Francesco bozza
Il "R.ndo D. Antonio Gio:cola
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- Speziale di Medicina
- 3.1 - S. Martino vescovo e Santa Croce
- Ti-pher-num
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1. Il "R.ndo D. Antonio Gio:cola" di anni 31 "possiede li seguenti beni padronali: - Una Casa di membri cinque, nel luogo d.o la piazza di D. Andrea... Possiede in oltre: - Una Vigna di trantali tré, con sedeci pranzoni d'olive,..., nel luogo d.o primo Colle...; - Un'altra Vigna di trantali tré, ed un quarto di trantale con quattro piedi d'olive,... nel luogo detto Colle Capogrosso...; - Un Territorio di misure tredeci, con querce,... nel luogo d.o Vallone di Natale...; - Un'altro Territ.o di mezzo tomulo, con sei querce e sei bisceglie,... nel sud.o luogo Vallone di Natale". 2. Il "R.ndo Sig,r Arciprete (della Arcip.le di S. Maria Mag.re) D. Cosimo Busso" di anni 36 "abita nella Casa solita Arcip.le,..." e "possiede li seguenti beni Patrim.li: - Una Casa di membri quattro, nel luogo d.o la Piazza delli Focini...; - Un'altra Casa di membri tré, suolo di S. Ant.o Abbate, con un Orticello, nel luogo d.o lo Borgo di S. Rocco...; - Una Vigna di trantali quattro, con misure otto di Territ.o intorno, con dodici piedi d'olive,... nel luogo d.o S. Janno...; - Un Territorio di tomula uno, con diverse bisceglie e mozzoni d'olive inculto,... nel luogo d.o li Patrisi...; - Una Vigna di trantali quattro e mezzo con diversi pranzoni d'olive,... nel luogo d.o Colle Lorenzo...; - Un'altra Vigna di trantali quattro contigua d.a Vigna con tredeci piedi d'olive,... nel sud.o luogo Colle Lorenzo...; - Tré scrofe in socita con Cosimo d'Ambrosio...; - Nove poscastri in socita col med.o...; - Quattordici poscastri a capo salvo col med.o...; - Ventidue pecore gentili, maschi e femine à capo salvo con Francesco Russo...; - Tomula cento di grano dinio (= granturco), e cinquanta d'orzo in negozio, e mantenimento de sud.i animali...". 3. Il "R.ndo D. Cosimo Corvinelli" di anni 66 "possiede i seguenti beni Patrim.li - Abita in Casa propria di membri cinque, nel luogo d.o la porta del Borgo...; - Una Cantina d'uno membro per uso proprio, nel luogo d.o la piazza delli Focine...; - Una Vigna di Trantali quattro,... nel luogo d.o S. Janno...; - Un'altra Vigna di trantali due, con altre mis:a dodeci di Territ.o intorno, con cinque pranzoni d'olive,... nel luogo d.o la Fonte nova...; - Un Territorio di tomula uno, con un pede d'olive nel luogo d.o dietro le Case, e sotto S. Maria della Libera...; - Un'Orto di mis:e due nel luogo d.o dietro le Case...; - Possiede una Giomenta per uso proprio". 4. Il "R.ndo D. Cosimo d'Addario" di anni 58 "possiede i seguenti beni Patrim.li - La Casa patrimoniale è diruta - Abita in Casa acquistata dopo il Sacerdozio di membri cinque,... nella Piazza di D. Andrea...; - Una Vigna di trantali quattro, con sette pranzoni d'olive,... nel luogo d.o S. Antonio...; - Un'altra Vigna di trantalo uno e mezzo, con un'altro tomulo e mezzo di Territorio intorno,... - soppellettili di casa; - matarazzi numero dodeci; - Rame libre centocinquanta; - Biancherie, due Cascie piene. 93 nel luogo d.o La Macchia delli Porrazzi. Possiede oltre il Patrimonio: - Una Giomenta ed una somara fig.ta, cio è la Giomenta per uso proprio, e la somara fig.ta...; - Due scrofe in socita con Antonio d'Alesio Marc'Ant.o...; - La metà d'una somara a staglio con Niccolò Fioruccio...; - La metà d'un'altra somara data à staglio a Niccolò Marc:Ant.o...; - Un'altra somara à staglio con Simone Juliano della Terra di S. Angelo...; - Un'altra somara fig.ta à staglio con Martino Petrone della Terra di Montagano...". 5. Il "R.ndo Sig.r Arciprete di S. Stefano D. Domenico Antonio del Gobbo" di anni 35 "possiede i seguenti beni Patrimoniali - Abita in Casa propria di membri quattro, nel luogo la piazza delle Botteghe...; - Una Vigna di trantali sei con un tomulo e tre quarti di Territorio intorno con due piedi d'olive, ed una Massaria, nel luogo lo Borgo, e Case d'Apollonio...; - Un'altra stanza di Casa per uso di stalla, nel sud.o luogo La piazza delle Botteghe...; - Cinque altre stanze di Casa nello stesso luogo le Botteghe...; - Un'Orto di misure due inculto, con due mozzoni d'olive nel luogo d.o S. Maria della Libera e fuori la porta del Baglio...". 6. Il "R.ndo D. Domenico di Tata" di anni 62 "possiede i seguenti beni Patrim.li - Abita in Casa propria di membri tré, con la metà d'uno bottale nel luogo d.o lo Sopportico del Cane della Croce...; - Una Vigna di trantali cinque con mezzo tomulo di Territ.o intorno, con otto piantoni d'olive,... nel luogo d.o pozzo del Chiajo...; - Un'Orto di un quarto, nel luogo d.o S. Maria della Libera, e pozzo novo...; possiede oltre il Padrimonio - Cinquanta pecore gentili, maschi e femine in socita con Gio: Minicuccio...". 7. Il "R.ndo D. Domenico Covatta" di anni 56 "possiede i seguenti beni Patrim.li - Una Casa di membri due, nel luogo d.o La piazza di D. Andrea...; - Una Vigna diruta di tt.a otto di Territorio, con sei piedi d'olivi,... nel luogo d.o Li Patrisi...; - Un pezzo di Territorio di tomula cinque,... nel luogo d.o S. Gio:, e Colle Franco...". 8. Il "R.ndo D. Domenico Longo" di anni 27 "possiede i seguenti beni Patrim.li - Una Casa di membri tré, e la terza parte d'uno Bottale nel luogo d.o la piazza di D. Andrea...; - Una Vigna di trantali tré, con un tomulo di Territorio intorno, con tre piedi di querce, e cinque piedi d'olive,... nel luogo d.o Colle Capogrosso...; - Un'altra Vigna di trantale uno con tomula due di Territorio intorno, con cinque piedi d'olive,... nel luogo d.o Pagliarello e via Cupa...; - Un'Orto di una misura e mezza con quattro piantoni d'olive nel luogo d.o Giardinelle, e sotto le Ripe di Tullo...; - Un pezzo di Territorio di tomula due, e mezzo, con dieci piedi d'olive,... nel luogo d.o Oliveri...; - Un'altro Territorio di tomula tré,... nel luogo d.o Pagliaro favorito...; - Un'altro pezzo di Territorio di tt.a tré con quindeci querce,... nel luogo d.o S. Illuminata...; - Un'altro Territorio di tomula tré, inculto, con dodeci querce e cinquanta bisceglie,... nel luogo d.o Vannara, e Valle Guglielmo...; - Un'altro Territorio di tt.a uno inculto con una querce e dodeci piedi d'olive, nel luogo d.o Le Vetiche...". 9. Il "R.ndo D. Domenico Bonadie" di anni 24 "possiede i seguenti beni Patrim.li - Una Casa di membri cinque, con mezza cantina, ed una Loggia, nel luogo d.o La piazza di D. Andrea...; - La metà d'un orto sotto d.a Casa per uso proprio; - Una Vigna di trantali tré,... nel luogo d.o Valle fieno...; 94 - Un Territorio di tomula tré vigna diruta, con tré piantoni d'olive,... nel sud.o luogo Valle fieno...; - Un'altro Territorio di mezzo tomulo, con sei piedi d'olive nel luogo d.o Le Vetiche...; - Un'altro territorio di tt.a due, con querce, nel luogo detto li patrisi...; - Un'altro Territorio di tt.a cinque, con venti piedi di querce, nel luogo d.o La Valle...". 10. Il "R.ndo D. Francesco Antonio Angelillo" di anni 26 "possiede i seguenti beni Patrim.li - Una Casa di membri sei, nel luogo d.o lo piano di S. Angelo...; - Una Vigna di trantali tré, e quattro altri tomula di Territ.o intorno, con undeci piedi d'olive, e molte bisceglie nel luogo d.o Le Macchie delli porrazzi...; - Un'altra Vigna di trantali due, con quarti due di Territorio intorno inculto, con dodeci bisceglie,... nel luogo d.o S. Janno...; - Un'altro pezzo di Territ.o di tomula tré inculto, con quattro piedi d'olive, e quattro bisceglie,... in d.o luogo S. Janno...". 11. Il "R.ndo D. Martino d'Amico" di anni 46 "possiede i seguenti beni Patrim.li - Una Casa di membri quattordeci,... con un Orticello murato avanti, nel luogo d.o La piazza della Casa della Terra,... di d.a Casa due membri affittati al Mag.co Gio: di Gregorio Speziale di Medicina per uso di speziaria...; - Un'Orto di misure nove sotto le fenestre di sua propria Casa,... nel luogo fuor la porta delle Focini...; - Una stalla di membro uno per uso proprio avanti la sud.a Casa, conf.a con lo forno della Camera Marchesale...; - Una Vigna di trantali quattro, con mezzo tomula di Territorio intorno,... nel luogo d.o La fonte nova, e S. Ant.o...; Beni estra il Patrimonio - Una Cantina, nel luogo d.o Le Botteghe...; - Un'altra Casa di membri due, nel luogo d.o la piazza di D. Andrea...; - Un Territorio di tomula cinque con dieci querce,... con una Massaria per comodo d'Animali, nel luogo d.o S. Vittorino...; - Possiede una Giomenta per uso proprio; - Una Somara à staglio con Gennaro Bagnolo...; - Un'altra somara à staglio con Cosimo di Niccolò Busso...; - La metà d'una somara à staglio con Domenico Matteo...; - La metà d'un'altra somara à staglio con Gio: del Gobbo...; - La metà d'uno somaro mascolo à staglio con Niccolò di Pasquo Gravino...; - La metà d'uno somaro mascolo à staglio con Donato Colavecchio...; - Cento novantacinque pecore gentili maschi e femine...; - Venti Capre maschi e femine...; - Tiene dato un Capitale di docati cinquanta...". 12. Il "R.ndo D. Pietro di Gregorio" di anni 55 "possiede i seguenti beni Patrim.li - Una Casa di membri tré nel luogo d.o avanti la Chiesa di S. Maria Mag.re...; - Una Vigna di trantali due,... nel luogo d.o La Valle...; - Un Territorio di tomula tré inculto, con venti querce e molte bisceglie, e tre piante d'olive,... nel luogo d.o Le Macchie delli Porrazzi...; - Un'Orto di misure quattro nel luogo d.o Lo Borgo...". 13. Il "Diacono Pietro Gravino" di anni 24 "possiede i seguenti beni Patrim.li - Una Casa di membri due, con un Bottale, e Balcone con un Orto attaccato a d.a Casa di mezza misura, nel luogo d.o Melogranato, e sopra le Ripe della Fonte Salsa...; - Un'altro Bottale in d.o luogo,... per uso proprio...; - Una Vigna di trantali due e tre quarti di trantale,... con misure sei di Territorio intorno, nel luogo d.o Pagliarello, e costa del Laco...; 95 Un'altra vigna di trantale uno con un pede d'olive donatoli dalli suoi F.lli Conjugi di Gravino, nel Luogo d.o Fonte Vernavera, si possiede dalli suoi donanti; - Un'altra vigna di trantale uno, donatalo dà Libero di Lucito suo Zio, nel luogo d.o Le Vetiche, si possiede dal d.o Libero donante; - Un'altra Vigna di trantale uno donatoli da Martino di Tata suo Cognato, nel luogo d.o pozzo del Chiajo, si possiede dal d.o Martino donante; - Un'altro Territorio di tomula due con un pede di Querce e venti piedi di bisceglie picciole, donatoli da F.lli di Gravina...; - Un'altro Territorio di misure quattro con tré piedi di Bisceglie donatoli da suo Padre, nel luogo d.o Fonte vernavera...". Tutte quelle donazioni, cui si era stati costretti a titolo di costituzione di patrimonio prima che il tonsurando prendesse gli ordini, altro non erano per una famiglia che il prezzo da pagare per la scalata sociale. Così che, una volta che si fosse sentito dare al congiunto, diventato prete, il titolo di 'Don', ci si poteva sentire, e con soddisfazione, appagati perché socialmente arrivati. E, se si pensa a quella che, confrontata con la vita della gente meschina, potevano menare i preti, un tale orgoglio potrebbe anche essere giustificato. Se non da tutti, almeno da quegli opportunisti, che, di gran lunga più numerosi di chi tiene alla propria coscienza, riescono a misurare le cose sempre e solo col metro dell'interesse. 96 CAPITOLO 3° LE STRUTTURE E LE ORGANIZZAZIONI DEL CLERO REGOLARE 97 98 LIMOSANO: L’agro con la localizzazione dei siti cenobitico-abbaziali e delle ‘ecclesie’ sul territorio 99 3.1 - S. Martino vescovo e Santa Croce Il tentativo di ricostruire l'organizzazione e la geografia del paesaggio, riferito ai primi secoli dell'alto medioevo, ricompreso nel territorio del "gastaldatus Biffernensis" evidenzia, oltre ad una forte predominanza della macchia boschiva, dell'incolto e, nella valle del fiume, con molta probabilità del paludoso malarico, elementi di limitata uniformità e lo trova assai discontinuo. In esso, una volta ridimensionato il ruolo economico dei 'latifundia', sia 100 armentizi che agrari, dal profondo calo demografico e dal generale imbarbarimento, le funzioni sociali e produttive delle antiche 'villae' vengono interamente rimpiazzate da strutture abbaziali e monastiche. Ciò anche nel posizionamento e nella localizzazione, che, dovendosi soddisfare bisogni ed esigenze motivazionali non molto dissimili da quelle del passato, fanno preferire gli stessi siti degli organismi produttivi romani. Intorno a tali strutture, che dall'originario monadismo individualistico greco-bizantino (V secolo) lo spirito della regola benedettina ('ora et labora') dapprima spinge ad evolvere in "forme più o meno eremitiche e anacoretiche" 144 e poi organizza in ‘complessi’ posti in posizioni strategicamente situate a breve distanza dalle grandi vie di comunicazione, nei pressi delle risorse idriche e vicino, quando proprio non sopra, a luoghi poco offendibili dalle bande dei predoni, spesso si ri-formano villaggi ed insediamenti 'amministrati' da una casta religiosa e 'mantenuti', una volta organizzati, con la produzione di quel sistema economico chiuso, che era la 'curtis'. Naturalmente anche nell'ambito del "gastaldatus Biffernensis" il monachesimo diffuse le sue radici. E, nonostante la casualità, se non proprio la mancanza, di documentazione, pure per il territorio dell'area limosanese "è possibile individuare almeno due fasi, la prima delle quali", quella del cenobitismo italo-greco, "abbracciante i secoli V-VI (nonché gli inizi del VII), vide in tutto il Mezzogiorno l'esistenza di impianti monasteriali di tipo cenobitico, retti da regole particolari, per lo più a carattere misto, e sottoposti a un vigile controllo da parte dei pontefici. Ne è una chiara testimonianza l'epistolario di Gregorio Magno (nota: Papa dal 590 al 604), il quale intervenne di continuo nella vita dei monasteri,..., ora per decidere in merito a controverse elezioni abbaziali o per ovviare agli inconvenienti di un governo poco saggio, ora per risolvere difficoltà finanziarie o punire monaci negligenti, ora per tentare di arrestare la crisi di alcuni monasteri,... (...). Interventi di questo genere, comportando una limitazione dell'autorità dell'ordinario diocesano, mostrano chiaramente in quale considerazione il Papato tenesse i monasteri meridionali, di cui voleva garantirsi il controllo diretto. Né si tratta di una scelta occasionale, dovuta alla originaria formazione monastica del pontefice, dato che l'esempio di Gregorio Magno, a partire dal sec. VIII, era destinato ad essere seguito dai suoi successori, fino a diventare,..., una vera e propria costante della politica papale nel Mezzogiorno. A questa prima fase, caratterizzata da una organizzazione di tipo prevalentemente cenobitico e da un deciso intervento papale nella vita dei monasteri sia greci che latini, seguì,..., un rarefarsi dei centri monastici, con il conseguente prevalere di forme più o meno eremitiche di esperienza monastica. Il processo era già in atto,..., al tempo di Gregorio Magno, dalle cui lettere emerge altrettanto chiaramente come solo in alcuni casi il fenomeno fosse dovuto alle incursioni longobarde, dovendosi piuttosto inquadrare gli altri abbandoni nel contesto di crisi economica e demografica, che probabilmente proprio nel sec. VII raggiunse nel Mezzogiorno il suo culmine. Le motivazioni ed i caratteri di questo eremitismo dei secoli VI-VII sono ovviamente diversi da quelli che ne provocarono una rifioritura all'inizio del secondo Millennio, quando esso si configurò come 'una forza di rottura nei riguardi delle istituzioni ecclesiastiche e sociali preesistenti, in quanto era espressione delle nuove esigenze di moralismo estremistico, di spiritualità pauperistico-evangelica, di religiosità più intima, ma rispondeva anche, molto bene, a diffusi atteggiamenti mentali di una società in cui il processo di sviluppo si andava decisamente accelerando'. Niente di tutto questo nei secoli di cui qui ci occupiamo. Adesso l'eremitismo è l'espressione sul piano della spiritualità di una società in crisi, che si ripiega su se stessa e, dopo aver visto sconvolto il proprio assetto territoriale, aspetta di darsene uno nuovo, una società che, sia pur senza rifiutare gli apporti esterni, esprimerà dal suo stesso 144 VITOLO G., Caratteri del monachesimo nel mezzogiorno altomedievale (secc. VI-IX), Salerno 1984, pag. 10. 101 seno le forze per rinascere e per dar vita ad una nuova organizzazione dello spazio fisico, i cui principali punti di riferimento saranno i monasteri e gli insediamenti castrensi" 145 . La prima fase di espansione del fenomeno monastico, che, sia nella forma anacoretica di matrice greco-bizantina prima, che successivamente in quella eremitico-cenobitica di derivazione latino-occidentale, non poteva non trovare che terreno molto fertile nell'area tiferno-fagifulana, assai sviluppata e dove il Cristianesimo si era ampiamente diffuso già da tempo, ebbe a sua volta almeno due sotto-periodi di maggiore crescita, che furono intervallati da un terzo di stasi, se non proprio di regressione, il quale trova collocazione temporale tra la guerra gotica (535-553), cui seguì la triste carestia del 565-570 146 , e la conversione alla religione cristiana, a partire dall'ultimo quarto del VII secolo, degli allogeni longobardi. La accettazione della nuova fede religiosa, tuttavia, più che una cristianizzazione ed una civilizzazione delle gerarchie 'religiose-civili' dei longobardi, portò nella realtà la longobardizzazione delle strutture 'civili-religiose' della società cristiana. Essa, prima di tutto, fece sì che al riconoscimento della uguaglianza giuridica tra indigeni e conquistatori non seguisse una partecipazione dei primi al potere, che restò prerogativa dei longobardi; tanto che l'organizzarsi delle strutture monastiche divenne quasi un contrapporsi dei locali al potere, per così dire, ufficiale ed alle sue ataviche strutture tribali, insofferenti di ogni gerarchia e che furono all'origine della formazione di domini personali e di potentati locali, del tutto autonomi e privi di ogni riconoscimento politico. In secondo luogo determinò che, con il definitivo superamento delle forme amministrative romane, quei municipia intesi come poli di riferimento sociale ed economico della produzione dei latifundia e delle ville, si affermasse una nuova organizzazione della campagna, che prevedeva unità produttive completamente autosufficienti, le curtes; esse, modellate in certo qual modo e, come si diceva, anche nel posizionamento sul territorio, sullo schema delle antiche villae, ne costituirono di fatto il superamento, non avendo alcun rapporto di mercato e, nella più assoluta autonomia economica, producendo esclusivamente ciò che serviva alla comunità. Consentì, infine ed insieme ad un imbarbarimento della società, l'introduzione nella cultura e nel diritto 'romano' di abitudini, di consuetudini e di principi del diritto 'germanico', che, come il mundio (per tale istituzione giuridica poteva verificarsi anche il caso per cui il mundualdo 'vendeva' la donna, sulla quale appunto esercitava il diritto di mundio, ad un esponente del Clero, che ne disponeva, anche sessualmente, come di una cosa), sono documentati almeno sino al XVII secolo 147 . E', con ogni probabilità. da attribuire esattamente a tale momento storico di crisi, demografica ed economica, quando, cioè, "le ville e gli insediamenti, già in precedenza pieni di abitanti, dopo in realtà furono ridotte al silenzio più assoluto da chi fuggiva" 148 e quando, verso la metà del VII secolo, "nell'Italia centro-meridionale la decadenza era giunta ad un punto tale 145 VITOLO G., op.cit., pag. 11 e segg. 146 PROCOPIO da Cesarea, La guerra gotica, trad. COMPARETTI, Roma 1896, II, 20. 147 Nell'area (e nella diocesi) di Trivento, in controtendenza con quanto accadeva nelle altre zone del Molise, abbiamo trovato diversi casi di sopravvivenza del diritto e delle consuetudini longobarde. A Limosano (e ci pare del tutto singolare e significativo che la cosa venga testimoniata da un Notaio di Trivento, il Not. DE BARDIS A., con atto del 14 Agosto 1605 in ASC) l'unico caso è quello di "Marcella Juvene (nota: quasi certamente di origine napoletana) vidua Jure magnatum vivente, ut dixit, cum consensui Anibalis mattei sui mundualdi". Si veda sull'argomento lo scritto di COLITTO F., Diritto Longobardo nella Campobasso del Trecento, in AM 1978, pag. 161 e segg. 148 ERCHEMPERTO, Historia Langobardorum Beneventanorum, in M.G.H., Scriptores rerum langobardicarum et italicarum saec. VI-IX, ed. WAITZ, Hannover 1878, II, 4. "Villae et castra, iam pridem repleta agminibus hominum, postea vero fugientibus cuncta erant in summo silentio". Del tutto simili a quelle di Erchemperto sono le descrizioni di quanto avveniva in quel periodo storico che ne fa PAOLO DIACONO nella sua Histoia Langobardorum (v. ivi). 102 che quasi 100 città, un tempo sedi vescovili, persero il rango di diocesi" 149 , la scomparsa della civitas 150 di Ti-pher-num, quella situata nella località di Cascapera, che così ed ora diventa la "destrutta città", già sede di antico vescovado (v. paragrafo 1.4), della quale ruolo, funzioni e compiti sul territorio vengono presi, a partire al più tardi dalla seconda metà dell'VIII secolo, dalla antica Città di Musane, dove si fissano gli abitanti della zona attirativi dalla possibilità di abitare nelle grotte già esistenti ed in quelle facilmente ricavabili dalla massa tufacea. Non è certo un caso che di Limosano la parte più antica sia quella 'bassa', fatta di grotte e riferibile alla influenza della Cattedrale di S. Maria, la Chiesa più importante del paese. E, se tanto nella dimensione temporale che in quella spaziale è già insidioso individuare la collocazione originaria dei primi siti monasteriali, ovviamente assai "più difficile riesce quantificare il fenomeno eremitico, di per sé più sfuggente, soprattutto in un periodo di scarsa produzione letteraria e documentaria" 151 . Per tentare, perciò, una ricostruzione delle cose di allora ricomprese nel territorio della diocesi tifernate-musanense, occorre ragionare per ipotesi e fare affidamento solo su elementi di collegamento minimi, indiretti e, quasi sempre, di poca percettibilità, come la localizzazione, la intitolazione, il raffronto con le strutture consimili, la coevità delle diffusioni devozionali ed il rito 152 . Al primo sotto-periodo di sviluppo, quello dell'eremitismo greco, che, poco conosciuto (ma, non perciò, poco diffuso), è limitatamente definibile nella reale consistenza, deve, quasi con certezza, essere riferito l'originario eremo di S. Maria di Faifoli, per il quale il rito greco- bizantino è documentato almeno sino a tutto il X secolo. "Il cardinale Orsini afferma che nelle Chiese delle più insigni badie dell'Archidiocesi di Benevento, sotto la cui giurisdizione (nota: in quanto eredità portatale dalle istituzioni ecclesiastiche di Limosano) era Santa Maria di Faifoli, gli abati portavano il bacolo pastorale che è proprio degli abati greci, ed asserisce inoltre che questi abati usavano il rito greco; rito quello che era adoperato verso l'anno 1000" 153 . Ora, se il bacolo era caratteristica del rito greco, la diffusione di tale rito e, con esso, del monachesimo greco-bizantino non solo a Faifoli, ma in tutto il territorio riferibile alla diocesi di Limosano, la cui antichità da una simile circostanza trova ulteriore conferma, è provata dal fatto che, ancora nel XII secolo, si conservavano "nella indicata Chiesa di Santa 149 JONES P., Storia economica, in Storia d'Italia, Torino 1976. 150 DUPRE'-THESEIDER G., Problemi della città nell'alto medioevo, in La città nell'alto medioevo, Spoleto 1959. "Il termine civitas, se scompare in parecchi dei centri urbani, in seguito allo scadimento generale della vita cittadina si mantiene sempre e solo per le città vescovili". 151 VITOLO G., op.cit., pag. 14. 152 PIETRANTONIO U., Il Monachesimo benedettino nell'Abruzzo e nel Molise, Lanciano (Ch) 1988. Il P., la cui opera, lodevole per le indicazioni bibliografiche, per le schede e per la indicazione delle fonti, è assai lacunosa dal punto di vista critico, nello 'Studio introduttivo' dedica al movimento monastico prebenedettino appena qualche pagina. "... Nella considerazione di un movimento prebenedettino va anche rilevata, per tradizione, per menzione in documenti di epoca posteriore, per ragioni di toponomastica (che costituisce un documento probante quando è di origine remota) e per la struttura di alcune diocesi dal duplice rito greco e latino, la presenza di un monachesimo basiliano, che quando si accentuerà l'esodo dei monaci dall'Oriente in seguito ai provvedimenti iconoclastici, diventerà coevo di quello benedettino. (...). I Basiliani risultano presenti anche a Trivento, Chiauci, Mirabello Sannitico,...". E' solo un caso che i centri indicati dal Pietrantonio siano tutti limitrofi del territorio riconducibile alla diocesi di Limosano? 153 QUARTULLO M., Fondazione di monasteri benedettini nel Molise, tesi di laurea, anno acc. 1972/73, pagg. 105 e 106. Anche MARINO L. (La Chiesa di S. Maria di Faifoli a Montagano, in AM 1979, pag. 129 e segg.) sembra essere dell'avviso di dover datare ad epoca 'antica' l'eremo di Faifoli, quando afferma, a pag. 132, che: "dal VI-VII secolo in poi, il territorio viene caratterizzato e, per più di un aspetto, qualificato dagli insediamenti monastici benedettini" ed, a pag. 161, che: "la pianta della chiesa, caratterizzata da uno schema iconografico semplice, di memoria paleocristiana...". 103 Maria di Limosano le insegne vescovili, ossia la sedia vescovile, la mitra, il Bacolo ed il pastorale..." 154 . Quali gli altri loci del territorio limosanese ad essere privilegiati dai primi esponenti del movimento eremitico-anacoretico? Una circostanza di grande interesse, di cui se ne segnala la caratteristica unicità che la rende assai significativa, è la posizione di diversi siti al di sopra di una grande 'morgia' e più segnatamente: o "super magno saxo", o "super montem Download 5.01 Kb. Do'stlaringiz bilan baham: |
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