Francesco bozza
quale S. M.ro dè Campo D. Dom.co , Barone di d.a Terra, coma sop.a quanto prattico, e
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quale S. M.ro dè Campo D. Dom.co , Barone di d.a Terra, coma sop.a quanto prattico, e prode nell’Armi, altretanto inesperto nelle leggi, à 18 del Mese di Novembre di d.o anno 1670, mediante Istr.nto stipulato per mano del q.m Not.r Carlo Graziano di Napoli, vendé, e cedé all’Università di d.a Terra di Limosano frà l’altre la mettà di d.o Feudo quaternato di Cascapera per lo vil prezzo di docati trecento,… (…). … fù il sud.o contratto riguardo il sud.o Feudo, ipso jure nullo. (…). … ma per ogni miglior modo, e via, ne ha rivocato, irritato, ed annullato, siccome rivoca, cassa, irrita, ed annulla il sud.o Istrumento in quanto all’alienazione, e dismembrazione della mettà di d.o Feudo di Cascapera come sop.a fatto dal d.o fù M.ro di Campo D. Dom.co Robustella in beneficio della d.a Università della Terra di Limosano in virtù del sud.o Istrum.to de 18 Novembre 1670…”. Una copia estratta dell’atto, per mano del Notaio de' Falco ‘de Neapoli’, arrivò dopo pochi giorni a Limosano. Tanto che il Notaio Amoroso, prima del 15 dello stesso mese, “a’ fine di doverveli notificare… ve ( = al Sindico ed eletti) lo notifichiamo, e ne rilasciamo nelle vostre proprie mani altra consimile copia con essa confrontata, e comprobata, affinche non possiate allegare scusa d’ignoranza,…” 396 . Il ‘Mastro di Campo’, o ‘Tribunus militum’, Don Domenico Robustella, che, già anziano, lo avrebbe comprato probabilmente per i suoi discendenti, tenne il feudo di Limosano, dove nel frattempo si è fatta più visibile la contrapposizione tra i ‘demanialisti’ sostenitori di una certa 395 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Notaio DI BARTOLOMEO Francesco della piazza di Ripalimosani. 396 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Notaio AMOROSO Francescoantonio della piazza di Limosano. 248 autonomia degli ‘homines ad gubernium et regimentum’ ed i ‘feudalisti’ schierati dalla parte del ‘barone’, emersa nel periodo dell’ultima generazione dei Campanile, appena sette anni. E’ quanto può leggersi in quella circostanza, per cui, nell’assenza, cosa assai singolare, di ogni partecipazione da parte degli ‘homines ad gubernum’ dell’Universitas civium di Limosano, “Don D. Scipione Robustella filio primogenito Do.ni Tribuni Militum D. Dom.ci Robustella Do.ni et p.ni Terre Limosani” insieme ai soli ‘eletti’ di S. Angelo “in Territorio inter Uni.tem terre S. Angeli Limosani, et Uni.tem terre Limosani… in loco vulgariter dicto, Fonte falcione, prope d.m fontem,… asseruerunt et dixerunt come per la vicinanza et confinanza… vi sono nate alcune differenze di confine alla parte nominata e chiamata Colle Vaccaro, et ancorche vi sia Istrumento corroborato et asservito in publica forma rogato per mano del q.m Not.r Paduano di Luca della Terra di Gambatesa sotto li sei del mese di giugno dell’anno mille cinquecento quarantasette”, per risolvere le quali “le parti dicono essere venute in convenzione et concordia di fare venire un Compassatore per fare compassare et squadrare d.e confine”, nella persona di “Loffredo Dardinello della Terra di S.to Elia Compassatore ordinario et Architetto” 397 . E non può non ricondursi che a quella contrapposizione anche la ‘risposta’, di qualche mese più tardi (v. nota 44), con la quale si confermava che “è risoluta questa Università formare li Capitoli nuovi, acciò detto Signore, quelli riconosciuti, si degni confirmarli”, i quali “Capitola municipalia”, così riformulati, ascendevano “ad numerum sexaginta novem”. Difficile dire se fu la presa di coscienza di una tale situazione di ‘scontro’ tra l’Università ed il proprio ‘utile Padrone’ o il presumibile accordo prematrimoniale, con cui Don Francesco di Grazia impegnava uno dei suoi eredi, Giuseppe, allora quattordicenne, a sposare la figlia di Don Domenico, Paola (troveremo entrambi, lui 29 e lei 17 anni, sposati e con il primo figlio, Emanuele, di soli tre mesi a risiedere nel marzo del 1692 a Limosano) di circa due anni, a più condizionare la decisione di quest’ultimo di vendere il suo feudo. Il passaggio di proprietà dal ‘Tribunus militum’ Domenico Robustella, il quale lo vendette “libere et absque ullo pacto rehemendi ipso Domino Francisco de Grazia”, si ha per gli effetti del “publico instrumento rogato manu Notarij Caroli Gratiano die tertia decembris anni millesimi sexcentesimi septuagesimi septimi (= 3 Dicembre 1677)”. Stranamente (o, forse, deliberatamente?) il nuovo ‘barone’ non dimostrò nessuna fretta di prendere il possesso del ‘suo’ feudo della Terra di Limosano, che, questa volta, non fece neppure di persona, ed aspettò il 26 Febbraio dell’anno seguente, “non volens ipse D.nus Franciscus ad infrascripta vacare, aliis de causis impeditus”, a nominare come “suum Procuratorem” il “magnificum Joannem Carolum Luongo in dicta Terra Limusani commorantem, absentem uti presentem, ad procuratorio nomine, et prò parte ipsius Domini 397 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Notaio CARRELLI Giandonato della piazza di Fossaceca. Dall’atto, del 25 Settembre 1672, risulta la seguente ‘terminazione’: “In primis si è posto il primo termine… vicino lo Vallone di Colle Vaccaro con le lettere alla parte di S.to Angelo di una S. et una A. et alla parte di Limosano di una L. et una M. con una Croce fatta sop.a d.o termine, quale stà all’Incontro d’una Pietra grossa che stà in mezzo d.o Vallone, et all’Incontro, alla parte di là di d.o Vallone stando due morgetelle fitte. Et da d.o primo termine tira à direttura capo ad alto dove sta una Pietra fitta, et q.lla stà assignata per secondo termine, sopra la quale ci si è fatta una Croce. Et da d.a Pietra assignata per secondo ter.ne tira à direttura ad alto, si è posto il terzo termine con li testimonj signati con le med.me lettere…, quale termine stà da circa una canna e mezza darusso da una certa Morgitella alla parte destra di q.lla. (il 4° termine termine Et da d.o sesto termine dira à direttura capo ad alto, et dà allo termine antico che sta vicino la fonte falcione, et si è fatto sopra la Croce, quale termine resta in d.o luogo conforme ab antico è stato, et da d.o termine antico sito alla fonte falcione tira à direttura capo ad alto, et conforme con l’altri termini antichi siti nelli luoghi menzionati in d.o Istrumento rogato per mano del d.o q.m Not.o Paduano, quali termini restano conforme ab antico”. 249 Francisci constitutis, et prò eo capiendum, et apprehendendum, veram, realem, liberam, et expeditam possessionem, et tenutam supradicte Terre Limusani, esiusque Vassallorum, ac meri, et misti Imperij, et Jurisditionis Civilis, Criminalis, et miste…” 398 . Probabilmente per disposizioni ricevute in tal senso, anche il ‘magnificus Joannes Carolus Luongo’, “Procurator Utriusque Juris Dottoris Domini Francisci de Grazia de Neapoli”, se la prese comoda. Così, fu solo il 22 Maggio 1678 che, “ante ianuam majorem d.te Terre limosani ditto vulgariter La porta del Baglio prope Palatio Baronale”, venne fatta la ‘captio possessionis’. Vi parteciparono “Dominicus de Venera, Donatus Sabetta, et Carolus Fattorinus, Sindeci hodierni Universitatis d.e terre Limosani pro p.ti anno; nec non Joannes Carolus Covatta, Franciscus Ant.us Corvinella, Jacobus Antonius Romano, Carolus del Gobbo, Joannes Lauretius Luciano, et Joseph Gio:Cola hodierni homines eletti ad Regimen, et Gubernium… similiter pro p.ti anno, et nonnulli alij particulares Cives terre p.tte Maiorem, et Seniorem partem Civium eiusdem Terre, totam Universitatem rappresentantes, congregati et coadunati in unum in p.tto loco vocati… per Joannem Petrum Parato Juratum, et Servientem Curie terre”. Davanti ad essi ed all’immancabile Notaio, chiamato per redigerne la ‘publica’ scrittura 399 , il “Mag.cus Joannes Carolus Longo sponte asseruit mensibus elapsis Dominum tribunum militum D. Dominicum Robustella vendidisse, (et) alienasse Utriusque Juri Dottori Domino francisco de grazia de Neapoli d.m terram limosani, sitam, et positam in Provincia Comitatus Molisij cum eius Castro seu fortellitio, hominibus, Vassallis, Vassallorum reditibus, Angarijs, Perangarijs, bonis membris Corporibus, et introitibus, et cum banco iustitie, et Cognitione primarum, et Secundarum Causarum Civilium Criminalium et mistarum, mero mistoque Imperio, et gladii potestate inter homines, et per homines terre pred.e quatuor litteris Arbitrarijs, et potestate componendi delicta penes de corporali in Pecuniarias commutandi, illas remittendi in toto, vel in parte satisfatto prius parti lese, et cum omnibus, et singulis alijs iuris dittionibus, actionibus, pertinentijs, membris Corporibus introitibus redditibus, acquis fluminis, herbagijs, et iuribus quibuscumque et integro stare vigore instrumenti d.e Venditionis fieri rogato manu Notarij pred.i Caroli Graziano de Neapoli, cui relatio habeatur. Et facta assertiva p.tta d.s Mag.cus Joannes Carolus Longo volens quo supra nomine ad capturam d.e possessionis procedere,…, cepit, et apprehendit, ac realiter, et corporaliter adeptus fecit veram, realem, corporalem, vacuam pacificam et expeditam possessionem, ac tenutam d.e terre limosani, recipiendo Claves ianuarum d.e terre…, aperiendo, claudendo Januam p.ttam vulgariter nuncupatam la Porta del Baglio per eam introeundo, exeundo, ambulando, stando, et camminando per d.m terram, aliaque faciendo, quae actum vere, realis, et Corporalis possessionis denotat… (…). … Accessimus ad Castro, seu fortellicio d.e terre, et dum essemus ibidem… cepit, et apprehendit et corpolariter adeptus fecit corporalem, vacuam, et expeditam possessionem d.i Castri seu fortellitij, recipiendo Claves ipsius a Camerario Donato Donatello, aperiendo, et claudendo ianuas d.i castri… (…). … Accessimus ad aliam ianuam vulgariter ditta la Porta del Borgo ibi denotando attum vere possessionis d.e Terre limosani, illam claudendo, et aperiendo… (…). … Accessimus ad aliam ianuam d.e terre ditta la porta delle fucine illam similiter claudendo, et aperiendo, intrando, exeundo… (…). 398 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Notaio DE LUCA Carlantonio della piazza di Ripalimosani. Procura allegata all’atto di ‘Captio possessionis’ del 22 Maggio 1678. 399 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Notaio DE LUCA Carlantonio della piazza di Ripalimosani. ‘Captio possessionis’ del 22 Maggio 1678. 250 … Devenimus ad quandam Domum d.e Universitatis ubi officiales Curtis d.e terre solent iustitiam ministrare, sedendo pro tribunali cepit, et apprehendit possessionem, et tenutam p.tte Domus cum omnia de Juris dict.ne, et meri, et misti imperij, nec non Civilis Criminalis, et miste recipiendo Virgam, quam d.s Camerarius pro regimine Justitie in manu tenere solebat… … Et… deveniendo exeundo a d.a terra limosani…, devenimus ad locum ditto vulgariter li feudi di Cascapera, et ducti singulatium per alios feudos nuncupatos, et videlicet Fiorano, La foresta, la Sala, et le Cese, feudorum annexorum ad d.m terram limosani, cum omnibus eorum iuribus, reditibus, iuris dittionales, et decime quam de consuetudine per eos ambulando, deambulando herbas per terrenum accipiendo, flores, et ramos arborum incidendo et colligendo, et omnia alia, et singula faciendo que attum vere, realis, et corporalis possessionis signum denotat,… (…)”. La risposta dei ‘demanialisti’ all’atteggiamento di sfida da parte del nuovo ‘utile Signore e Padrone’, che, con fare proditorio, di fatto si era riappropriato anche dei ‘corpi’ feudali, per i quali era già avvenuta la ‘ricompra’ da parte dell’Università, fu immediata. Pur di non sottostare a quello che era più che un semplice tentativo di sopruso, nello stesso giorno e, per non perdere tempo, davanti allo stesso Notaio, che era venuto da ‘loco’ terzo, da quelli si preferì contrapporre, nel loro “vulgariter loquendo”, una ricostruzione dei fatti dettagliata ed assai documentata al dotto, ma ingarbugliato, latino degli ‘aderenti’ del barone. A tal riguardo, intervennero “pro parte Universitatis terre limosani, et pro ea Dominicus de Venera eius Sindicus in pr.nti anno, nec non Joannes Carolus Covatta, Jacobus Antonius Romano, Joseph Gio:Cola, Franciscus Antonius Corvinella, Laurentius Luciano, et Carolus del Gobbo hodierni homines de regimine eius d.e Universitatis similiter prò pr.nti anno, ac etiam Valerius Caserio, Dottor Phisicus Dominicus Covatta, Utriusque Juris Dottor Joannes Antonius del Gobbo, Thomas Covatta, Joannes Bapta Corvinellus, Franciscus de Petro Longo, Pompeus Capillo, Dominicus de Angelillis, Gaetanus Corvinella, Joseph Ciprianus, Alexander Covatta, Joannes d’orza, Micahelis de Adario, Angelus de Avertentio, Nuntius de tata, Aloisius Pasquale, Carolus Fattorinus, Salvator Minicuccio, Donatus Carrello, Franciscus Minicuccio, Franciscus Marinaccio, Vincentius del Ferraro, Nicolaus Maria Ramola, Joannes Antonius Perrocco, Pontius Marchetta, Aloisius de Ambrosio, Silvester Sabetta, Joannes de tata, Franciscus Longo, Dominicus Fracasso, Franciscus MarcoAnt.o, Paulus Fracasso, Donatus Sabetta, Thomas del Gobbo, Aloisius Corvinella, Dominicus de Lucito, Marinus Fracasso, Stefanus de Angelillis, Dominicus Gabrino, Bartolomeus Gio:Cola, Petrus Coccetta, Angelus Ricciuto, Joannes Ant.o de Amico, Thomas de Amico, Berardinus Larenza, Joannes Angelus Mattheo, Joannes Bapta Colasurdo, Aloisius MarcoAntonio, et Joannes Petrus Parato, Cives et particulares d.e terre asserendo vulgariter loquendo, come hando avuto da dire adverso detto Atto di possessione, non con animo di repugnare, ma dire, et opporre le raggioni, et azioni, che have d.a Università, e suoi Cittadini, non solo per la confermazione delle Capitolazioni, prerogative, Consuetudini, Pannetta, e stili della Corte, mà anco perche hando inteso, che il Sig. Mastro di Campo D. Domenico Robustella habia venduto li cinque Corpi di feudi, cioè fiorano, Sala, Cascapera, (Cese) et foresta per liberi, e franchi, che però richiedono in nome di d.a Università et tutti suoi Cittadini, presenti, assenti à fare questo Atto publico protestativo, il quale è del tenor seguente. Asseriscono come dovendo il Mag.co Gio:Carlo Longo, come Procuratore del Dott.re Sig. Franc.o di Grazia di Napoli prennere la possessione di questa terra p.tta, e sue Jurisdizioni, come venduteli dal Sig. Mastro di Campo D. Domenico Robustella predecessore Barone di d.a Terra una con il ligio homaggio, però per intendità di d.a Università, et Cittadini, prima di consegnarseli la possessione, et farsi l’atto di d.o ligio homaggio, richiedono…, 251 et con d.a protestazione s’intenna repetita nel principio, mezzo, e fine di d.a possessione a confirmarli... in nome di d.o Sig.re franc.o di grazia… tutte le Capitolazioni che essa Università tiene, tutti li Privilegij, le Concessioni di gratie di comunità, et tutte le Consuetudini, antichità, soliti, et Consueti di d.a terra, La pannetta, et tutti li stili soliti osservarsi nella Corte di d.a terra, così delle prime, et seconde Cause, et non facenno la Confirmazione predetta, anco si protestano, che non s’intenna data di loro spontanea volontà la d.a possessione, et fatto d.o ligio homaggio… Suggiungono nell’asserzione predetta, come essi Constituti siano anco preintesi, che fra l’altri Corpi venduti dal d.o Mastro di Campo, e compresi nella vennita fatta di d.a terra à d.o Sig.r Francesco per liberi e franchi il bosco di Fiorano di tomola mille incirca, trè parti di Cascapera di tomola seicento in circa, le Cese streppareto di tt.a cinquecento incirca, la defenza della Sala di tt.a quattrocento incirca, li quali cinque Corpi di sopra descritti non possono né si devono vendere per liberi, e franchi, mentre quelli sono beni proprij d’essa Università, et quelli nella veste alienati con il patto de retrovendendo all’antichi Baroni, et da essi surrettivamente retrovenduti all’altri successori Baroni con detto patto de retrovendendo, conforme successe molti anni sono à tempo del Mag.co Gennaro Campanile olim Barone per la recuperazione di d.i cinque corpi per il d.o jus luendi, che competeva ad essa Università per più provisioni della Regia Camera in conformità della Regia Pragmatica fù essa Università reintegrata nella possessione di essi Corpi, et havesse Consignato al d.o mag.co olim Barone l’interesse alla ragione di cinque per cento, conforme per publico instrumento di possessione stipulato per mano di Not.r Thomaso Capocefalo di Campobasso… Dimodo che tutti li Sig.ri Baroni non ponno pretennere altro di d.i cinque Corpi (che) il cinque per cento per il prezzo d’essi imprestate d.ti quattro milia trecento cinquanta che l’interesse di d.o prezzo alla raggione del cinque per cento importano d.ti duecento e diecessette e mezzo, et da quelli dedursi la bunatenenza in virtù di Regia prag.ca è provisioni della Regia Corte, et consequentemente non si possono alienare per liberi, e franchi, stannono soggetti al patto de retrovennendo, come chiaramente si vede nell’istrumento della Vendita di essi fatta all’olim Antichi Baroni di Capua rogato l’anno mille cinquecento novantasei,… Et come che per le dette pretenzioni, et jus che d.a Università haveva sopra delli cinque Corpi à tempo che il Mag.co olim Barone Gennaro Campanile… era vertita lite…, in virtù di più Provisioni, et decreti della Regia Camera, auditis partibus, fù reintegrata essa Università nella possessione di d.i Corpi, con corrisponnerne il cinque per cento, et per il referito appartato dal detto Magnifico Gennaro Campanile adverso detto decreto, fù detto decreto ricomposto a favore di essa Università confirmato, mà che li frutti, et entrate perveniendo dalli Corpi fossero esatti da essa Università…, tutta volta poi trasferendosi il Dominio d’essa per la vendita fatta al Signor Mastro di Campo D. Domenico rubostella, et vedendo questa Università la benevolenza et affetto che d.o Sig.r Mastro di Campo nuovo Padrone dimostrò ad essa Università et suoi Cittadini di quietarsi et cassare la lite, però à rispetto del d.o Sig.r mastro di Campo,… et non à rispetto del d.o Mag.co Campanile, per il che precedente conseglio publico et procura fatta in persona del Mag.co Dott.re Gio: Ant.o del Gobbo Cittadino di questa terra p.tta fu fatta Convenzione, et accordo con detto Sig.r Mastro di Campo, conf.e per istrumento pubblico stipulato… sotto li dieced’otto di 9m.bre mille seicento sittanta, continente che il d.o Mastro di Campo retrovendesse, et restituisse alla detta Università due Defese delle cinque mentionate, cioè due parti di Cascapera, et foresta, et vedendo d.o Sig.r Mastro di Campo la dimanda essere giusta, essendosi riconosciuto l’instrumento delli olim Baroni di Capua il ius luendi competente all’Università restituì, et retrovendé alla d.a Università le soprad.e due defenze Cascapera, e foresta per il prezzo di d.ti seicento, et benche il prezzo di esse fossero d.ti 252 cinquecento per l’affetto, et beneficij ricevuti dal d.o Sig.r Mastro di Campo amplierno il d.o prezzo in d.ti cento di più, con Corrisponnere l’interesse di essi alla ragione del cinque per cento, con l’evittione in forma promessa dal d.o Mastro di Campo a favore d.essa Università con promissione inclusa di poter pagare d.o prezzo principale in una, o due paghe a sua elettione, et dall’hora, à questa parte in virtù di d.o Instrumento di Convenzione, et ritrovendita fatta la d.a Università, è stata, et sta in pacifica possessione. Et versa vice la d.a Università promise di non proseguire la lite che vertiva …, et quietare d.o Sig.re nelle possessione dell’altre trè defenze restantino, cioè fiorano, Sala, et Cese reserbandosi anco la facoltà à beneficio di essa Università per il ius luendi di ricomprarsi le d.e altre trè defenze di fiorano, Cese, et Sala. Dunque in preiudicio di essa Università il d.o Sig.r Mastro di Campo non può vendere, et alienare liberi, et franchi li d.i cinque Corpi standone soggetti al d.o ius luendi, che ci have d.a Università in virtù di detti menzionati Instrumenti... Per tanto essa Università e suoi Cittadini richiedono d.o Mag.co Procuratore per modum ut supra à non perturbare essa Università nella possessione p.tta di d.i beni, e raggioni che hando da ricomprarsi l’altri trè Corpi fiorano, Sala, e Cese, mà in quelli Conservarsi, et mantenersi, acciò non siano gravati, et però distetuiscono ad ogni atto, che forsi d.o Mag.co Procuratore volesse fare nella possessione p.tta, et si protestano della nullità, et invalidità d’ogni atto contrario che d.o Mag.co Procuratore volesse fare nella possessione p.tta, et facesse ò pretendesse fare adverso la d.a possessione di essa Università, et raggioni, che have sopra d.i beni. (…).”. La risposta, contestuale, del Procuratore fu: “Signori miei il Protesto, che loro Sig.ri hando Consignato in mano del Sig.r Not.r Carlo Ant.o di luca qua presente è stato da quello in mia presenza publicamente letto, et per letto, et da me mi lo bene inteso, però la mia Potestà, non è altro che di pigliare il possesso di tutti li Corpi Baronali contenuti nella Procura inviatami, et favoritami dall’Ill.re Sig.r Barone di q.ta Terra conforme si è letta, bensì di quanto loro Sig.ri hando preteso, et pretengono in questo atto protestativo, ne avisarò il D.re Sig.r francisco di grazia Padrone, et speramo che non solo habia da concedere quanto loro Sig.ri pretengono, ma cose più maggiori per utile di tutto questo Publico.” 400 . Chiarito il problema ed ottenute le assicurazioni del caso, i ‘particulari’ di Limosano, come, del resto, avevano fatto in tante occasioni, l’ultima volta era stato appena l’8 Dicembre 1670, decisero che si presentasse il ‘ligio homaggio’. E, per farlo, in questa occasione, anche essi ricorsero ad un ‘procuratore’. Tanto che, il giorno dopo, 23 di Marzo, il ‘Sindicus’, gli ‘eletti ad Regimen et Gubernium’ ed i “particulares, et Cives eiusdem terre…, coadunati in Domo solita eiusdem Universitatis, ubi sepius pro negotiis Universitatis predicte congregari solent cum presentia, et interventu Mag.ci Donati Donatelli Locum tenentis Curie eiusdem Terre Limosani in unum congregati, et coadunati ad Consilium Generalem ostiatim vocati per Joannem Petrum Parato hodiernum ordinarium Camerarium, et servientem predicte Terre Limosani” nominarono “Procuratorem”, in quanto “esperto de fide, prudentia, et virtute, ac integritate”, il “Mag.cum Joannem Baptistam Corvinella”, perché si recasse “ad prestandum ligium homagium coram Utriusque Jure Dottore Domino franc.o de gratia Utili Domino”, ma a condizione che facesse “omnia iusta minutas assignatas per V.I. Dottorem Philippum benincasa de Neapoli” 401 . 400 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Notaio DE LUCA Carlantonio della piazza di Ripalimosani. Atto del 22 Maggio 1678. 401 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Notaio DE LUCA Carlantonio della piazza di Ripalimosani. Atto del 23 Maggio 1678. Dello stesso giorno è un atto di giuramento, per procura, di fedeltà alla Corona da parte del nuovo Barone, Don Francesco di Grazia, e di accettazione del ‘ligio homaggio’, così come autorizzato dalle autorità preposte. 253 Pur se l’azione rivendicatrice non risultò utile, allora, a risolvere definitivamente la questione demaniale (è stato già riferito della ‘rivoca e cassazione’ del 1° Febbraio 1751), essa tuttavia era servita assai più alla presa di coscienza ed all’affermazione, per il dopo, di uno spirito nuovo tra i ‘particulari’ limosanesi. Una volta che la ‘Terra’ di Limosano è stata svuotata di ogni significato politico e non rappresenta più un punto di riferimento territoriale, la funzione del suo feudo è ridotta ad essere per il suo ‘utile Padrone’, che abita lontano, solo una riserva, da cui attingere il maggior quantitativo possibile della ricchezza necessaria al suo stile di vita, mentre per i “particulares, et Cives Universitatis”, inizia a costituire il momento aggregante per ogni rivalsa ‘politica’ ed il terreno dello scontro per la loro azione rivendicativa. All’avvocato (tale era un “utriusque iuris doctor”) Don Francesco di Grazia, il quale, di anni 75 nei primi mesi del 1699, tenne il feudo per oltre un ventennio, era succeduto, già prima della compilazione, che annualmente avveniva nei primi giorni della quaresima, dello ‘stato delle anime’ del 1700, il “Sig.re Gioseppe Casimiro di Grazia Napolitano”, che fu “Marchese di questa Terra di Limosani, famiglia”. Nel ‘palazzo’ di Limosano, posto “nella Contrada detta di D. Andrea” e che risultava essere ‘sua’ “Casa propria”, abitavano: - D. Nicolò Sacerdote, figlio di Franc.o di Grazia di anni 45 - D. Domenico, fratello di stato libero 37 - Il Sig.r D. Tomaso fratello Sacerdote 32 - Il Sig.r D. Giuseppe fratello ammogliato 38 - D. Paola Robustella, Moglie (di Giuseppe) 25 - Emanuele di 8 anni, Fran.co Maria Eduardo Bonaventura di 5 ed Antonio di 4, tutti e tre figli di Giuseppe e di Paola 402 . Oltre al grado di parentela, risulta difficile individuare le motivazioni che portarono alla successione, nella titolarità del feudo, da Francesco a Giuseppe Casimiro, che erano, forse, fratelli, non per linea diretta, ma per quella collaterale. Va, comunque, detto che è, per quanto riguarda la famiglia di Grazia, particolarità che si deve registrare più di una volta. La circostanza per cui il 15 Aprile 1701 molti ‘particulari’ della Terra di Limosano, e tra essi diverse donne (forse vedove), attestarono di aver ricevuto ognuno un diverso quantitativo di denaro, ammontante complessivamente a cento ducati, “in nome e parte delli SS.mi D. Nicolò, D. Domenico, e D. Thomaso di Grazia, esequutori delli testamento del q.m D. Giuseppe Casmiro di Gratia Marchese di d.a Terra di Limosani”, oltre ad un atteggiamento di maggiore disponibilità di quest’ultimo, ne dimostra, a tale data, l’avvenuta morte 403 e che egli tenne il feudo solo per circa due anni. Molto probabilmente (e nonostante che il registro dello ‘Stato delle anime’ del 1708 riporti essere D. Giuseppe ‘Marchese’, che deve intendersi solo titolo nobiliare) gli successe, e così la titolarità torna alla diretta discendenza di quel D. Francesco che aveva comprato il feudo, “il Sig.r Domenico di Grazia figlio di Franc.o”, appunto, che nel 1709 ha 46 anni e che, in quanto “commorante in Napoli”, ha delegato (vi è atto di procura in data 22 Luglio 1713) il nipote D. Emanuele a rappresentarlo ed a curarne gli interessi nei suoi possedimenti. Alla morte di costui, avvenuta quasi certamente nel 1728 quando aveva 65 anni, gli succede D. Fran.co Maria Eduardo di Grazia, trentatreenne figlio di “Donna Paola Robustella”, il quale, sposato con “la Sig.ra D. Anna Police” di anni 28, dimorava a Limosano. Ed insieme a lui abitavano nel ‘Palazzo’: - D. Giuseppe, figlio di detti di anni 7 - d. Maddalena, figlia di detti 6 402 APL, Registri dello ‘Stato delle anime’. 403 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Notaio VENTRESCA Gregorio della piazza di Lucito. 254 - d. Annamaria, figlia di detti 5 - “Il Sig. D. Antonio Sacerdote, fratello di D. Franc.o” 33 Nel frattempo e per più anni (almeno dal 1726 al 1729, periodo per il quale sono disponibili i dati dello ‘Stato delle anime’; ma, mancando in quello del 1730, a tale data doveva essere morto) dimorò a Limosano “l’Ill.mo Monsignor Vescovo D. Tomaso di Grazia”, che, di anni 61 nel 1729, era figlio di Francesco, primo titolare del feudo. Va annotato lo strettissimo collegamento tra gli esponenti delle gerarchie ecclesiastiche e quelli della nobiltà, i quali ultimi ‘in massa’ (diversi i di Grazia ‘Sacerdoti’) partecipano ad ingrossare le fila dei primi, certamente per godere dei molti benefici riservati al Clero. D. Fran.co Maria Eduardo di Grazia tenne il feudo almeno un ventennio. Alla sua morte, avvenuta dopo il 1749, anno in cui è ancora documentato essere “Marchese”, il feudo passò, anche questa volta per via collaterale, al “Marchese et utile Padrone D. Pietro di Grazia”, il quale tale risulta almeno dal 1757. Morto costui, gli succede D. Francesco di Grazia, che è “Marchese” almeno dal 1775. Ed è tale ancora nel 1780. Dopo tale anno il feudo passa, ma solamente per pochissimi anni, a D. Giuseppe di Grazia, del quale però, morto assai giovane, già il 4 Novembre 1783 “ad ore quattordici dentro il suo prop Testam Marchese di Limosano D. Giuseppe di Grazia” 404 . A quest’ultimo successe “l’Illustre Sig.r Marchese Barone Don Nicola di Grazia”, che, figlio del “q.m D. Francesco”, risulta essere “utile Padrone” fino al 1803, quando, per l’avvenuta sua morte, il feudo passa a “D. Aniello di Grazia”, il quale ne fa redigere l’atto, del 28 Dicembre, della “captio possessionis” 405 , che, venendo abolita qualche anno dopo la 404 ASC, Protocolli Notarili del Fondo Amoroso, Notaio AMOROSO Gaetano di Limosano. “Io pred.o D. Giuseppe fò, ed istituisco miei eredi universali, e particolari tanto la mia dilettisima Moglie D. Giuditta Ramignani, che il postumo, che nascerà dal ventre pregnante di mia Moglie…”. All’apertura del testamento partecipò “il Sig.r D. Ferdinando Giudice della Città di Chieti, cognato cugino del defunto”. E’ di tutta evidenza che la morte colse D. Giuseppe quando era ancora assai giovane. 405 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Notaio PADULA Giuliano della piazza di Macchiagodena. “A richiesta fattaci per parte del D.r Fis.co D. Angiolo Zingarelli di questa Terra di Limosani Pro.re speciale dell’E.mo Sig.r Marchese di Limosani D. Aniello di Grazia…, ci siamo conferiti… nel luogo denominato La Casa dell’Università, laddove essa Università, e Cittadini della med.ma sogliono congregarsi per li pubblici affari ed ivi abbiamo rattrovato il Sig.r D. Vitale Larenza Luog.te attuale della Corte di questa sud.ta Terra, e li Mag.ci Cosmantonio Amoruso, Saverio d’Addario, Costantino Ricciuto, Francesco Greco, Gregorio di Jorio, e Domenico Bussi esercenti Sindaco, ed Eletti rispettivamente al buon Governo, e regolam.to di questa sud.ta Università, come di essa rappresentanti la d.a Università, e suoi Cittadini, ed uomini particolari, ed intervenienti al presente atto in nome de medesimi, dal quale sud.o Sig.r D. Angiolo… si è asserito, chè per la morte del fù Sig.r Marchese di Limosani D. Nicola di Grazia, questa Terra, e tutt’altro compreso a questo Marchesato si è devoluto a d.o E.mo Sig.r Marchese D. Aniello, come apparisce dal decreto di preambolo de ventinove del prossimo passato mese di Ottobre…, per cui il sud.o è succeduto tanto nelli beni Feudali, che nelli Burgensatici, e con essi il palazzo sito in questa Terra, uomini, e vassalli angarj, Perangarj, servizi reali, e personali, Feudi, suffeudi, Feudatarj, suffeudatarj, quaternati, e non quaternati, rustici, piani, et de tabula, censi, entrade, e rendite, e specialmente col Banco della Giustizia, e colla Giurisdizione, e cognizione delle prime, e seconde cause civili, criminali, e miste, il mero, e misto impero, potestà del Gladio, quattro lettere arbitrarie, e colla facoltà di comporre li delitti, e commutare le pene da corporali in pecuniarie, e quelle rimettere in parte, o in tutto, soddisfatta però, e quietata la Parte offesa, e con tutti li proventi, ed emolumenti a d.a Giurisdizione spettanti, e soliti a spettare, ed altresì la Mastrodattia, la Baliva, la Portolania, la Zecca di pesi, e misure, Forni, Taverne Trappeto, e parimenti altri corpi, e beni Feudali, e Burgensatici compresi in d.o Marchesato… (…). E volendo il sud.o Sig.r D. Angiolo Zingarelli… prendere il possesso di questa sud.a Terra… è che d.o Luog.te, Sindaco, ed Eletti in nome di questa Università, e de Cittadini tutti, ed uomini particolari della med.a han dato al sud.o D. Angiolo… il vero, effettivo, corporale, pacifico, e spedito possesso di questa sud.a Terra, e suoi beni, membri, corpi burgensatici, e Feudali, dritti, giurisdizioni, e loro intiero stato, nel modo, e maniera, che gli antichi Marchesi di questa Terra l’han posseduti…, e per l’effetto sud.o l’accennato D. Angiolo in d.o nome 255 feudalità con il Regio Decreto del 12 Agosto 1806 di Re Gioacchino, risulta essere stato l’ultimo della serie. Anche questa volta il ‘possesso’ del feudo, a riprova che ben poche cose erano cambiate nell’atteggiamento del barone “utile Padrone”, venne fatto dal “Procuratore speciale dell’E.mo Sig.r Marchese di Limosani D. Aniello di Grazia”, che, per l’occasione fu il “Dottor Fisico D. Angiolo Zingarelli”, il quale, nonostante dall’atto risulta essere originario “di questa Terra di Limosani”, era, al contrario, uno dei tanti ‘forastieri’ venuti, nel suo caso da Bagnoli del Trigno (da atto del 15 Agosto 1800, difatti, risulta essere il “D.r Fisico D. Angiolo Zingarelli del q.m D. Geremia della Terra di Bagnoli”), in seguito alla censuazione, dopo il definitivo riscatto, di tutti i corpi feudali. L’ultima “captio possessionis” del feudo, mentre è del tutto scomparsa, insieme alla mancata indicazione dei nomi dei ‘particulari’ cittadini, ogni loro azione rivendicatrice e, per così dire, la loro passione civica, mostra il tentativo, tanto formalistico quanto patetico, da parte del introdotto in d.o possesso, quello nel med.o nome ha pigliato, e corporalmente si è posto in d.o vero… possesso di questa Terra, e di tutti li suoi beni, membri, corpi, entrade, ragioni, dritti, e giurisdizioni qualsivogliono in questa Terra per Feudo compresi, e loro intiero stato…, nella maniera che siegue. In primo luogo essendosi… portato avanti la porta di questa Terra sull’ingresso della med.a è stato incontrato da d.o Luog.te, Sindaco, ed Eletti, e da molti, e diversi Cittadini di ogni ceto della stessa, e da med.mi è stato ricevuto dandolo il dovuto omaggio, facendo tuttocciò, che dinota, ed induce l’atto del vero… possesso. Pigliatosi il possesso sudd.o rinovando l’istessi atti… ci siamo conferiti nella casa della Corte, in cui vi è una Banca, con sopra alcuni processi, e scritture nella quale è solito amministrarsi la giustizia, e reggersi la Corte, ed indi passati nel carcere di d.a Corte…, ha egli preso il vero… possesso di d.a Corte, del mero, e misto impero, dell’onnimoda potestà, e giurisdizione, civile, criminale, e mista di questa Terra sud.a, e dal pred.o carcere è ritornato di bel nuovo nella sud.a Casa di Corte…, pigliando il bastone, che è solito portarsi da Gov.re e Luog.te di d.a Terra, e con esso pro Tribunali sedente somministrando giustizia, ha preso il vero… possesso di questa pigliando gl’atti, scritture, e processi di d.a Corte, facendo gridare dal Giurato, che se mai ci fosse stata qualche persona, che avesse voluto giustizia fosse comparso avanti di lui a proponere le sue ragioni, perche egli in nome di d.o Sig.r Marchese D. Aniello si asseriva prontamente fargliela, e facendo altre cose, che dinotano il vero… possesso… In oltre siamo andati nella Chiea madre di d.a Terra sotto il titolo di S. Maria Maggiore, ed a suono di campane, nell’ingresso della med.ma colla presenza, ed assistenza del R.do D. Antonio Giancola Arciprete…, e degl’altri Sacerdoti, e Monaci stanzianti in questo Convento il pred.o D. Angiolo… unitamente cogli altri genuflessi avante l’Altare maggiore ha adorato il SS.mo Sagramento dell’Eucarestia, ed indi cantato il Te Deum Laudamus ne siamo usciti da quella portandoci nel palazzo marchesale, dove esso D. Angiolo… ha preso il vero… possesso di quello, passeggiando per il med.mo, ed esercitando tutti quegli atti, che dinotano il vero… possesso, e quindi ci siamo trasferiti nell’altra Arcipretale Chiesa contigua a d.o palazzo sotto il titolo di S. Stefano Protomartire, ed in pr.nza, e coll’assistenza del Rev.ndo Arciprete D. Emiliano Corvinelli, e tutti l’altri sacerdoti e monaci sudd.ti il surriferito D. Angiolo parimenti avanti l’Altare maggiore… cogl’altri tutti genuflesso ha adorato il SS.mo Sagram.to dell’Eucarestia e quindi siamo usciti dalla Chiesa sudd.ta. E finalmente seguitando gl’atti… ci siamo conferiti in un luogo eminente di d.a Terra, e propriamente avanti d.a Chiesa, e da ivi il d.o Luog.te, Sindaco, Eletti, e Cittadini, ed uomini particolari di essa a magior cautela han dimostrato al d.o D. Angiolo tutta la Terra pred.ta, ed il med.o da ivi per aspectum ha preso il vero… possesso di tutti gl’altri Corpi, beni, e membri di d.a Terra col di loro intiero stato…, e collo sparo di molti archibuci, e suono di Campane. Indi pigliando dalle mani di detti Sindaco, ed Eletti le chiavi della Casa dell’Università di questa Terra esibitegli, e presentategli in un bacile, in nome del sudd.to Sig.r Marchese D. Aniello ha preso il possesso di questa Terra…; anzi li med.mi Sig.r Luog.te, Sindaco, Eletti, e Cittadini, ed uomini particolari… hanno dato, e prestato il loro consenso, ed han promesso da ora in poi riconoscere il d.o Sig.r Marchese D. Aniello, e li suoi Eredi, e successori per veri, e legittimi Sig.ri e Padroni di questa Terra, e suoi beni,… Con espressa dichiarazione, che questa sud.ta Terra, e suoi Cittadini, ed uomini particolari, s’intendano, e sieno riserbati tutti, e qualsivogliono privilegj, immunità, grazie, esenzioni, franchizie, e capitoli concessili, firmati, e fatti dalli predecessori Padroni di questa Terra in vigore delle cautele, e scritture, che ne asseriscono… Di poi continuando l’istesso atto uniti insieme col d.o D. Angiolo…, li pred.ti Luog.te, Sindaco, Eletti, Cittadini, ed uomini particolari avanti di noi hanno introdotto il d.o D. Angiolo… nel precitato palazzo, e gli hanno dato, siccome ne ha egli preso il vero… possesso aprendo, e chiudendo le porte, e le finestre di quello, salendo, e calando per la grada, e passeggiando per le stanze, in esse fermandosi,…”. 256 feudatario di collegarsi e di allearsi alle istituzioni della chiesa ed al Clero, sul ruolo del quale, strettamente collegato alle famiglie ‘nobili’, durante i secoli XVII e XVIII sarebbe da indagare non poco. Non fu, cioè, affatto un caso che il ‘Procuratore’ sia ricorso, quasi fosse per D. Aniello l’ultima spiaggia per salvare il salvabile, a genuflettersi nelle due Chiese. E così anche del ‘marchesato’ di Limosano (come di tutti gli altri feudi, perché considerati solo come strumento per estorcere la ricchezza prodotta in essi e non come struttura finalizzata ad organizzarne le attività del e sul territorio), interamente svuotato di quel significato istituzionale che il ‘radicale’ Abbate Longano, più concreto nelle analisi storiche dei tanti ‘riformatori’, pure gli riconosceva e che avrebbe potuto e dovuto rivestire, non restava, ed in questo senso, ma solo questo, fu giusto farlo, che cancellarne la presenza. Del resto, il possesso, l’ultimo della serie, “di tutti gli altri corpi, beni e membri” fuori della ‘terra’ era stato preso dal punto più alto di Limosano semplicemente “per aspectum”. Quasi a volerne salutare definitivamente l’addio. Dal ‘testamento’ del Sacerdote Donato di Venere, il quale nel 1832 (20 Agosto) si diceva “compratore di tutti i cespiti di rendita ex=Marchesale” 406 , si ha che, tra gli altri beni, aveva “comprato la quarta parte dell’ex Feudo di Cascapera da D. Vincenzo de Grazia (nota: forse figlio di D. Aniello), e per questo dal suo erede D. Michele Grimaldi nel dì otto novembre mille ottocento diciotto in tomoli duecento ottanta circa per Notar Antonio Amoroso di Napoli” e “tutto il Palazzo ex-Marchesale comprato da me a diciassette Febbraro mille ottocento ventitre” 407 . Lo smembramento del feudo fu solo, e perché, come più spesso di quanto si creda accade, mai lo si seppe cogliere come opportunità storica, non poteva non esserlo, il necessario atto conclusivo di un’epoca, che deve farsi partire da quando si iniziò a considerare quello non come lo strumento del progresso per tutti ed al quale ognuno, per la sua parte, avrebbe dovuto concorrere, ma come l’oggetto esclusivo degli interessi personali per l’utile Padrone e per i suoi inservienti. 6.2 - I rapporti con la Universitas Civium e con i particulari Con una netta inversione di tendenza nella concezione sia della struttura che degli elementi amministrativi del Regno, di certo in senso più verticistica, rispetto ai normanno-svevi, i quali “si erano preoccupati di controllare la feudalità e di sottometterla al potere regio attraverso l’azione cittadina dei ministeriales” ed, ancor di più, con la istituzionalizzazione della “Universitas civium Terre” ed il favorirne la crescita sino a farla diventare strumento di ‘controllo’ e di contro-bilanciamento dei poteri sul territorio, Carlo I d’Angiò “si appoggiò interamente sulla feudalità, che anzi irrobustì con l’immigrazione della nobiltà franco provenzale (nota: perché non dire di quella proveniente dalle gerarchie ecclesiastiche?), a cui andarono le terre dei traditori 408 . Il vivace dinamismo della “Universitas civium” della ‘Terra’ di Limosano, assai probabile (pur se solo ipotizzabile in nome della continuità storica) per l’epoca normanna e ben documentata per quella staufica (quando, nonostante la distruzione delle ‘carte’ ad opera della violenta ‘angioinizzazione’ di matrice guelfa e clericale, deve registrarsi un forte sviluppo di socialità civile), la fece, lo si è già visto, centro commerciale, culturale ed economico-politico di notevole importanza così che: a) gli abitanti delle ‘terre’ vicine che volessero “aliquid 406 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Notaio LUCITO Giuseppantonio di Limosano, dichiarazione del 20 Agosto 1832 in atti del 1837, pag. 8. 407 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Notaio LUCITO Giuseppantonio di Limosano, testamento del 20 Novembre 1839 in atti del 1844, pag. 255. 408 DE ROSA G., Storia medioevale, Roma 1971, pag. 219. 257 emere aut vendere accedunt ad terram ipsam et ibi inveniunt quod querunt (= qualcosa comprare o vendere vengono a Limosano ed ivi trovano quel che cercano)”; b) “terra ipsa reputari debet insignis quia habet multos homines sapientes literatos, logistas, doctoralistas, medicos, gramaticos, Judices et artistas… (= quella terra deve ritenersi ‘insignis’ perché ha molti uomini sapienti letterati, dottori, medici, grammatici, Giudici ed artisti)”; e c) riusciva ancora ad esprimere nelle immediate vicinanze dell’abitato ben due complessi conventuali (dei francescani e dei celestini), assai importanti per pregio e per fattura. A quella vivacità, che non poteva non essere che espressione della “Universitas civium” intesa come organizzazione civile attiva e partecipata di quei ‘multos homines sapientes literatos, logistas, doctoralistas, medicos, gramaticos, Judices et artistas’ contrapposta ad un titolare del relativo feudo ben tenuto a freno specie dal ‘ghibellino’ Federico II di Svevia, si contrappone la netta figura di quell’Adenulfo del primo periodo angioino, di origine romana e, se non proprio di estrazione ecclesiastica, ‘guelfa’, a favore del quale il Re Carlo I interviene per la “subventionem” dovutagli dai suoi ‘vassalli’ del ‘castrum Limosani’ 409 , che, non senza causalità, è ora diventato tale mentre in precedenza era una ‘civitas’. E, per maggiormente favorirne le pretese ed il radicamento nel territorio, il Re dispone che gli “homines castri Limosani” pagassero allo stesso Adenulfo, loro Signore, sia la “collectam S. Marie” 410 che, più odiosa, una colletta “pannorum pro vestimentis eius et familiarium (= di panni per i vestimenti suoi e dei familiari)” 411 . E, perché si erano verificati probabilmente dei contrasti, a cavallo degli ultimi mesi del 1275 ed i primi dell’anno successivo Re Carlo diede incarico al Giudice Johannes de Amicis di effettuare accertamenti circa l’annuo reddito del castello di Limosano 412 . Da questo preciso momento storico, in cui i ‘francesi’ angioini prendono il potere nel Mezzogiorno e, per gestirlo, lo ‘centralizzano’, togliendolo dalle mani dei ‘cives’ ed affidandolo ad una folta schiera di feudatari, e sino all’abolizione della feudalità, avvenuta pur’essa per mano dei ‘francesi’, i quali, ancora una volta, non procedono nel senso di un riequilibrio delle forze in campo a favore dei ‘ Download 5.01 Kb. Do'stlaringiz bilan baham: |
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