Francesco bozza
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ed Utile Signore’ di esercitare, quando non di imporre, gli “jus prohibitivi” sia sulla “libertate Civium in moliendis oliviis (= libertà dei cittadini di macinare le olive)” che su quella di cuocere nei ‘Forni’, che non fossero ‘marchesali’. Circa lo ‘jus prohibitivo’ della “libertà di macinare le olive” il punto più alto dello scontro lo si toccò nel Gennaio del 1729. E’, difatti, del 3 di tale mese la “Fides publica pro Unitate 418 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Notaio CARRELLI Gian Donato della piazza di Fossaceca. 263 Terre li=Musanorum” 419 , assai importante, oltre che per il fatto che vi presero parte alcune donne, per conoscere usi e costumanze dell’epoca, con la quale “si sono personalmente costituiti nella presenza nostra Giuseppe di Giovan Martino di Tata di anni ottantatrè, Silvestro Franciosa di anni settantadue, Lionardo d’Amico di anni settanta, Domenico Luciano di anni settantuno, Angelo Greco di anni ottantatrè, Orazia Covatta di anni cinquanta et Orazia Antonia d’Amico di anni sessanta…, li quali spontaneamente hanno asserito…, come se bene, in d.a Terra de li=Musani vi sia stato e vi sia il Trappeto per macinar olive, e far oglio, che ogn’anno si è affittato, e si affitta dalla Camera Marchesale à Cittadini, che applicano à d.o affitto; Mai però li Cittadini di d.a Terra, hanno potuto essere forzati, e costretti dall’Affittatori di d.o Trappeto, né da altri à portare le loro olive à macinarli in d.o Trappeto, per non esservi mai stato jus prohibendi, essendo sempre stato lecito ad ogni Cittadino, à loro disposizione, e libera volontà di andare a macinare in d.o Trappeto, e in altro luogo che li è piaciuto, senza poter essere impedito dà alcuno; e per la libertà, in che sempre hanno vissuto i Cittadini per tutto lo passato, chi è andato in d.o Trappeto, chi se li hà fatto in casa, e chi è andato altrove, tanto che il fù Mastro Alessandro Sebastiano sempre andava à macinare le sue olive nella Terra di Lucito…; come sempre anche ci andava Domenico Sebastiano suo Fratello…, come anche il q.m Medico Lucatelli di questa Terra sempre mandava le sue olive, in d.a Terra di Lucito; la Moglie del q.m Angelo Romano se li faceva in casa; li q.m Tomaso Covatta, e Giovan Carlo Covatta hanno sempre tenuto la mesa di legno in lor casa, et ancora la tengono li suoi eredi, dove facevano l’oglio a pede, e veniva ogn’anno à farli un certo Ciannone di Montagano, il quale anche lavorava in casa di Domenico Carrozzo, vicino la Porta del Borgo, e faceva oglio à tutti quelli Cittadini di questa Terra, che volevano servirsi di lui, non ostante che macinava d.o Trappeto, e sempre in tutto il tempo di lor vita, i Cittadini han vissuto in d.a libertà; anzi un anno, il fù Don Scipione Robustelli Padrone di questa Terra dè li=Musani volle costringere il d.o q.m Mastro Alessandro Sebastiano à portare le sue olive à macinare nel Trappeto di questa Terra, e impedirli di portarli in Lucito, essendosi risentiti l’Università, e suoi Cittadini di tal proibizione, non poté d.o Sig.re restringere la libertà nella quale si ritrovava l’Unità, e suoi Cittadini, li quali sempre sono andati à far oglio dove li è piaciuto, e così fin oggi li Cittadini hanno sempre continuato nella loro libertà antica; et in tutti gl’anni à dietro, varij Cittadini, perche conoscevano, in andar fuora, l’utile, e l’avanzo loro, che non ritrovavano, e non ritrovano in d.o Trappeto, dove ci hanno sperimentato molta perdenza, perche l’Affittatori, in macinare l’olive, tengono la macina alzata, che non troppo macina, danno pochi miscoli, e la varra corta, che non puo torcersi l’oglio, perche lasciandosi per essi loro la Noccia, la tornano à macinare, e ne cacciano tanto più oglio, che non ne cacciano i Cittadini nella prima molitura della olive; sono andati liberamente à far l’oglio nella Terra della Petrella fin l’anno passato, mille settecento ventotto, senza che fossero stati impediti, né ostacolati da alcuno, per essere detti Cittadini nell’antica libertà; ed han soggiunto detti Constituti, che han sempre inteso dire dà loro Antenati, e quelli dall’Antenati loro che li Cittadini di d.a Terra de li=Musani sempre sono stati in libertà di poter andare a far l’oglio dove li pareva, e piaceva, senza poter essere astretti à portare l’olive in d.o Trappeto, et ita iuraverunt”. Ci si stava preparando allo scontro. E bisognava farlo per bene. E, così, qualche giorno più tardi, era il 7 Gennaio, “si sono personalmente costituiti… Antonio Angelilli di anni settanta, Mastro Pietro Piciucco di anni sessantaquattro, Gasparo Covatta di anni sessanta, Laur’Antonia Covatta di anni cinquantatré, Catarina Covatta di anni quarantacinque, e Vincenzo d’Amico di anni cinquantacinque,…, li quali spontaneamente hanno asserito, che 419 ASC, Fondo AMOROSO, Protocolli Notarili del Notaio AMOROSO Francesco Antonio di Limosano. Dello stesso Notaio sono tutti gli atti che riguardano la vicenda e che, per non appesantire il lavoro, si eviterà di citare. 264 in d.a Terra de li=Musani non vi sia mai stato Jus prohibendi sin oggi pred.o giorno, di poter essere i Cittadini costretti a portare à macinare le loro olive, e far oglio nel Trappeto di questa sud.a Terra, essendo sempre stati li Cittadini, quantunque macinasse il Trappeto, à loro libera volontà, di andare à macinare l’olive, e far l’oglio dove li è piaciuto,…”. Ed ancora il 12 Gennaio, sempre del 1729, “si sono personalmente costituiti… Lionardo Marchetta di anni sessantatré, Pietro Santone di anni sessanta, Francesco Ricciuto di anni cinquantatré, Giovan Battista d’Orzo di anni cinquantacinque, Donato Franciosa di anni cinquanta, Francesco Corsetta di anni sessanta, ed Anna Cornacchione di anni cinquantanove,..., li quali spontaneamente hanno asserito… come, se bene in q.sta Terra sud.a vi sia il Trappeto dà macinar l’olive, e far oglio, mai li Cittadini, per la libertà, in che sempre hanno vissuti, hanno potuto esser forzati, è costretti andare a macinare le loro olive in d.o Trappeto,…”. A parte il cenno, assai importante, ad un precedente tentativo fatto già da Don Scipione Robustella di limitare la libertà “in moliendis olivis”, come erano andate esattamente le cose lo si apprende dalla “Protestatio prò Unitate Terre li=Musanorum” del 18 Gennaio, quando “ad istanza, e richiesta fattaci dalla Mag.ca Università di d.a Terra, e per essa dalli suoi Mag.ci Sindico, ed eletti, Domenico del Gobbo Sindico, Francesco Gravino, Cosmo Minicuccio, Benedetto Pasciarella, Libero Amoroso, Donato del Gobbo, e Nicola Cipriano, persone del Governo della sud.a Unità,…, ci siamo personalmente conferiti avanti di V.S. Mag.co Diego Longo Attuario della Corte Marchesale della d.a Terra, li quali Sindico ed eletti,…, dicono, come essendosi preteso dall’Affittatori del Trappeto di d.a Terra, Donato Marchetta, Giuseppe Russo, Domenico Russo e compagni, introdurre un Jus prohibendi à Cittadini, li quali sempre, et ab antiquo, fin oggi hanno vissuti in libertà, di poter andare à macinare le loro olive, ove li è piaciuto, ò di far l’oglio à pede nelle proprie case: fecero sin dalli primi di Novembre prossimo caduto, emanare un bando penale, proibendo con esso i Cittadini, di non servirsi più della solita libertà, costringendoli senza ragione ad andare forzosamente à macinare in d.o Trappeto, il q.le ogni Cittadino l’hà fuggito, e lo fugge, per ragione che l’olive, in esso, poco, anzi nulla si macinano, e pochissimo oglio se ne ricava, à ragione, che li d.i Affittatori si lasciano le d.e olive meze macinate, che chiamano la noccia, e poi la tornano a macinare per essi loro, e ne cavano tanto più oglio, che non ne cacciano i Cittadini nella prima molitura, et altro di danno, che se ne conosce; al q.le bando si risentì l’Unità sud.a con sua istanza presentata in essa Corte alli otto di Novembre mille settecento ventotto, e lo rivocò, doppo di che, Luzio Fracasso Erario della Camera Marchesale pretese comparire in Reg.a Camera, et ivi esponere cose lontanissime dal vero, dalla quale ne ottenne provisioni, con cui si ordinò alla Corte di d.a Terra, che ritrovandosi l’Ill.mo Marchese nel possesso del Jus prohibendi, in tale caso avesse fatto mantenere il med.mo nel possesso; in pié delle quali provisioni, la Vostra Corte citò l’Unità protestante a vedere il giuramento de Testimoni dà esaminarsi sopra il tenore delle provisioni, chiamando per testimoni Domenico di Luca persona da campagna non saputa del fatto, Mercurio Covatta Inimico dell’Unità per la lite che passa con esso, Giovan Battista Granitto parziale della parte, e Silvestro Franciosa, cognato dell’Erario; al che essendosi opposta l’Unità med.ma, dichiarò sospetti i Testimoni, e sospetta la Corte sud.a, con sua istanza presentata nella med.ma nello stesso giorno quattordici di Gennaro corrente mille settecento ventinove, nel qual giorno dà V.S., e Vostra Corte li furono fatte notificare d.e provisioni; ciò non ostante pure procedestino all’essame di d.i Testimoni, ributtando Silvestro Franciosa, il quale deponendo il vero, fu licenziato, et in sequela, con insanabili nullità, à precipizio, il giorno seguente, alli cinque (nota: ma dovrebbe essere il 15) del corrente Gennaro, mille settecento ventinove, senza voto di Consultore, senza far procedere di munizione, ò almeno citazione ad dicendum causam quare non dovessero i Cittadini essere 265 sottoposti ad un tale Jus prohibendi, che mai hanno patito; se li spiccica decreto, col quale si ordina, che l’eletti non turbino l’Ill.re Possessore dal possesso di d.o Jus prohibendi, in che mai è stato, togliendo à Cittadini quell’antica libertà, che sempre han goduto; sotto la pena di onze venticinque d’oro, del qual decreto l’Unità protestante, nello stesso giorno quindici Gennaro mille settecento ventinove ne propose la nullità per capita, à riserba dell’altre da proporsi in Reg.a Cam.a, ove reclamava, e rivocò con d.a istanza il nuovo bando ingiustamente fatto emanare, demandando parimente in esse gl’atti su tal cassa fabricati fin dal mese di Novembre Mille settecentoventotto; dopo di che essa Unità protestante alli sedici del corrente Gennaro, con sua istanza presentata ad essa Corte, domandò gl’atti tutti originali à percontare, e gli furono allora denegati, à caosa che correva giorno di festa, ed essendo tornati questa mattina diciotto del corrente in d.a Corte, e richiedendo a V.S. Sig.r affittuario, e Corte in solidum, detti atti tutti, gli sono stati all’in tutto denegati, sotto colore di haverne fatta la rimessa in Reg.a Cam.a, facendoli sentire di vantaggio, in presenza di Pietro Santone, e Cosmo Greco, ivi ritrovati à caso, di non aver inserito in d.o processo l’istanza della Protestante, presentata fin dalli otto di Novembre mille settecento ventotto, ne quelle presentate alli quattordici, e quindici, e sedeci del corrente, anzi ha preteso restituirli alli detti eletti protestanti, in pregiudizio delle ragioni dell’Unità, e suoi Cittadini; che però dicendo di nullità di tutti gl’atti dà voi fabricati, come allegati sospetti, cum iuramento, per li Testimoni invalidamente esaminati, e per l’altre nullità proposte in dette loro istanze, alle quali ineriscono, e per altre da proporsi in Reg.a Cam.a, come altresì, si protestano citra quos per non essersi inseriti in processo le rag.ni dell’Unità, del che dà hora ne fan ricorso, e reclamano à d.a Reg.a Cam.a, e si protestano di tutti danni, spese, ed interessi, patiti, et pathienti, et acciocché non possiate allegare scusa d’ignoranza, costituendovi in mala fede, dolo, ò lata culpa, his sumptis, ne lo notificano” 420 . Non poco sarebbe da dire sulla collusione tra il potere economico degli ‘Affittatori’ (e pure la Camera, o Corte, Marchesale si gestiva in ‘affitto’) e quello dei ‘dipendenti’ dall’ “Utile Signore”; sui ‘mezzi’ a disposizione dell’Università per difendersi dagli attacchi, quando non veri e propri soprusi, sferrati dal feudatario; e sulla considerazione che quest’ultimo teneva per l’organizzazione sociale ed economica dei suoi ‘vassalli’. Ma, se qui si facesse ciò, si correrebbe il rischio di andare fuori dal campo in cui si sta seminando. Registrato il tentativo (ed anche in questo caso veniva fatto dal ‘figlio’ del Mastro di Campo) anticipatore e premonitore di Don Scipione Robustella, è durante i primi anni del XVIII secolo che, dopo la parentesi di un venticinquennio circa di gestione più ‘illuminata’ e tranquilla da parte di Don Francesco prima e, poi, di Don Giuseppe Casimiro, con quel Don Domenico, che, terzo titolare del feudo, rappresenta la ‘seconda’ generazione della famiglia di Grazia, inizia a riacutizzarsi la virulenza dello scontro, in cui però da adesso il Marchese è da una parte sempre più solo e, dall’altra, il numero dei ‘cives’ si fa numeroso. E’ del 30 Agosto 1703 la “Protestatio” di circa cento cittadini (dei quali sono indicati tutti i nomi), che “dichiarano, che mai da immemorabile tempo si è costumato, né usato, che il Mag.o Gub(ernator).e debia intervenire ne’ consegli publici, ma solo il Mag.co 420 A proposito della moralità o, meglio, della scarsa moralità degli ‘Affittatori’ del Trappeto, va detto che Donato Marchetta, qualche anno prima, era stato ‘carcerato’. Da un atto del 7 Ottobre 1725 (Not. Amoroso) si sa di un “processo formato da quella Corte de li=Musani per la caosa del furto del grano del Palazzo, si ritrova deposizione sopra la fuga di Donato Marchetta carcerato, a limatura di ferri, che quello teneva… Fù chiamato dal Mag.co Gov.re Gaetano li Partiti, dal quale li furono consegnati le chiavi della Cucina di d.o Palazzo, dove stava carcerato Donato Marchetta, e li ordinò, che fosse andato a vedere se d.o Donato si avesse cacciato li ferri, ed essendo andato… in d.a Cucina, et aperta quella colle sud.e chiavi,…, ivi entrarono, ed avendo osservato molto i ferri, che teneva alli piedi d.o Marchetta, ritrovarono, che se bene la zeppa di ferro andava meno della metà del palo di ferro, per essere d.a zeppa alquanto lasca, però d.a zeppa non poteva mai uscire di q.lla maniera che stava, ne conobbero, che fosse stata limata d.a zeppa, e visto tutto ciò se ne uscirono da d.a Cucina, con lasciare d.o Marchetta ivi dentro carcerato, e ferrato come prima,…”. 266 Camerario dell’Ill.mo S.r M.se Padrone di d.a Terra, della qual cosa si protestano con tutti termini di dovere, et d’ogni danno, et interesse, che forsi per d.o fatto potesse sortire, non pregiudicandosi li loro Capitoli, e Privilegij, ma che il Sig.r Governatore esci da d.a Casa di d.a Mag.ca Unità acciò li Cittadini… per loro servizij, et utile del publico possono proponere tutto quello li sarà necessario à loro favore con l’intervento del p.tto Mag.co Camerario” 421 . Nella “Replica di d.o Mag.co Governa.re” egli “dice, che non impediscie à publici Cittadini di ricorrere per la giustizia l’assiste à piedi di S.E., e suo Regio Collaterale Consiglio, che ivj portino le loro raggioni, e frà tanto fa istanza che in virtù dell’Ordine di S.E. P.ne, e suo R.o C.le Consiglio, che si debia mandare in esequuz.ne il d.o Ordine,…, che debiano fare nuova elettione, stante così è sua volontà,…, et a Contravenienti di loro si debiano confiscare tutti li loro beni secondo nelle pene incorse, e che si adnotino tutti li Cittadini intervenienti in d.o publico parlamento, et che ad uno, ad uno dichino, et dichiarano il lor parere, e se vogliano mandare in esequz.ne l’ordine predetto,…”. Qualcuno, forse per timore, tentò allora anche la via del compromesso, se è vero che “intesa la protesta p.tta da tutti i Cittadini si è soggiunto unico actu dal Mag.co D.r Fisico Giacinto Corvinella, il quale è d’opinione, che per la quiete Universale di tutti i Cittadini, che in virtù dell’Ordine del Principe esibitosi, il quale ordina che si faccia nuova elettione delle persone del Governo di d.a Terra di Limusano à causa che il parlamento fatto alli Dieci Agosto presente Anno, Mille Settecento, e Tre per d.o effetto s’adnulla, à causa, che non vi ci fusse intervenuto il Mag.co S.r Go.re, Dico, come s.a ho detto, son d’opinione, Che li Mag.ci del Governo passato continuassero l’Officio per dieci, quindici, o venti giorni, et sino a tanto, che il publico porta le sue ragioni, Capitolazioni, antichità, et consuetudine, et quelle liquidarsi con quello giusto ordine, che sarà di giustizia”. Ma, “intesa la proposta da tutti Cittadini”, questi imposero “unica voce, et nemine discrepante, Che vogliono il Governo nuovo nuovamente eletto, come per il precisato Consiglio appare sotto la data delli dieci del presente mese d’agosto con osservarsi tutti loro Capitoli, et ogni altra Consuetudine antica, et non altrimenti, stante l’esposta fatta in Sacro Consiglio appresso di S.E. si è conosciuto evidente esser surrettizia per le cause notorie che d.i Citadini rappresenterando appresso Sua E.za”. I cento è più ‘cives’ limosanesi si erano, dunque, resi conto che lo scontro stava per rivestirsi dei connotati della globalità e che, se volevano mantenere, almeno in parte, quei diritti e quei ‘privilegi’, di cui avevano “ab antiquo” 422 sempre goduto, dovevano prepararsi a “vertere lites” ed anticipare, se possibile, le mosse del loro ‘Marchese’. 421 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Notaio VENTRESCA Gregorio della piazza di Lucito. 422 Che Limosano abbia goduto di antichi diritti e questi abbia sempre reclamati lo prova il fatto che “nella seduta consiliare del 28 maggio 1636, il Comune di Benevento accoglieva la seguente istanza del sindaco e degli eletti di Limosani: ^Ill.mo et Rev.mo Monsignor Vice-Governatore di Benevento et molto illustri et molto eccellenti Consoli et Consilieri di detta Città, l’Università et particulari della Terra delli Musani, umilmente fando intendere alle SS.VV. in questo pieno e spettabile Consiglio, come detta Università e successivamente li suoi cittadini sono da tempo immemorabile stati franchi et immuni nella città di Benevento da qualsiasi pagamento di datio, doghana et ogni altra imposizione ordinaria che pagano i forestieri, così come li medesimi cittadini et oriundi della città di Benevento et è noto a bona parte delle SS.VV. acciò che per l’avvenire non vi sia novazione alcuna et che dalli officiali doghanieri et altre persone non informate di tali privilegi et immunità, detta Università et suoi particulari non siano molestati, presentano davanti le SS.VV. le fedi di dette loro franchitie, le quali fando istantia si conservino con le altre scritture di detta Città ad futuram rei memoriam et supplicano anche le SS.VV. che senza alcun pregiuditio dei primi privilegi, decreti et scritture qualsiasi a favore di detta Università e particolarmente per detta causa, si degnano confirmare per decreto tutte le sopra dette franchitie, immunità et esentioni che altre volte le sono state concesse et confirmate et il tutto l’haverà a gratia ut Deus^. Firmarono l’istanza ‘Vincenzo da Lena’ Sinico e ‘Joseppe Lenguecitto’ eletto; gli altri quattro eletti col solito segno di croce. Poi, ‘facto verbo, inter consiliarios’ sulla validità dei documenti esibiti, venne decretato che ‘dicta Terra Musanorum’ fosse esente e libera da ogni contributo fiscale” (v. BOZZA F., op. cit., pag. 177). 267 E’ quanto avvenne circa la pretesa “se abbia l’Illustre Marchese jus proibitivo delli Forni , e se possa a’ Cittadini impedirne la costruzione di quelli per cuocere il pane per proprio uso, e delle di loro case, Famiglie, ed Operarj: e se la Università, che gode la Gabella sul pane, che si fa a vendere, possa aprir Forni per la Cottura di quello” 423 . Al riguardo “non abbiamo rastro di documento che prima del 1704 i Marchesi di Limosani avessero a’ loro Vassalli fatta la proibizione di tener nelle proprie Case i Forni”. Ed, anzi, “solo rilevasi che nell’anno 1704 comparve nel S.C. la Università di Limosani, e propose varj gravami. Nel primo disse il seguente: ^Quia cogit, et compellit Cives, et Vassallos, ut accedano ad coquendum panem in suo Furno tantum eum et nullum competat jus prohibendi, et sit libertate dictorum Civium coquere ipsum panem ubi maluerint, sicuti a immemorabili dictam facultatem habuerunt, et postmodum dicti Barones vi, et metu praedictam libertatem adimere quaesiverunt, prohibenda ne alia Furna construerentur…^, e speditasi la controsupplicata fu notificato al Procuratore dell’Illustre Marchese, il quale oppose varie eccezioni, e particolarmente oppose di non potere gli Amministratori dell’Università intentare tal lite…”. Il solo anticiparlo, evidentemente, non bastò. Tanto è vero che “nell’anno 1708 comparve nell’istesso S.C. il Marchese di Limosani, e con sua istanza disse, di ritrovarsi nel legittimo possesso del jus proibitivo delli Forni, dimandò che niente si fusse innovato, e che pretendendo qualche cosa la Università l’avesse formalmente dedotto nel S.C.”; ma senza “che niun atto proibitivo dal Marchese di Limosani si dimostra, che ha preceduto alla lite introdotta”; ed, inoltre, gli atti proposti non erano “valevoli a dimostrare l’acquiescenza de’ Vassalli col lasso del tempo di 30 anni”. Di nuovo “nell’anno 1728 comparve nella R. Camera il Marchese di Limosani, disse che tra i corpi feudali possedeva il jus prohibendi i Forni, ed i Trappeti ad uso di macinar olive, che i Cittadini volevano interrompergli quel possesso, quando con bandi penali aveva proibito a’ Cittadini di macinar l’olive in altri Trappeti, che alli suoi… Si spedirono le provvisioni colla clausola verum habens, le quali furono presentate alla stessa Corte di Limosani a’ 15 Gennaro 1729, notificate agli Eletti di quel tempo. La quale Corte nell’istesso giorno esaminò tre Testimonj Cittadini (nota: della vicenda già si è riferito), i quali deposero il possesso del jus proibitivo del Forno, e del Trappeto. In vista delle quali deposizioni la Corte locale pubblicò li bandi, acciò nessuno Cittadino andasse a macinar le Olive in altri Trappeti dell’estere Terre”. Ma “non ostante questo bando, e non ostante questo preteso jus proibitivo nell’anno 1754 il Download 5.01 Kb. Do'stlaringiz bilan baham: |
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