Francesco bozza
parte dell’Occidente non vi è affatto altra strada, ove potersi introdurre dalla porta, che
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- Era questo Monastero l’ornamento e il decoro, non dirò solo del Comune, ma dell’intera Provincia. Istruzione e pietà pubblica trovavano in esso un grande alimento
- In quanto al locale del Monastero è uno de’ più magnifici che veder si possa
- Di presente il Supplicante umilia all’E.V., come per mezzo di lettere dirette a questo Padre Regente Fracassi venute da Napoli, si è risaputo, che S.M./D.G./ si è benignata nel
- Padre Maestro Filippo Fracassi
- M. R. Padre Maestro Fra’ Gennaro Janigro
- 5.2 - L’organizzazione e la vita dei frati
- Libro de Consegli di questo Convento di S. Francesco di Limosani
- Sacra Congregaz.ne de Sig.ri Cardinali sop.a i negozi, e consulta de Vescovi, e Regolari
parte dell’Occidente non vi è affatto altra strada, ove potersi introdurre dalla porta, che
chiamano del giardino” 320 . Ma, nonostante questo, nonostante il decreto 29 Dicembre 1814, con cui Gioacchino Napoleone ordinava che il Convento di Limosani fosse adibito a “Caserma della Gendarmeria Reale, e di truppe di passaggio”, e nonostante il successivo decreto 6 Novembre 1816, che, pur a firma di “Ferdinando IV, Re delle due Sicilie”, confermava totalmente il contenuto del primo, la proprietà dei locali restò “alla Comune”. Il ritorno dei Borboni e quello, dopo le diverse esperienze rivoluzionarie, che, lo si è visto, non sono da circoscrivere al solo ‘decennio’ francese, di una nuova atmosfera politica restauratrice favorì la richiesta, dal basso, della riapertura del Convento. In tal modo e dopo poco più di appena quattro anni, era il 7 Aprile 1818 321 , da Limosano così (e nella richiesta si coglie tutta la nuova atmosfera politica che si respirava, favorita dal recente ‘Concordato’) si scriveva “al Signor Intendente di Molise”: “Il Sindaco, Eletti, e Decurioni del Comune di Limonano umilmente l’espongono qualmente esiste in d.o Comune un locale appartenente ai Padri Conventuali di S. Francesco già soppressi nella passata occupazione militare del Regno. I supplicanti per esperienza sanno, che questi Padri apportavano del grande vantaggio spirituale, e temporale a questa Popolazione. E siccome fra’ d.i Padri vi sono sempre stati dei Soggetti graduati, e di talento; così questa sud.a Popolazione sempre ne ha ricevuto quei utili, che sperar si potevano da uomini letterati, e di buon costume; e nelle annate penuriose dalla Comunità di d.i Religiosi riceveva la gente bisognosa il necessario soccorso. Dietro l’art. 14 del Concordato felicemente conchiuso tra S.M., D.G., e il Santo Padre, questa Comune, Eccellenza, si lusinga di poter riacquistare quei grandi vantaggi, che per la soppressione di d.i Padri aveva perduti. Dapoiché il locale sud.o è uno de’ migliori della Provincia, ed ottimo nella sua totalità. Esso non trovasi addetto ad alcuno de’ pubblici usi. La rendita inoltre appartenente a d.a Religiosa Comunità esiste invenduta nella maggior parte. Siccome poi il d.o locale è situato nel centro del Borgo Maggiore di d.o Comune, e nel miglior sito di esso; così la grandiosa, e magnifica di lui Chiesa non solo è necessaria, perché d.a popolazione vi possa esercitare gli atti doverosi di religione; ma resta ancora a lei molto comoda pel facile accesso alla medesima. Essendo li supplicanti l’organo dei pubblici voti di questa Popolazione ricorrono a V.E., acciò si compiaccia riferire al Re, N.S., perché si benignasse esaudire le suppliche di questo 319 ASC, Monasteri soppressi, B. 4, f. 20. 320 ASC, Monasteri soppressi, B. 4, f. 21. Il documento ha notevole importanza per localizzare con discreta precisione il sito della recente ‘porta giardino’, che, contrariamente a quanto si possa credere e normalmente si ritiene, situava ai margini meridionali della proprietà del Convento. 321 ASC, Monasteri soppressi, B. 7, f. 49. 187 Comune col ridonarle la Famiglia Religiosa de’ sud.i Padri Conventuali, che fin dal secolo 14. sono stati senza interruzione di spirituale, e temporale vantaggio al Comune sud.o. Nell’atto che tutta la Provincia ammira in V.E. una sollecitudine indefessa, con cui cerca la di lei felicità, non possono credere, che questa Popolazione non sia per ottenere dal Re, N.S., mercé la possente cooperazione dell’E.V., la grazia, ch’ ella domanda, che anzi sicurissima di esser esaudita nelle preghiere, che per di loro mezzo le umilia, preventivam.e ne le ringrazia, porgendo a Dio fervorose orazioni per la conservazione di V.E., e Sovrano”. L’Intendente di Molise, probabilmente solo dopo che si convinse, e per farlo impiegò circa due anni (il tempo, cioè, necessario alla restaurazione di stabilizzarsi diffusamente anche nella provincia), del radicamento delle mutate condizioni socio-politiche generali, fece sua la pressante richiesta dei limosanesi e, presa carta, penna e calamaio, così accoratamente scrisse “a Sua Eccellenza il Segretario di Stato Ministro degli affari Ecclesiastici”: “Fra le case religiose, che questa Provincia pianse soppresse nella passata Militar Occupazione annoverar devesi particolarmente quella de’ PP. Minori Conventuali di S. Francesco del Comune di Limosani. Era questo Monastero l’ornamento e il decoro, non dirò solo del Comune, ma dell’intera Provincia. Istruzione e pietà pubblica trovavano in esso un grande alimento. Circa venti individui ognor vi si trovavano, dedicati alcuni ad insegnare le Umane lettere, altri le teologiche scienze; non solo agli Studenti iniziati nel Sacerdozio, ma eziandio ai Giovani del Comune in generale, del circondario, e del Distretto. Altri finalmente consegnati alla spiegazione del catechismo, ed alla predicazione dell’Evangelo. Essendo poi il suddetto Comune assai sprovveduto di Chiese, di Parrocchie, ed assai bisognevole d’istruzione, e di freno morale, suppliva bastentemente al bisogno locale la chiesa del detto Monastero, Chiesa vastissima, e maestosa, dove quei Padri dotti, e pietosi insieme con esemplare devozione celebravano frequentemente delle solenni sacre funzioni, che richiamavano sin da lontani Comuni il pubblico concorso. In quanto al locale del Monastero è uno de’ più magnifici che veder si possa, non bisognevole d’altronde che di piccolissime riattazioni. Eccellenza, quanto io soglio essere alieno dall’appoggiar domande per ripristinare de’ Monasteri de’ Mendicanti, altrettanto mi credo in dovere di farlo con propensione, quando si tratta di veder riaperti Monasteri, da’ quali possa la Provincia sperare non dubbj vantaggi in oggetto e di religione, e di pubblica istruzione. La casa religiosa, di cui ho l’onore parlarle, può offrire questi vantaggi, ed è perciò che mi fo coraggio di umiliarle i fervidi voti della popolazione del rispettivo comune accompagnati colle mie calde preghiere” 322 . Era il mese di marzo 1820. Ed anche se le lungaggini burocratiche (ma, forse, di più le informative) fecero trascorrere ancora diversi mesi, la grande costanza della cittadinanza ed il forte interessamento (v. nota 36) del limosanese Padre Maestro Filippo Fracassi (che molto si adoperò anche per la riapertura del Convento di Isernia) l’anno seguente si videro premiati con la riapertura del Convento ed il ritorno dei ‘Conventuali’. Oltre ai tempi ed all’atmosfera che si respirava prima del ritorno dei frati, apprendiamo alcune usanze di allora dalla seguente lettera, del “20 Agosto 1821”, inviata “Al Signor Intendente della Provincia di Molise” da “Massimiano Giannantonio del Comune di Limosano l’espone, che mediante pubbliche subaste (nota: le subaste, cui partecipò anche il Notaio Sig.r Lucito Giuseppantonio, per l’affitto dei locali si erano tenute nei primi giorni del mese di Luglio, quando con tutta evidenza ancora nulla si sapeva della riapertura), approvate dall’E.V. con suo venerato foglio in data de’ 14. del corrente mese di Agosto, I° Uffizio, N. 322 ASC, Monasteri soppressi, B. 7, f. 49. 188 del Protocollo 170, della spedizione 303., gli restò l’affitto del Locale dell’ex-Convento di S. Francesco per la somma di docati quaranta, e carlini cinque, D. 40:50, pagabili annualmente a questa Cassa Comunale pe’ il corso continuato di anni cinque. Di presente il Supplicante umilia all’E.V., come per mezzo di lettere dirette a questo Padre Regente Fracassi venute da Napoli, si è risaputo, che S.M./D.G./ si è benignata nel giorno 26 Luglio p.p., segnare il Decreto per la ripristinazione di questo Convento, essendo il Decreto suddetto nelle mani del Commissario Generale de’ Minori Conventuali, che si attende a momenti. Per tale notizia tutti gl’Inquilini, a’ quali ne aveva fatto il nuovo affitto, sono già usciti dal Convento sopradetto, per cui il Supplicante non può servirsene in modo alcuno. Stabte dunque tale ragione, supplica l’E.V. ad esonerarlo da tale impegno, onde non sia in avvenire molestato dal Cassiere Comunale, anche per quella rata di tempo, che si dovesse pretendere sino alla restituzione del locale suindicato, e l’avrà come da Dio” 323 . In data 19 settembre 1821 “il Direttore della Reale Segreteria di Stato degli Affari Interni” già scriveva al “Sig.r Intendente di Molise” che, “Essendosi S.M. degnata di approvare l’assegnazione de’ fondi fatta dalla Commissione esecutrice del Concordato per la ripristinazione de’ Conventuali del Comune di Limosano, ella disporrà che dal Sindaco del d.o Comune ne sia subito eseguita la consegna del locale al procuratore del cennato Ordine”. E così i frati finalmente tornarono. Anche se questa volta, stando almeno a quanto sembra, non appartenevano alla Provincia Monastica di Puglia, bensì a quella abruzzese di S. Bernardino. Lo stesso Padre Maestro Filippo Fracassi, che all’epoca, essendo nato nel 1768, contava tra i 53 ed i 54 anni, ne fu il ‘Guardiano’ della prima ‘famiglia’, che poté ristabilirsi nel Convento di Limosano. L’elenco (con indicata, quando è stato possibile ricavarne la composizione, la ‘famiglia’ religiosa) dei Padri Guardiani, Superiori del Convento di Limosano, relativamente al periodo dal 1821 al 1866, anno, come si vedrà, della definitiva soppressione lo si riporta nell’ “Appendice 2” al Capitolo. Sia la presenza di un ‘Noviziato’ che quella di un gruppo, talvolta consistente e formato da individui non della stessa età (cosa che proverebbe l’esistenza di più corsi), di frati, che, dopo la ‘professione’religiosa dei voti, si preparano al Sacerdozio come ‘Studenti’ (più di uno, poi, verrà ritrovato a stanziarvi anche dopo l’ordinazione sacerdotale, cosa che, amministrata da un Vescovo, si faceva molto probabilmente nella stessa Limosano), dimostrano la notevole considerazione, in cui, sin dall’immediato periodo che seguì alla riapertura, il Convento limosanese era tenuto. 323 ASC, Monasteri soppressi, B. 7, f. 49. 189 Chiostro del Convento di S. Francesco: Pozzo. Alla crescita, per il ‘nostro’ complesso monastico, nel prestigio, tanto grande quanto rapida e concretizzatasi nel breve volgere di soli pochi anni, ed allo splendore, rinnovato e che almeno per alcuni aspetti risulta essere stato per nulla inferiore a quello antico, partecipò assai fattivamente e per circa un ventennio l’opera di un gruppo di ‘Padri’ nativi della stessa Limosano e della vicina Montagano. Se ne toccò il punto più alto nel triennio (1844-’46), in cui il “M. R. Padre Maestro Fra’ Gennaro Janigro” nato nel 1809, il quale era stato ‘Reggente (o Guardiano)’ sin dal 1835, da ‘Ministro Provinciale’ dell’Ordine ed insieme al suo ‘Segretario’ Padre Maestro F. Antonio di Capoa, stanziò nel Convento di Limosano 324 . Ma quella stessa sorte che regola le cose degli uomini, a seconda dei casi, con furbizia o con raziocinio, così come fu rapida nel favorirne la fortuna, fu altrettanto rapida a provocarne la decadenza. Sembra che fosse la stessa presenza del ‘Provinciale’ all’origine della decisione di ‘spostare’ in altra sede lo ‘Studentato’. E, con esso, probabilmente venne tolto anche il 324 La notizia, oltre che dallo ‘Stato delle Anime’ (in APL) cui per le ricostruzioni degli ‘elenchi’ dei Padri Superiori è stato attinto a piene mani, ci viene anche da Agostino Tagliaferri, Sacerdote di Montagano, il quale ne “I miei ricordi” scrive: “Non così il 1845,… Un bel dì della precedente estate io mi veggo onorato d’una visita inaspettata del P. Gennaro Janigro de’ Minori Conventuali residente in Limosano, il quale tornava da Roma, dove erasi recato per assistere ad un Capitolo generale del suo ordine”. 190 ‘Noviziato’, anche se, ancora nel 1849, è “Novizio Converso” Fra’ Michele de Ruberti di San Giovanni in Galdo. Perché quest’ultima pare essere stata cosa del tutto episodica. Già era successo che l’antico “soffitto fatto con mattoni, verso il 1840 crollò, ed allora fu coperto con tre volte a schifo impostate nel senso trasversale sul muro frontale con due archi che interrompono la continuità dei muri, d’ambito longitudinale e di quello tergale. Una di esse copre il Coro, l’altra il Presbiterio e l’altra, che è più grande delle altre due riunite assieme, lo spazio riservato ai fedeli” 325 . Vale a dire, la copertura così come ancora si vede. A partire, poi, dal 1850 le notizie si fanno sempre più rade e diventano molto lacunose. E l’esservi stata lasciata dal superiori dell’Ordine, in così breve tempo, solo una ‘famiglia’ di pochi frati, in ogni caso, dimostra che la crisi si era fatta irreversibile. “Il Convento di S. Francesco viene soppresso con il d. lgt. Di Eugenio di Savoia del 7 luglio 1866 che richiamava le disposizioni contenute nel d. lgt. Del 17 febbraio 1861 per le provincie napoletane. Da allora i Frati di S. Francesco, i Minori Conventuali, ubbidienti come loro si addiceva, se ne partirono. Per non tornare più. E Limosano aveva così definitivamente perduto un altro importante punto di riferimento della sua storia” 326 . Dell’enorme patrimonio, specie di quello culturale, non si trova traccia e “le memorie ed i documenti conservati nella sua biblioteca ricca di opere pregevoli, pubblicati a Venezia nel 1500, furono sperperati e venduti con i libri in questa contenuti nell’ultima soppressione” 327 . Della Chiesa (v. ASCL, B. 23, f. 122) “nel marzo del 1931 cadde la facciata prospiciente la piazza Vittorio Emanuele nonché parte del muro opposto. Per volontà del popolo fu riattato e nel 1932 fu riaperta al culto”. 5.2 - L’organizzazione e la vita dei frati Le decisioni più importanti per il buon andamento della vita monastica e comunitaria e, tra di esse non certo ultime per importanza, quelle relative alla amministrazione del patrimonio conventuale venivano prese in riunioni o, come erano chiamate nel gergo dei frati, ‘consegli’ o anche ‘capitoli’, che si tenevano nel refettorio, dove si arrivava “chiamati dal suono della campanella”. Il relativo verbale era registrato in un apposito “Libro de Consegli di questo Convento di S. Francesco di Limosani”. Da una sua pagina, compilata appena il giorno precedente, il Notaio Amoroso Francescantonio, perché ne formasse documento da allegare ad un suo atto del 4 Dicembre 1751 328 , estrasse la seguente ‘copia’, che, in quanto fornisce 325 AMOROSO G., Relazione cit. 326 BOZZA F., Limosano nella storia, Ripalimosani 1999, pag. 275. 327 AMOROSO G., Relazione cit. 328 ASC, Notaio AMOROSO F.A., atto del 4 Dicembre 1751. Di esso, per la conoscenza delle costumanze di allora, ne riportiamo la parte più importante: “Fra’ Giovanni Covatta,…, entrò nella Religione sud.a de minori Conventuali, in cui fece la professione, senza fare alcuna renonza delli beni…: Sendo oggi già passato all’altra vita il d.o Mercurio Padre, pretendeva d.o Fra’ Giovanni da d.i suoi Fratelli Pietro, e Giuseppe Covatta la sua porzione… à die mortis del d.o Mercurio Padre; ma considerando d.o Fra’ Giovanni la grossa miseria in cui sono ridotti li d.i suoi fratelli Pietro, e Giuseppe, pensò supplicarne la Sacra Congregaz.ne de Sig.ri Cardinali sop.a i negozi, e consulta de Vescovi, e Regolari; e da questa, e dall’eminenza del Sig.r Cardinale Cavalchino Prefetto della med.ma sotto il dì quattro Dicembre millesettecentocinquanta, ne ottenne rescritto, con cui si fe la commessa al Ministro Provinciale, che essendo vero l’esposto, ed ottenuto il consenso del Capitolo del Convento, se li compartiva la facoltà, à suo arbitrio,…; Ed avendo presentato d.o Rescritto al Capitolo del Convento sud.o; quello congregatosi jeri tré del corrente Dicembre, e proposto l’affare in pleno Capitolo, tutti, riguardo alla povertà di d.i Pietro e Giuseppe…, concorrerono a potersi concordare…”. 191 preziosi elementi di conoscenza sulle usanze, sulle procedure gerarchiche e sulla vita dei frati, viene integralmente riportata. “A’ dì 3 Xbre 1751 = Si propone in publico Refettorio dal Padre Michele Cimino Guardiano di q.to V.n.le Convento di S. Franc.o della Terra di Limusani a PP. E F.lli stanzianti in esso, come il Laico Professo Fra’ Gio: Covatta, Figlio di q.sto Convento, perche nell’ingresso alla Religione, e sua Professione non fece alcuna renonza à beneficio del Padre, e F.lli de’ beni, che potevano spettarli, sopra l’eredità Materna, e Paterna, conoscendo ora lo stato miserabile, in cui li F.lli, dopo la morte del Padre, sono ridotti; Considerando per la Carità Cristiana privarli incioche può stendersi, anche perche la Religione sua è pietosa, stimò supplicarne la Sacra Congregazione, e q.lla, con suo rescritto in data di quattro Xbre 1750 (nota: esattamente un anno prima; la circostanza farebbe pensare a disposizione che dettava tempi ben precisi), concorrendo ha benegnam.te commessa al P. Ministro Gen.le, perche essendo vero l’esposto, et ottenuto il Consenso del capitolo del Convento, dia il permesso; intanto detto Fra’ Gio: si contenta ricevere da suoi F.lli, docati venti, e non avendo questi danaro pronto, che ne facessero strum.to censuale, à beneficio del Convento, à sol fine di non vederli astretti in altre miserie maggiori, ma che obligassero à beneficio del Convento, tutti li beni Paterni e Materni, e che l’annuo frutto vita sua durante resti, per comodo di detto Fra Gio:, per suoi Religiosi bisogni, e dopò la morte sua resti in proprietà del Convento, ed altresì, che detti suoi F.lli devono cedere anche un piede d’oliva, che stà sito nel territorio, che oggi possiede Cosmo Piciucco nel luogo la Foresta, e che questo piede d’oliva dovesse vendersi, e cedere anche per uso Religioso di esso Fra’ Gio: diano il consenso, e parere per doverne passare la decisione al P. Ministro Gen.le, à chi dalla Congregaz.ne di Roma sta commessa la cosa, per poterne accappare il suo permesso, e come che = Fra’ Michel’angelo Fracassi si contenta = Fra’ Filippo Cocucci si contenta = Fra’ Giuseppe Paolantonio si contenta = Fra’ Ferdinando Fracassi si contenta = Fra’ Caramuele Farina si contenta = Ita est P.r Guard. Cimini”. Ci sarebbe da discutere non poco sulla necessità “che detti suoi F.lli devono cedere anche un piede d’oliva, che stà sito nel territorio, che oggi possiede Cosmo Piciucco nel luogo la Foresta, e che questo piede d’oliva dovesse vendersi, e cedere anche per uso Religioso di esso Fra’ Gio:”. Come pure sarebbero da analizzare bene quali fossero i veri motivi per cui Fra’ Giovanni “nell’ingresso alla Religione, e sua Professione non fece alcuna renonza à beneficio del Padre, e F.lli de’ beni, che potevano spettarli, sopra l’eredità Materna, e Paterna”. Fu, cioè, quella omessa ‘renonza’ frutto di episodio occasionale e di mera dimenticanza? Oppure non era derivazione da un costume imposto, magari dalla amministrazione del Convento, per accrescerne la disponibilità dei ‘beni’ da gestire? Si ritiene che, per non discostarsi troppo dal vero, ci si debba orientare verso questa seconda ipotesi. Sulle modalità e, soprattutto, sulle condizioni ‘imposte’ (e non va dimenticato che, nel tempo, siamo già a periodo di molto più recente) a chi volesse entrare nella ‘religione’ dei frati Conventuali e, più nello specifico, nel ‘Noviziato’ da essi tenuto a Limosano gettano uno squarcio di luce assai significativa sia l’atto, per il Notaio limosanese Giuseppantonio Lucito fu Francesco, del 17 Maggio 1834, che quello, per il Notaio, pure lui limosanese, ma rogante nella piazza della limitrofa S. Angelo, Fracassi Aquino (ne è evidente il ricordo nella zona di ‘Don Aquino’, ancora esistente nella geografia del paese), del 16 Giugno 1843 329 . 329 ASC, Fondo Protocolli notarili. Come quelli che si riportano nel testo sono diversi gli ‘atti’ che riguardano un individuo “risoluto di farsi Religioso de’ Minori Conventuali”. Con atto del 5 Aprile 1825 il “Chierico D. Luigi Spina del Comune di Spinete, figlio del fu D. Federico, e D.a Prassede Doganiero…, Novizio non ancora Professo in questo Monistero di San Francesco dell’ordine de’ minori Conventuali… coll’espresso consenso… del Reverendo Superiore Padre Maestro F. Francesco Cocucci, attuale Maestro de’ Novizi,… avendo già terminato l’anno del suo noviziato, ha risoluto di fare professione, che perciò ne ha giusta i stabilimenti del 192 Nelle parti più significative si riportano entrambi sia perché, nei patti che con essi vengono stipulati, ognuno è assai differente dall’altro e, soprattutto, sia perché a fare il loro ingresso nell’Ordine si incontrano due persone di estrazione sociale molto diversa. Col primo ‘istrumento’, cui, a parte l’interessato, il solo “molto reverendo Padre Maestro Filippo Fracassi, religioso Conventuale, e Guardiano di questo Monistero di San Francesco, …” è presente e partecipa di persona, “… Francesco del Grosso (nota: fu Gregorio, ‘Contadino nato e dimorante nel Comune di Castelpagano’) ha dichiarato che avendo risoluto di farsi Religioso ha manifestato questa sua determinazione al cennato Padre Maestro, pregandolo a volerlo ricevere nel suo Monistero in qualità di Converso, per quindi professare dopo il tempo stabilito dalle regole dell’ordine. D’altronde il lodato Padre Maestro pria di annuire alle richieste del riferito del Grosso, avendo esaminato lo Stato del Monistero, che trovasi in bisogno di un altro Laico per assistere ai travagli giornalieri, ed al servizio degli altri Padri, si è col consiglio de’ medesimi condisceso a riceverlo, ma sotto i seguenti patti, e condizioni. 1. Che esso del Grosso andando, pria di fare la solenne professione, a mutare di volontà, e spogliando l’abito se ne ritornasse al secolo, se ciò avverrà nel corso del primo anno a contare da questo giorno, non sarà tenuto ad alcuna corrisponsione verso del Monistero, se poi ciò si verificherà dopo il decorso del primo anno, sarà obbligato di pagare al Monistero pel suo mantenimento ducati diciotto all’anno, escluso sempre il primo. 2. Che non ritrovandosi abile ai servizi del Monistero, o pure sperimentandosi di una condotta riprensibile, e non propria per un Religioso, per cui venisse espulso dal Monistero dai legittimi superiori, in qualunque tempo ciò avverrà, non sarà tenuto ad alcun pagamento verso del Monistero, né potrà ripetere dal medesimo alcuna somma. 3. Che siccome egli possiede nella sua padria taluni fondi, cioè una casa di due membri superiori…; ed un orto dell’estensione di una misura circa…, così questi medesimi fondi rimangono assegnati al Monistero sotto la seguente condizione e riserva = Ch’esso del Grosso dovrà godere e percepire le rendite di detti fondi al tempo della sua professione per uso di vestiario, e che due mesi prima di farla, egli dovrà vendere tali fondi ed il prezzo depositarlo nella Cassa del Monistero per impiegarsi in compra d’annue rendite, onde supplire al suo vestiario, che gli dovrà somministrare il Monistero in prosieguo. Finalmente nel caso ch’egli abbandonasse volontariamente la Religione prima di professare, i fondi medesimi restano vincolati, e specialmente ipotecati a favore del Monistero pel conseguimento de’ ducati diciotto annui da pagarsi pel suo mantenimento, come sopra si è stabilito. (…).”. Col secondo dei due indicati atti “Noi qui sottoscritti P.re Maestro Giuseppe Borsella Guardiano del Convento de’ Minori Conventuali di S. Francesco di questo Comune di Limosani, non che P.re M.ro Gennaro Janigro, e P.re Venanzio Fracassi tutti sacerdoti componenti, e rappresentanti l’attuale famiglia del detto Convento, precedentemente consiglio conventuale tenuto a norma delle regole monastiche, col presente mandato… nominiamo nostro speciale Procuratore il Sig.r D. Giuseppe Janigro di D. Nicola Avvocato domiciliato in Campobasso, affinché lo stesso ci rappresenti nell’Istrumento, che andrà a stipolarsi tra questa Comunità, ed il Signor Giudice della G.C. Criminale di Molise D. Raffaele Bracale del fu D. Gaetano domiciliato in Campobasso relativamente alla ricezione Sacro Concilio Tridentino ottenuto dal prelodato Monsignor Generale di questa Diocesi di Benevento la formale licenza in data de’ tre del caduto Marzo… (…). E perché uno de’ principali istituti della medesima Religione è il voto della povertà, così prima di professare intende rimanere orbo di qualunque possidenza, e perciò pel fine suddetto ha risoluto di voler da ora per quando seguita sarà la sua solenne professione,…, rinunciare e donare a pro della sua madre D.a Prassede Doganiero, e de’ suoi germani D. Francesco, e D. Raffaele Spina tutti i suoi beni,…”. 193 di figliolanza di D. Federigo figlio del detto Sig.r Giudice Bracale. Quale stipola verrà fatta sotto i seguenti patti. 1°: Il Signor Giudice Bracale assegna al convento di S. Francesco de’ Minori Conventuali di Limosani per metterlo al caso di dare la figliolanza a suo figlio docati trecento cinquanta. 350:00. con gl’interessi in ragione del sei -6- per cento a contare dal giorno della stipola sino all’adempimento. Questa somma dovrà pagarsi unita agl’interessi corrispondenti nel giorno in cui il figlio di lui D. Federigo ammesso alla figliolanza di detto Convento professerà i voti monastici. (…). 2°: Somministrerà il Sig.r Bracale al figlio D. Federigo un letto competente, un candeliere di ottone ad olio, un tavolino. Un competente numero di lenzuola, facce di cuscini, ferrajolo, camice, ed abito monacale per una sol volta; al che già adempiuto giusta l’assicurazione di D. Federigo che fin dal dì 1.° Giugno corrente entrò in Monastero ed ha fatto conoscere di aver recati detti oggetti. 3°: Si obbliga inoltre il Sig.r Bracale di pagare annui docati quindeci -15:00- al figlio dal giorno in cui entrerà formalmente fino al giorno in cui diverrà sacerdote, onde potersi provvedere di abiti, e fare i viaggi di studio qualora esce dal Convento nativo, ed i viaggi delle ordinazioni a suo proprio conto,… 4°: Qualora terminato l’anno del Noviziato il detto D. Federigo non voglia più abbracciare lo stato monastico, ed abbandonasse il Convento suddetto il Padre di lui D. Raffaele Bracale sarà obbligato di pagare a questo medesimo Convento di Limosani docati settantadue -72:00- per gli alimenti somministrateli per tutto l’anno. 5°: Le spese dell’Istromento e copia da rilasciarsi al Convento di Limosani a carico del Sig.r Bracale. (…).”. Avendo già accennato in precedenza alla diversità di trattamento da parte della 'famiglia monastica' a seconda della estrazione sociale di chi era “risoluto di farsi Religioso”, non è possibile a questo punto non aggiungere qualche essenziale considerazione. La prima, relativamente ai documenti riguardanti il Convento di Limosano, porta ad evidenziare la consuetudine, molto antica (ma allora quasi certamente era una prassi ‘normale’), avendone trovato traccia tra gli atti del Notaio Ramolo Nicolamaria, limosanese, sin nell'ultimo trentennio del '500, e che si conservava, ma solo per gli 'affari' più importanti, ancora nel secolo XIX, di nominare, per i rapporti verso l'esterno e che, almeno per il periodo più antico, concernevano passaggi di moneta da fissarsi con atto notarile, uno “speciale Procuratore”. Anche se sembra essere stato un espediente studiato per aggirare in qualche modo il voto di povertà, di esso, tuttavia, in epoca recente spesso non si teneva più conto. La seconda permette di rilevare come, nell’ultimo atto riportato, mentre da parte del Convento (si noti che con tale termine si viene rimpiazzando quello di ‘Monistero’) non viene in pratica assunta obbligazione alcuna, i cinque ‘patti’ che avrebbero dovuto concordarsi in realtà altro non sono che delle vere condizioni “relativamente alla ricezione di figliolanza di D. Federigo figlio del detto Sig.r Giudice Bracale”. Queste, che, come risulta chiaro da altro analogo atto del “nove del mese di Novembre dell’anno 194 milleottocentotrentaquattro” 330 , potevano variare e variavano da caso a caso, altro non erano che delle vere imposizioni. La terza e, per non essere pesanti, ultima considerazione riguarda il rilevante arricchimento che ne veniva al Convento da un ‘ingresso’ nell’Ordine (e traspare più che evidente l’interesse a farlo, per il prestigio che ne derivava, per gli esponenti della borghesia, che in cambio ricevevano anche la contropartita di poter amministrare patrimoni ingenti). Altro non rimane, a margine di tutto quanto annotato, che rilevare (si veda il ‘patto’ 2°) la composizione delle cose dotali e delle attrezzature necessarie al vivere quotidiano richieste al monacando, il quale risulta, nel nostro caso specifico, che già da alcuni giorni “entrò in Monastero”, portandosi dietro tutte le masserizie “somministrategli” dal padre. A questo 330 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Notaio LUCITO Giueseppantonio della piazza di Limosano. Si trascrive interamente l’atto dal quale è possibile ricavare ulteriori notizie sulle abitudini di vita dei frati. “Il dì nove del mese di Novembre dell’anno milleottocentotrentaquattro. Regnando Ferdinando II° per la grazia di Dio Re del Regno delle due Sicilie, di Gerusalemme. Avanti di noi Giuseppantonio Lucito fu Francesco, Notaio di residenza nel Comune di Limosani in Provincia di Molise, e de qui sottosegnati Testimoni sono comparsi Il Signor Prospero Quaranta fu Salvadore, Ferraro, nato e domiciliato nel Comune di Agnone, ora qui venuto di persona, da una parte Et i Religiosi Minori Conventuali di San Francesco regenti e transeunti in questo Monistero di Limosano, cioè Padre Vincenzo Carnevale, Guardiano, Padre Collegiale (nota: è probabilmente da intendersi come ‘Specializzando’) Gennaro Ianigro, Padre Erasmo de Angelis, Sacerdoti, Fra Eduardo Iammarino, Diacono, e Fra Domenico Zingarelli, Suddiacono, dall’altra parte Tutti a noi ed a Testimoni ben cogniti. Il detto Signor Prospero Quaranta ha dichiarato, che avendo il suo figlio Don Gennaro di condizione Studente risoluto di farsi Religioso de’ Minori Conventuali, ha manifestato questa sua risoluzione ai precennati religiosi, pregando loro a volerlo ricevere in questo Monistero di Limosano in qualità di figlio del medesimo Convento, e spedirlo al luogo proprio del Noviziato, per quindi professare nel tempo stabilito dalle regole dell’ordine, obbligandosi esso Signor Prospero di equipaggiare il suo figlio in tutto l’occorrente, di pagare tutto lo spesato necessario per tutto il corso del Noviziato, e di anticipare al Monistero di Limosano la somma di ducati duecento per tutte le altre spese bisogneranno allo stesso suo figlio dal giorno della sua solenne professione fino a che giunto sarà al Sacerdozio. Download 5.01 Kb. Do'stlaringiz bilan baham: |
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