANDANTE EMINENTISSIMO ARCHIEPISCOPO URSINI ARCHIPRESBYTER JOSEPH DEL GOBBO PROPRIO AERE EREXIT ANNO DOMINI 1706
- Pantasia Abdenago
- Confraternita del SS.mo Sagramento
- Confraternita
- Confraternita del SS.mo Nome di Dio
- Confraternita di S. Martino
- Ecclesia parrocchia di S.ta Maria
- Cappella con Confraternita del Nome di Giesù
Giovannitto Loretino" nell' "A.D. 1737", realizzata forse in tale anno con i proventi del 'benefizio'. Quanto al patrimonio della "Chiesa Arcipretale sotto il titolo di S. Stefano", esso risulta meno complesso, ma assai più consistente, di quello della Chiesa di S. Maria. La forte ed evidente presenza nel primo, molto più che nell'altro, di capitali liquidi ingenti, riferiti tanto ai 'benefizi' che alla stessa Chiesa, consente di ipotizzarne la aggregazione in un periodo di tempo relativamente più recente. Permette, inoltre, di individuare nella Chiesa di S. Stefano e nelle organizzazioni ad essa collegate il riferimento, sia sociale che religioso, di quella parte di abitanti dell'insediamento, professionisti ed artigiani, più ricchi e possidenti, i quali per secoli e sin dall'alto medioevo hanno vissuto in contrapposizione con la parte legata al lavoro della terra e, comunque, più povera. A differenza di quella di S. Maria, nel cui attivo non vennero riscontrate disponibilità finanziarie liquide, la Chiesa di S. Stefano impiegava in prestiti capitali, pervenutile da 'legati', tutti abbastanza recenti e di diversa natura (singolare quello derivante dalla vendita di "un Cimbalo legato dal q.m Acolito Gregorio Giancola"), per un totale di 191:00 ducati. Le "obliganze" si tenevano, per un importo medio di 11:24 ducati, da diciassette partitari ad un tasso medio dell' 8,419% (e che variava tra l'8 ed il 9 %). Tra i beni del patrimonio immobiliare non vi figurava, anche questo a differenza di S. Maria, nessuna "Casa Arcipretale", di cui S. Stefano restò priva sino a quando, nel XIX secolo, venne costruita quella (abitata per ultimo dall'Arciprete Casamassa sino alla morte avvenuta nel 69 1963), cui si accedeva da una porta, tuttora esistente nella sagrestia. Ma vi rientravano tre 'case', ciascuna "di due membri, uno sup.re, e l'altro inferiore", ed "una Grotta posta... nel luogo dove si dice Fonte Salza, larga pal 20 e lunga pal: 26", che "si tiene in affitto da Donato Marc'Ant.o a triennio e paga in ogn'anno carl: cinq:". In una società atavicamente legata al lavoro agricolo ed in cui, per condizionarla, da sempre era necessario esercitare il controllo della terra, intesa come fattore di produzione, era naturale che la parte più consistente del disponibile patrimoniale fosse da questa rappresentata. La Chiesa di S. Stefano, con 25 "vigne" più o meno estese (si andava dalla più piccola di 12 misure alla più grande di 5 tomoli e 6 misure) e "con piedi d'olive et altri albori fruttiferi", "con canneto" o "con cortina", con 63 "territori" di ogni tipo e dimensione (da quello di un solo tomolo al più grande di ben 106 tomoli), e con un "orto" di 10 misure, a suo modo anch'essa condizionava, e non poco, la società limosanese. Si ignora l'incidenza sul totale sia del "seminatorio" che dell'incolto e del boscoso; si riesce, tuttavia, ad individuare quella del vigneto, che, con i suoi 67 tomoli e 6 misure, rappresenta il 7,76% dell'intero patrimonio fondiario, che, distribuito assai irregolarmente per tutto l'agro, era di complessivi 863 tomoli e 10 misure. Dalla "somma de tutti li frutti", che la Chiesa Parrocchiale di S. Stefano ricavava dal suo patrimonio, si ottiene un quadro d'assieme completo ed assai utile anche per i possibili raffronti con la Arcipretale di S. Maria. - Per Case locate ad anno corrente 2:10 - Per Case à 29 anni 0:30 - Per Vigne à 29 anni 17:50 - Per Territ.j ad anno corr.te in g.no mezzo tt.o à carlini otto il tt.o 0:40 - Per Territ.ij à 29 anni 1:30 - Per Territ.ij à terag.o tt.a 145 ed un quarto, a carl. otto il tt.o 116:20 - Per ghiande 1:20 - Per Territ.o in dem.o tt.a quindeci, a d.a rag.ne 12:00 - Per orto ad anno corrente 1:00 - Rendite di diversa natura dai "Benefizi" 20:98 - Per Xma sopra a bovi tt.a 109 alla misura di Ben.to, a carl: 7 il tt.o 76:30 - Per Xma in orzo alla d.a mis.a tt:a 27 ed un quarto à carlini 4 il tt.o 10:92 - Per Xma personale 96 15:21 - Per emolumenti di Stola 97 20:32 La "somma di tutti li frutti" ammonta a Ducati 295:73 L'opera dell'Orsini di rendere visibile il controllo ecclesiastico anche su attività sociali trovò, almeno inizialmente, seguito ed entusiasmi. Come nel caso di Libero Antonio Longo, che, dopo aver acquistata "l'immagine della Beata Vergine de' Sette Dolori nel 1717", ricorse al Cardinale per ottenerne il permesso di erigerLe un altare. Ottenutolo e stipulato, il 2 Marzo 1718 per mano del Notaio Francesco A. Amoroso, un "istrumento di Fondazione del 96 Anche la 'Parr.le' di S. Stefano aveva "il Jus d'esiggere la Xma", e sempre "alla mis.a di Ben.to", come la 'Arcipretale' di S. Maria; però solo a quest'ultima apparteneva il diritto della decima nel caso che "qualche famiglia forastiera venisse à fare abitazione nella Terra de Limusani". Le famiglie, delle quali se ne riportano i cognomi, 'sottomesse' alla prima erano n° 38 (con 8 'artisti' e 62 'non artisti') e n° 101 Case; tra esse figuravano tanto il "Sig.re Marchese di Grazia" che il "Convento di S. Franc.o". 97 Sempre per curiosità e per capire antiche costumanze (v. anche la nota 16) riportiamo qualche "emolumento": - Per ogni rompetura della Fonte battesimale in Sabato Santo, ò nella Pentecoste una gallina; - Per l'affissione delle Croci,...; - Per oblatione nel di di S. Donato...; - Per offerta à 3: Ag.to giorno dell'inu:e di S. Stefano ed à 26 Xmbre giorno di S. Stefano...; - Per le Scomuniche esigge per tre denunce carlini tre, Per ciascedun Testimonio di rivela carlini due... 70 Beneficio di jus patronato della Famiglia Longhi", appena qualche anno più tardi, il 20 luglio 1721, lo stesso Orsini fece la "consacrazione dell'Altare del Beneficio della Beata Vergine de' Sette Dolori". Quei contrasti, tanto inutili quanto deleteri, ma che mal celavano i forti scontri sociali, per la preminenza tra le due Chiese, che caratterizzarono, durante l'intero XVIII secolo, la storia limosanese, portarono, nel 1809, alla unificazione (v. nota 20) delle due parrocchie. La decadenza, da allora e con essa, si fece irriversibile ed inesorabile. Quello, che dalle descrizioni tramandateci sembra essere stato un gioiello per rigorosità stilistica di architettura cinquecentesca, quando, però, nei lavori di rifacimento (v. l'atto in nota 25) non ne fu sconvolto l'impianto della fabbrica, ebbe a subire danni enormi ed irreparabili in occasione del terremoto del 26 Luglio 1805. I lavori, che ne seguirono e che, anche a causa delle mutate condizioni politico-amministrative, durarono per circa un settantennio 98 , modificarono radicalmente la struttura architettonica della Chiesa. Prima di iniziarli, però, con antico rispetto e senso di cultura non più usuale si fece una ricognizione. Di essa, che ci fa conoscere l'impegno nel tramandare ai posteri le opere dei padri, ne trascriviamo la registrazione 99 . "... A richiesta fattaci dal Signor Don Emiliano Corvinelli Odierno Arciprete di questa Parrocchial Chiesa di San Stefano, personalmente conferiti nella Chiesa sudetta scoverta ruinata dal Flagello del Terremoto, entro della quale vi abbiamo ritrovati il Sacerdote Don Francesco d'Addario, il Sacerdote Don Evangelista Matteo, il Sacerdote Don Vincenzo Fracassi, il Sacerdote Don Luigi Fracassi, il Dottor Don Quirino Fracassi, il Dottor Fisico Don Daniele Fracassi, Don Vitale Larenza, Don Vincenzo Fracassi, Don Vincenzo Maria Tata, Magnifico Paschale Fracassi e Magnifico Luigi Sebastiano attual Amministratore di questa Comune, tutti di questa sudetta (comune) di Limosano, ed in occasione di essersi dato principio al riattamento dell'anzedetta Parrocchial Chiesa, primacche si distaccassero le toniche delle muraglie del Battistero, per esservi in una di esse impressa un'antica Iscrizione, a tal oggetto lo riferito Signor Arciprete ave pregato li sopradescritti Preti, e Galantuomini, che come cittadini più probi, accreditati, onesti e degni di fede, avessero perciò diligentemente, ed attentamente quella osservata, e riconosciuta per farne sollenne atto, li medesimi in ciò sentire, senza verun ostacolo, immediatamente sono unitamente entrati nel sudetto Battistero, ed approssimatisi al dientro in una muraglia dirimpetto a questo Palazzo Marchesale, sopra la di cui tonica vi hanno ritrovata impressa un'antica Iscrizione manoscritta a lettere Maiuscole del tenor seguente: MANDANTE EMINENTISSIMO ARCHIEPISCOPO URSINI ARCHIPRESBYTER JOSEPH DEL GOBBO PROPRIO AERE EREXIT ANNO DOMINI 1706 Quale suddetta antica Iscrizione essendo stata rispettivamente da essi sudetti attestanti uno dopo l'altro letta, riletta, osservata con tutta l'attenzione, e benemente riconosciuta, non avendosi in essa affatto rilevato viziatura alcuna, cassatura, né rapura, ma vera sincera tale quale anticamente fu manoscritta nella suddetta Epoca di tempo, e così hanno dichiarato, testificato, ed attestato rispettivamente con giuramento tacto pectore, et tactis scripturis". Nel 1928 si fecero "lavori alla covertina alla chiesa di Santo Stefano" per complessive L. 1293 ed altri opere, per L. 248, di manutenzione straordinaria all'interno. E' del 23 Luglio 1950 la 'scrittura privata' per l'affidamento al "Signor Fracassi Ercole fu Angelo" dei lavori di rifacimento "al soffitto in legno per la copertura interna della Chiesa 98 ASC, Prefettura II Serie, Limosano, BB. 3 e 7. E' del 1871 una perizia suppletiva di Giuseppe di Vincenzo da Civitavecchia per accertare il fabbisogno per le riparazioni del "vuoto rinvenuto nell'abbattimento del muro che minacciava rovina dalla parte di tramontana". 99 ASC, Protocolli Notarili, Notaio Lucito Giuseppantonio di Limosano, atto del 3 Marzo 1807. Circa il testo dell'iscrizione, esso coincide con quello già trovato nell'INVENTARIUM del 1713. 71 Madre in conformità al progetto dell'architetto prof. ing. Cesare Antonelli". Appena di qualche anno più tardi (e fu, probabilmente, in tale occasione che andò distrutta una "antica mensola di pietra su base, pure in pietra, scolpita a rilievo", sino ad allora ancora esistente al lato sinistro dell'altare maggiore) sono gli ulteriori lavori, che della Chiesa di S. Stefano continuarono a ridurre il pregio artistico. 2.3 - Le Confraternite In una società, che era appena passata da quel sistema economico chiuso, rappresentato dalla 'curtis', ai primi traffici commerciali ed alla, seppur lenta ed ancora primitiva, circolazione della moneta; in una società, che, pur mantenendo ancora assai rigida la divisione tra gli orantes (i professionisti del religioso), i pugnantes (gli specialisti nelle armi) ed i laborantes (gli addetti alla produzione), vedeva con una tanto tacita quanto solida compenetrazione tra le prime due categorie l'allontanamento della terza dalla partecipazione alla ricchezza; in una società, che, dopo la commercializzazione degli schiavi, cui non erano state estranee le grandi istituzioni religiose, ad ogni suo livello sviluppò, prima grave disfunzione socio-economica, il fenomeno dell'usura; in tale società, quella del XII secolo, caratterizzata nel bene e nel male, perciò, da evidenti impulsi evolutivi Pantasia Abdenago, che era "di nobile famiglia originaria di Limosani (Molise)", fondava in Benevento "...nel 1177 una chiesa e una collegiata, quella di S. Spirito, e, accanto ad essa, una confraternita laicale" 100 . Essa, assai probabilmente la prima del genere, per essere 'laicale': 1) ha di innovativo la tendenza a porsi in una posizione autonoma nei confronti del sistema ecclesiastico ufficiale; 2) rappresenta la risposta, in forma comunitaria, alla domanda di mutualità solidale; 3) costituisce, nell'ambito di una "Terra", l'alternativa antagonista, finalizzata alla difesa, ai poteri forti tradizionali, specie nella sfera economico-sociale. Tali esperienze di primordiale associazionismo, che in una società in fase di risveglio non potevano già di per sé non incontrare favore e che, aiutate dalla politica federiciana per il loro essere espressione di laicità, si sviluppano quasi a macchia d'olio, verranno ben presto anche 'esportate' dall'area beneventana e, ad essa collegata con un cordone ombelicale, da quella limosanese. E' il caso di Isernia, dove, era appena il 1289, "aliqui cives nec non et alii forenses in unum coniuncti glutino caritatis,..., fratariam seu fraternitatem fecerunt" 101 , "opera et labore" di quel Pietro del Morrone originario, non casuale, della stessa area, quella limosanese, da dove proveniva Pantasia Abdenago. Trovare, almeno sino a tutto il XV secolo, una traccia della presenza di confraternite, che pur dovette essere significativa e visibile, nella Terra di Limosano, che ne vide ben sei contemporaneamente attive, è cosa assai difficile. La prima notizia 'certa' da per sicuramente esistente "la Confraternita_del_SS.mo_Sagramento'>Confraternita del SS.mo Sagramento dall'anno 1500" 102 . La assoluta coincidenza di una tale data, tuttavia, con l'altra "dela consecratione de l'altar majore (della Chiesa di S. Stefano), lo quale lo consacrò lo episcopo de trittivero, nomine io: bap.ta nellanno 1510, a li quattro de aprile", farebbe pensare a quel tipo di 'fundatione', che, come avverrà una seconda volta con la "Bolla spedita à 6: 9.mbre dell'anno 1693" dall'Orsini, 100 ZAZO A., Dizionario Bio-Bibliografico del Sannio, Napoli 1973; voce 'PANTASIA Abdenago'. 101 Dalla Bolla di Roberto, Vescovo di Isernia, che, nonostante sia pervenuta in copia non autentica del '600 e, perciò, affatto attendibile, molti isernisti ritengono documento principe a favore della loro ipotesi sulla patria di Celestino V. "Alcuni cittadini residenti ed altri forestieri, uniti dal glutine della carità, per l'opera ed il lavoro del religioso uomo Pietro de Morrone,... costituirono una frataria o (con)fraternita". 102 ASC, Fondo Opere Pie, Limosano. Diverse notizie sulle Confraternite sono state ricavate da questo fondo composto da quattro Buste, che, per evitare inutili appesantimenti, si eviterà per quanto possibile di citare. 72 rappresenta un primo e serio tentativo di portare quella Confraternita nell'orbita ecclesiastica. Ma nonostante ciò, essa manterrà gelosamente, almeno sino all'intervento orsiniano, una connotazione di 'laicalità' maggiore dell'altra Confraternita limosanese, quella del SS.mo Rosario. E quest'ultima sicuramente fu più recente della prima in quanto, oltre le indicazioni di fonti e di documenti, a farla tale è il maggiore asservimento all'istituzione ecclesiastica della "Ven.bile Cappella del SS.mo Rosario..., la quale per essere ecclesiastica, come si rileva dalla prima fundazione di d.a Cappella fatta dall'Arcip.e di quel tempo alli venticinque Marzo 1583", ed, ovviamente, "dalla annessione all'Arciconfraternità di Santa Maria della Minerva di Roma al primo di Decembre 1693" 103 dell'Orsini. Della terza Confraternita di Limosano, quella "sotto il titolo del SS.mo Nome di Giesù", scarne sono le notizie pervenute, anche se risulta presente ed attiva negli atti di notai limosanesi del '600. Ma la rara titolazione col riferimento alla poco comune attribuzione del "SS.mo Nome di Dio"; la particolare collocazione, non priva di significato, 'in maximo altare' della Chiesa arcipresbiterale di S. Maria; e gli aspetti, documentati, riconducibili ad una vissuta contrapposizione (pur con uno stesso modo di proporsi nella società) con la Confraternita del SS.mo Corpo di Cristo, eretta 'in altare maiore' ed emanazione dell'altra Chiesa limosanese; sono tutti elementi che inducono a ritenerla antica e, probabilmente, più di quest'ultima. Una tale ipotesi mutuerebbe vicendevole conferma dall'altra per cui all'interno di una 'Terra' "la nascita dell'ospedale si spiega con l'origine assistenziale e caritativa delle confraternite" 104 . Ed a Limosano l'attività di una frataria antica può ben essere riferita alla presenza dello 'Spedale', che, come quella, rientrava nell'orbita della Chiesa Arcipretale di S. Maria, e che, al più tardi, può essere datato alla seconda metà del XIV secolo. Per assoggettarla al potere religioso, con la bolla dell'11 Dicembre 1693 105 , infine, l'Orsini ne sanciva lo status di Confraternita, "da tempo esistente" nell'altare maggiore della Chiesa di S. Maria. Ma, tra la fine del XVII secolo ed i primi anni del successivo, o perché non si sottomise alle nuove condizioni imposte dall'Orsini; o perché si muoveva in un'orbita contraria al partito austriaco (che si stava, per come era allora possibile, impadronendo del potere); o perché era governata da rappresentanti legati a forme di contestazione più o meno radicali ed ispirate, tanto nel religioso che nel sociale, al rifiuto evangelico di ogni avere; oppure, più 103 ASC, Protocolli notarili, Not. Marone Saverio di S. Angelo Limosano, atto del 4 Febbraio 1766. 104 RUBINO E:, Il potere controverso, Campobasso 1995, pag. 21. 105 ASCL, Fondo luoghi pii ed opere pie, B. 1, f. 1. Stessa collocazione ha anche una copia del 12 Luglio 1864 della Bolla del Cardinale Orsini, datata 21 Novembre 1693, riguardante la Confraternita del SS.mo Rosario. Infine, una copia della Bolla del 6 Novembre 1693 relativa alla fundatione della Confraternita del SS.mo Sacramento è in ASC, Opere pie, Limosano, B. 1, f. 1. Trattasi, forse, degli stessi documenti, depositati con atto per Notaio Lucito Giuseppantonio (v. ASC, Protocolli Notarili) del 29 Novembre 1836, dal Sacerdote Don Vincenzo Fracassi, allora Prefetto Spirituale della Congregazione del Santissimo Sagramento. L'anziano Sacerdote, dopo che "ha riferito che sotto l'occupazione Militare gli pervennero nelle mani tre pergamene, due delle quali appartenenti alla Congregazione suddetta, e l'altra a quella del Santissimo Rosario, le quali ha sempre colla massima gelosia custodite, ma temendo coll'avanzar degli anni, o per qualche altro sinistro avente la di loro dispersione, ha risoluto per maggior sicurezza depositarle presso un pubblico Funzionario dalla legge istituito. La prima (pergamena)... contiene la Bolla spedita dall'Eminentissimo Cardinale Fra Vincenzo Maria Orsini Arcivescovo della Chiesa Beneventana li sei Novembre dell'anno mille seicento novantatre, con cui si dichiara legittima, e Canonica la Confraternità del Santissimo Sagramento eretta dentro la Chiesa Arcipretale sotto il titolo di Santo Stefano. La seconda di carte scritte numero undici contiene il Real assenso... sotto il dì quindici Dicembre millesettecento cinquantasette alla Capitolazione fatta dal Priore e Fratelli della detta pia Congregazione pel buon governo della stessa. La terza contiene il Regio assenso concesso... sotto il dì tre Marzo mille settecento settantasette alle Capitolazioni fatte dagli Agenti e Fratelli della Congregazione del Santissimo Rosario esistente dentro la Chiesa Arcipretale di Santa Maria Maggiore di questo medesimo Comune, ed è di carte scritte numero sette". 73 facilmente, per le tre cose combinate insieme, la Confraternita del SS.mo Nome di Dio in quel preciso momento storico cessa di esistere. Difatti, a differenza delle altre due, non se ne trova traccia, se non nella omonima Cappella, già nel grande Inventarium del 1712-13. Da fonti archivistiche dell’ultimo trentennio del XVI secolo, tuttavia, oltre alle tre menzionate, risulta documentata l’attività di altre Confraternite sicuramente più antiche, come la Confraternita di S. Martino, quasi certamente collegata con l’Ospedale della SS.ma Annunziata, la Confraternita della SS.ma Concezione e la Confraternita del Cordone di S. Francesco, entrambe operanti nella Chiesa annessa al Convento dei frati minori Conventuali. Di esse rimangono solo poche tracce. Una ricostruzione, assai fedele, del quadro, riferibile agli ultimi decenni del ‘500 (si noti la concentrazione dentro o ai margini dell’abitato), delle istituzioni religiose attive ed operanti nella ‘Terra’ di Limosano è la seguente: - l’Ecclesia parrocchia di S.ta Maria (1571), che nel 1574 è in “edificio” ed è in “reparatione” tra il 1580 ed il 1592; - la Parrocchia di S.to Stefano (1571); - il Convento di S.to Francesco (1571), che nel 1574 è in “edificio”; - il Monastero de Majella (1571); - la Cappella dell’Annunziata (1571), o, nel 1598, “dell’Annunziata dell’hospitale”; - la Cappella (1571), che, nel 1589, è “Cappella con Confraternita” del SS.mo Corpo di Cristo o, nel 1598, del SS.mo Sacramento, in S.to Stefano nel 1591; - la Cappella con Confraternita del SS.mo Rosario (1589), in S.ta Maria nel 1591; - la Cappella con Confraternita del Nome di Giesù (1589), in S.ta Maria nel 1591; - la Confraternita (1587), o, nel 1589, Cappella con Confraternita, della SS.ma Download 5.01 Kb. 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